XXIII Settimana del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz

Lunedì 8 Settembre (FESTA – Bianco)
NATIVITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA
Mi 5,1-4 Sal 12 Mt 1,1-16.18-23: Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Martedì 9 Settembre (Feria – Verde)
Martedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Col 2,6-15 Sal 144 Lc 6,12-19: Passò tutta la notte pregando e scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.
Mercoledì 10 Settembre (Feria – Verde)
Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Col 3,1-11 Sal 144 Lc 6,20-26: Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.
Giovedì 11 Settembre (Feria – Verde)
Giovedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Col 3,12-17 Sal 150 Lc 6,27-38: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Venerdì 12 Settembre (Feria – Verde)
Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
1Tm 1,1-2.12-14 Sal 15 Lc 6,39-42: Può forse un cieco guidare un altro cieco?
Sabato 13 Settembre (Memoria – Bianco)
San Giovanni Crisostomo
1Tm 1,15-17 Sal 112 Lc 6,43-49: Perché mi invocate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?
Domenica 14 Settembre (FESTA – Rosso)
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
Nm 21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11 Gv 3,13-17: Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.
Lunedì 8 Settembre (FESTA – Bianco)
NATIVITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA
Mt 1,1-16.18-23: Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.

La liturgia ci fa chiedere a Dio che la festa della natività della Madonna ci faccia crescere nella pace. Ed è effettivamente una festa che deve aumentare la pace in noi, perché ci parla dell’amore di Dio verso di noi. La nascita di Maria è il segno che Dio ha preparato per noi la salvezza: per questo ha preparato il corpo e l’anima della madre di Gesù, che è anche madre nostra. San Paolo nella lettera ai Romani scrive: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (8,29). Questo è particolarmente vero per la Vergine santa, predestinata ad essere conforme all’immagine del Figlio di Dio e figlio suo. E Dio ha predisposto tutte le cose secondo questa intenzione: “Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”, troviamo poco prima nella stessa lettera. Dio ha preparato tutte le generazioni umane in vista della nascita di Maria, in vista della nascita di Gesù, e insieme ha agito con mezzi soprannaturali. E nel Vangelo di oggi si può dire che appaiono sia la parte naturale che quella soprannaturale, l’una e l’altra necessarie per la nascita di Maria. Questa lunga serie di generazioni, così monotone alla lettura, è in realtà come la sintesi di una storia vivente, spesso anche di peccatori, che è stata condotta da Dio verso la nascita di Maria e di Gesù. Alla fine però il disegno di Dio si è realizzato con mezzi straordinari, sconcertanti: Giuseppe non capisce ciò che succede, perché avviene per opera dello Spirito Santo. Non bastano dunque le generazioni umane che si succedono nel tempo per il compimento del progetto di Dio: è necessario l’intervento dello Spirito Santo. Tutto dunque ci parla dell’amore di Dio: amore di Dio creatore, amore di Dio salvatore. Oggi dobbiamo, più di sempre, dire a Dio la nostra riconoscenza, la nostra gioia perché egli ha amato Maria e ci ha amati.
Mt 1,1-16.18-23: Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo
Oggi la Chiesa celebra la nascita di Maria, madre del Signore. Un modo simpatico per esprimere gratitudine e per riflettere sul suo ruolo nella storia della salvezza.
Il buon giorno si vede dal mattino. Anzi, dall’aurora. Una bella aurora ci fa capire che tipo di giornata sarà. Così la Chiesa oggi celebra il compleanno di Maria, prima fra i discepoli, madre del Signore. Maria ha sempre rivestito un ruolo di grande importanza all’interno della comunità dei discepoli: il suo esempio, la sua personale storia di fede sono diventate punto di riferimento della fede. Ma stiamo attenti a non tenerla lontano dalla nostra vita. Come scrive santa Teresa di Lisieux:
Perché una predica sulla santa Vergine mi piaccia, e mi faccia del bene, mi deve far vedere la sua vita reale e non una vita fantastica; e sono sicura che la sua vita reale era proprio semplice. Ce la fanno vedere inaccessibile, e invece bisogna farla vedere imitabile, farne scoprire le virtù, dire che viveva di fede come noi (…). È chiaro che la santa Vergine è la regina del cielo e della terra, ma ella è più madre che regina (…). È bene che si parli dei suoi privilegi, ma non soltanto di quelli perché non succeda che, ascoltando una predica, uno è obbligato a dire “Oh! oh!”, allora ne ha abbastanza! E può succedere che qualcuno arrivi perfino a sentirsi quasi allontanato di fronte ad una creatura così eccelsa. (Carnet giallo, 21 agosto)
Lunedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 6,6-11: Osservavano per vedere se guariva in giorno di sabato.
Da una parte si trovano gli scribi e i farisei, quelli che conoscono bene la Torah e la studiano e quelli che vivono ogni piccolo precetto, i puri, i perfetti. Seguono Gesù per coglierlo in fallo, non prevedono in alcun modo che possa avere una qualche minima ragione. Sanno di essere dalla parte di Dio e che questo improvvisato profeta senza titoli di studio e senza patente da devoto li ridicolizza e si fa beffe delle loro usanze. Sono lì per accusarlo e nemmeno davanti al prodigio di un uomo guarito si mettono in discussione, anzi. Davanti alla disarmante domanda di Gesù non sanno cosa rispondere: certamente Dio vuole che di sabato si faccia il bene, chiunque lo capisce, ma la loro puntigliosità è sconcertante e il loro amor proprio senza misura; sono furiosi verso Gesù e tramano di ucciderlo! Dall’altra c’è lui, il maestro. Come è brutto essere presi di mira! Ed essere sempre al centro dell’attenzione altrui! Ma il Signore tira diritto, ha una missione ben precisa: vuole che tutti sappiano che la fede non è quello sgorbio che ne hanno fatto i religiosi del tempo. Ha compassione e non mette la legge al centro, ma l’uomo che soffre…
Martedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 6,12-19: Passò tutta la notte pregando e scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.
Luca è l’unico che aggiunge questo particolare, e non di poco conto: prima di scegliere il gruppo dei dodici Gesù ha passato l’intera notte a pregare. Un gruppo che avrebbe dovuto seguirlo più da vicino, essere istruito, aiutarlo, preparagli la strada dell’annuncio. Gli evangelisti non sono concordi nella lista dei nomi, quello che conta è che siano dodici, richiamando le tribù di Israele, come ad indicare un nuovo Israele. Ma il dettaglio della preghiera, piuttosto caratteristico in Luca che spesso racconta l’atteggiamento orante di Cristo prima delle decisioni più importanti, ci sbalordisce. Ma come, dopo un’intera notte di preghiera Gesù sceglie quei dodici? Leggete bene: alcuni di loro li conosciamo. Sono persone diverse per cultura e temperamento, alcuni del tutto impreparati, altri abituati più al lavoro manuale che alla predicazione… Gesù mette insieme pescatori con pubblicani, atei con credenti zelanti, progressisti con conservatori. E tutti, da subito, mostreranno il loro evidente limite, la loro fatica, il loro peccato. Delle due l’una: o Gesù ha fatto cilecca con la sua preghiera o noi dobbiamo rivedere la nostra irreale idea di Chiesa…
Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 6,20-26: Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.
Riecco la pagina delle Beatitudini: la carta costituzionale del Regno, il manuale di comportamento del discepolo, il libretto di istruzioni per la felicità… Quasi sempre dimenticate da noi cattolici, ancora ben legati al Decalogo del primo testamento, rischiamo di perderci una delle indicazioni più importanti del Signore Gesù. Oggi di quella pagina leggiamo la stringata versione di Luca che, diversamente da Matteo, riduce le beatitudini da otto a quattro, aggiungendovi, però, quattro “guai” che non sono delle maledizioni (nella Bibbia non esistono formulari di maledizione ma solo di benedizione!) ma un monito a chi non vive le indicazioni del Maestro. Come a dire: io vi indico questa strada per la felicità, se vi incamminate dalla parte opposta non la raggiungerete mai! Inoltre le declina alla seconda persona plurale: “voi”. Gesù guarda negli occhi le persone che ha davanti e vede che sono poveri, affamati, scoraggiati, perseguitati e da subito li rassicura, li incoraggia, li ama. Le sue parole sono dirette, efficaci, toccano il cuore di chi lo ascolta. Come tocca il nostro cuore, chiamati a diventare ancora protagonisti di questa pagina.
Giovedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 6,27-38: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Ci ricordassimo più spesso di questa pagina! Eppure è chiara, evidente, Gesù va dritto al cuore della questione: con la misura con cui misuriamo agli altri sarà misurato anche a noi. Quando giudichiamo senza pietà, quando esprimiamo giudizi taglienti, quando usiamo sempre e solo il nostro ego come metro di misura del mondo, ci condanniamo con le nostre mani. Una logica di generosità, di disponibilità, di dono di sé, invece, ci permette di imitare Dio, di essere misericordioso come egli lo è e di ricevere misericordia. Agli occhi del mondo, siamo onesti, questa è una logica ingenua e perdente, folle e poco applicabile. In un mondo di lupi, illudersi di fare le pecore senza finire sbranati è un azzardo enorme. Dobbiamo arrenderci all’evidenza e dire che Gesù stava scherzando? No: egli stesso vive le parole che pronuncia e le vivrà fino alla fine, fino alla croce. Rileggere queste parole nell’anniversario dell’attacco delle torri gemelle fa un certo effetto e le contrapponiamo a chi, in nome di Dio, pensa di uccidere le persone rendendogli gloria. Non è così, né mai lo sarà.
Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 6,39-42: Può forse un cieco guidare un altro cieco
Il rischio c’è eccome. Quello di essere come delle guide cieche che conducono altri. Per cadere entrambi in un fosso. Siamo guide cieche quando pretendiamo di conoscere la strada, senza ammettere con umiltà che Cristo è l’unica via, siamo guide cieche, come spiega magnificamente il Signore, quando, pieni di noi stessi, crediamo di essere capaci di giudicare gli altri senza prima togliere la trave che portiamo nel nostro occhio. Siamo guide cieche quando ci sostituiamo a Dio, magari proprio nel suo nome!, e pensiamo di essere se non proprio dei maestri almeno dei bravi istruttori sulla via della santità. No: uno solo è il Maestro e noi siamo tutti discepoli. Tutti, anche il migliore fra noi, anche chi è più avanti nella conoscenza di Dio, anche chi crede di sapere già molto, anche chi fra noi ha un ruolo per la comunità, anche chi è prete o vescovo o maestro dei novizi. Siamo tutti discepoli e dobbiamo vigilare costantemente, fare in modo che nessuna trave ci impedisca di vedere dove mettere il piede. Ristabiliamo le priorità nella nostra vita, seguiamo saldamente le orme del Maestro.
Sabato 13 Settembre (Memoria – Bianco) San Giovanni Crisostomo

Il Crisostomo (Antiochia c. 349 – Comana sul Mar Nero 14 settembre 407) fu annunziatore fedele della parola di Dio, come presbitero ad Antiochia (386-397) e come vescovo a Costantinopoli (397-404). Qui si dedicò all’evangelizzazione e alla catechesi, all’opera liturgica, caritativa e missionaria. L’anafora eucaristica da lui rielaborata in forma definitiva sull’antico schema antiocheno è ancor oggi la più diffusa in tutto l’Oriente. La sua predicazione nel campo morale e sociale gli procurò dure opposizioni e infine l’esilio (404-407), dove morì. Nella sua opera di maestro e dottore ha rilievo il commento alle Scritture, specialmente alle lettere paoline, e il suo contributo alla dottrina eucaristica.
Sabato della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Luca 6,43-49 Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Se non si vede proprio mai dai nostri gesti che siamo discepoli, qualcosa non torna… Gesù è molto attento alla coerenza fra le parole e i fatti anche se non dobbiamo far diventare la coerenza un idolo! È indubbio che se davvero abbiamo incontrato Dio, questo incontro emerge dalle nostre scelte, dai nostri atteggiamenti, dai nostri discorsi. Un albero buono produce frutti buoni: se vediamo cristiani che producono solo spine, qualcosa evidentemente non funziona nel loro percorso di fede… Non basta invocare il nome del Signore e partecipare assiduamente alla vita liturgica e della comunità: quello è il punto di partenza che deve poi sfociare nella concretezza del quotidiano. Costruiamo la casa della nostra vita sulla solida roccia della Parola di Dio che sempre ci rassicura, a volte ci giudica, quasi sempre ci incoraggia. Se la Parola diventa il metro di giudizio della nostre scelte, se sappiamo riconoscere senza inutili scrupoli il nostro peccato e lo affidiamo a Dio, allora la nostra vita, costruita sulla roccia, fruttifica in opere buone, in conversione. Lasciamoci cambiare profondamente da Dio.
Domenica 14 Settembre (FESTA – Rosso) ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
Gv 3,13-17: Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.

L’esaltazione della santa Croce ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza d’amore, ma anche di una nuova creazione nella gloria. Attraverso la follia della Croce, lo scandalo della sofferenza può diventare sapienza, e la gloria promessa a Gesù può essere condivisa da tutti coloro che desideravano seguirlo. La morte, la malattia, le molteplici ferite che l’uomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per la piccola creatura, un’occasione per lasciarsi prendere più intensamente dalla vita stessa di Dio.
Con questa festa la Chiesa ci invita a ricevere questa sapienza divina, che Maria ha vissuto pienamente presso la Croce: la sofferenza del mondo, follia e scandalo, diventa, nel sangue di Cristo, grido d’amore e seme di gloria per ciascuno di noi.
Secondo la tradizione la regina Elena, madre dell’Imperatore Costantino, in questa giornata portò a Costantinopoli le presunte reliquie della croce di Cristo miracolosamente ritrovate durante il suo pellegrinaggio a Gerusalemme.
Santa croce. Beata croce. Così evidente e così misteriosa. Capita e vilipesa. Stravolta e sfregiata, soprattutto da noi discepoli del Nazareno. Croce che, pure, per noi discepoli rappresenta il punto di non ritorno dell’amore di Dio. La parola definitiva di Dio sul mondo, il dono totale e assoluto di sé. Questo significa, secondo le intenzioni di Gesù, il prendere la croce. Donarsi, totalmente, come Dio ha saputo fare. Allora perché della croce, stravolgendone il significato, abbiamo colto l’aspetto dolente? Come una penitenza da sopportare, un regalo non gradito voluto da Dio (che non manda mai nessuna croce! Scherziamo?) che umilmente sopportiamo… Non è così: da strumento di tortura raffinato e preverso la croce è diventata l’emblema della misura dell’amore senza misura di Dio. È questo amore che oggi esaltiamo, non il dolore che essa porta con sé. Perché amare, lo sappiamo bene anche noi uomini, spesso richiede sacrificio e incomprensione. Oggi esaltiamo l’amore donato, lo poniamo in alto nelle nostre scelte, appeso alle nostre case perché irradi, con la sua logica, tutta la nostra vita.
L’esaltazione della santa Croce ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza d’amore, ma anche di una nuova creazione nella gloria. Attraverso la follia della Croce, lo scandalo della sofferenza può diventare sapienza, e la gloria promessa a Gesù può essere condivisa da tutti coloro che desideravano seguirlo. La morte, la malattia, le molteplici ferite che l’uomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per la piccola creatura, un’occasione per lasciarsi prendere più intensamente dalla vita stessa di Dio.
Con questa festa la Chiesa ci invita a ricevere questa sapienza divina, che Maria ha vissuto pienamente presso la Croce: la sofferenza del mondo, follia e scandalo, diventa, nel sangue di Cristo, grido d’amore e seme di gloria per ciascuno di noi.