P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Anno C – Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli
Matteo 16,13-19: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”

Quest’anno la solennità dei Santi Pietro e Paolo, celebrata il 29 giugno, cade di domenica. È l’occasione per parlare di questi due grandi apostoli, per lodare il Signore per queste colonne della Chiesa, ma soprattutto per riflettere sulla testimonianza che ci hanno lasciato.

Simone, figlio di Giovanni, soprannominato Pietro (Kefa, “pietra”) da Gesù, era un pescatore di Cafarnao, nella periferica Galilea: un uomo semplice e rozzo, ostinato e caparbio, entusiasta e impulsivo, generoso ma incostante, fino alla viltà del rinnegamento del Maestro. Scelto da Gesù come “capo” della Chiesa (vedi Vangelo: Mt 16,13-19), Pietro si dedicherà in particolare ai cristiani di origine ebraica.

Saulo di Tarso, conosciuto come Paolo (Paulus, in latino), cittadino romano, fariseo, figlio di farisei, e tessitore di tende per mestiere, era invece un intellettuale raffinato. Formatosi a Gerusalemme alla scuola del celebre rabbino Gamaliele, divenne un fanatico difensore della Legge e uno zelante persecutore dei cristiani. Verso l’anno 36, sulla via di Damasco, Gesù gli appare: avviene così la più straordinaria conversione nella storia della Chiesa.

Paolo diventa “il tredicesimo apostolo”, araldo del Vangelo presso i pagani, greci e romani, e il più grande missionario di tutti i tempi. Per circa trent’anni percorrerà oltre 20.000 km via terra e mare, spinto dalla passione per Cristo. Svuotato dell’“aceto” del fanatismo, il suo cuore si riempie del “miele” dell’amore di Cristo, diventando “vaso di elezione” del Signore (At 9,15).

La solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo unisce in una sola celebrazione due figure molto diverse, che nella vita si incontrarono poche volte, ma si scontrarono per divergenze di vedute. La Chiesa così ci insegna che l’unità non è uniformità, ma sinfonia. La vita cristiana è plurale e si nutre di diversità.

Una tradizione antica vuole che entrambi siano stati martirizzati a Roma — Pietro crocifisso, Paolo decapitato — lo stesso giorno, durante la persecuzione di Nerone, tra il 64 e il 67 d.C. Il martirio, suprema testimonianza di fede e amore per Cristo, li ha accomunati.

Quando penso a Pietro, mi torna in mente quanto raccontano gli Atti degli Apostoli sulla sua… ombra! Gli abitanti di Gerusalemme portavano i malati sulle strade, su lettucci e barelle, affinché, passando Pietro, almeno la sua ombra li coprisse (At 5,15).

Cos’è più discreto, impalpabile e silenzioso di un’ombra? Eppure, quella di Pietro era viva e operosa. Un’ombra misteriosa che lasciava dietro di sé luce e vita. Ricorda Gesù che “passava facendo del bene e sanando tutti” (At 10,38). Era senza dubbio l’ombra di Gesù! Non esiste ombra senza luce: il sole di Cristo illuminava Pietro, avvolgeva la sua persona, guidava ogni suo passo. Era Gesù che si nascondeva nell’ombra del suo amico prediletto!

E la nostra ombra?

Come Pietro, anche noi siamo chiamati ad essere ombra di Gesù. Un’ombra benefica che dona sollievo e protezione, “come l’ombra di una grande roccia in una terra arida” (Is 32,2).

Tanta gente vive sotto il sole rovente della fame, dell’ingiustizia, dell’angoscia e della solitudine. Non saranno i grandi discorsi o i gesti eclatanti a portare conforto, ma l’ombra silenziosa e amica di chi si mette accanto.

Sarebbe bene chiederci: com’è la nostra ombra? Cosa lascia dietro di noi? Ogni tanto conviene gettare uno sguardo furtivo per coglierla in azione. Sta seminando il bene? Oppure sta distruggendo, nell’ombra, ciò che cerchiamo di costruire alla luce? È luminosa, come proiezione del Cristo risorto? Oppure è oscurata dall’egoismo, dall’avidità, dalla sete di potere o dalla schiavitù del piacere?

Guarda la scia tracciata dalla tua ombra, e saprai se il sole di Cristo illumina davvero la tua vita, o se il tuo cuore è divenuto un buco nero che divora ogni barlume di luce.

Difficilmente qualcuno potrà eguagliare Paolo nella sua passione per Cristo. Egli è, come disse Benedetto XVI, “il primo dopo l’Unico”. La sua figura e la Parola ispirata delle sue Lettere continuano a essere un faro per la Chiesa.

È sorprendente constatare come una sola persona, per la sua fede, per il suo pensiero o per la sua personalità, possa cambiare il corso della storia — in bene o in male. Gli esempi, anche recenti, non mancano.

Nella storia della salvezza, quando Dio vuole iniziare qualcosa di nuovo, sceglie una persona, un “lievito” attraverso cui far crescere la sua grazia nella moltitudine. È impressionante pensare che il “sì” di molti passa, misteriosamente, attraverso il “sì” di uno solo.

Dio alla ricerca di una persona: me!

Un solo individuo può fare la differenza. Per questo Dio cerca di toccare il cuore di qualcuno per salvare il suo intero contesto. Ma, a volte, non lo trova: “Ho cercato tra loro un uomo che costruisse un muro e si ponesse sulla breccia davanti a me, ma non l’ho trovato” (Ez 22,30).

Oggi Dio si rivolge a ciascuno di noi, proponendoci una fecondità di vita incalcolabile. Ogni cristiano, in qualsiasi vocazione, è chiamato a un certo punto a fare una scelta fondamentale:

  • Abbracciare uno stile di vita cristiano autentico, sulla scia di Pietro e Paolo, lasciandosi portare in alto dallo Spirito, ispirato da una doppia passione: per Cristo e per l’umanità;
  • Oppure scegliere una vita mediocre, di basso profilo, limitandosi a navigare a vista e cogliere le piccole soddisfazioni quotidiane, diventando, col tempo, “insignificante”.

La scommessa è grande! Dalla nostra risposta può dipendere il destino di molte persone.

Gesù troverà in noi il coraggio e la generosità per accettare la sfida?

P. Manuel João Pereira Correia, mccj