
Antonio Guglielmi, Missionario Comboniano
Palermo, 24 luglio 2025
40° anniversario del martirio di Padre Ezechiele Ramin, Cacoal, Brasile
da http://www.comboniani.org
Se io fossi Papa, convocherei un concistoro dei cardinali a Gaza per distribuire acqua e alimenti a quanti, per ricevere cibo, sono lasciati morire di fame o sono vittime dei continui bombardamenti con l’aggravante che tra di loro si nascondono terroristi.
Se io fossi Papa, andrei a Gaza, perché godo dell’autonomia di essere Capo di Stato del più piccolo stato del mondo. Non ho bisogno di altri passaporti, mi basta quello della Città del Vaticano.
Se io fossi Papa, agirei con la libertà interiore che è il fondamento del coraggio e che rende immune dal timore di ciò che dicono gli altri, fino a rendere possibile che gli altri pensino e agiscano come vogliono.
Se io fossi Papa, darei a Dio il mio coraggio che non può essere confuso con eroismo da superuomini o da eroi che disprezzano il pericolo fino a cercarlo, perché il coraggio è il frutto della saggia gestione della paura senza esserne paralizzati ma non significa affatto la negazione della paura davanti a ciò che mette a rischio la vita. Perché il coraggio non viene da me ma è frutto di una relazione profonda con l’Origine e il Fine della vita stessa[1].
Se io fossi Papa, smetterei di pregare per la pace, ma darei a Dio una mano perché Lui ha bisogno di uomini e donne che concretamente siano presenza a Gaza, piuttosto che dare risposte alle domande del perché della guerra. Non ne usciremmo più fuori da questa matassa.
Se io fossi Papa, farei mie le parole del testamento di Christian de Cherge, martire di Tibhirine nel 1996, quando scriveva:
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.
Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
Ed io di questo sono convinto: “La mia vita non ha più valore di un’altra”, perché il valore di ogni vita non dipende dal ruolo che esercita ma dall’essere parte di un’unica famiglia, di un’unica terra.
Ma io non sono Papa e mi rimane solo l’indignazione per queste assurdità e per l’inerzia di chi dovrebbe avere il coraggio di esporsi e invece lo fa col contagocce.
[1] Fratel Michael Davide, Giuditta Guerra alla Guerra, San Paolo, Cinisello Balsamo 2025, pag. 65