Liturgia
XIII Settimana del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz

Lunedì 30 Giugno (Feria – Verde)
Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 18,16-33 Sal 102 Mt 8,18-22: Seguimi.
Martedì 1 Luglio (Feria – Verde)
Martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 19,15-29 Sal 25 Mt 8,23-27: Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Mercoledì 2 Luglio (Feria – Verde)
Mercoledì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 21,5.8-20 Sal 33 Mt 8,28-34: Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?
Giovedì 3 Luglio (FESTA – Rosso)
SAN TOMMASO
Ef 2,19-22 Sal 116 Gv 20,24-29: Mio Signore e mio Dio!
Venerdì 4 Luglio (Feria – Verde)
Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 23,1-4.19; 24,1-8.62-67 Sal 105 Mt 9,9-13: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Misericordia io voglio e non sacrifici.
Sabato 5 Luglio (Feria – Verde)
Sabato della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 27,1-5.15-29 Sal 134 Mt 9,14-17: Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
Domenica 6 Luglio (DOMENICA – Verde)
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 66,10-14 Sal 65 Gal 6,14-18 Lc 10,1-12.17-20: La vostra pace scenderà su di lui.
Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 8,18-22: Seguimi.
Per passare all’altra riva insieme al Signore Gesù dobbiamo avere il coraggio di fuggire la visione di una fede che diventa nido, rifugio, fuga dal mondo violento che ci mette in difficoltà. Troppe volte le nostre parrocchie, invece di diventare un porto di mare che offre rifugio alle tante vite in difficoltà, diventano dei piccoli ghetti autoreferenziali, impermeabili al mondo reale, tutte ripiegate su loro stesse, incapaci di essere testimoni di alcunché. Per diventare discepoli il Signore ci chiede di lasciare il clan, la retorica familista, il gruppo in cui si sta bene ma che rischia di diventare un gran cimitero, senza idee, senza scosse, senza sussulti. Il Signore ha bisogno di persone che, come lui, non abbiano dove posare il capo, che sappiano osare, andare oltre, andare oltre le simpatie e le parentele, le logiche dello star bene nel gruppo dei pari, per costruire un modo alto e altro di essere umanità attraverso l’esperienza della Chiesa. E la richiesta del Signore mette in grave difficoltà la nostra idea di un cristianesimo sociale, che si adatta all’aria che tira, che non scuote troppo le coscienze, che conferma le nostre piccole certezze.
Martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 8,23-27: Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Ci sono dei momenti nella vita in cui abbiamo l’impressione di affondare. A volte a causa dei nostri sbagli, delle nostre scelte, dei nostri peccati. A volte, invece, perché travolti da eventi non previsti che ci mettono a durissima prova. Anche per la Chiesa è così: nei vangeli, quasi sempre, l’immagine della barca si riferisce alla comunità che si trova ad attraversare il mare tempestoso della Storia, travolta dalle persecuzioni del mondo ma anche dall’incoerenza dei propri membri. Allora davvero sembra che il male e la tenebra prevalgano. Il mare, nella letteratura biblica, è un luogo misterioso, abitato da mostri terribili. Ma, questo è lo stupendo messaggio del vangelo di oggi, anche nelle situazioni più disperate il Signore ci viene incontro. Anche se sembra non intervenire, egli è presente sulla barca della nostra vita, sulla barca della Chiesa. Come Pietro e Paolo, che abbiamo celebrato ieri, come i tanti martiri uccisi dalla furia dell’imperatore romano, che celebriamo oggi, non c’è nulla che ci possa davvero allontanare da Cristo, se ci affidiamo a lui la barca toccherà riva, fidatevi.
Mercoledì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 8,28-34: Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?
Sono furiosi i due indemoniati del vangelo di oggi. Matteo riprende il Vangelo di Marco aggiungendo questo particolare inquietante: l’ira può davvero portarci fuori da noi stessi e diventa pericolosa perché degenera in violenza. Può succedere che alcuni fra noi abbiano a che fare con questo vizio capitale così pericoloso e inquietante. Certo, il carattere non aiuta, e ci sono persone che tendono ad accendersi per un nonnulla. Ma, lo sappiamo bene, la rabbia distrugge anzitutto chi la sperimenta. Come fare? Gesù ci offre una indicazione: spostare la nostra rabbia sulla mandria di porci e farla affogare… A parte gli scherzi, solo una corretta autocoscienza e una vita interiore ricca e umile possono aiutarci a superare questo demone. Ma c’è un altro demone che aleggia in questa pagina: quello dei bravi concittadini degli indemoniati che pregano gentilmente Gesù di andarsene dopo avere distrutto un’intera mandria di porci… E il demone dell’indifferenza, del tornaconto personale, del profitto economico (hanno perso migliaia di prosciutti!) a scapito della salvezza dei fratelli. Anche da questa chiusura dobbiamo liberarci.
Giovedì 3 Luglio (FESTA – Rosso) SAN TOMMASO
Gv 20,24-29: Mio Signore e mio Dio!
“Vedete, sono io”. Nell’istante stesso in cui si è mostrato a loro, la loro paura si è trasformata. Capisco che Tommaso si sia mostrato tanto riluttante quando gli hanno detto: “Abbiamo visto il Signore”. Probabilmente non era così poco credente come sembra a prima vista. Forse aveva vagato per la strada senza sapere cosa fare, con una grande tristezza in fondo al cuore a causa degli avvenimenti recenti. Ed ecco che gli altri gli dicono: “Abbiamo visto il Signore e mangiato con lui”. Sentiamo che Tommaso vorrebbe vedere di persona cose ancora più grandi. Gesù avvicina Tommaso con molta tenerezza. Tommaso può mettere la mano sulle sue ferite. Potrebbe capitare anche a noi, che abbiamo tutti un Tommaso in noi. Perché non siamo forse Tommaso quando diciamo: “Se non vediamo, non crediamo”?
Gesù dice a Tommaso: “Vieni, puoi toccarmi”. E poiché Gesù è così vicino a Tommaso e gli manifesta una tale tenerezza, egli non può che gridare, sconvolto: “Mio Signore e mio Dio!”.
Se capitasse a qualcuno tra noi di sentire il tenero amore e la presenza di Gesù, allora anche noi potremmo incontrarlo.
Oggi la chiesa celebra la memoria di Tommaso, uno dei discepoli più conosciuti ma non sempre capito nella sua illuminante storia personale.
Da anni combatto un’accesa battaglia contro la semplificazione del giudizio, tanto più se il giudizio riguarda la fama di un santo come Tommaso, passato alla storia per la sua incredulità. Chi continua ad affermare questa sciocchezza non ha, evidentemente, mai letto il vangelo. La storia di una persona va letta nella sua complessità, nella sua evoluzione. E il Tommaso che troviamo nel vangelo è un fervoroso credente disposto ad andare a Gerusalemme, seguendo Gesù, anche quando l’aria che tira intorno a lui è carica di tensione e che chiede al Signore, dopo l’ultima cena, come poterlo seguire. Non stupisce, allora, la rabbia che Tommaso manifesta ai suoi amici dopo il dramma della croce. Tommaso, come abbiamo letto, è assente nel momento in cui Gesù risorto appare ai suoi e, alla testimonianza di questi, si rifiuta di credere. A loro, non alla resurrezione. Come possono essere credibili e credute persone che sono fuggite davanti alla croce? È amareggiato e deluso, Tommaso, come tutti quelli che hanno investito nella Chiesa e ne sono rimasti scottati. Ma rimane, non se va, offeso. E fa bene, perché il Signore risorto torna apposta per lui.
Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 9,1-8: Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
Il peccato ci porta alla paralisi totale. Ci impedisce di amare, innalza attorno a noi un muro fatto di nebbia che confonde la luce con le tenebre. Oggi si parla poco e male del peccato, come se fosse una innocente fragilità senza conseguenze. Non è così: in noi coesistono luce e tenebra in proporzioni uguali. Siamo nati con questo fardello ma, questa è la buona notizia, possiamo liberarcene. La vita spirituale consiste proprio nel vedere noi stessi alla luce di Dio e, in questa prospettiva, chiamare ciò che ci allontana dal Signore con il proprio nome. Il peccato non è anzitutto una trasgressione ad un comando divino ma ad un progetto di bene, alla mia piena realizzazione. È Dio che mi ha creato e lui solo sa cosa mi costruisce e cosa mi distrugge. Il peccato è male perché ci fa del male, non perché qualcun altro lo ha deciso… In questa prospettiva, allora, scoprire le mie ombre, dar loro un’identità, diventare autentico per affrontarle, sono azioni possibili grazia all’illuminazione che ci procura lo Spirito Santo. Che il Signore ci aiuti ad affidarci a lui che ha il potere di liberarci da ogni colpa e da ogni tenebra!
Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 9,9-13: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.
Mette sempre i brividi leggere la chiamata di Levi raccontata da Levi. Sembra un resoconto cronachistico, in realtà si sente che vibra di passione e di compassione, nonostante siano passati trent’anni da quegli eventi. Vibra perché egli si ricorda bene di quel momento in cui l’ospite di Simone il pescatore e lo ha guardato sorridendo. Nessun devoto gli rivolgeva la parola, figuriamoci uno che godeva la nomea di essere un profeta! Levi si era abituato a quel dolore sordo che portava nel cuore, agli sguardi altezzosi, all’incomprensione. Si era abituato a tutto ma non ad essere amato. Lui, malato terminale della fede, era trattato con disprezzo da chi, come i farisei, pensava di essere un palestrato della fede. E invece. Gesù fa festa con lui, per lui. Entra nella sua vita e la sconvolge come ha sconvolto la vita di molti fra noi. Sì, Levi ha imparato cosa significa la misericordia e non il sacrificio. Ha capito sulla sua pelle cosa significa opportunità di cambiamento. Ha imparato ad amare senza paura. Ora tocca a noi imparare, ed insegnare ancora, cosa significa la misericordia. E viverla. E raccontarla. Come ha saputo fare Matteo.
Sabato della XIII settimana del Tempo Ordinario
Mt 9,14-17: Possono gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
Esiste un modo di conservare le intuizioni del passato che è fecondo ed essenziale, il modo che consegna da una generazione all’altra le grandi scoperte che gli uomini hanno fatto a proprie spese e che ritengono essenziali per il futuro. Anche nella fede, succede così: la scoperta del rapporto con Dio, attraverso progressive rivelazioni, diventa un patrimonio straordinario da comunicare a chi cerca risposta di senso alla propria vita. Ma esiste un modo di conservare che diventa sterile, chiuso a in se stesso, difesa di abitudini, miope visione delle cose e del mondo. Come se Dio non fosse in continuo movimento, in continua evoluzione, in continua comunicazione con gli uomini. Gesù si scontra con questa visione che fa delle proprie consuetudini la volontà di Dio! E tira diritto per la sua strada: il vino nuovo del vangelo non può essere conservato nelle vecchie botti della tradizione giudaica stantia e immobilista. Stiamo attenti a non commettere lo stesso errore, a non confondere l’essenziale della fede, che è immutabile, con le abitudini pastorali che vanno conservate solo e quando sono funzionali all’efficacia dell’annuncio!