
P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola
Agnelli in mezzo ai lupi
Anno C – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Luca 10,1-12.17-20: “Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”
Il Vangelo di oggi ci racconta l’esperienza missionaria dei settantadue discepoli inviati da Gesù “a due a due davanti a sé, in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Dopo aver già inviato i Dodici (cf. Lc 9,1-6), ora Gesù ne invia altri settantadue. San Luca è l’unico evangelista a riportare questo episodio. Soffermiamoci su cinque aspetti del racconto.
1. Non più solo i dodici, ma i settantadue
“Il Signore designò altri settantadue”.
Il numero 72 ha un significato simbolico: allude all’universalità della missione. Secondo la cosiddetta “tavola delle nazioni” (Genesi 10, nella versione greca dei LXX), 72 erano i popoli della terra. Alcuni manoscritti e la tradizione ebraica riportano invece il numero 70. I rabbini affermavano che Israele era come un agnello circondato da settanta lupi e ogni anno, nel Tempio, si immolavano settanta buoi per la loro conversione.
I Dodici rappresentano il nuovo Israele, le dodici tribù; i Settanta(due), invece, raffigurano la nuova umanità. Inoltre, 72 è un multiplo di 12: rappresenta quindi anche la totalità dei discepoli. La missione non è compito esclusivo degli apostoli, ma di tutto il popolo di Dio.
La Chiesa non smette di sottolineare l’urgenza dell’annuncio missionario. Ma, purtroppo, spesso con scarsi risultati. In un’epoca di rapida e drammatica scristianizzazione dell’Occidente, sembriamo preoccupati solo di conservare l’unica pecorella rimasta nell’ovile, dando per perse le altre novantanove.
2. Precursori
“Li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”.
Gesù li manda a due a due: la missione è un compito comunitario. Ma perché inviarli davanti a sé? Non dovrebbe essere Lui a precederci? Sì, il Signore ci ha preceduti, ma ora, conclusa la sua missione, inizia la nostra: preparare il suo ritorno.
Come Giovanni Battista preparò la sua prima venuta, oggi siamo chiamati a preparare la sua seconda. Non a caso, San Luca utilizza qui il titolo “il Signore”, di connotazione pasquale, e non semplicemente “Gesù”.
“Il suo nome sarà Giovanni”, disse Zaccaria. Oggi, simbolicamente, il Signore dice a ciascuno di noi: “Il tuo nome sarà Giovanni/Giovanna”. Il nome indica la missione. Questa missione si fonda su due compiti essenziali:
– Annunciare un messaggio breve e conciso: “È vicino a voi il regno di Dio”;
– “Battezzare”, non con acqua come Giovanni, ma immergendo le persone nell’amore di Dio, attraverso relazioni fraterne e cura dei più fragili: “Guarite i malati”.
Forse oggi dobbiamo invertire l’ordine: prima “battezzare” la realtà quotidiana – famiglia, lavoro, scuola, società – con l’amore di Dio; poi, a tempo opportuno, annunciare il Regno. Come suggerisce San Pietro: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15).
3. Lupi e agnelli
“Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”.
Le istruzioni di Gesù sulla missione sono sconcertanti. Comprendiamo l’invito alla preghiera – anima di ogni missione –, ma perché tanta insistenza sullo spogliamento del missionario?
Le immagini forti usate da Gesù mostrano che la missione si compie nella debolezza e nella povertà, sull’esempio del Maestro che “svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2,7). La missione richiede di rinunciare a ogni forma di potere umano, perché sia chiaro che è Dio ad agire. Forse è proprio la tentazione del potere all’origine dei più gravi scandali e peccati della Chiesa.
Gesù ci manda poveri – ricchi solo della fiducia in Dio – come agnelli tra i lupi. È forte, però, la tentazione di diventare noi stessi dei lupi, usando le stesse armi del nemico quando ne abbiamo l’occasione.
Le letture odierne ci mostrano il contesto spesso drammatico della missione. Isaia parla di lutto prima della consolazione; Paolo parla di croce e delle stigmate del Signore; il Vangelo parla di lupi, serpenti, scorpioni, della potenza del nemico, e del possibile rifiuto del messaggio e dei messaggeri.
Eppure, Gesù non ci invia al massacro. Ci conferisce il suo potere: “Vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi”. Così l’apostolo anticipa i tempi escatologici in cui “il lupo dimorerà insieme con l’agnello” (Is 11,6).
4. La pace
“In qualunque casa entriate, prima dite: ‘Pace a questa casa!’”.
Nel contesto difficile della missione, Gesù ci invita a offrire pace. È un tema centrale in tutte le letture di questa domenica.
Dio, attraverso Isaia, promette: “Ecco, io farò scorrere verso Gerusalemme, come un fiume, la pace”. Purtroppo, oggi questo fiume sembra prosciugato. La pace è dono e responsabilità. Oggi più che mai, abbiamo bisogno urgente di “figli della pace”, come dice Gesù. Ma noi, suoi discepoli, lo siamo davvero nei nostri sentimenti, nelle parole e nelle azioni?
5. La gioia
“I settantadue tornarono pieni di gioia”.
La gioia è l’altro grande tema che accomuna le letture di oggi. Essa è frutto della pace. La gioia cristiana non è quella effimera e ingannevole del mondo, né è una leggerezza superficiale che ignora il dolore e l’ingiustizia.
La gioia del cristiano convive spesso con la sofferenza e la persecuzione. Tale gioia delle beatitudini è un dono che richiede però “il coraggio della gioia” (Benedetto XVI). Si manifesta nella pace profonda del cuore, simile alla calma del mare in profondità, anche quando in superficie infuria la tempesta.
È questa la “gioia piena” che Gesù ci ha lasciato in eredità durante la cena del Suo congedo. Una gioia assicurata: “Nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22).
P. Manuel João Pereira Correia, mccj