Lunedì – Giovedì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Il libro dei Giudici
P. Francesco Rossi de Gasperis
Quarta riflessione
Il tema della forza nella debolezza, di cui abbiamo parlato, esplode poi pienamente nel Nuovo Testamento e soprattutto con il mistero della croce, ma è uno dei motivi più presenti nella Bibbia proprio perché la celebrazione della potenza, della forza, della vittoria, appartiene a Dio. Questo pervade tutta la Scrittura, tuttavia l’identificazione della potenza nella debolezza umana è propria del Signore. Non prendiamo quindi la storia di Dèbora e Barak come l’esaltazione del femminismo, ma come esempio della preferenza di Dio per le cose a cui di cui l’uomo non tiene conto.
«La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo» (Sal 118,22) è il motivo che troviamo subito nella storia seguente, continuando la lettura del libro dei Giudici. È la vicenda di GEDEONE in cui si constata ancora una volta la forza nella debolezza. Del resto era un po’ lo slogan di Paolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10).
Leggiamo il testo di Gdc 6,1ss soffermandoci in qualche approfondimento: «Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò nelle mani di Madian per sette anni. I madianiti, insieme agli altri figli di Amalek (‘figli dell’oriente’) erano dei popoli nomadi al di là del Giordano, e aspettavano il momento della raccolta dei frutti per fare delle scorrerie nei villaggi al di qua del Giordano e depredare tutti i prodotti. Perciò gli israeliti, sottoposti a queste razzie, erano costretti a fare la mietitura e battere poi il grano nelle grotte per nascondersi.
Così essi rimangono per sette anni alla mercé di Madian: «Israele fu ridotto in grande miseria a causa di Madian e gli Israeliti gridarono al Signore. Quando gli Israeliti ebbero gridato al Signore a causa di Madian, il Signore mandò loro un profeta che disse: “Dice il Signore, Dio d’Israele: Io vi ho fatto salire dall’Egitto e vi ho fatto uscire dalla condizione servile. Vi ho strappato dalla mano degli Egiziani e dalla mano di quanti vi opprimevano; li ho scacciati davanti a voi, vi ho dato la loro terra e vi ho detto: ‘Io sono il Signore, vostro Dio; non venerate gli dèi degli Amorrei, nella terra dei quali abitate’. Ma voi non avete ascoltato la mia voce”».
A questo punto appare un angelo del Signore che poi, nella storia, diventa il Signore stesso. Spesso nella Bibbia, quando si parla di ‘angelo del Signore’ si indica il Signore stesso. È il caso dell’angelo che lotta con Giacobbe allo Iabbok.
«Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita». Siamo nella grande pianura di Izreèl (o Èsdrelon), che divide la Galilea dalla Samaria e che è anche la regione più fertile d’Israele (si potrebbe definire il suo ‘granaio’). Ioas era della tribù di Manasse, e bisogna ricordare che Manasse è la metà della tribù di Giuseppe (l’altra è Efraim). Qui c’è Gedeone, che è figlio di Ioas e che è il più giovane della famiglia, forse ancora ragazzo.
Consideriamo allora che questo giovane è il più piccolo di una tribù già piccola: una situazione ‘minima’. «Batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: “Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!”». Il racconto è pieno di umorismo (cosa non rara nella Bibbia), e lo si coglie anche qui.
Bisogna notare che la storia di Gedeone ha molti tratti che si riprendono nel vangelo di Luca nell’annunciazione a Maria («Il Signore è con te»). Avevamo già sottolineato le riprese delle espressioni su Debora e Giaele in Maria per dire che la Bibbia si nutre della Bibbia e vede una continuità di queste storie come traccia dell’economia della salvezza.
All’umorismo del Signore, Gedeone risponde sullo stesso tono: «Gedeone gli rispose: “Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: ‘Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?’. Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian”». Ma questa volta il Signore gli risponde seriamente: «Si volse a lui e gli disse: “Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?”».
Qui dobbiamo proprio mettere l’accento su questo ‘io’. È il Signore stesso che è venuto a liberare Israele. Non ci sono istituzioni che in qualche modo potrebbero pensare a risolvere il problema secondo le loro metodologie. Secondo lo spirito del libro dei Giudici, è Dio che prende l’iniziativa. È come se dicesse: “Io creo un’istituzione secondo il mio pensiero, ed essa vivrà per pochi anni poi finirà. Sono io, che intervengo! Non ti basta sapere che sono io?”.
Ma Gedeone replica: «Io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore lo rassicura: «Gli disse: “Io sarò con te”». È la stessa parola con cui Dio ha incontrato Mosè, ed è anche la parola a Massa e Meriba: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,7). Il Signore risponde sempre:” Io sono colui che ‘ci sono’ sempre!”. Questo dovrebbe essere l’atto di fede più puro: il Signore c’è! «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi…». Che cosa significa trovare grazia agli occhi del Signore? Se uno è pieno di grazia è bello, è buono, è puro. Ma può essere che Dio trovi la bellezza in qualcuno o apprezzi la bontà di qualcuno? Si può essere buoni agli occhi del Signore? Certamente no, poiché è Lui che ci rende buoni. E non si può pensare che si sia innamorato della tota pulchra Maria, poiché Lui stesso ne ha creato la bellezza.
Nella Bibbia leggiamo: «Noè trovò grazia agli occhi del Signore (Gen 6,8); e per Mosè: «Ti ho conosciuto per nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi» (Es 33,12). Noè è il primo a godere di questo privilegio, ma che cosa vuol dire? Vuol dire che davanti ad una situazione disperata, il Signore, che vuole salvare, inventa qualcuno che ancora non c’è e che è bello agli occhi del Signore. Non c’è una bellezza che Dio trova fuori da sé, poiché qualunque bellezza viene da Lui. Quindi trovare grazia agli occhi del Signore significa: “Sta’ attento: il Signore ha messo gli occhi su di te e tu, adesso, diventi bello e importante ai suoi occhi per la missione che ti affida”. È un’investitura.
Ma Gedeone si fida e non si fida: «…dammi un segno che proprio tu mi parli». E chiede al Signore di accettare la sua ospitalità: «Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: “Resterò fino al tuo ritorno”. Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: “Prendi la carne e le focacce azzime, posale su questa pietra e vèrsavi il brodo”. Egli fece così. Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime, e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi». Questo è il segno chiesto da Gedeone e concesso da Dio.
«Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: “Signore Dio, ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!”. Il Signore gli disse: “La pace sia con te, non temere, non morirai!”». Lo rassicura perché non è possibile resistere alla presenza divina. «Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore e lo chiamò “Il Signore è pace”».
Questa è la prima volta che nella Bibbia si identifica la pace con il Signore stesso. Nel Nuovo Testamento, nella lettera agli Efesini, Paolo afferma che «Cristo è la nostra pace» (Ef 2,14). Ma qui viene da Gedeone, proprio perché si tratta della salvezza dai madianiti. ‘Pace/shalom’ non significa tanto una tregua con i madianiti, quanto la pienezza delle benedizioni, tutto quello che si può desiderare di bene, di buono, di benedizione da parte del Signore. È la pace messianica, la pace del Risorto: «Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”» (Lc 24,36); «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27).
«Quell’altare esiste ancora oggi a Ofra degli Abiezeriti», nella pianura di Izreèl. In quella stessa notte il Signore gli disse: “Prendi il giovenco di tuo padre e un secondo giovenco di sette anni, demolisci l’altare di Baal che appartiene a tuo padre, e taglia il palo sacro che gli sta accanto». L’altare di Baal appartiene al padre di Gedeone, il che fa capire che si tratta di una famiglia israelitica che si è contaminata con il baalismo. Dio ordina a Gedeone di distruggere quell’altare e anche il palo sacro, che rappresenta le Asere, Astarte. Quelle cose non possono stare in una casa d’Israele! «Allora Gedeone prese dieci uomini fra i suoi servitori e fece come il Signore gli aveva ordinato; ma temendo di farlo di giorno, per paura dei suoi parenti e della gente della città, lo fece di notte. Quando il mattino dopo la gente della città si alzò, ecco che l’altare di Baal era stato demolito, il palo sacro accanto era stato tagliato e il secondo giovenco era offerto in olocausto sull’altare che era stato costruito». La gente si chiede chi sia l’autore dello scempio e, immaginando che sia stato Gedeone, chiedono al padre di condurlo fuori dalla città e di ucciderlo.
Il padre risponde con un tono ironico: «Volete difendere voi la causa di Baal e venirgli in aiuto? Se è davvero un dio, difenda da sé la sua causa, per il fatto che hanno demolito il suo altare». Pare che il padre creda all’idolo, ma fino a un certo punto. È la religiosità: un insieme di cose in cui crediamo fino a un certo punto, superstizione, mezza fede, un quarto di rispetto… «Perciò in quel giorno Gedeone fu chiamato Ierub-Baal…». Anche Gedeone ha due nomi: un nome israelitico, Gedeone appunto, e un nomignolo che significa: «Baal difenda la sua causa contro di lui, perché egli ha demolito il suo altare».
Questo fatto dell’idolatria, della mescolanza tra la fede nel Signore e la religiosità deviata verso gli idoli, ci può forse apparire come un fatto lontano, ma è una cosa vicinissima a noi. Noi siamo pieni di idoli, di altari idolatrici e di pali sacri, e sono il culto della rispettabilità, del successo, della prosperità, del modo di presentarsi, dell’onore familiare, della posizione dei nostri parenti. Quando si tratta di un matrimonio, ad esempio, si domanda subito da quale famiglia provenga lo sposo o la sposa e come stiano economicamente. Questi sono tutti idoli! Cerchiamo la definizione di una persona al di fuori di lei. Perché il Cardinal Martini è stato accolto con molta diffidenza? Perché era un torinese a Milano! Si può accogliere bene uno che non è dei ‘nostri’? Capita anche con chi viene dal sud: è definito subito ‘meridionale’, anche se non si sa da quale zona del sud, e pare non poter essere considerata persona decorosa. Ma capita anche con i tedeschi… Tutti gli aggettivi che mettiamo in campo per costruirci l’immagine di qualcuno sono termini idolatrici che ripetono cose vecchie di cui non ci si libera facilmente.
Ma il Signore ci conosce dal di dentro e non gli importa niente di come appariamo! Ad un certo punto arriva la stagione buona per depredare i raccolti: «Tutti i Madianiti, Amalèk e i figli dell’oriente si radunarono, passarono il Giordano e si accamparono nella valle di Izreèl», in questa vasta valle dominata dal Tabor e dal Carmelo, capisaldi della pianura, e dalle colline della Galilea.
«Ma lo spirito del Signore rivestì Gedeone». Gedeone non si muove di propria iniziativa, ma viene sollecitato dal Signore. «Egli suonò il corno e gli Abiezeriti [famiglia di suo padre] furono convocati al suo seguito. Egli mandò anche messaggeri in tutto Manasse, che fu pure chiamato a seguirlo; mandò anche messaggeri nelle tribù di Aser, di Zàbulon e di Nèftali, le quali vennero a unirsi agli altri». Gli rimane in cuore, tuttavia, qualche dubbio, per cui mette alla prova il Signore: «Gedeone disse a Dio: “Se tu stai per salvare Israele per mano mia, come hai detto, ecco, io metterò un vello di lana sull’aia: se ci sarà rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno resterà asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano, come hai detto». E il Signore si adatta a queste prove, accetta queste sfide: «Così avvenne. La mattina dopo Gedeone si alzò per tempo, strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d’acqua».
Ma Gedeone non è ancora contento e propone un’altra prova al Signore: «Gedeone disse a Dio: “Non adirarti contro di me; io parlerò ancora una volta. Lasciami fare la prova con il vello, una volta ancora: resti asciutto soltanto il vello e ci sia la rugiada su tutto il terreno”. Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto e ci fu rugiada su tutto il terreno». Quelle di Gedeone sono delle pretese audaci per mettere Dio alla prova, ma ricordiamo che anche a Maria l’angelo dà una prova: «Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,36-37).
Siamo giunti al cap. 7 del libro dei Giudici.
«Ierub-Baal dunque, cioè Gedeone, con tutta la gente che era con lui [circa 32.000 uomini], alzatosi di buon mattino, si accampò alla fonte di Carod. Il campo di Madian era, rispetto a lui, a settentrione, ai piedi della collina di Morè, nella pianura. Il Signore disse a Gedeone: “La gente che è con te è troppo numerosa, perché io consegni Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi dinanzi a me e dire: ‘La mia mano mi ha salvato’. Ora annuncia alla gente: Chiunque ha paura e trema, torni indietro e fugga dal monte di Gàlaad”. Tornarono indietro ventiduemila uomini tra quella gente e ne rimasero diecimila. Il Signore disse a Gedeone: “La gente è ancora troppo numerosa; falli scendere all’acqua e te li metterò alla prova. Quanti lambiranno l’acqua con la lingua, come la lambisce il cane, li porrai da una parte; quanti, invece, per bere, si metteranno in ginocchio, li porrai dall’altra”». La differenza consiste nel fatto che chi si curva sulla sorgente e prende l’acqua con la mano può guardarsi intorno, mentre chi si sdraia per terra per lambirla, non vede il nemico che arriva.
«Il numero di quelli che lambirono l’acqua portandosela alla bocca con la mano, fu di trecento uomini; tutto il resto della gente si mise in ginocchio per bere l’acqua. Allora il Signore disse a Gedeone: “Con questi trecento uomini che hanno lambito l’acqua, io vi salverò e consegnerò i Madianiti nelle tue mani. Tutto il resto della gente se ne vada, ognuno a casa sua”». Il Signore non ha bisogno del numero, ed è una cosa che dovremmo imparare. Negli uffici diocesani si va troppo avanti con i numeri, con le statistiche, perché i numeri ci fanno impressione, ma al Signore le cifre non interessano. La Chiesa nel mondo è una minoranza, e lo diventerà sempre di più, eppure sarà con questa minoranza che il Signore salverà il mondo. Vedete con quale generosità il Signore manda a casa la gente e resta con questi trecento accampati insieme a Gedeone sulle colline, mentre i Madianiti sono ai piedi del monte Morè, nella pianura. I due accampamenti si guardano.
Leggiamo Gdc 7,9-22 e vediamo come si svolge la battaglia «In quella stessa notte il Signore disse a Gedeone: “Àlzati e piomba sul campo, perché io l’ho consegnato nelle tue mani. Ma se hai paura di farlo, scendi con il tuo servo Pura e ascolterai quello che dicono; dopo, prenderai vigore per piombare sul campo”. Egli scese con Pura, suo servo, fino agli avamposti dell’accampamento. I Madianiti, gli Amaleciti e tutti i figli dell’oriente erano sparsi nella pianura, numerosi come le cavallette, e i loro cammelli erano senza numero, come la sabbia che è sul lido del mare. Quando Gedeone vi giunse, un uomo stava raccontando un sogno al suo compagno e gli diceva: “Ho fatto un sogno. Mi pareva di vedere una pagnotta d’orzo rotolare nell’accampamento di Madian: giunse alla tenda, la urtò e la rovesciò e la tenda cadde a terra”. Il suo compagno gli rispose: “Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Ioas, uomo d’Israele; Dio ha consegnato nelle sue mani Madian e tutto l’accampamento”. Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione, si prostrò; poi tornò al campo d’Israele e disse: “Alzatevi, perché il Signore ha consegnato nelle vostre mani l’accampamento di Madian”.
Divise i trecento uomini in tre schiere, mise in mano a tutti corni e brocche vuote con dentro fiaccole e disse loro: “Guardate me e fate come farò io; quando sarò giunto ai limiti dell’accampamento, come farò io, così farete voi. Quando io, con quanti sono con me, suonerò il corno, anche voi suonerete i corni intorno a tutto l’accampamento e griderete: Per il Signore e per Gedeone!”. Gedeone e i cento uomini che erano con lui giunsero all’estremità dell’accampamento, all’inizio della veglia di mezzanotte, quando avevano appena cambiato le sentinelle. Suonarono i corni spezzando la brocca che avevano in mano. Anche le tre schiere suonarono i corni e spezzarono le brocche, tenendo le fiaccole con la sinistra, e con la destra i corni per suonare, e gridarono: “La spada per il Signore e per Gedeone!”. Ognuno di loro rimase al suo posto, attorno all’accampamento: tutto l’accampamento si mise a correre, a gridare, a fuggire. Mentre quelli suonavano i trecento corni, il Signore fece volgere la spada di ciascuno contro il compagno, per tutto l’accampamento. L’esercito fuggì fino a Bet-Sitta, verso Sererà, fino alla riva di Abel-Mecolà, presso Tabbat».
Tutto questo ricorda molto la caduta di Gerico, le cui mura crollano al suono delle trombe di Giosuè. Le vittorie del Signore sono così: senza armi e senza combattimento mette in fuga i nemici. Noi abbiamo assistito a qualcosa del genere. Vi ricordate certamente che, nella Germania orientale, ad un certo momento, la gente cominciò ad uscire dai confini e andare verso occidente. Nessuno la fermava, e il muro di Berlino fu superato: era caduto! Credo che succederà così anche in Israele, con quel muro costruito per separare i palestinesi. Forse ad un certo punto tutto il popolo palestinese si metterà in cammino… I muri non servono più! Basta aspettare che suonino le trombe e si rompano le brocche, cioè i tempi di Dio. Bisogna non avere fretta, non fare giustizia con le proprie mani, ma lasciare la giustizia nelle mani del Signore.
«Gli israeliti si radunarono da Nèftali, da Ader e da tutto Manasse e inseguirono i Madianiti». Cap. 8,1ss: «Ma gli uomini di Èfraim gli dissero: “Perché ti sei comportato a questo modo con noi, non chiamandoci quando sei andato a combattere contro Madian?”. Litigarono con lui violentemente. Egli rispose loro: “Che cosa ho fatto io, in confronto a voi? La racimolatura di Èfraim non vale più della vendemmia di Abièzer? Dio ha consegnato in mano vostra i capi di Madian, Oreb e Zeeb; che cosa mai ho potuto fare io, in confronto a voi?”. A tali parole, la loro animosità contro di lui si calmò. Gedeone arrivò al Giordano e lo attraversò».
Abbiamo qui un altro esempio dell’economia della debolezza, della povertà di mezzi, e si potrebbe dire ‘della luce nelle tenebre’. Infatti questa pagina è stata riletta nella Bibbia stessa, nella profezia di Isaia. Siamo in un tempo lontano da questi fatti, in un momento in cui il Regno del Nord sta minacciando il Regno del Sud con Gerusalemme, perché il re del nord si è alleato con il re di Aram- Damasco per capovolgere la dinastia di Davide, cioè per mettere un re-fantoccio al posto della casa davidica e sovvertire il Regno del Sud.
A Gerusalemme governa il re Acaz, il quale trema, sapendo che quei due sovrani si sono alleati contro di lui. Il profeta Isaia lo invita a domandare un segno al Signore, che interverrà a suo favore, ma Acaz afferma di non voler tentare Dio. Isaia, allora gli dice: «Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). La giovane moglie del re gli partorisce infatti un figlio (Ezechia, uno dei più saggi re di Gerusalemme). Il segno dato dal Signore è la garanzia che quella guerra finirà, ma il re Acaz fa un errore gravissimo: chiede aiuto all’Assiria (regno settentrionale) contro i due eserciti che si sono coalizzati contro di lui.
Naturalmente l’Assiria è molto contenta di intervenire, perché ha l’occasione di mettere le mani nella regione d’Israele, e invade il Regno del Nord, nella pianura di Izreèl per intervenire in favore del re di Gerusalemme. Ma, facendo questo, saccheggia anche tutta la regione del nord e cattura molti prigionieri. Comincia così una deportazione della gente della Galilea centrale e settentrionale (siamo nell’anno 736 a.C., con la guerra siro-efraimita). Nel 721 Samaria viene distrutta e di fatto dopo pochi anni il Regno del Nord verrà cancellato.
Isaia, parlando di questo, dice: «In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti» (Is 8,23). Questa regione, dalla quale gli abitanti sono stati deportati in Assiria, vedrà il ritorno degli esiliati: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda» (Is 9,1-2).
Spesso si mieteva nelle caverne per paura degli invasori, per cui la libertà si sperimenta quando si può mietere all’aperto. «Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian» (v. 3). Il giorno di Madian è quello di Gedeone, e qui si vede come la Bibbia rilegga la storia con la Bibbia stessa, il che significa celebrare la fedeltà di Dio che continua ad intervenire nelle vicende umane. (…)
Certo, il vero nemico alla fine è Satana, e il vero combattimento c’è, ed è quello spirituale. Tuttavia la Bibbia, poiché ci parla della storia degli uomini, attraversa tutte le inimicizie e ostilità umane anche a livello temporale. Se pensiamo che la devozione del Rosario si è diffusa moltissimo in Europa con la vittoria di Lepanto, ci rendiamo conto che ancora oggi noi prendiamo parte all’entusiasmo per quella vittoria sulla minaccia turca. Oggi i turchi arrivano senza navi, perché il Signore vuole la mescolanza anche con l’Islam. Noi li abbiamo ricacciati con le flotte austriache e venete, e il Signore li fa ritornare da un’altra parte. Egli non vuole le guerre con la spada, ma con lo Spirito. Ci vuole un grande discernimento spirituale per vedere dove ci porta la parola di Dio! Quello che a Lui interessa è vedere l’uomo e la donna che siano ‘uno’, a sua immagine e somiglianza, cioè che i popoli sappiano fondersi e l’amicizia vinca sull’inimicizia.
Non dobbiamo più avere paura gli uni degli altri, ma avere tutti paura di ciò che è male, falso, peccato, menzogna, ricordando però che il Signore è all’opera per combattere il male. Bisogna lasciargli il tempo di affermare i suoi metodi perché se vogliamo metterci le mani noi, guastiamo tutto. Non dobbiamo avere fretta di intervenire nelle vicende umane, nelle politiche umane, ma dobbiamo invece essere testimoni della politica di Dio. Questo vale anche per tutte le divisioni nelle famiglie, nelle coppie, nelle associazioni, nei partiti. Diamo fiducia al Signore, che porta avanti la sua battaglia senza armi, ma con le trombe e le brocche. Allora la luce appare nella notte!
Gruppi di lettura continua della Bibbia in Bergamo
Settimana Biblica 2012 Bergamo 24 – 29 settembre 2012 Il libro dei Giudici
Relatore: p.j. Francesco Rossi de Gasperis
Il testo non è stato rivisto dal relatore