Viviamo una società del rumore continuo, senza rispetto, senza limiti: tutto è fatto ad alto volume, e pochi si curano di custodire un benedetto silenzio. Anche nelle chiese.

di Sergio Di Benedetto
22 Agosto 2025
Per gentile concessione di
http://www.vinonuovo.it
Siamo in un tempo di rumore. Ovunque il rumore regna, si espande, si moltiplica, e l’estate è il suo momento. Che sia la sagra di paese che con musiche ad alto volume assorda fino a tarda notte, che sia la festa privata che con grida e urla procede incurante dell’orario, che sia l’auto che sfreccia all’alba con musica altissima per una via di quartiere, che sia la moto che romba in strada, che sia il videogioco del bambino che con volume acceso disturba un’intera cabina di aereo, che sia un quod su un sentiero di montagna, che sia una telefonata ad alta voce sul treno, che sia un video ascoltato con il sonoro in una sala d’attesa; che siano frotte di adolescenti con casse usb sparate al massimo; che siano adulti che mandano o ascoltano vocali con vivavoce … in tutto ciò è il silenzio la vittima, il silenzio ucciso, violentato, calpestato. E, di conseguenza, anche coloro che vorrebbero non essere continuamente disturbati dalla maleducazione e dall’incuranza altrui diventano vittime…
Le regole ci sono, ad esempio nelle città, ma nessuno le rispetta e nessuno le fa rispettare: schiamazzi e musiche ammorbano il nostro tempo. In estate poi, se si dorme con le finestre aperte, è la morte del silenzio, della quiete.
Eppure è una civiltà, la nostra, che di silenzio avrebbe bisogno: per superare un poco l’aggressività che regna, anche a livello verbale; per provare un minimo a riflettere su ciò che accade fuori di noi, e dentro di noi. Per riscoprire il beneficio della tranquillità, per non abusare della pazienza del prossimo. Per essere più sereni, magari superando la logica per cui il silenzio è male e, quindi, ogni spazio e ogni tempo devono essere riempiti dal rumore. Invece il rumore si riproduce, in una competizione senza senso.
C’è un inquinamento acustico impressionante, e non sembra interessare.
Pure nelle chiese il silenzio è vittima. Perché sta diventando meno frequente la possibilità di entrare in una chiesa e gustare il silenzio: chiasso dall’esterno, chiasso nell’interno. Prove di musica, prove di coro, sacrista che sposta cose, fiorista che parla con il collega, volontari che puliscono a voce alta, prete che dà indicazioni. Senza nessuna cura per chi, magari, è in preghiera.
Senza contare ciò che accade prima, durante e dopo le celebrazioni. Gli unici giustificati sono i bambini, quando ci sono; ma gli adulti?
Come poter tentare una preghiera che vada sotto la superficie, che richiede tempo, concentrazione, pace se ci sono schiamazzi e voci, rumori e parole, quasi tutte evitabili?
Ci sono cartelli appesi alle porte delle chiese che invitano a spegnere il cellulare; perché non scrivere anche che si invita al silenzio, che le conversazioni su quello che succede in parrocchia possono essere fatte all’esterno, che i saluti rumorosi e prolungati possono anche spostarsi sul sagrato?
In una società che ammazza il silenzio, anche in questo la chiesa potrebbe essere differente e più umana: custodiamo e apprezziamo il silenzio, il silenzio non ci fa paura, il silenzio è benedizione. Invece inseguiamo il rumore.