di Gilberto  Borghi
21 Aprile 2025
Per gentile concessione di
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Ho visto passare sei pontefici, nella mia vita. Con nessuno avevo mai avuto una sintonia così profonda come con Francesco. Spesso, soprattutto nei primi anni del suo pontificato, mi capitava di leggere o ascoltare le sue parole e di finire le sue frasi prima che lui le esprimesse, trovando, con mia grande sorpresa, una identificazione quasi totale tra la mia finale e la sua. Sono davvero addolorato e un po’ più solo. Ma lo sento presente ancora, perché vedo che la sua eredità ha davvero ancora molto da far fiorire. A partire dal modo e dal momento della sua morte.

Il risorto lo ha fatto risorgere. Adesso Francesco vive nel Regno, come ha sempre desiderato, con tutta la pienezza che l’Amore gli regala, finalmente. Lo Spirito Santo è il miglior complottista possibile: morire a Pasqua, dopo aver provato a “catechizzare” Vance (come afferma il caro amico Ventura), aver stigmatizzato l’ecatombe di Gaza, quella dell’Ucraina, la follia del riarmo, il mondo in “pezzi”, sembra la migliore descrizione del “complotto” di Dio. Come a dire: se volete provare a raddrizzare il mondo, guardate alla pasqua di Cristo.

Visto così, Francesco muore senza essere al centro della scena, lasciandola a Cristo misericordioso. Nel suo stile! Per tutto il suo pontificato non ha fatto altro che rimandare costantemente alla misericordia di Dio, mettendo al centro lo stile dello spendersi per amore, con segni che mostrassero la sua assoluta vicinanza all’uomo ordinario e la sua umanità piena e integrale. A me sembra che proprio questo stile abbia segnato la sua vita, divenendo per la Chiesa un “segno di contraddizione”, che già ora si mostra come uno spartiacque, tra un prima e un dopo Francesco.

La sua intenzione di fondo era stata dichiarata con chiarezza in EG 233: “non siamo ossessionati a dover occupare tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione, ma avviamo processi”. E di fatto è quello che ha fatto. Dalla rimessa in moto del processo sinodale, a quello della relazione di ascolto con il mondo. Dalla desacralizzazione del suo stesso ruolo, alla riscoperta di un linguaggio più quotidiano; dalla umanizzazione profonda del vangelo, alla sincera ammissione dei peccati della Chiesa; dalla rimessa al centro dei poveri, come un vero e proprio sacramento, al tentativo di far “dimagrire” il potere della gerarchia ecclesiale.

Ovviamente, come tutti quelli che sono stati chiamati a “riformare” la Chiesa, ha lasciato molti scontenti, sia tra chi voleva passi più decisi in questi processi iniziati, sia in chi vedeva in essi un grave rischio. Ma, forse, il processo più importante avviato è stato quello di costituire come cardinali persone che condividono la sua stessa visione del vangelo. E questo, probabilmente, è la mossa concreta più efficace per rendere concreto il “complotto” dello Spirito Santo: difficilmente, il dopo Francesco, vedrà un papa con una linea opposta alla sua.

Sono assolutamente convinto che la sua eredità porterà frutti a partire da oggi. Ma al di là della necessità di dare corpo, anche giuridico, ai processi aperti, mi piacerebbe che raccogliessimo quello che, secondo me, è la perla più importante della sua eredità: il ritorno ad una fede che ha al centro la relazione di amore con Cristo risorto e misericordioso. Una fede meno religiosa, ma più spirituale e carnale al tempo stesso. Una fede meno rituale e più operativa. Una fede che muove le persone a partire dalla propria individuale esperienza di Dio e che rimette sullo sfondo le motivazioni “culturali” del proprio credere, diventando così origine di una nuova forma “culturale”, ancora da costruire.

Grazie Francesco! Nella tua umanità hai saputo far trasparire la misericordia di Dio, senza perdere nulla del tuo essere umano, della tua corporeità, anzi facendola fiorire ancora di più. La tua vera rivoluzione! Per questo adesso sei risorto con tutto il tuo corpo! Non dimenticare di pregare per noi!