Corpus domini, festa dell’alleanza

Barsotti – CORPUS DOMINI FESTA DELL’ALLEANZA (2) Un dono totale per tutti in CristoDownload
Un dono totale per tutti in Cristo
Stamani ho detto parole estremamente forti che potevano sembrare anche paradossali, ma il problema sta tutto qui: non vi può essere alternativa. Cioè io non debbo soltanto essere fedele a Cristo fino a dire col Vangelo di odiare mio padre e mia madre ma, se voi siete fedeli a Cristo, se voi siete per me il segno di questa presenza, io debbo morire per ciascuno di voi. E tanto più per il Papa che è il segno senza il quale il Cristo stesso non sarebbe presente nel mondo, perché veramente la Chiesa ha nel papato il segno della sua umanità visibile. Perciò è naturale che il mio parlare di stamani sia stato semplicemente paradossale. Perciò è impossibile, per me cristiano, scindere, separare non solo il Papa, ma anche un solo uomo da Cristo Gesù. È proprio perché ciascun uomo diviene il segno della Sua presenza che la mia donazione a Cristo, quindi ai fratelli, al Papa, al Vescovo s’impone, deve essere concreta e reale. È sempre una donazione che ha, come misura, la mia stessa donazione a Cristo. Ecco perché non vi é limite al donarmi ai fratelli se nei fratelli incontro il Signore.
È quello che mi dice, precisamente, la Prima Lettera di Giovanni: noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. lo non posso dare la mia vita ai fratelli, se ciò volesse dire togliere qualche cosa a Dio: ma vivo in realtà, concretamente, il mio amore a Dio nella misura che io vivo questa adesione a Cristo che mi si fa presente nei fratelli, nel Papa, negli avvenimenti della mia vita, nei rapporti che ho con tutte le cose, perché io non vivo più, in ogni mio atto, che la donazione a Cristo Signore. Dicevo stamani: non più un pensiero, un sentimento, un affetto, un atto che non sia per Lui. Nella misura che senti tuo dovere la cura della casa, dei fratelli, del matrimonio, della Chiesa, del Papa, del Vescovo, tu devi vivere, in quei doveri, i tuoi voti religiosi. Nulla di più e nulla di meno. Devi vivere il dono totale a Dio in ogni istante: non soltanto nel recitare le quattro preghiere o l’Ufficio, ma nel rapporto con ogni persona, in ogni avvenimento. Dono totale: quello che uno trattiene per sé, è maledetto, perché tutto è stato donato a Dio. Ma è maledetto anche tutto quello che viene offerto agli altri e alle cose e sottratto a Dio. Non si deve più vivere che l’amore che tutto ritiene e tutto esige da chi vi si è donato.
Mistero d’amore perché mistero di amore
Tutto, inclusa la morte. Impegno, dunque, di vivere la partecipazione suprema al mistero del Cristo che è mistero d’amore perché mistero di morte. La comunione eucaristica è la consumazione di un matrimonio, si diceva. Il mistero eucaristico è la presenza della morte di Cristo: Egli si dona a noi e noi dobbiamo totalmente donarci fino all’istante della nostra morte. Non la nostra morte in quanto è morte, ma come dono supremo dell’essere, dono pieno, senza riserva, a Dio. Noi siamo costretti proprio a vivere un amore supremo, un amore totale. Voi sapete che anche Leopardi vede inscindibile l’amore e la morte, ma se lui Io vede su un piano umano, Dio lo ha vissuto su un piano divino. E tu, che devi rispondere al Suo amore infinito, non puoi rispondervi che dando al tuo amore la stessa misura, gli stessi caratteri, la stessa espressione. (…)
Non guardiamo il sacrificio nell’aspetto negativo, perché non sarebbe nemmeno cristiano, ma nell’aspetto positivo. Ed è allora l’espressione di un amore perfetto, totale, di un amore secondo il quale l’anima non si riserva più nulla, vuole totalmente donarsi e lascia che l’altro la possegga, assolutamente, fino nell’intimo. Pensate alla grandezza della vita cristiana se noi la vediamo in questa luce e secondo questa esigenza. É veramente l’atto di una consumazione di amore di cui tutti gli amori terrestri non sono altro che una povera immagine: ne dicono l’esigenza, ma non la realizzano mai.
Nell’intimo, l’essere umano non può essere altro che il desiderio di Dio; Dio solo lo può soddisfare. È per l’incomunicabilità umana che l’amore umano non può essere che un’immagine imperfetta di quella vita cristiana che, invece, è puro dono di noi stessi, eterno dono di noi stessi, in risposta al dono eterno che Dio ci fa di Sé nel Cristo Gesù.
Che cos’è la vita cristiana, dunque?
La vita cristiana è tutta nella Messa in cui si fa presente il mistero della morte di Cristo e si deve far presente la nostra medesima morte. Non si dice, oggi, che si partecipa alla Messa? E qual è la nostra partecipazione, se non si vive l’atto stesso del Cristo, l’atto della sua morte? Nella Messa dunque vivi l’atto della tua morte per essere partecipe di questo mistero. Ma non semplicemente la morte. La morte è per tutti. Ma la morte di Cristo non è una qualunque morte. È la morte d’amore, la morte in quanto dono supremo di sé. Ecco, tu devi vivere questo dono supremo di te nella morte, così come il Cristo vive questo dono supremo di Sé nella morte per te. Ma allora, se questa morte è mistero d’amore e se questo amore è dono di sé, che cosa ne viene? Che tutta la vita è una Messa, come presenza di un atto che consuma in un dono reciproco.
Anche ora, in questo momento, io ricevo il Cristo, non sotto il segno sacramentale del pane, ma sotto il segno della vostra presenza. E Io ricevo solo se vivo in questo atto di amore. Come l’essere del Cristo si realizza nel Suo atto di morte col quale Egli dona veramente Se stesso agli uomini, così anch’io realizzo me stesso, nel mistero della mia vocazione, solo se vivo questo mio dono di tutto me stesso. La Comunione! Quante Comunioni abbiamo fatto nella nostra vita? Una sola, molto imperfetta. Dobbiamo vivere una sola Comunione perché non c’è interruzione. La viviamo ora sotto un segno, ora sotto un altro, ma non viviamo che questa. La viviamo nella Messa, sotto il segno del rito; attraverso la Parola, attraverso la presenza dei fratelli; è sempre il Cristo che si dona, è sempre il dono di me a Lui, dono reciproco che consuma in un’eterna unione, l’eterna unità dell’uomo con Dio, in un medesimo amore.
Ho ragione di dire che oggi è una festa meravigliosa! Ve ne rendete conto? Vivere così è già una cosa immensa, è già il Paradiso e allora capite perché il mio linguaggio poteva sembrare paradossale se supponevo la possibilità di un’alternativa. Non c’è alternativa; ogni tuo atto è il Cristo, in ogni tuo rapporto è sempre col Cristo che tu vivi. E, se tu sei impegnata nel rapporto col Cristo, ecco, tu vivi totalmente secondo la misura del dono che hai fatto a Gesù. È sempre il tuo amore a Cristo che vivi in ogni tuo rapporto. Ecco perché, come dice l’apostolo Giovanni, non c’è differenza fra fratello e fratello, perché ognuno deve essere per me il volto di Cristo.
Fate i voti religiosi!
Dirà qualcuno: ma non è una pazzia fare i voti? Ed io rispondo: fate tutti questa pazzia, fate tutti i voti, cioè vivete fino in fondo, realmente, concretamente questo dono che avete fatto di voi stessi affinché non ci sia più che l’amore. Nell’amore, quando uno dice basta, già non ama più. É proprio della legge dell’amore non avere misura, non avere altro termine che Dio. Proprio perché amando ogni fratello io amo il Signore, le mie parole d’amore non sono idolatriche anche se rivolte a una creatura. In ogni amore umano si cerca Dio e a Lui ci si dona e il dono termina in Cristo. Ecco, vedete come tutta la vita diventa una liturgia, una comunione d’amore; non si vive più che l’amore, non si vive più che questa comunione immensa e divina. Tu, sotto il segno di qualunque attività, non vivi più che questa comunione immensa e pura, che è già la vita del Cielo ma che è la vita di quaggiù sulla terra! Dobbiamo amare, sotto il segno del lavoro, dello studio, di qualunque impegno: ma non dobbiamo vivere che l’amore accogliendo l’amore infinito di Cristo per noi. Comunione immensa d’amore! Cristo che è per te; tu sei per Cristo. Questa è la vita. Vivete l’amore quando andate a passeggiare come quando pregate. Non sono le singole cose che contano. Ecco perché sant’Antonio abate, uno dei più grandi santi che abbia avuto la Chiesa, è stato per 22 anni senza far la Comunione, senza ascoltar la Messa: non conta questa o quest’altra cosa, conta l’amore di Dio e Dio l’aveva chiamato a vivere nel deserto dove non c’era da ascoltare la Messa, né la possibilità di confessarsi o di comunicarsi. Ma è vissuto di Dio e tutta la sua vita è stata d’amore puro e perfetto. Che la tua vita sia veramente il tuo dono all’amore infinito; Egli vuole questo da te! E tutto diviene bello così. Se tutto nella vita è segno di questo, cioè di un amore infinito e pieno, che importa un lavoro piuttosto che un altro? lo trovo in ogni cosa, in ogni avvenimento della mia vita, non solo la pace, ma la gioia di un amore puro e perfetto, la comunione perfetta con Dio che mi ama e che vuole essere amato da me. Se non viviamo questo, noi troveremo delle differenze; differenza fra l’essere giovani e l’essere vecchi, fra l’avere dei beni o avere nulla, fra l’essere in buon stato di salute oppure no. Ora come domani, qui come altrove, sempre vita d’amore, di comunione d’amore con Dio. Lui solo! Ecco la vita! E i santi ci dicono che la consumazione della perfezione si raggiunge quando l’anima è indifferente nei confronti dei segni sotto i quali l’amore si fa presente. Se si vive in ogni cosa l’amore, si vive una vita immensa, una gioia pura, una comunione con Dio che è tutto per me come io sono tutto per Lui.
Il Cristo realizza in ogni uomo il proprio mistero
Vedete come tutto è semplice? “Vivo io, ma non sono più io che vivo; il Cristo vive in me”. Se si vive veramente questo, si vive uno scambio per il quale il Cristo vive più in me che in Sé stesso: Egli è Gesù e perciò realizza l’essere Suo proprio nella misura che mi salva. Posso dire questo in quanto Egli è Salvatore, è il Figlio di Dio fatto uomo per me. Il Cristo realizza in me il Suo mistero. Ecco perché l’Eucaristia è per gli uomini: attraverso l’Eucaristia il Cristo vuole donarsi e, sotto la specie del pane, vuole essere mangiato. Dunque è in me che questa presenza reale deve trovare il suo compimento. Infatti, che cosa avviene? Alla fine del mondo esisterà ancora il mistero eucaristico? Ci saranno ancora gli ostensori per mettere Gesù sul trono? No certamente! Ci saremo noi, in cui il Cristo si sarà fatto presente, noi, che Egli avrà trasformato veramente in Sé e saremo noi l’ostensorio della presenza del Cristo. La presenza reale del Cristo è la Chiesa, sono gli uomini nei quali il Cristo vive. Questo è vero per il Cristo. E per me? Io dove sono? Oh, non cercatemi più a Modena o altrove. In quello che facciamo è il Cristo. Non vivremo che nel Cristo, in questo dono reciproco d’amore, l’uno nell’altro, per sempre, a somiglianza di quanto avviene nelle Persone divine. Che cosa dice la teologia a proposito delle tre Persone divine? Il Padre è totalmente nel Figlio e soltanto nel Figlio. Il Figlio è soltanto nel Padre e nel Padre siamo noi. Dov’è ciascuno di noi è il Signore che a noi si dona, se noi non facciamo resistenza a ricevere il Suo dono d’amore. Se io non ricevo il Cristo, Egli resterà ancora sull’altare: ma se Lo ricevo Egli vive in me. Ecco perché al termine, alla fine del mondo, il mistero eucaristico sparisce e rimane soltanto l’amore infinito e l’amato. Tutta qui la legge cristiana. Esiste soltanto questo: vivere il Cristo. Ecco che ciascuno potrà dire quello che Gesù diceva a Filippo: “Chi vede me, vede il Padre”. Così ciascuno di noi può dire: chi vede me, vede il Cristo. Non sono parole: dobbiamo viverlo in ogni istante, ora per ora, perché non abbiamo più la proprietà dei nostri atti, di nessun momento della nostra vita. Tutto dobbiamo donare.