Il cardinal Pizzaballa interviene con un comunicato molto forte per condannare il massacro che ha avuto luogo in una chiesa di Siria. Il presente doloroso contrasta con un passato lontano e gloriosissimo

Di: Daniele Rocchetti  Data: 26 Giugno 20252
Da laico nella città – Rubrica a cura di Daniele Rocchetti
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Il crimine di giustificare la violenza con la fede

“Non esiste alcuna giustificazione – religiosa, morale o razionale – per il massacro di innocenti, tanto meno in uno spazio sacro. Una tale violenza, sotto il pretesto della fede, è una grave perversione di tutto ciò che è sacro. È un atto di indicibile malvagità, un crimine contro l’umanità e un peccato davanti a Dio. Questo attacco è anche un’aggressione diretta al diritto di culto in pace e sicurezza. Condanniamo fermamente questo atto barbarico e rifiutiamo le ideologie che cercano di giustificare la violenza in nome della religione. Estendiamo le nostre più sentite condoglianze al Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente ed esprimiamo la nostra solidarietà a tutte le comunità cristiane della Siria, che hanno sopportato anni di persecuzioni e sfollamenti e che ora si trovano ad affrontare una nuova paura e insicurezza”.

Così si è espresso il Patriarca Pierbattista Pizzaballa in un duro comunicato a proposito dell’attacco kamikaze di domenica scorsa contro la chiesa greco ortodossa di Sant’Elia a Damasco e costato la vita ad almeno 30 persone e il ferimento di altre cento che partecipavano all’eucarestia.

La Siria tormentata

Dopo più di dieci anni segnati dal terrore e dalle violenze di Bashar Assad, la tormentata Siria – Paese bellissimo, un tempo laboratorio di convivenza di fedi e confessioni diverse – pare non trovare ancora la pace. L’esercito israeliano continua ad avanzare via terra nel Sud con continue ingerenze e sistematici bombardamenti, formazioni di stampo jihadista approfittano del fatto che l’opinione pubblica guarda altrove per colpire la piccola minoranza cristiana e uomini dell’esercito accusati di essere al servizio di un’autorità apostata.

Subito dopo l’attacco, il presidente Ahmed Shaara – vero nome di Abu Muhammad al-Jawlani, ex leader della formazione salafita-jihadista Jabhat al Nusra e di quella islamista Tahrir al-Sham – ha espresso immediatamente la sua indignazione e la sua solidarietà. Nel comunicato pubblicato poche ore dopo ha parlato di un “crimine efferato contro innocenti” che mette in evidenza l’importanza della “solidarietà” e dell’”unità tra popolo e governo di fronte alle minacce alla sicurezza e alla stabilità del nostro Paese” e ha promesso alle famiglie delle vittime che il governo farà giustizia.

Le nuove autorità di Damasco hanno subito condannato con fermezza l’aggressione e hanno annunciato l’arresto di sei persone “coinvolte” nell’attentato. La ministra degli affari sociali Hind Kabawat, unica donna e unica cristiana nel nuovo esecutivo, ha raggiunto anch’essa la chiesa di Mar Elias, portando il suo sostegno ai familiari delle vittime e alla comunità cristiana locale.

Qui fummo chiamati cristiani

La Siria è stata la terra della prima evangelizzazione, quando Gesù era ancora vivente. E’ l’evangelista Matteo a raccontarlo: “la sua fama si sparse in tutta la Siria” (4,24). Le prime comunità cristiane nell’allora terra di Fenicia, nelle città di Damasco e di Antiochia, si svilupparono al tempo delle persecuzioni, quando i cristiani furono costretti a lasciare la Palestina. La comunità di Damasco fu fondata dagli ellenisti: originariamente ebrei della diaspora che avevano adottato la lingua e la cultura greche e poi convertiti al cristianesimo.

La Siria rappresenta il primo nucleo di irradiazione missionaria; qui fiorì la prima forma di “missio ad gentes”, fu in questa terra, infatti, che il cristianesimo entrò a contatto con le altre religioni; fu proprio in questa regione che, per la prima volta, i discepoli di Gesù furono indicati come cristiani. Successe ad Antiochia (At 11,26), sul fiume Oronte, allora la terza metropoli dell’Impero dopo Roma e Alessandria d’Egitto.

La scuola teologica che si sviluppò in Siria era caratterizzata da una profonda vivacità di pensiero e da un forte anelito di ricerca. Le Odi di Salomone, la Didachè, le lettere di Sant’Ignazio testimoniano il valore spirituale di queste scuole. Anche la vita ecclesiale era molto intensa e numerosi erano gli studiosi che circolavano per le strade delle sue città. Il monachesimo siriano del quarto e quinto secolo presenta caratteri propri: sulla vita di comunità prevaleva la vita eremitica. Monaci (il più famoso dei quali, Simeone lo Stilita, passò gran parte della sua vita su una colonna) alla continua ricerca di una vita di autenticità e verità che si dedicavano alla contemplazione ma anche al servizio e all’apostolato.

Il coraggio di essere cristiani e la tentazione della fuga

I cristiani vent’anni fa costituivano almeno il 10 per cento dell’intera popolazione (composta da poco più di 20 milioni di persone). Ora è tornata la paura. Scappato Assad, molte sono state le provocazioni contro la comunità cristiana: incendi dolosi, scritte minacciose sui muri delle case o delle chiese: “sta arrivando il vostro turno”.

Tanti di loro stanno pensando di emigrare. Il governo di transizione in carica dall’otto dicembre del 2024 fa fatica a controllare i numerosi gruppi armati e a dare stabilità ad una terra che vede troppi Paesi (Russia, Iran, Turchia, Israele) interessati a mantenere il caos.

Là dove parlano l’aramaico

L’ultima volta che sono stato in Siria ho voluto fermarmi a Maaloula, un villaggio dalle casette cubiche intonacate di giallo, violetto e blu aggrappate alla falesia. Allora non era la bellezza a portare in quel luogo migliaia di turisti ma il fatto che gli abitanti del paese, poco più di tremila persone, parlavano, come idioma corrente, l’aramaico, la lingua di Gesù, oggi quasi estinta, parlata da meno di mezzo milione di persone in tutto il mondo. Vi erano due splendidi monasteri, uno cattolico, della Chiesa melchita, dedicato ai Santi Sergio e Bacco con la chiesa che custodiva un bellissimo altare del quarto secolo; l’altro, greco ortodosso, che conservava le reliquie di Santa Tecla, discepola di san Paolo.

Nel corso della guerra civile siriana, Maaloula divenne campo di battaglia tra le milizie di Al Nusra e le forze armate siriane. Caduta in mano ai ribelli, fu devastata e decine di cristiani furono massacrati. Un villaggio ridotto in macerie, le antiche icone rubate o bruciate, santuari e chiese distrutte, immagini sacre vandalizzate e la parte più antica del paese bombardata e messa a fuoco.

Una parabola di una storia di convivenza che pare terminata. Nel silenzio generale del mondo, nel silenzio complice di tanti cristiani.