Dicci, Maria: che hai visto sulla via? Ho visto il sepolcro di Cristo vivente e la gloria del Risorto. Ho visto le testimonianze degli angeli, il sudario e le bende. Cristo, mia speranza, è risorto! (Sequenza pasquale)

Iniziando questa rubrica vocazionale, che si propone di rileggere alcune figure bibliche per metterle sul “candelabro della nostra casa” (Matteo 5,15), mi sono chiesto… da dove, o meglio, da chi iniziare! Ho finito per decidere di cominciare dall’inizio! E l’inizio, per un cristiano, è la Pasqua, senza alcun dubbio. È la nostra nascita. In essa tutte le nostre paure sono state dissipate e tutti i nostri desideri realizzati! Chi accoglie senza riserve l’annuncio (precònio) pasquale non riesce a restare indifferente al grido dell’EXULTET, che risuona (nel silenzio di un’assemblea sospesa) per invitare cielo e terra a gioire per la GRANDE NOTIZIA del trionfo di Cristo.

La Pasqua è il trionfo inaspettato della Vita che fa rinascere la Speranza certa; è la Luce del mattino che illumina la notte profonda e apre la strada al Sole di mezzogiorno; è l’esplosione della Primavera che inaugura il tempo della Bellezza, stagione dei colori, del canto e dei fiori…
Un cristiano senza Pasqua è un vinto dal quale si fugge per il puzzo di morte che emana! Il cristiano della Pasqua è il Messaggero di una gioia contagiosa, un’unzione profumata capace di risuscitare i cuori moribondi!

La prima testimone della Pasqua è una donna: Maria Maddalena (Giovanni 20,11-18). È a lei che chiediamo: “Dicci, Maria: che hai visto?” (sequenza della domenica di Pasqua). Sì, interrogare i testimoni, coloro che hanno visto.
Purtroppo oggi la nostra società, permeata da una cultura del sospetto e della trasgressione, mossa dal prurito di “novità” che soddisfino i propri desideri, si circonda di maestri di favole (2 Timoteo 4,1-5). Quanto diceva Paolo VI, che “il mondo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, oggi non è più così certo.
Coloro che “vedono”, con uno sguardo capace di penetrare l’invisibile (Ebrei 11,27), i veri testimoni, sono spesso vilipesi, etichettati come “visionari” e fischiati; mentre coloro che “non vedono” e, proprio per questo, negano la realtà spirituale, “invisibile” agli occhi miopi (da talpa) dei nuovi “maestri” alla moda, sono considerati “illuminati” e applauditi dalle grandi platee.

Raccontaci, Maria, che cosa hai visto!

È il desiderio del cuore che cerca la verità, che non cede alla moda del momento, che non si accontenta di racconti (alterati) di terza o quarta mano, ma va a bere alla freschezza della sorgente, ad ascoltare la narrazione dalle labbra infiammate dalla passione dei testimoni che Lo hanno visto. E Maria Maddalena (su questo concordano tutti i vangeli!) è portatrice di una testimonianza di prima mano, primizia femminile, “apostola degli apostoli”, come la chiamavano i Padri della Chiesa.

Maria, l’Amante!

Ma, figli come siamo anche noi di una società “incredula”, una parola di presentazione di questa testimone privilegiata è necessaria.
Sgombriamo subito un equivoco: Maria Maddalena non è la “donna peccatrice” di cui si parla in Luca 7,36-50 e Giovanni 8,1-11. In realtà troviamo diverse “Marie” nel seguito di donne che accompagnano Gesù: oltre a Maria Madre di Gesù, abbiamo Maria di Betania, Maria moglie di Clopa, Maria madre di Giacomo il Minore e naturalmente la nostra Maria Maddalena. Questa proviene da Magdala, un villaggio costiero nei pressi di Tiberiade. Da qui il nome Maddalena. Era una donna che aveva molto sofferto, ma una volta liberata da “sette demoni” (Luca 8,2), seguì Gesù fin dalla Galilea, sin dalle prime ore.

Cosa caratterizza Maria Maddalena? Un grande amore! È una donna innamorata di Gesù, che non si rassegna alla prospettiva di perderlo e si aggrappa a quel corpo inerte come a un’ultima speranza per poter toccare “colui che il suo cuore ama” (Cantico 3,1-4).
Da qui un altro equivoco recente, creato da un altro “maestro” di illusioni, Dan Brown, scrittore americano autore de “Il codice Da Vinci” (2003), un bestseller mondiale (decine di milioni di copie vendute: la “finzione”, anche se piena di grossolane falsificazioni, è sempre redditizia!). Secondo Brown, Maddalena sarebbe in realtà l’amante di Gesù!…

Sì, Maria Maddalena è la grande “Amante” di Gesù, ma non nel senso “carnale” visto con gli occhi torbidi di Brown. Se il “discepolo amato” (forse l’apostolo Giovanni, secondo la tradizione, anche se tale identificazione non appare mai nel suo vangelo!) è il prototipo del discepolo, Maria Maddalena è, in un certo senso, il suo “equivalente” femminile (senza per questo oscurare la figura di Maria!). Maria Maddalena è la “discepola prediletta” e la prima “apostola” di Cristo Risorto.
Lei (chiamata due volte con il generico appellativo di “Donna”) rappresenta la nuova umanità concreta, sofferente e redenta, l’Eva convertita dall’Amore dello Sposo, perduto un tempo nel Giardino dell’Eden, ritrovato ora in questo nuovo Giardino (Giovanni 19,41) dove è disceso il suo Amato (Cantico 5,1).

Dicci, Maria, che cosa hai visto! Raccontalo con il fervore della tua passione. Lasciaci contemplare nei tuoi occhi ciò che ha visto il tuo cuore! La vocazione di un apostolo non vale nulla se non è vissuta con la tua passione!

Il coraggio di “restare” e “piangere” davanti al sepolcro

La vocazione di Maria Maddalena è animata dall’amore, ma anche dalla fede. Fede e amore sono entrambi necessari: la fede dà le gambe per camminare, l’amore dà le ali per volare. La fede senza amore non rischia, ma l’amore senza fede può smarrirsi tra i molti bivi. E la speranza è figlia di entrambi. È l’amore e la fede che spingono Maria Maddalena a restare accanto al sepolcro, a piangere, ad attendere, pur non sapendo bene cosa. Al contrario dei due apostoli, Pietro (figura della fede) e Giovanni (figura dell’amore), che si allontanano dal sepolcro. La Donna, che riunisce in sé entrambe le dimensioni, “resta” e “piange”.
Il suo “restare” viene dalla fede, il suo “piangere” dall’amore. “Resta” perché la fede persevera nella ricerca, non si scoraggia di fronte all’insuccesso, interroga (gli angeli e il Giardiniere), come l’Amata del Cantico dei Cantici. Attende contro ogni speranza! Fino a che, trovato l’Amato, l’amore la getta ai Suoi piedi, abbracciandoli nel vano tentativo di non lasciarlo più andare (Cantico 3,1-4).

Oggi noi, apostoli e amici di Gesù, al contrario, fuggiamo dal sepolcro. Ci manca la fede per sperare che dalle situazioni di morte, di vuoto, di fallimento possa rinascere la vita. Non crediamo più ai “miracoli”. Non abbiamo più spazio dentro per aspettare un Dio capace di “risuscitare i morti”. Ci affrettiamo a chiudere quei “sepolcri” con la “grossa pietra” (Marco 16,4) della nostra incredulità. La nostra missione diventa una “disperata” lotta contro la morte.
Ma è un’impresa fallimentare: la morte regna fin dall’inizio del mondo. Finiremo allora per dedicarci all’“opera di misericordia” di “seppellire i morti” (con o senza particolare attenzione all’“imbalsamarli”!), dimenticando che siamo stati inviati per “risuscitarli” (Matteo 10,8). Affrontare il “sepolcro” è il Rubicone dell’Apostolo, il suo passaggio del Mar Rosso (Esodo 14-15). Senza rimuovere la pietra della nostra incredulità per affrontare e vincere un nemico tanto temibile, non vedremo la Gloria di Dio: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” (Giovanni 11,40).

Oggi abbiamo difficoltà anche a piangere, senza dubbio perché amiamo poco. “Piangere fa parte del genio femminile”, disse Papa Giovanni Paolo II. Perché ama di più? “Dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6,21). Il cuore di Maddalena è in quel Giardino, e perciò piange. Il nostro dimentica facilmente i suoi “morti”. Preso da “tante cose” da fare, non ha tempo per “restare” e “piangere” con chi soffre! Se la nostra preghiera non conosce momenti di “grida e lacrime” (Ebrei 5,7), dovremmo chiederci se non stiamo diventando corrotti dall’indifferenza.
Poco a poco il cuore si atrofizza, alienato nell’azione, incapace di “compassione”.

L’audacia di restare e piangere non è sterile

Le lacrime di Maria convocano gli angeli. Sono la risposta di Dio. Non le restituiscono il “cadavere” che cerca, ma le annunciano che “Colui che il suo cuore ama” è vivo!
Ma quel cuore ha bisogno di “vedere” e “toccare” l’Amato. E Gesù, finalmente, cede all’insistenza del cuore. Va incontro a Maria Maddalena. Quando la chiama per nome: “Mariam”, allora il suo cuore trema d’emozione, riconoscendo la voce del Maestro.
Essere chiamati per nome: ecco il desiderio più profondo (e inconfessato) che portiamo in noi. Solo allora la “persona” raggiunge la pienezza del suo essere e la coscienza della sua identità. Fino ad allora, camminerà a tentoni! Solo allora potrà dire con il fuoco di un cuore innamorato: “HO VISTO IL SIGNORE!”
E in quel giorno, come Maria, diventeremo testimoni di prima mano:

“Ciò che era fin dal principio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato… ciò che abbiamo visto e udito, ve lo annunciamo!” (1 Giovanni 1,1-4).

P. Manuel João Pereira Correia, mccj