
Di MrPotts
il 8 giugno 2025
Per gentile concessione dell’autore
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Nella prefazione di Laurence Freeman al volume sull’eremitismo contemporaneo di cui scrivevo un paio di settimane fa ho letto un inciso che, come si suol dire, ha subito acceso la mia curiosità: «Nel XVIII e XIX secolo divenne di moda tra i ricchi proprietari [inglesi] avere un eremita o una reclusa nella loro proprietà. Era solo un’attrazione per i loro ospiti, ma forse tradiva anche la nostalgia per qualcosa che erano inconsapevoli di aver perduto a causa dell’opulenza materiale e della superficialità della religione istituzionale»1. Una breve ricerca e ho «scoperto» un fenomeno che, come quasi tutto, è ampiamente trattato, quello che gli inglesi chiamano degli ornamental hermits, sì, gli eremiti ornamentali, decorativi.
Più che tra i fenomeni di derivazione religiosa gli eremiti ornamentali sono rubricati dagli inglesi tra le eccentricità, non a caso il testo più citato sull’argomento è un saggio di Edith Sitwell, Ancient and Ornamental Hermits, raccolto nel volume del 1957 English Eccentrics2, saggio che riprende un capitolo di English Eccentrics and Eccentricities di John Timbs, pubblicato nel 1875. A sistemare in lungo e in largo la questione, è arrivato in tempi più recenti il volume The Hermit in the Garden, di Gordon Campbell3, un professore di Oxford (che forse si candida a essere il Professore di Oxford per antonomasia, come dimostra questa presentazione).
Così ho imparato che non era infrequente trovare nei giardini delle residenze nobiliari di campagna delle «situazioni» che venivano definite eremitaggi, volta a volta simboli della moda del «ritorno alla natura» (Rousseau docet, «gli eremiti ornamentali sono l’incarnazione dell’ideale di Rousseau»), della diffusione della «sensibilità» («L’eremitaggio e il suo eremita fisico o immaginario rappresentavano l’inclinazione della persona sensibile per il mondo naturale e le sfumature emotive suscitate dal ritiro malinconico»), del piacere riconquistato della solitudine e del silenzio, e della dolce malinconia che ne deriva (Milton docet, «Il Penseroso di Milton è il testo del XVIII secolo che “fonda” il culto della malinconia») – del grande armamentario romantico intriso di letteratura e che annoverava, tra l’altro, piccoli cimiteri sotto la luna, paesaggi «selvaggi», iscrizioni smangiate dal tempo, capanne nel bosco e rovine (rovine di monasteri abbandonati in testa). Tali «situazioni» comprendevano piccole grotte, ruderi, casette sugli e negli alberi, padiglioncini, baite (come non pensare a quella di Thomas Merton, anche se non c’entra niente), il più delle volte vuote, o al massimo con dei segni che indicavano che qualcuno si era solo temporaneamente allontanato, o con una figura impagliata o addirittura un automa capace di movimenti e… suoni (nel resoconto di una visita del 1801 a Hawkstone Park, nello Shropshire, si legge: «Fummo condotti nella cella dell’eremita, che è certamente la migliore rappresentazione che io abbia mai visto di ciò che i poeti descrivono. Si suona un campanello e la porta si apre immediatamente da sola rivelando un venerabile vecchio scalzo e seduto in una nicchia con un tavolo davanti a sé, su cui si trovano un teschio, una clessidra, un libro e un paio di occhiali; si alza al vostro avvicinarsi e si inchina. Quando gli rivolgete delle domande, muove le labbra e risponde con voce roca e cupa, tossendo come se fosse quasi esausto. Ci disse di avere cento anni e di aver trascorso lì la maggior parte della sua vita. Sopra la nicchia c’era scritto “Memento mori” a caratteri cubitali, ma c’erano altre righe che non riuscivo a decifrare per mancanza di luce…» – ah, la voce è quella del giardiniere opportunamente celato alla vista).
Talvolta però l’eremita era in carne e ossa ed era un individuo che veniva assunto per impersonarlo a fronte di uno stipendio e di un mansionario che prevedeva capelli e barba lunghi (e spesso anche unghie), silenzio, atteggiamento malinconico e severo, lettura (vera o simulata). Un impiego per il quale non era impensabile mettere un annuncio di ricerca o di offerta (anche se il professor Campbell non ne è del tutto certo), Scrive Timbs: «Un corrispondente di Notes and Queries descrive un gentiluomo vicino a Preston, nel Lancashire, [che] pubblicò un annuncio di una ricompensa di 50 scellini all’anno, a vita per chiunque si impegnasse a vivere sette anni sottoterra, senza vedere anima viva, e a lasciarsi crescere le unghie dei piedi e delle mani, insieme ai capelli e alla barba, per tutto il tempo. Un apposito appartamento sotterraneo è stato allestito, molto spazioso, con un bagno freddo, un organo da camera, tanti libri a piacere e provviste servite dalla propria tavola». E qualche pagina dopo aggiunge: «Una persona pubblicò un annuncio di ricerca di impiego come eremita, sul Courier dell’11 gennaio 1810: “Un giovane, che desidera ritirarsi dal mondo e vivere da eremita in un luogo conveniente in Inghilterra, è disposto a impegnarsi con qualsiasi nobile o gentiluomo che desideri averne uno. Qualsiasi lettera indirizzata a S. Lawrence (affrancata), da lasciare presso il signor Otton, n. 6, Coleman’s Lane, Plymouth, che specifichi quale gratifica verrà offerta insieme con tutti gli altri dettagli, sarà debitamente esaminata”».
Per conoscere il declino e gli sviluppi ulteriori del fenomeno, le sue propaggini novecentesche, fino, forse, ai famigerati nanetti da giardino, non c’è che rivolgersi al volume del professor Campbell, piccolo esempio luminoso di curiosità, ricerca e rinfrancante umorismo – non posso citarlo tutto…
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Il silenzio e i suoi sentieri. L’esperienza dell’eremo nel nostro tempo, a cura di G. Giambalvo Dal Ben, prefazione di L. Freeman, Effatà Editrice 2024, p. 8.
Perché rinunciare al piacere di citare la presentazione dell’editore: «L’arguta incursione di Dame Edith Sitwell nel mondo degli eccentrici inglesi è un magnifico tributo all’individualità. In un’epoca di conformismo, ecco una deliziosa opportunità per fare la conoscenza di personaggi stravaganti, donchisciotteschi, se non scervellati, che potevano permettersi di essere diversi. L’eccentricità è caratteristica particolare degli inglesi, dice Dame Edith in un ironico inciso, grazie a “quella peculiare e soddisfacente conoscenza dell’infallibilità che è segno distintivo e diritto di nascita della nazione britannica”. Eremiti, sportivi, ciarlatani, marinai, gli instancabili viaggiatori britannici, uomini di cultura, uomini di vita – e le signore, Dio le benedica – ecco una gloriosa galleria di estremi della natura umana ritratti da Dame Edith con tale arguzia, partecipazione, sapienza e amore da risultare irresistibile».
Gordon Campbell, The Hermit in the Garden. From Imperial Rome to Ornamental Gnome, Oxford University Press 2013.