La fede di Gesù nel post-teismo
Tre temi: la parusia, il regno di Dio e la mistica.
P. Luigi Consonni

4. LA FEDE DI GESÙ
(Carlo Molari – la fede di Gesù, riflessioni sulla teologia cattolica – pag. 1-9, vedi Google.)
Alcune affermazioni. “Fino a qualche decennio fa i teologi cattolici non parlavano della fede di Gesù e, se qualcuno affrontava il problema, lo faceva per negare che Gesù nel suo pellegrinaggio terreno avesse esercitato la fede teologale. Ora se si toglie l’inevidenza della realtà divina, viene meno la fede. Ma Tommaso d’Acquino afferma: il Cristo nel primo istante del suo concepimento ebbe piena visione dell’essenza di Dio… Dunque non ci può essere stata fede in lui”. Tutti i manuali scolastici, fino alla metà del secolo scorso, hanno ripreso fedelmente questa dottrina.
Però, in questi ultimi decenni un folto gruppo di teologi rifiutano l’opinione tradizionale e parlano della FEDE DI GESÙ. È un cambiamento avvenuto a piccoli passi. Gesù ha esercitato e suscitato la sua fede nella venuta del Regno di Dio, e lo ha vissuto con fedeltà “sino alla fine”. Gesù ha creduto alla vicinanza di Dio e alla venuta del suo Regno. Percorrere il cammino di fede di Gesù ci consente di entrare dentro della sua spiritualità e proseguirla nel tempo. Ci consente soprattutto di continuare la sua missione.
La chiesa attualmente nella fede non annuncia semplicemente che Gesù è morto e risorto, ma che è morto per la fedeltà al Regno in cui credeva ed è risuscitato per la carica d’amore che la sua fede in Dio gli ha consentito di esercitare sulla croce. Per questo la chiesa continua ad annunciare in Regno di Dio che viene nella storia”.
Pertanto, la fede di Gesù è attiva nella Parusia, nel Regno di Dio e nella mistica (la vita nella luce). Con essa entra in “gioco” il presente/futuro e il futuro/ presente della fede di Gesù che coinvolge il credente e la comunità.
Il presente/futuro è della Parusia; il futuro/presente è del Regno di Dio; e la mistica (la vita la luce) è Dio tutto in tutti (1Cor 15,28).
LA FEDE DI GESÙ DA RIELABORARE NEL POST-TEISMO
Il teismo e Il post-teismo [estratto dal testo di Paolo Gamberini due punto zero, ripensare la fede nel post-teismo – Ed Gabrielli editori – pag. 9-31]
—Il teismo tradizionale.
Occorre distinguere il teismo classico da quello personale. Queste due forme non devono essere confuse. La comprensione teista pensa a Dio come ad un essere personale perfetto che interviene nel mondo con particolari interventi. Tale comprensione teista è stata rifiutata dalla concezione deista, in cui Dio è considerato come un essere del tutto trascendente e separato dal mondo; come qualcuno che non ha alcun interesse nel destino dell’umanità e non ha bisogno che Gli siano rivolte delle preghiere di supplica.
Il teismo personale è stata la risposta al deismo del XVII secolo. Tale teismo comprende Dio come un essere personale che agisce nel mondo con miracoli, azioni particolari: attraverso l’ispirazione profetica, l’incarnazione, la provvidenza e il giudizio finale. (Pag. 33 nota 3).
—Il Post-teismo. Alcuni aspetti importanti:
.. Le ultime decadi del secolo scorso in poi hanno condotto la teologia sempre più a smantellare il teismo tradizionale per cui la creazione non definisce l’essere di Dio. La relazione di Dio con il creato è considerata come accidentale e arbitraria, quindi non essenziale. È urgente della teologia una visione critica post-teista della fede cristiana, ovvero, la comprensione di Dio che includa il creato fin dalla sua iniziale definizione.
.. La visione post-teista intende superare la concezione interventistica e sopra-naturalistica della presenza e dell’agire di Dio nell’universo, in particolare nella storia umana, poiché questa contraddice l’odierna comprensione scientifica dell’universo e comprende Dio come un essere mondano, ovvero come una porzione nel mondo. La comprensione post-teistica si distanzia, perciò da una concezione mitologica di Dio così come ne parla la Bibbia, e rinuncia ad oggettivare il divino come qualcosa straordinario nel mondo, con un surplus di azioni divine speciali nei confronti della creazione.
.. Facendo così la teologia sarà in grado di proseguire verso una trasformazione post-teista della fede di Gesù. Si tratta di adottare un nuovo paradigma di pensiero, così come è avvenuto nella scienza, passando dal creazionismo all’evoluzionismo, dalla fisica classica alla fisica quantistica, scoprendo il ruolo attivo della consapevolezza nella costruzione della realtà. (la consapevolezza è ciò di cui è fatta l’esperienza, è la forma, significato e scopo all’esperienza vedi nota 5 pag. 34).
.. Il post-teismo afferma che Dio è attivo nel mondo senza essere attore. Non considera Dio inattivo nel mondo: così facendo si negherebbe che Dio sia infinita attività, atto puro, realtà assoluta. Esso, il post-teismo concilia due esigenze sottese al teismo (Dio interviene nel mondo) e al deismo (Dio si ritrae dal mondo), precisando che Dio è potenza attiva.
Essendo atto puro Dio rende possibile il divenire della realtà finita. Le cose diventano poiché passano dalla potenza all’atto, dal meno al più, in virtù di una realtà che è già definitivamente e totalmente in atto. Dio è pura possibilità, in quanto rende possibile non solo che le cose siano ma che queste diventino artefici di sé stesse. Egli è potenza assoluta che fa sì che le cose si facciano (autopoiesi, ovverosia creazione). In tale concezione Dio dà alle cose la capacità e la possibilità di creare sé stesse.
.. È necessario rendersi conto che Dio – come viene e ancora pensato dalle religioni istituzionali – non è ormai più credibile. Le religioni sono una reliquia dello sviluppo della coscienza umana che necessita un superamento. L’idea di un Dio sovra-mondano, a cui la vita dell’universo e dell’uomo è affidata, è nata dal bisogno di avere un Dio che spiegasse ogni cosa che sta succedendo nel mondo, in particolare desse un senso ad una vita dopo la morte. Ora il bisogno di avere il teismo tradizionale, un Dio così forgiato non c’è più.
.. Sempre più si assiste ad uno scollamento inarrestabile tra i vari piani della comunicazione della fede cristiana: piano liturgico-devozionale del popolo di Dio; piano catechetico tradizionale degli educatori; piano formativo intellettuale dei lider (laici, candidati al ministero e preti); e infine piano accademico di ricerca (professori e ricercatori). Questi piani sono attualmente divisi e senza contatto tra di loro.
.. C’è bisogno di un linguaggio della fede di Gesù che sia in grado di dialogare con la modernità (e post-modernità), capace di ridire la fede di Gesù con nuove categorie. Si tratta di ripensare la fede di Gesù tenendo presente il contesto in cui le nuove generazioni diventano sempre più indifferenti alla proposta di fede.
.. Si tratta di un radicale cambio di paradigma affinché la teologia sintonizzarsi con lo Spirito nel ripensare il centro della fede di Gesù e di Paolo, in modo di creare le disposizioni perché il Vangelo sia ascoltato da tutti nella loro diversità personale e sociale. Il cambio di paradigma riguarda la visione del mondo: il passaggio da un modello all’altro i cui cambiamenti non sono solo nella scienza, possono aversi nella metafisica e nella teologia nell’elaborazione del concetto di Dio.
.. Nella modernità, il paradigma classico viene sostituito da un altro modello. Non è più la ragione o lo spirito che corrispondono alla realtà oggettiva ed esterna. Il soggetto con le sue forme di percezione, le categorie e le sue idee, costituisce il punto di riferimento della realtà. Il pensiero si costruisce un mondo in cui il soggetto è presenza inalienabile.
.. La realtà diventa per così dire materia prima dell’azione del soggetto trascendentale. La realtà è ridotta ad un postulato del pensiero che serve solo a confermare l’oggettività di quanto il soggetto percepisce e conosce come fenomeno. La X che rimane è un puro postulato, una cosa in sé, di per sé inconoscibile, poiché ciò che il soggetto conosce è solo il fenomeno. La realtà è completamente assunta nella ragione
La semplice ammissione di una cosa in sé sta ad implicare una forma di conoscenza. Ciò significa che la realtà è completamente assunta nella ragione. Tutto diventa conoscenza e consapevolezza. L’idealismo giunge così agli stessi risultati a cui approda oggi la fisica quantistica.
.. Anche in teologia è avvenuto qualcosa di analogo. Nella visione mitica del mondo Dio è considerato in maniera antropomorfica: come un essere che agisce in modo straordinario nel mondo, dotato di caratteristiche personali eccellenti. È necessario il passaggio da una visione antropomorfico-mitica di dio ad una in cui in cui diventiamo coscienti che tutto ciò che ascriviamo a Dio fa riferimento alla nostra percezione di Dio, al nostro punto di vista.
.. Dio si rivela con e attraverso parole umane; ciò che letteralmente attribuiremmo ad un mutamento della volontà di Dio, dobbiamo invece riconoscerlo come un progresso morale degli scrittori biblici. L’ermeneutica ha contribuito in modo significativo a farci fare questo passaggio: da un uso letterale del linguaggio biblico ad uno metaforico. Ciò di cui abbiamo disperatamente bisogno è un’ontologia teologica che dia senso e credibilità alla nozione di agire divino e di automanifestazione divina attraverso gli eventi mondani.
Nella 1Cor (11,23-32) Paolo invita a riconoscere “il corpo del Signore” (v.29), intendendo il corpo in senso ecclesiologico di chiesa-corpo di Cristo. Qui Paolo non allude al Gesù risorto come individuo ma come personalità corporativa, al corpo-cosmico del Cristo celeste (Con personalità corporativa si intende quella figura antropologica e sociale per cui il singolo rappresenta la totalità e la collettività è presente nella persona, secondo l’adagio: uno per tutti, tutti per uno). Nel pensiero di Paolo coloro che sono di Cristo e in Cristo, appartengono a un solo corpo.
.. Come credere in un Dio che è incarnato nelle recenti cosmologie, nella fisica quantistica e nella biologia molecolare?… nel ripensamento post-teista della fede di Gesù è fondamentale riconoscere che tutti i nostri concetti su Dio sono costruzioni umane. Ogni parola su Dio è una creazione umana e il modo con cui singoli e comunità hanno espresso la loro esperienza del divino, la loro relazione con il mistero di Dio, è un modo limitato e contingente.
.. “Il mistero non parla, ma certamente si esprime, anzi si esprime dappertutto e sempre, nel cosmo e nel nostro intimo, e lo fa con meno vaghezza nell’intimo di uomini e donne più sensibili, le loro parole sono pur sempre loro proprie parole umane, segnate dalla cultura dominante, ma sono al tempo stesso pervase dall’ispirazione del profondo, dall’ispirazione divina. Per trovare questa ispirazione bisogna eliminare tutto ciò che è chiaramente elemento umano, transitorio, relativo: occorre demitizzarle, perché c’è sempre teismo” (R. Lenaers, Cristiani nel XXI secolo? Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2018 pag.49).
Rebbio 20 maggio 2025.
P. Luigi Consonni