La preghiera, l’elemosina e le opere di bene non servono a smuovere Dio, ma a cambiare il nostro cuore e a conviverci sempre di più che Dio davvero ci ama gratis

di Gilberto Borghi
29 Marzo 2025
Per gentile concessione di
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Grazia
Questa parola, nel linguaggio popolare, indica un atto di amore, di benevolenza, da parte di Dio, fatto a favore di chi lo ha supplicato duramente e con costanza. Quello che si intende quando sentiamo dire: “Dio mi ha fatto la grazia”. A livello popolare il meccanismo che sta dietro a ciò sembra essere: io insisto tanto nella preghiera, nei digiuni, nell’opere di bene, tanto da “smovere” il cuore di Dio a concedermi quella cosa che tanto anelo, di cui ho disperatamente bisogno. Ora, questo modo di intendere la grazia ha almeno due grandi problemi.
Il primo è quello di immaginare che, in qualche modo, ci sia una correlazione di causa tra i miei sforzi e l’ottenimento, da parte di Dio, di ciò che mi preme. Come se noi fossimo capaci di “piegare” il volere di Dio ai nostri bisogni o desideri.
La parabola di Lc 18, 1-8 (il giudice disonesto e la vedova importuna) non va presa come se fosse la descrizione del modo di funzionare di Dio verso di noi. Ma come esempio “a forziori”. Se un giudice disonesto può finire per ascoltare il grido della vedeva, per togliersela di mezzo, a maggior ragione Dio, che è amore gratuito per noi, “non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 7-8).
Dove la chiusura del brano sta proprio ad indicare che è la fede della persona a decidere tutto, non la possibilità di “convincere” Dio, in qualche modo, a darci ciò che ci preme. Cioè, le cose accadono se crediamo che Dio sia davvero dalla nostra parte, fino in fondo. Se pensiamo possibile l’impensabile, che ciò che consideriamo impossibile per noi, stando dentro agli schemi che facciamo diventare da soli delle gabbie, invece accadrà!
Il secondo problema di quella concezione popolare della grazia è che Dio debba essere convinto. Che, cioè, attraverso la preghiera, l’elemosina e gli atti di bene, Dio decida di aprire il suo cuore all’uomo. Ipotizzare questo significa immaginare che Dio, normalmente, sia come minimo distratto, rispetto a noi e alla nostra vita, o peggio sia maldisposto. E che dobbiamo “comperarlo” o “rabbonirlo” per farcelo amico.
Tutto il Nuovo Testamento rimanda, invece, ad un Dio che non fa altro che essere li pronto a elargire il suo amore, solo che noi siamo aperti ad accettarlo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
La preghiera, l’elemosina e le opere di bene non servono a smuovere Dio, ma a cambiare il nostro cuore e a conviverci sempre di più che Dio davvero ci ama gratis, nel concreto della nostra vita. Il giubileo è anche questo, un momento in cui lascio che la preghiera e il bene che faccio, agiscano su di me e mi attirino sempre di più nell’orbita dell’amore, in cui Dio mi precede sempre con il suo amore. Così la nostra fede può crescere ed essere capace di “smuovere” le montagne, facendo diventare possibile anche la “grazia”.