XIX Settimana
del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz
Lunedì 11 Agosto (Memoria – Bianco)
Santa Chiara
Dt 10,12-22 Sal 147 Mt 17,22-27: Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.
Martedì 12 Agosto (Feria – Verde)
Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Dt 31,1-8 Dt 32 Mt 18,1-5.10.12-14: Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.
Mercoledì 13 Agosto (Feria – Verde)
Mercoledì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Dt 34,1-12 Sal 65 Mt 18,15-20: Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello.
Giovedì 14 Agosto (Memoria – Rosso)
San Massimiliano Maria Kolbe
Gs 3,7-10.11.13-17 Sal 113 Mt 18,21-19,1: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Giovedì 14 Agosto (SOLENNITA’ – Bianco)
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa della Vigilia)
1Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2 Sal 131 1Cor 15,54-57 Lc 11,27-28: Beato il grembo che ti ha portato!
Venerdì 15 Agosto (SOLENNITA’ – Bianco)
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno)
Ap 11,19; 12,1-6.10 Sal 44 1Cor 15,20-26 Lc 1,39-56: Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Sabato 16 Agosto (Feria – Verde)
Sabato della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gs 24,14-29 Sal 15 Mt 19,13-15: Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.
Domenica 17 Agosto (DOMENICA – Verde)
XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Ger 38,4-6.8-10 Sal 39 Eb 12,1-4 Lc 12,49-53: Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.
Lunedì 11 Agosto (Memoria – Bianco)
Santa Chiara
Chiara (Assisi 1193 – 11 agosto 1253) «seguì in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero e via, verità e vita». Fedele discepola di san Francesco, fondò con lui il secondo Ordine (Clarisse). Esercitò il suo ufficio di guida e madre, studiandosi «di presiedere alla altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle obbedissero più per amore che per timore». Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straordinaria che la rese intrepida anche di fronte alle incursioni dei Saraceni (1230). In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa.
Lunedì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 17,22-27: Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.
Gesù parla della sua morte. La vede all’orizzonte, la sente arrivare, capisce che le cose stanno precipitando. E ne parla ai suoi, a coloro che, in teoria, dovrebbero stargli accanto e che invece, spaventati, non capiscono, sono assenti, lontani. In questo contesto Gesù viene coinvolto in una situazione paradossale, una disputa ingannevole: gli ebrei nazionalisti si rifiutano di pagare la tassa al tempio, un siclo da versare ogni anno ai sacerdoti. Tante le ragioni di tale rifiuto: un po’ per populismo (nessuno ama mai pagare le tasse!), un po’ per protestare contro la gestione del rinato tempio, finito nelle mani di alcuni voraci famiglie sacerdotali, o forse per spingere i sadducei, da cui proveniva la maggior parte della classe dirigente, e che collaboravano con i romani, a spezzare il legame con questi ultimi. Da che parte si schiera il profeta galileo? Fra gli obiettori fiscali? I collaborazionisti? Gesù ha ben altro nella testa, e nel cuore, eppure accetta la sfida e paga per sé e Pietro. Ben altro prezzo sta per pagare sulla croce ma ci indica un percorso di cittadinanza e di correttezza: i figli del Regno pagano le tasse.
Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 18,1-5.10.12-14: Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.
Gesù ci invita a diventare come bambini. Non a “tornare” bambini: non parla di una regressione, né fa dell’infanzia un modello, un mito, come se l’essere piccoli fosse in sé un merito e non una condizione inevitabile. Ma “diventare” bambini da adulti significa abbandonare tutte le sovrastrutture mentali, le malizie, i complottismi che abbondano nel nostro mondo. Ed anche una certa determinazione che diventa aggressività, nel lavoro e in ogni ambiente. La parabola della pecora smarrita ci aiuta a centrare l’obiettivo: come quotidianamente ci ricorda papa Francesco, non dobbiamo avere paura della tenerezza, della compassione. Il bambino si emoziona, si affida, esprime con naturalezza le proprie debordanti sensazioni. Spesso, troppo spesso, il bambino che eravamo è stato zittito, lo teniamo in un angolo, lo obblighiamo a tacere perché lo temiamo. Temiamo le nostre emozioni, abbiamo paura che possano travolgerci e ferirci. Non è così: facciamo per primi esperienza dell’essere trovati da Cristo, accolti e condotti per potere finalmente tornare a sentirci amati ed imparare ad amare.
Mercoledì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 18,15-20: Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello.
Ci interroga questa Parola. E ci giudica pesantemente. Giudica il nostro modo di giudicare, la brutta abitudine che abbiamo di credere di poter interpretare le persone, di catalogarle, di capirle basandoci sulle nostre sensazioni o su qualche fatto. Oppure, e oggi va tanto di moda!, evitare di giudicare nel nome di un buonismo che rende tutto identico, che tutto giustifica, come se il male che ci fa del male non esistesse, che fosse solo una questione di sfumature, di giudizi personali, di inclinazioni. Gesù ci offre una prospettiva completamente diversa, che parte dal desiderio di fare il bene alle persone che abbiamo accanto. Nessun pettegolezzo, nessuna condanna, ma l’attenzione di chi prende a cuore con delicatezza, cerca una soluzione, si occupa, indica a chi sta sbagliando il proprio errore, che si fa carico del fratello coinvolgendo più persone, nel tentativo di indicare una soluzione. Ma nemmeno nessuna indifferenza, nessun “si arrangi”, nessuna amnistia generale, pensando così, ingenuamente, di essere noi pure assolti dalle nostre piccole colpe nascoste. Abbiamo il coraggio di prendere sul serio il perdono cristiano?
Giovedì 14 Agosto >
(Memoria – Rosso) San Massimiliano Maria Kolbe
Massimiliano Maria Kolbe è entrato nell’elenco dei santi con il titolo di sacerdote e martire. La sua testimonianza illumina di luce pasquale l’orrido mondo dei lager. Nacque in Polonia nel 1894; si consacrò al Signore nella famiglia Francescana dei Minori Conventuali. Innamorato della Vergine, fondò “La milizia di Maria Immacolata” e svolse, con la parola e con la stampa, un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Deportato ad Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, in uno slancio di carità offrì la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato “patrono del nostro difficile secolo”. La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte.
Giovedì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 18,21-19,1: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Ci siamo. Pietro è conosciuto nel gruppo per la sua generosità. E per la sua goffaggine. Sa che deve essere all’altezza della responsabilità affidatagli dal Signore e dimostrare di avere ampiamente capito l’ammonimento riguardante il perdono. Osa, esagera, fa il botto: è disposto a perdonare fino a sette volte! Ammiro Pietro per il suo coraggio (la sua incoscienza!). Sette volte! Immaginate che il vostro vicino vi chieda scusa per avere sparlato male di voi col portiere. D’accordo, fate gli splendidi e soprassedete. Torna dopo un’ora a chiedere scusa perché ha parlato male di voi col panettiere… che fare: lo perdonate o non vi sentite, piuttosto, presi per il naso? Gesù, però, spiazza Pietro e tutti noi: il discepolo è chiamato a perdonare settanta volte sette, cioè sempre! E lo può fare non perché generoso, o migliore, o santo, ma perché lui per primo ha fatto esperienza di peccato e di perdono. Possiamo perdonare sempre perché a noi è stato perdonato tantissimo, perché possiamo davvero diventare simili al Padre che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Perdoniamo gli altri col perdono ricevuto da Dio.
Giovedì 14 Agosto (SOLENNITA’ – Bianco)
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa della Vigilia)
Lc 11,27-28: Beato il grembo che ti ha portato!
La solennità dell’Assunzione di Maria è una celebrazione della sua risurrezione. Per essere stata la Madre di Gesù, Figlio Unigenito di Dio, e per essere stata preservata dalla macchia del peccato, Maria, come Gesù, fu risuscitata da Dio per i gaudi della vita eterna. Maria fu la prima, dopo Cristo, a sperimentare la risurrezione.
Tutti sono corruttibili, cioè, ogni essere umano è composto di carne e di sangue destinati a perire. Dopo la morte e sepoltura, avviene la decomposizione. Nel giro di pochi anni, rimane ben poco ad indicare che quel tale una volta camminava su questa terra.
Tutti sono mortali, cioè, per ciascuno viene il giorno della morte. Nessuno vive per sempre. La medicina moderna e la tecnologia riusciranno forse a prolungare la vita fino a ottanta, novanta, o anche cento anni, ma, prima o poi, la sorte di ogni essere umano è quella di morire. La morte è un evento a cui nessuno riesce a sfuggire.
Però, grazie alla risurrezione di Gesù, Dio ha trasformato ciò che era corruttibile e mortale in incorruttibile e immortale. Quando Dio ha risuscitato Gesù dai morii e gli ha elargito una nuova vita eterna, ha anche reso possibile che ogni essere umano fosse risuscitato dai morti e partecipasse alla vita nuova ed eterna. Il corpo umano morirà e si decomporrà, ma Dio ha dimostrato che questa non è la fine.
Dio ha sconfitto la morte risuscitando Gesù dai morti. Ha rivestito il corpo risorto di Gesù di incorruttibilità e di immortalità. La morte ha perduto la battaglia; Dio ha riportato vittoria. Dopo Gesù, Maria è stata la prima a risorgere e ad essere rivestita della vita incorruttibile ed immortale di Dio. Quello che Dio ha fatto per Gesù e per Maria sarà fatto per ogni credente.
Venerdì 15 Agosto (SOLENNITA’ – Bianco)
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno)
Lc 1,39-56: Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili
Dopo l’annuncio, Maria è partita verso la montagna di Giudea per andare a trovare Elisabetta. Colma dello Spirito Santo, Elisabetta l’ha benedetta. L’ha proclamata “Madre del mio Signore”. Fonte di gioia. Beatitudine vivente della fede. Maria ha risposto con il cantico del Magnificat . Parole ispirate, che lasciano intravedere il suo cuore. Esse sono per noi il suo “testamento spirituale”. Identificandosi con Maria, la Chiesa di tutti i tempi continua a cantare tutti i giorni il Magnificat come suo proprio cantico.
Celebriamo oggi il mistero dell’Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo. L’Apocalisse ci mostra “un segno grandioso del cielo”: la Donna che ha il sole per mantello, e una corona di stelle. Invincibile con la grazia di Dio di fronte al nemico primordiale. “Figura e primizia della Chiesa”. Primizia nel dolore della maternità al servizio della Redenzione. Primizia nel destino della gloria. Da lì, nel focolare della Trinità, Maria ci aspetta tutti per vivere e cantare con lei la nostra riconoscenza alla Grazia di Dio. La beatitudine divina e umana della Salvezza. Il suo eterno Magnificat.
Wilma Chasseur
Maria nello splendore della gloria
L’ultimo dogma della Chiesa cattolica è quello dell’assunzione di Maria, salita in Cielo anima e corpo, ed è stato proclamato da Papa Pio XII nel 1950.
Il dogma ( = verità di fede) dice soltanto che è salita in cielo anima e corpo ed ha già il suo corpo glorioso perché non ha mai subito la corruzione del sepolcro, sorte che spetta invece a tutti noi. Ma in una rivelazione privata molto attendibile la Madonna stessa ha precisato: ” Mi chiedete della mia Assunzione: ebbene sappiate che io sono salita in Cielo prima di morire”. Questo mi rallegra moltissimo, perché a noi, già quando eravamo bambini, al catechismo avevano sempre insegnato, che siccome la morte era entrata nel mondo a causa del peccato originale, la Madonna essendone stata preservata, era stata preservata anche dalla morte. Ed io vi ho sempre creduto fermamente. E la Chiesa ci ha sempre insegnato che la Madonna non è morta.
Per la Madonna non ci fu dunque quella tremenda lacerazione della separazione dell’anima dal corpo e non deve aspettare la fine del mondo per ritrovare il suo corpo glorioso: è salita in cielo anche col suo corpo e non solo in spirito. Anche questo è un bellissimo trionfo della gloria, come avevamo già visto nella Trasfigurazione del Signore, in cui possiamo intravedere il nostro destino eterno. Infatti anche noi siamo chiamati ad essere abitati dalla gloria; la grazia non è altro che il germe della gloria, ma per noi ci sarà l’inevitabile discesa nel sepolcro prima di poter vivere in pienezza la realtà della gloria, cioè dell’inabitazione di DIO anche nel nostro corpo e non solo nell’anima.
Perché la vita eterna non sarà altro che questo: essere abitati dalla realtà divina, da questa densità di gloria che trasfigurerà anche il nostro corpo rendendolo totalmente spirituale, non più soggetto a nessuna limitazione della materia, e neppure sottoposto a leggi fisiche. Le proprietà dei corpi gloriosi infatti sono: l’impassibilità (non soffriremo più), la sottigliezza ( ci muoveremo con l’agilità del pensiero, spostandoci da un posto all’altro solo con il desiderio), l’immortalità ( non moriremo più) l’invulnerabilità ( non saremo più soggetti a nessun tipo di incidente).
La fine della vita di Maria Santissima – Assunzione per noi cattolici e dormizione per i fratelli ortodossi – fu un trasporto di amore. Il suo desiderio di riunirsi al suo DIO e al suo Figlio fu così intenso che la trasportò davvero nel luogo di gloria. O meglio: l’irruzione della gloria e dell’amore divino furono così forti che la sua natura non resse più e volò dal suo Signore per un eccesso d’amore.
E’ la cosiddetta morte d’amore che descrivono tanti mistici. ” O fiamma d’amor viva/ che soave ferisci l’anima mia nel suo profondo centro/ se vuoi ormai finisci/ rompi la tela a questo dolce incontro”. ( San Giovanni della Croce – Fiamma viva d’amore – Strofa 1). E’ la morte il cui pungiglione non è il peccato, ma l’amore. Santa Teresina del Bambino di Gesù, dopo la terribile notte della fede, ebbe un’estasi che durò lo spazio di un Credo, in cui morì in un trasporto di amore divino. E se ne potrebbero citare tanti altri.
Se non fosse avvenuta la tremenda catastrofe del peccato originale anche Adamo ed Eva ( e noi al loro seguito) avrebbero potuto passare dal paradiso terrestre a quello celeste senza morire. Senza il peccato le facoltà spirituali che sono l’intelligenza e la volontà, sarebbero state più forti di quelle corporee e avrebbero avuto il predominio. Sarebbe bastato loro, per esempio, avere un forte desiderio della visione beatifica, che questo desiderio sarebbe bastato a farli “partire”. Mentre adesso, dopo il peccato, c’è come una frattura in noi e le nostre facoltà superiori non riescono più a dominare su quelle inferiori. La nostra volontà ha un bel volere cose belle e buone, ma sperimenta comunque malattia, invecchiamento e tante altre cose che non vorrebbe perché non è più padrona del proprio corpo.
Con l’ Assunzione al cielo di Maria meditiamo questo stupendo mistero di gloria che sarà anche il nostro destino futuro se saremo fedeli alla grazia e docili all’azione dello Spirito Santo.
Venerdì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 19,3-12: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.
È la pagina più antipatica di tutto il vangelo, almeno per noi maschi. Ed è certamente autentica: nessuno sano di mente si sarebbe sognato di attribuire a Gesù parole per noi così sfavorevoli! Al tempo di Gesù esisteva il divorzio, anche se era decisamente sessista: un uomo poteva rimandare a casa la propria moglie, era sufficiente un atto di ripudio. E, per calcare la mano, qualche furbetto era riuscito ad attribuire a Mosè la pratica, così da renderla inossidabile e piuttosto maschilista. La domanda rivolta a Gesù sembra essere una richiesta di conferma di una pratica diffusa che nessuno, nemmeno le donne, si sarebbe mai permesso di contestare. Tutti, eccetto Dio. E questa è la grande e sconcertante novità proposta da Gesù: la coppia è invenzione di Dio, non dell’uomo. È suo il progetto, sua l’intuizione felice. Se, perciò, nel nostro cammino desideriamo amarci per tutta la vita, la nostra non è una pia illusione retaggio del passato, ma il sogno che Dio ha sulla famiglia. A partire da questo testo così inequivocabile dobbiamo umilmente affrontare le difficili situazioni di coppie separate, senza tradire la verità del vangelo ma senza spegnere la speranza…
Sabato della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 19,13-15: Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.
Come un cerchio che si chiude, nuovamente troviamo i bambini come protagonisti della pagina di vangelo di oggi. Siamo chiamati a diventare bambini per fare esperienza di tenerezza e diventare capaci di perdonare e di vivere da perdonati. E ci vuole un cuore da bambini per imparare a stupirci delle grandi cose che Dio ha compiuto in Maria e che continua a compiere in noi… Se diventiamo bambini, se lasciamo emergere in noi la parte più autentica e spontanea della nostra anima, la capacità di sognare, di emozionarsi, di credere, possiamo tranquillamente avvicinarci a Gesù e, attraverso di lui, accedere a Dio. Ci benedice il Signore, impone le sue mani su di noi, ci invita a possedere il Regno. Proprio perché i bambini, come le vedove, come i poveri contemporanei a Gesù, fanno parte delle categorie deboli della società ebraica, gli invisibili ignorati da tutti ma ben presenti nel cuore di Dio. Lasciamo emergere in noi il bambino che ci abita, che realizza il Regno intorno a sé, che sa individuare la presenza di Dio in ogni cosa.