Nel vortice della rapidità, la Chiesa è dunque chiamata a essere non un freno, ma una bussola. 

La Chiesa nell’epoca della rapidità
di: Salvatore Abagnale
23 febbraio 2025
Per gentile concessione di
http://www.settimananews.it

La riflessione di Antonio Spadaro sulla differenza tra velocità e rapidità (cf. Avvenirequi) apre un orizzonte interessante sulla condizione attuale della Chiesa e della società (cf. SettimanaNewsqui). La velocità, come osservava Calvino nelle Lezioni americane, è misurabile, controllabile, lineare. La rapidità, invece, è irruente, coinvolgente, capace di trascinare con sé l’intera esistenza.

È questa la condizione del nostro tempo: non assistiamo semplicemente a fenomeni accelerati, ma a trasformazioni che travolgono il modo stesso di pensare, di relazionarsi, di credere.

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In questo contesto, la Chiesa non è chiamata a essere un baluardo che resiste a ogni costo né un semplice spettatore che osserva la corrente. Mario Luzi la descrive come “il luogo dove l’allarme temporale dell’intemporalità ancora risuona”.

È un’immagine carica di tensione: non si tratta di opporre il tempo all’eterno, come se fossero due dimensioni inconciliabili, ma di percepire nell’eterno la chiave per attraversare il tempo. La Chiesa non è fuori dal divenire, ma ne custodisce il senso ultimo, offrendo spazi in cui la rapidità non sia solo travolgente ma anche generativa.

Un’altra immagine di Luzi viene in soccorso: la rapidità può essere letta con l’immagine della “officina infuocata”, un luogo di forgiatura in cui si costruiscono ali per il volo. Questo ci riporta a una visione dinamica della fede: non un rifugio dalla tempesta, ma un cantiere in cui il fuoco delle prove e delle sfide modella strumenti per attraversarle.

Paolo, nella lettera ai Romani, esorta a non conformarsi alla mentalità del secolo, ma a lasciarsi trasformare (metamorphousthe) dal rinnovamento della mente (Rm 12,2). Questa trasformazione non avviene nell’isolamento o nella paura, ma nel confronto coraggioso con la realtà, nella capacità di leggere i segni dei tempi senza restarne prigionieri.

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La scena evangelica della tempesta sedata, richiamata da Spadaro, è emblematica. Gesù non evita la traversata, né sceglie un momento più sicuro per compierla. L’ordine di passare “all’altra riva” avviene di sera, nel momento meno opportuno, e sfocia in un’esperienza di smarrimento per i discepoli.

Eppure, proprio nella tempesta si rivela il Signore della storia: il caos non lo turba, il sonno di Gesù non è segno di assenza, ma di un altro modo di abitare la realtà. “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4,40). La Chiesa oggi si trova in un’analoga condizione: attraversare le acque agitate di un mondo in trasformazione, senza cedere alla paura né a facili nostalgie.

Papa Francesco, parlando di rapidación, sottolinea come il nostro tempo cambi “continuamente i punti di riferimento”. Ma la risposta non può essere l’attesa passiva che tutto ritorni com’era, né la chiusura difensiva. Il compito della Chiesa è quello di aiutare a leggere questa rapidità con categorie spirituali, come un fuoco che purifica e trasforma. L’atteggiamento richiesto non è quello dell’immobilismo, ma del discernimento.

“Tutto è vostro – scrive Paolo – ma voi siete di Cristo” (1Cor 3,22-23): significa che il credente non subisce il tempo, ma lo attraversa con la consapevolezza che il senso ultimo della storia è già stato rivelato.

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Nel vortice della rapidità, la Chiesa è dunque chiamata a essere non un freno, ma una bussola. Non una cittadella assediata, ma un’officina in cui si costruiscono ali per il volo, capaci di attraversare le tempeste senza esserne travolti.

È qui che l’intemporalià del Vangelo continua a risuonare come un allarme, come un richiamo a guardare oltre l’istante e a intravedere, nel cuore del rapido fluire del tempo, i segni discreti della promessa di Dio.