La festa del Corpo del Signore soprattutto celebra un aspetto, ed è per me il fondamentale del mistero Eucaristico. È vero che non possiamo separare i tre aspetti propri di questo mistero, ma dobbiamo anche riconoscere che uno fra questi è il fondamento degli altri, e questo aspetto è il mistero della Presenza reale. È proprio questo mistero che è il fondamento degli altri due aspetti, cioè del Sacrificio e della Comunione. Nel Sacrificio perché questa Presenza non sarebbe vera, reale, se non facesse presente Gesù in un atto dell’essere suo. E l’atto in cui si fa presente Gesù, non può essere altro che l’atto nel quale Egli eternamente rimane, e questo è l’atto della sua morte, perché non succede nulla all’atto nel quale l’uomo esce del tempo. Dopo che il tempo è finito, non c’è successione; in quell’atto anche l’umanità di Gesù eternamente rimane. È l’atto nel quale Egli vien meno alla vita passibile e nel quale la divinità, ecco, finalmente irrompe nella natura umana e la glorifica, morte e resurrezione sono uno stesso evento, non si possono separare. Il venir meno alla vita passibile, coincide perfettamente in Cristo, a questa irruzione della divinità nella natura umana che viene glorificata.

È un mistero grande l’Incarnazione nella vita passibile; come può Dio assumere le natura umana e questa natura umana rimanere debole, inferma, rimanere soggetta alle leggi del tempo? È evidente che tutto questo avviene perché il Cristo assume la natura umana facendosi solidale con una umanità peccatrice. Ma nello stesso momento in cui per le sua morte Egli redime l’umanità, nella stessa umanità sua trabocca, irrompe, tutta la gloria della divinità che gli è propria, in quanto è Figlio di Dio. Rimane uomo, ma la sua natura umana viene come investita e trasfigurata da questa divina potenza. Allora ecco che il mistero della Presenza divina coincide col Sacrificio, con la Messa. Nel Sacrificio, infatti, si fa presente Gesù nella sua morte e resurrezione. Non potrebbe esser presente se non si facesse presente in questo atto: ecco il Sacrificio.

D’altra parte com’è vera la Presenza del Cristo? La presenza del Cristo non può essere una presenza locale, perché una presenza locale, sia locale in senso fisico, sia locale in senso metafisico, implica sempre la dislocazione, dove ci sono io non ci sei tu, è semplice! È presente a me Tizio? Prima di tutto c’è una distanza, anche se non ci fosse una distanza spaziale, ci sarebbe una distanza di spazio metafisico, perché quello che sei tu, quello che provi tu, quello che senti tu, io non lo conosco, siamo totalmente divisi, anche sul piano spirituale. E allora come il mistero della Presenza reale fonda il mistero della comunione? Precisamente così, perché non è presente Nostro Signore se non si fa presente in me. La presenza del Cristo implica l’immanenza del Cristo in ciascuno di noi, altrimenti non è presente, è una presenza fasulla come la presenza vostra a me, voi non siete mica presenti, né io sono presente e voi, dov’è la nostra presenza?

Se siamo sconosciuti a noi stessi, a noi stessi non siamo presenti, perché è soltanto un segmento del nostro essere che istante per istante noi possiamo realizzare, non tutto l’essere nostro, siamo alienati perfettamente, le metafisica dell’essere implica precisamente questo un’alienazione, non è l’alienazione dell’economia secondo il Marcuse, è l’alienazione della vita presente. Dove sei tu? In questo momento cosa pensi? C’è tutto un mondo che ti rimane estraneo, che ti rimane estraneo in questo momento. In questo momento se guardi me non pensi alla tua mamma. Ore se te lo ricordo pensi anche alla tua mamma, non pensi più a Pietro e se pensi a Pietro dov’è tutta la tua vita? l’essere tuo? Viviamo proprio goccia a goccia l’essere nostro, non siamo presenti nemmeno a noi stessi.

Ora se si parla del mistero della Presenza reale, questo mistero della Presenza reale che cosa implica? La comunione implica che il Cristo si doni totalmente a me; dipende poi della mia fede se lo ricevo, ma da parte sua, Egli è veramente presente, cioè mi si dona totalmente, m’investe fino nel profondo, Egli diviene immanente a me come il Padre è nel Figlio, come il Figlio è nel Padre. Infatti quello che dice le Sacra Scrittura del Padre e del Figlio: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”, Gesù lo dice a proposito di Sé e del comunicando! “Rimanete in me ed Io in voi”, le stesse cose. Per il Mistero eucaristico il Cristo è in me e io sono nel Cristo. Tanto che il termine ultimo della Presenza reale non è più significato per me dal pane e dal vino, ma dal cristiana, perché veramente io sono il termine di questa Presenza.

Ma allora che cos’è queste Presenza? e come realmente per me si fa presente il Cristo? È certo una Presenza sui generis, è la vera Presenza, è la Presenza di fronte alla quale ogni concetto di Presenza che noi possiamo avere quaggiù, è molto limitato, relativo, non c’è una vera Presenza nel mondo attuale. Si è detto prima che noi nemmeno siamo presenti a noi stessi, figuriamoci se sono presenti le cose. La presenza e la realtà del Cristo, Presenza reale, implicano un mondo nuovo; il mondo definitivo, il mondo della realtà ultima. La presenza del Cristo nell’Eucaristia è presenza escatologica.

Noi viviamo l’escaton, non viviamo soltanto nel tempo, nel tempo viviamo la fine, oltre la resurrezione del Cristo non vi è nulla, noi viviamo realmente la fine. La presenza reale del Cristo è la presenza ultima, presenza che è al di là del tempo, presenza che implica il superamento dello spazio. Si diceva prima che i condizionamenti del tempo dello spazio, impediscono la Presenza. Il tempo, dov’è Matteo di dieci anni fa? trovalo se ti ci riesce, il tempo ci disloca. Ora hai 25 anni, dieci anni fa ne avevi 15, fra dieci anni ne avrai 35, e allora? E allora una presenza non c’è. C’è un passato e un futuro e si passa sempre da questo passato a questo futuro, anzi dal futuro al passato meglio. E il presente? fermalo, se ti riesce. Ti ricordi quello che chiede Faust a Mefistofele? Attimo fermati! Ma non si ferma, quando si ferma si muore. E veramente allora si ferma, perché noi in quell’atto rimaniamo per sempre.

Ma ecco, la presenza dunque di Cristo è una presenza escatologica, la presenza che implica la fine del tempo, implica il conseguimento finale. Noi non abbiamo da conseguire attraverso la storia una fine che trascende ora quello che viviamo, la storia c’è, ma soggettiva, nel senso che noi possiamo e dobbiamo sempre più inserirci nel Cristo, ma la fine è presente, perché Egli non è soltanto l’Alfa, Egli è l’Omega, è la fine, e non può essere la fine se è Dio, non c’è nulla al di là di Dio. Se Nostro Signore è Dio come fa ad esserci qualcosa oltre che Lui? E di fatto ecco, la Chiesa non vive oltre che questo atto. Vive nel tempo, ma nel tempo vive la fine, perché dovunque tutti i giorni il sacerdote dice la medesima Messa, anche se c’è stato il rinnovamento liturgico, la Messa rimane la stessa, ora come domani, domani come ieri, sempre. La fine è presente nel tempo; la presenza del Cristo dunque nell’Eucaristia è presenza escatologica, è una presenza che implica il superamento della successione del tempo, che implica il superamento dei condizionamenti dello spazio.

Implica il superamento dei condizionamenti dello spazio perché? C’è Nostro Signore nelle chiese? C’è anche qui, allora quanti ce n’è di Nostro Signore? quanti sono? Uno solo, ma proprio perché è liberato dai condizionamenti dello spazio, Egli è presente, ogni luogo dello spazio può avere un rapporto nella fede di coloro che credono, un rapporto con Lui, ed Egli rimane unico, pur essendo presente ad ogni anima che crede in Lui. Non è, intendiamoci, che questa realtà, che questa presenza siano soggettive, sono oggettive, la fede è l’organo mediante il quale io realizzo, vedo, quello che è, non invento, non fantastico. Non è per il fatto che hai gli occhi che inventi il sole; no, ma gli occhi sono gli organi mediante i quali tu vedi il sole, così la fede è l’organo mediante il quale io posso percepire, posso realizzare la presenza del Cristo, questa Presenza che trascende ogni luogo e ogni spazio.

La presenza nell’Eucaristia perciò, come insegna San Tommaso D’Aquino, non è una Presenza locale, e non è una Presenza temporale. Come vi ho detto altre volte, se fosse una Presenza temporale che vecchione che sarebbe Nostro Signore! Immaginate voi un uomo di 2000 anni? Anche quando saremo morti, noi non cresceremo mica negli anni, vero? è chiaro! siamo fuori del tempo, e così anche il Cristo. Non è più condizionato dal tempo e non è più condizionato dallo spazio. Se fosse condizionato dallo spazio, Nostro Signore sarebbe piccino piccino, ogni particola non peserebbe nulla. Non è lì, lì sono le specie del pane che garantiscono la Presenza. Ma in rapporto a questa Presenza, io entro soltanto mediante la fede, ricordiamocelo bene, perché è la fede soltanto l’organo mediante il quale entro il rapporto reale con la Presenza. Senza la fede non si raggiunge, le specie garantiscono, ma non sono il Cristo, sono il segno che assicura la Presenza, perché noi siamo uomini, abbiamo bisogno di segni, sacramenti. La Presenza, questa è la Presenza.

Ma come si fa presente per me? Perché se questa presenza è presenza escatologica, io non vivo forse nel tempo? Ecco il problema grosso; si è detto, attraverso la fede, la fede che cos’è? è il cammino dell’anima per il quale l’anima compie il passaggio da questo mondo a Dio. La fede è sempre l’atto mediante il quale tu entri in rapporto reale con Dio, che è inaccessibile, con Dio che è incomunicabile, con Dio e che trascendenza infinita. E anche il Cristo, ora dopo la resurrezione, diviene inaccessibile e invisibile come Dio anche nella sua umanità. Mediante la fede, ecco, io ho il potere ecco l’organo, di trascendere un cammino. Si dice che l’Eucarestia è la Pasqua, è il mistero della Pasqua, è il mistero della Pasqua perché è un passaggio; mediante l’Eucarestia noi compiamo questo passaggio, ogni quolvolta noi facciamo un atto di fede nella Presenza reale del Cristo noi facciamo un atto che è molto superiore e quello di tutto Israele che ha passato il Mar Rosso. Là si passò dalla terra dell’esilio a una terra di libertà. Io passo da questo mondo al Padre, perché anche Gesù nelle sua Presenza reale, anche come uomo, è nel seno di Dio, cioè è nel mondo divino, questo mondo che è mondo invisibile, che è mondo inaccessibile alla creatura, io passo in questo mondo.

Vi rendete voi conto dunque, che cos’è l’Eucarestia? È per noi il modo di entrare in un’altra dimensione, di vivere nel mondo ultimo, nel mondo definitivo di vivere l’escaton, di vivere già l’entrare nostro in paradiso. Anche se non abbiamo una percezione totale, un’esperienza totale di questo passaggio, il passaggio è reale, noi entriamo in questo mondo. Prima visibile, ora invisibile, dice Sant’Ignazio, di Gesù dopo le morte e con la sua resurrezione. Ma per la fede Egli diviene di nuovo percepibile a noi, noi lo crediamo, noi l’attingiamo, noi entriamo in un rapporto reale con Lui.

Ma che cosa vuol dire per noi, che Gesù si fa presente a noi? È una cosa semplice, vuol dire che anche noi, attraverso l’Eucaristia, ci trasformiamo, precisamente, come si è trasformata l’umanità di Gesù, da passibile in impassibile, anche noi ci trasformiamo, acquistiamo sempre più la forma Dei. Guardate che può sembrare un po’ difficile, ma comunque poi si viene molto al facile, che cosa vuol dire tutto questo? Una cosa semplicissima, noi dobbiamo entrare nel suo mondo, vivere la sua vita, dobbiamo entrare nel silenzio del Cristo. Ecco, vivere l’Eucarestia, vuol dire entrare in questo silenzio.

Egli è la Parola ed è infinito silenzio. Io debbo contemplare Gesù nell’Eucarestia perché la contemplazione di Gesù Eucarestia, mediante precisamente questa fede; mi trasformi in Lui stesso, mi faccia vivere le sua medesima vita. Si è detto tante volte, non si tratta per noi di adorare Gesù, si deve anche adorare, ma non si tratta di adorare Gesù, si tratta di entrare nell’adorazione che è propria della Sua umanità. Se io veramente vivo una mia comunione col Cristo, l’adorazione dell’umanità sacrosanta del Verbo, dinanzi alla faccia del Padre, diviene il mio atto, io contemplo il Padre con gli occhi del Cristo, io adoro il Padre col cuore di Gesù, entro nella Presenza.

Si è detto prima che la Presenza implica un’immanenza, implica il Cristo che vive in me, implica che io viva nel Cristo. Vivere l’Eucarestia è l’entrare precisamente nell’anima stessa di Gesù, entrare nel cuore stesso di Gesù, entrare nei sentimenti stessi di Gesù: “Hoc sentite in vobis quod in Christo Iesus”, dovete avere gli stessi sentimento del Cristo, quali sentimenti? Prima di tutto il silenzio del Cristo. Tutta la spiritualità, non solo quelle cristiana, magnifica il silenzio; non si capisce perché si debba magnificare il silenzio, o anche si può capire, ma la ragione fondamentale è precisamente questa: noi dobbiamo scendere in questo deserto o meglio dobbiamo affondare in questo silenzio del Cristo dinanzi alla faccia del Padre. La visione del Padre paralizza, si potrebbe anche dire, le potenze umane del Cristo in un’adorazione perfetta, in una lode pura: il silenzio. Di fronte a questo Dio davanti al quale noi siamo, l’anima non ha altra parola che questa fine di ogni sua parola, nell’ammirazione, nello stupore, nell’adorazione, nella lode. Certo il silenzio raccoglie anche tutte le potenze, ed ha tanti altri aspetti da considerare, ma l’aspetto fondamentale è questo: è la creatura che viene come eclissata dalla luce divina.

Durante la sua vita mortale Gesù viveva di fronte al Padre, ma anche a Lui il Padre, si rivelava attraverso i segni, viveva anche Lui nella sua vita passibile una economia sacramentale; viveva il rapporto col Padre nel compimento della sua volontà che gli faceva accettare la morte, nel compimento della sua volontà che voleva da Lui il suo ministero, la sua predicazione. E tuttavia, anche vivendo in questa economia sacramentale, la vita interiore di Gesù era una vita di adorazione, era anche nella sua vita mortale una eclisse di Sé; “La mia dottrina non è mia, non voglio la mia volontà ma la tua”, sempre una eclissarsi di fronte a Dio. Ma ora che Egli vive nella visione pura, anche nella sua umanità del volto del Padre, Egli non è che silenzio di adorazione e di amore. Il cristiano mediante l’Eucaristia deve entrare in questo silenzio, vivere al cospetto del Padre, vedere il Padre con gli occhi del Cristo e in questa contemplazione rimanere come fermo, fissato per sempre, in un’adorazione e in una lode perfetta, il silenzio.

È la prima cosa che mi sembra che ci insegni di Gesù, perché veramente hai sentito mai la sua voce? Gesù è vivente, ma vivente proprio in questo silenzio assoluto. Silenzio assoluto in un’adorazione perfetta; parlo della sua umanità. Egli non esce da questo silenzio, Egli non esce da questo abisso di pura adorazione e di lode, Egli non emerge mai, tutta l’eternità sarà questo atto unico e di adorazione e di lode: il silenzio del Cristo.

Noi dobbiamo vivere questo, si entra nel Cristo per vivere questo. Allora si capisce come non si può essere cristiani senza far silenzio, è inutile parlare di Cristianesimo se non si fa silenzio e, se non si sente il bisogno del silenzio. Perché sono tutte chiacchiere le nostre, non è Cristianesimo, se non sentiamo non dico questo bisogno, questa necessità, è un fatto naturale; la luce divina ci eclissa, non puoi vivere di fronte alla luce infinita di Dio, senza sentirti cancellato. Quando un’anima vive la dissipazione continua e riempie tutta la sua giornata di cianfrusaglie, di tutti i pensieri, preoccupazioni, non si vive un contatto con Dio.

Non è forse vero che un contatto con Dio ci brucia? Hai provato mai a toccare tu qualche cosa di rovente? Nessuno può tener fermo in mano un ferro rovente. Ecco che Dio è fuoco consumante per l’anima, la Presenza divina implica davvero questo silenzio, silenzio che è umiltà, il venir meno di noi stessi, il semplificarsi di tutta la vita in una atto solo di adesione, di contemplazione a Dio: ecco la vita del Cristo. Egli è presente, vivo, ma mi sembra che sia morto, precisamente, non sapevate? La vera vita è la morte, quale morte? La morte di questa vita che è molteplicità di atti, che è molteplicità di pensieri, che è dissipazione dello spirito perché si va qua e là, perché non si vive l’unità. I morti sono vivi o sono morti? I morti sono vivi, siamo noi che siamo morti, e non parlano mai, perché vivono troppo e così anche il Cristo. Ma la vera vita è al di là di questa barriera, al di là di questa molteplicità di pensieri, di preoccupazioni, di cure che ci dislocano, che riempiono la nostra vita di vuoto. La vera vita è al di là della morte, al di là cioè di tutto questo ciarpame che è proprio della vita presente.

La pura presenza di Dio! Ecco la vera vita, l’anima che si fissa in Dio e vive tutta la pienezza della vita divina, vive questo amore immenso e vive questa gioia pura, in un silenzio che non è vuoto, è il silenzio pieno dell’adorazione dell’amore. “Guardami nell’Eucaristia”, diceva una volta il Signore a un’anima. Guardate che dobbiamo eliminare certe espressioni che sono ereticali, “Gesù prigioniero di amore”. Prigioniero? È lui che è libero, attraverso la morte ha acquistato la libertà propria di Figlio di Dio, Figlio di Dio anche nella natura umana. Prigioniero, ma che prigioniero! Siamo stupidi a pensare questo; dell’Eucaristia Egli è nella vita di Dio! Egli è presente in forma Dei, anche la sua umanità vive la vita stessa divina.

Altrimenti noi pensiamo quello che si diceva prima, che la vera vita è questa qui, la morte insomma venga più tardi possibile e poi ci sarà e non ci sarà, insomma, sarà una vita umbratile come la vita dell’Odissea di Omero o quella di Virgilio. Non è la vera vita, è qui che non viviamo, e qui che non possiamo aspirare altro che a morire, perché è una cosa qui impossibile da tollerare, se si dovesse vivere 200 anni, sarebbe un disastro tale che ci si ammazzerebbe. Non si potrebbe vivere, non siamo fatti per vivere nel tempo, tutta la nostra anima aspira a qualche cosa che ci liberi dai condizionamenti propri della vita mortale, ci liberi da questa molteplicità di atti nei quali noi ci perdiamo, ci visitiamo, ci perdiamo.

Noi dobbiamo vivere attraverso l’Eucaristia l’entrare progressivo nel mondo divino, perché l’entrare nel mondo divino non avviene soltanto mediante la morte, avviene attraverso tutta la vita. Attraverso tutta la vita c’è tutto questo procedere, questo processo, mediante il quale noi entriamo in Dio. Ed entrare in Dio per noi è sempre più entrare nella semplicità, nella unità, è sempre più entrare nella immutabilità, è sempre più entrare nella infinità, negli attributi negativi di Dio i quali precisamente si oppongono a quelle che sono le condizioni proprie della creatura come tale. Ma se mediante l’Eucaristia dobbiamo arrivare a vivere la stessa vita divina, noi dobbiamo arrivare a vivere una certa partecipazione a questi attributi negativi di Dio e prima di tutto la semplicità: tutta la vita si raccoglie in un atto solo: l’amore.

Il Cristo nell’Eucaristia, fa presente il mistero pasquale che è il mistero nel quale Cristo ha vissuto in modo più perfetto e definitivo l’amore. L’amore al Padre – “perché il mondo sappia che io amo il Padre”, dice Gesù nel XVI capitolo di Giovanni – e vive l’amore per gli uomini; “li amò fino all’estremo”. In questo atto di amore Egli sussiste eternamente, anche la nostra vita mediante l’Eucaristia sempre più diviene una vita che diviene amore, anzi l’essere nostro si trasforma in un atto solo di amore che ci consuma totalmente. Ed è un atto di amore che ci unisce a Dio e un atto di amore che ci unisce ai fratelli, come Gesù nell’atto in cui Egli eternamente sta, Egli vive la sua unità, solidarietà con tutti gli uomini perché in quell’atto ha redento tutto il mondo e vive il dono totale di Sé anche nell’umanità al Padre, vive alla destra del Padre, entra nel seno di Dio, anche nella sua umanità.

Prima di tutto ecco, il vivere questa presenza nel Cristo vuol dire, precisamente una certa partecipazione – che nella sua umanità risorta è piena – come è possibile a una creatura, una certa partecipazione anche progressiva per noi, di quelli che sono gli attributi negativi di Dio. La semplicità, l’unità, “e nell’amare è il mio solo esercizio”, diceva San Giovanni della Croce. Il santo non vive più che l’amore, non è altro che l’amore, gli pesti i piedi ama, gli dai uno schiaffo ama, gli fai una carezza ama, mangia ama; non altro che l’amore. Ogni atto si identifica al dono che egli fa di se stesso ai fratelli e al Signore. Questo è il santo, a questo dobbiamo pian piano arrivare, ma pian piano ci vorrà tutta la vita, ma dobbiamo attraverso l’Eucaristia arrivare a questo, a non essere che amore, così come è Gesù.

Dunque il silenzio di Gesù, l’adorazione di Gesù, l’umanità del Cristo dinanzi al volto del Padre; poi questa nostra trasformazione totale nell’amore. Ecco che cosa vuol dire vivere l’unità, vivere la semplicità, ma vivere anche l’immutabilità. Anche qui, alla molteplicità degli atti, al cambiamento continuo di sentimenti, pensieri, subentra sempre più la semplicità che porta a vivere anche un atto unico, o almeno sempre più porta a vivere l’immutabilità di un sentimento solo, quello dell’amore, una volontà sola, quella di aderire a Dio.

L’immutabilità dell’essere nell’amore, ti porta vivere l’infinità dell’essere nell’amore, un amore che non conosce confine, un amore che si estende sempre di più, perché non può conoscere un limite e un confine al suo esercizio e, è una partecipazione agli attributi negativi di Dio. Questa è la vita cristiana.

Non pensate di doverlo fare voi, perché fosse così ci sarebbe da impazzire, lo fa il Signore se noi veramente ci lasciamo trasformare da Lui. La Comunione eucaristica infatti è il viatico, non è soltanto il viatico quando si fa avanti di morire, perché siccome dobbiamo morire tutti i giorni e lo dice San Paolo “muoio tutti giorni”, se tu muori tutti i giorni hai bisogno tutti i giorni di un viatico, per andare al di là, ecco il viatico. L’Eucaristia è sempre questo viatico che implica il passaggio continuo, ma un passaggio sempre più grande, un passaggio sempre più vero, un passaggio di tutto l’essere nostro nel mondo di Dio.

È un viatico che noi dobbiamo prendere tutti i giorni, fintanto che poi non arriverà il definitivo passaggio di tutto l’essere nostro nel mondo divino con la morte anche fisica, se non ci saranno le reliquie del peccato che ci manterranno nel purgatorio per qualche tempo. Ma l’Eucaristia è quello che ci accompagna, è quell’aiuto, quel mezzo divino e divinamente efficace che ci accompagna in questo passaggio che non sarebbe possibile. Era possibile per gli Ebrei passare il Mar Rosso se un vento gagliardo non seccava il fondo del mare? Sarebbero piombati nell’acqua come l’esercito del Faraone, sarebbero morti, così per noi è impossibile passare nel mondo divino, se il Cristo stesso non ci porta, ecco la Comunione. Il Mistero eucaristico è il mezzo escogitato da Dio per il quale l’uomo compie questo passaggio nel mondo di Dio.

Lo compie anche se non se ne rende conto. Quando siamo usciti dal seno della nostra mamma ce ne siamo accorti? Così possiamo non accorgerci di questo passaggio nel mondo divino, possiamo non avere una percezione chiara, piena, di questo passaggio, ma il passaggio c’è. Proprio mediante l’Eucaristia noi passiamo da questo mondo in un mondo infinitamente più vasto, il seno di Dio. Mediante l’Eucaristia noi entriamo nel mondo di Dio, l’Infinito! Quale è la nostra patria? Il seno stesso di Dio, questo infinito! Ecco, che cosa deve farci vivere l’Eucaristia!

Come vedete è una cosa grande, non è la Comunione eucaristica un centellinarsi di Nostro Signore che sta nel nostro cuore; se vogliamo vivere veramente il Mistero eucaristico, noi dobbiamo vivere questo. Il Cristo non si fa presente in noi e che in quanto noi entriamo nella sua presenza, perché non è più il Cristo che viene a noi, il Cristo non ritorna più in questo mondo, siamo noi che mediante l’Eucaristia e entreremo nel suo mondo e il suo mondo è l’adorazione del Padre, il suo mondo è l’amore totale per il Padre e per gli uomini, il suo mondo è questa pienezza di vita, questa purezza di amore, questo silenzio puro.

Una vita di morte? La morte è soltanto il segno di una vita che non ha più condizionamenti. Non avendo più condizionamenti non ha forma, non avendo forma è come Dio, ha qualche cosa di illimitato che è proprio di Dio. Ecco la vita che ci deve dare l’Eucaristia. Dobbiamo vivere questo mistero, il Signore ci chiama a vivere questo mistero.

Oggi è il Corpus Domini, dobbiamo sapere che se noi viviamo questo mistero, noi viviamo precisamente questo passaggio, noi entriamo nel mondo divino, noi viviamo la stessa vita di Gesù, la sua adorazione. Non adoriamo Gesù, ma viviamo la sua adorazione. Non amiamo Gesù, che volete che sia l’amore anche di Santa Teresa? Non amiamo, ma noi entriamo nell’amore del Cristo che ci partecipa il suo amore: quello che è l’Eucaristia.

Fintanto che siamo noi ad amare, oh, non sa che farsene Nostro Signore del vostro amore, ma è Dio che deve amare in voi. È il passare in Lui, in modo che divenga vostro quello che è suo, perché precisamente mediante l’Eucaristia noi diveniamo un solo Cristo per vivere una sola vita: “vivo io, ma non son più io che vivo è Cristo che vive in me”.

Ecco miei cari fratelli, quello che ci insegna il Mistero eucaristico, in quanto noi vogliamo rispondere, vogliamo capire che cos’è questa Presenza e come per noi si fa presente Gesù. Gesù si può far presente per noi solo nella misura che entriamo in questa Presenza, solo nella misura che noi proprio mediante l’Eucaristia facciamo nostra la sua condizione di vita, viviamo in Lui ed Egli in noi.

Bisogna evitare dunque, – io non voglio condannare nemmeno quelli che nella loro semplicità possono pensare a un venire di Gesù a loro -, di ritornare di Gesù a questa vita, pensarlo e vederlo così come Egli viveva quaggiù fra gli uomini. Io non condanno queste anime semplici, ma dico che non è questa la verità. Egli può essere presente per noi, se noi entriamo in questa sua Presenza.

Di fatto se noi non entriamo in questa Presenza tutto è morto, l’Eucaristia, anche per tanti cattolici, e non dico del popolo, ma anche i teologi, l’Eucaristia diventa un simbolo vuoto, una cosa che non dice più nulla. E si vede e si dice. Ma è evidente, perché sotto il segno del pane e del vino Gesù non vive la nostra vita, non parla. Gesù non vive la nostra vita, non è un essere di questo mondo, non è nel tempo, non è in questo mondo, non è visibile, la sua vita è il puro silenzio di Dio e io debbo entrare in questo silenzio.

Ecco la vita contemplativa. Il silenzio non è una virtù ascetica, è soltanto un’esperienza mistica di quella che è la vita divina, questo silenzio che è pienezza totale. Quando tu sei pieno, non c’è più la molteplicità degli atti, dei pensieri, rimani come colmo in un atto solo, dicevo prima, o di ammirazione o di stupore o di adorazione o di lode, l’estasi pura dello spirito in Dio. Dobbiamo vivere questo.

Il Signore che riceveremo anche stamani, ci doni di vivere questo. Sia per noi davvero il mezzo che ci conduce nel seno del Padre, sia per noi davvero, il Cristo nell’Eucaristia, veramente la causa esemplare della nostra santità, la santità nostra è la santità di Dio e l’umanità di Gesù vive ora glorificata con la resurrezione la vita stessa di Dio. Che noi possiamo vivere questa medesima vita! Il silenzio di Dio, l’amore di Dio; ma poi ancora l’infinità, l’immensità, l’immutabilità divina!

Prima meditazione
Adunanza e Ritiro
Firenze 9-6-1985
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