Gv 19,25-27
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. 27Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
oppure
Lc 2,33-35
33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”.
Commenti
La Madre…
Franco Mastrolonardo
Ad ogni mamma che viene a parlare del figlio, perché di questo parlano in confessione le mamme, del figlio disperato o smarrito o senza lavoro o separato o caduto in qualche dipendenza, dico sempre: guarda Maria. Guardala sotto la Croce. Se è stato così per lei, non ci sarà mai madre sulla terra che non vivrà la croce di un figlio.
Maria è stata sotto la Croce, ha pianto con grande dignità, ha accompagnato il corpo del figlio fino al sepolcro e poi ha sperato!
Don Tonino Bello l’ha titolata “Donna del Sabato santo”.
“Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com’ è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.Ripetici, insomma, che non c’è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c’è amarezza umana che non si stemperi in sorriso.
Non c’è peccato che non trovi redenzione. Non c’è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell’alleluia pasquale.
Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all’incontro col tuo figlio Risorto.
Quale tunica hai indossato sulle spalle? Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull’erba? Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d’amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d’un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?
Madre dolcissima, prepara anche noi all’appuntamento con lui.
Destaci l’impazienza del suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti.
Perché qui le ore non passano mai”
http://www.preg.audio
Madre Nostra
Luigi Maria Epicoco
“Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala”.
Sembra che il Vangelo di Giovanni voglia suggerirci una verità per tutti noi: così come Gesù non è solo nell’esperienza della Croce perché c’è sua Madre ai suoi piedi, così ognuno di noi deve ricordarsi che per vocazione, per esplicita missione di Dio, Maria è ai piedi delle nostre croci. Contemplare quindi Maria addolorata non significa solo solidarizzare con l’atroce dolore di una madre che vede morire il proprio figlio, ma è guardare con gratitudine questa Madre che non è più solo la Madre di Gesù, ma anche la Madre nostra:
“Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!»”.
L’atteggiamento di Giovanni diventa allora la grande lezione per tutta la Chiesa e per ogni cristiano: Maria non va lasciata in ostaggio di qualche santuario o di qualche festa di paese. Va portata in casa, nella nostra quotidianità. La gente semplice questo l’ha sempre saputo, per questo la preghiera a Lei era ciò che radunava le famiglie, ciò che infondeva coraggio, ciò a cui ricorrere nei momenti della prova. Mi domando se oggi è per noi ancora così. Se per noi continua a realizzarsi la tenerezza di questa annotazione del Vangelo:
“E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”.
http://www.nellaparola.it
Il cuore contestato
Roberto Pasolini
Dopo aver esaltato la croce del Signore – come segno di vita e non come strumento di morte – per meditare quanto sia infinitamente libero e ardente il cuore di Dio, oggi la liturgia ci fa volgere gli occhi ai piedi della croce, per ricordare anche quanto grande possa diventare il cuore di una creatura: contempliamo il mistero della Vergine Maria addolorata.
L’autore della lettera agli Ebrei, meditando il mistero della Passione, coglie e offre una profonda comprensione della passione del Figlio di Dio:
«Cristo, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7).
Queste parole, così pregnanti e drammatiche, sondano un mistero d’amore che anche la vergine Maria, unita in maniera singolare al sentire e all’agire del Figlio di Dio, è stata chiamata a vivere in fondo alle imperscrutabili profondità del suo cuore. Certo, le parole possono soltanto evocare l’abisso di dolore e di desolazione in cui precipita il cuore di una madre che assiste il proprio figlio soffrire e venire brutalmente ucciso dall’odio umano. Questa esperienza di abissale sofferenza è resa ancora più drammatica dalla totale assenza di giudizio nei confronti degli uccisori, come i sentimenti di Cristo sulla croce lasciano immaginare: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Le parole che il vecchio Simeone rivolge a Maria, quando il bambino Gesù viene presentato al tempio, ci offrono uno spiraglio per entrare nel significato teologico dell’odierna memoria liturgica:
«E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35).
Sin dal principio della sua maternità, la Madre del Signore ha accolto e custodito la profezia che le annunziava una terribile esperienza di morte interiore, una profonda lacerazione chiamata a tradursi in un’inattesa e misteriosa fecondità spirituale, «affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (2,35). Tra questi cuori – che di fronte alla rivelazione di Dio rivelano la loro quintessenza – ci sono pure i nostri, discepoli affidati sotto la croce all’itinerario di compassione vissuto dalla Vergine addolorata:
«Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26).
Anche per ciascuno di noi, nel corso della vita, arriva prima o poi il momento di vedere contestata una parte importante della sua esistenza.
La disponibilità a lasciarsi ridimensionare improvvisamente dalla volontà di Dio e dalla libertà degli altri è ciò che ha consentito a Maria di partecipare a «ciò che patì» (Eb 5,8) il suo Figlio, diventando con lui «corredentrice» del genere umano. Nessuno di noi, del resto, può pensare di portare avanti la propria vicenda personale e la propria vocazione battesimale senza accettare i tagli che la vita continuamente propone e impone, il più delle volte senza alcun preavviso. Senza l’incursione di questa spada, che entra improvvisamente nel cuore per asportare parte dei suoi progetti e delle sue pretese, lo spazio delle nostre relazioni non può allargarsi per entrare nella logica dell’amore più grande e per varcare le porte della vita eterna.
Il vangelo, tuttavia, ci impedisce di considerare questa esperienza come un traguardo da raggiungere, e ci invita a ritenerla soltanto come un’ora drammatica da saper riconoscere e accogliere, ricordando che «ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,25). Il discepolo di Cristo può accettare che il suo cuore venga contestato solo attraverso un atto di libertà, definito dalla Scrittura come «obbedienza» (Eb 5,8). Questa cosciente e profumata sottomissione è stata necessaria persino al Figlio di Dio che, attraverso di essa, «imparò» a compiere fino in fondo la volontà del Padre, facendo diventare il suo cuore e quello della madre «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (5,9). Per tutti coloro che, attraverso la circoncisione del cuore, diventano capaci di entrare «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
http://www.nellaparola.it