Excursus: le feste ebraiche

Le principali feste d’Israele erano legate ai momenti forti del calendario agricolo-pastorale: si offrivano a Dio i primi frutti della terra e delle greggi, con la Pasqua; la mietitura con la Pentecoste o la festa delle Settimane; la vendemmia e gli ultimi frutti, con la festa delle Capanne. In origine si celebravano in diversi santuari, poi divennero “le feste del pellegrinaggio” perché si celebravano solo in Gerusalemme.

L’obbligo di salire a Gerusalemme per queste tre Feste riguardava solo gli uomini adulti, in grado di camminare, residenti entro un giorno di cammino da Gerusalemme; per gli ebrei residenti più lontano era sufficiente un pellegrinaggio all’anno, mentre per chi risiedeva fuori della Palestina era prescritto un pellegrinaggio in vita. Poiché Nazareth distava da Gerusalemme una settimana di cammino, la famiglia di Gesù saliva a Gerusalemme per la Pasqua (Lc 2,41-46).

Per comprendere l’enorme affluenza di pellegrini a Gerusalemme in occasione della Pasqua, basta pensare che la Città santa raggiungeva i 150.000 abitanti, contro i 40.000 residenti. Per evitare sommosse o disordini, il procuratore romano si trasferiva a Gerusalemme, concentrando un alto numero di soldati romani. Di norma i pellegrini si riunivano in gruppi numerosi, sostenendo il cammino con il canto dei salmi.

Diamo uno sguardo alle singole feste.

– LA PASQUA E I GIORNI DEGLI AZZIMI (dall’ebraico pesach) era la festa di primavera  che si celebrava dopo il plenilunio del primo mese, quello di Nisan, in cui Israele uscì dall’Egitto, come memoria della liberazione dalla schiavitù che Dio operò per mezzo di Mosè. Pasqua significava sia il “passaggio di Dio” che aveva liberato Israele, sia il “passaggio di Israele” dalla schiavitù alla libertà attraverso il mare, che travolse l’esercito del faraone.

Ogni famiglia sacrificava un agnello per ricordare la notte dell’esodo, quando Dio “passò oltre” le case degli israeliti, segnate col sangue dell’agnello, e l’”angelo della morte” risparmiò la vita dei primogeniti ebrei, facendo morire i primogeniti egiziani. Durante la cena pasquale e per tutta la settimana seguente si mangiava pane azzimo, cioè non lievitato, impastato in fretta come durante la fuga dall’Egitto. L’ultimo giorno degli azzimi si offrivano al Signore le prime spighe di orzo della nuova mietitura. Azzimi e primizie evidenziano l’origine agricola della Pasqua ebraica, mentre il sacrificio dell’agnello pasquale ne richiama l’origine pastorale, come offerta dei nuovi parti del gregge e auspicio alla partenza verso i nuovi pascoli. Con ogni probabilità le due feste, quella della Pasqua e quella degli azzimi, in origine erano distinte; poi si unirono assumendo il carattere di memoriale della liberazione d’Israele.

Gesù celebrò ripetutamente la Pasqua: la prima volta purificò il tempio dai mercanti presentando se stesso come vero tempio (Gv 2,13-22); nella seconda moltiplicò i pani in Galilea, presentando se stesso come vero cibo (Gv 6,1-71); nella terza salendo a Gerusalemme, fu condannato a morire sulla croce, presentando se stesso come vero agnello pasquale (Gv 19,31).

– LA PENTECOSTE o LA FESTA DELLE SETTIMANE. Sette settimane dopo la Pasqua si celebrava la festa del ringraziamento, detta Pentecoste (50° giorno), a conclusione della mietitura del grano: il sacerdote offriva due pani di farina nuova, insieme a sacrifici di animali.
Era anche la festa dell’alleanza perché ricordava il dono della legge di Dio sul Sinai. A Gerusalemme probabilmente per la Pentecoste, Gesù guarì il paralitico alla piscina (Gv 5,1-46).

– LA FESTA DELLE CAPANNE o delle Tende, o dei Tabernacoli, era la festa più popolare e allegra, celebrata in autunno al termine dei raccolti e della vendemmia. Per una settimana si viveva all’aperto, nei giardini o sui terrazzi, in improvvisate capanne di frasche, per ricordare il tempo in cui Israele aveva pellegrinato sotto le tende, nel deserto. Ogni mattina i sacerdoti attingevano acqua alla piscina di Sìloe e la versavano sull’altare degli olocausti per invocare il dono delle piogge. La sera si accendevano quattro grandi candelabri, visibili da tutta Gerusalemme, in ricordo della “colonna di fuoco” con cui Dio illuminava il cammino del popolo nel deserto, e come espressione di attesa vigilante del Messia che doveva venire.
Gesù salì a Gerusalemme per la festa delle Capanne, ponendo se stesso al centro della festa: “Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7,37-38), e donò la luce al cieco nato (Gv 9,1-41).

C’erano anche delle feste religiose senza obbligo di pellegrinaggio.

– LA FESTA DELLA DEDICAZIONE o delle Luci, commemorava la purificazione e la dedicazione del secondo tempio fatta da Giuda Maccabéo nel 164 a C., dopo la profanazione del re Antìoco IV Epìfane, che vi aveva eretto una statua a Giove. Si celebrava d’inverno. Si accendeva un gran fuoco e si illuminavano con lampade case e sinagoghe.
Gesù salì a Gerusalemme per la Dedicazione (Gv 10,22) e si presentò come Messia buon pastore donando la vita a Lazzaro morto (Gv 11,1-44).

– IL GIORNO DELL’ESPIAZIONE (Yom Kippùr). Il decimo giorno del settimo mese la comunità d’Israele confessava i propri peccati e chiedeva a Dio il perdono e la purificazione.
Il sommo sacerdote offriva prima un sacrificio per i propri peccati e per quelli dei sacerdoti, poi un secondo sacrificio per i peccati del popolo. Solo in quel giorno il sommo sacerdote entrava nel Santo dei Santi (Lc 1,8-9), cioè nella cella più sacra del tempio, per aspergervi parte del sangue offerto in sacrificio: quindi stendeva le mani sul “capro espiatorio”, e lo cacciava a perdersi nel deserto, come segno che i peccati erano stati cancellati.

 – LA FESTA DI PURIM o delle sorti, era una celebrazione quasi carnevalesca, che ricordava come la regina Ester e suo cugino Mardochéo salvarono il popolo ebraico dal massacro al tempo del re persiano Serse (Assuéro).

– LA FESTA DELLE TROMBE o Capodanno. L’inizio di ogni mese e di ogni festa veniva segnalato dal suono delle trombe. Però l’inizio del settimo mese (Tisri) con le trombe si annunciava una speciale festa “d’acclamazione”, che dopo l’esilio era considerata festa di Capodanno (Rosh Hashanah), anche se i mesi si contavano partendo da Nisan.


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