
L’itinerario spirituale dei Dodici
card. Carlo M. Martini
Prima meditazione
Il mistero di Dio
Questa meditazione ci aiuta a metterci nelle disposizioni del Principio e Fondamento (E. 23). Essa vuole creare in noi la condizione di totale disponibilità al mistero di Dio, alla sua attività, alla sua iniziativa. Per creare questa disponibilità noi ricorriamo al Vangelo di Marco.
Vogliamo riflettere insieme sul mistero di Dio in Marco; meglio ancora, vedere che parte ha il senso di Dio nel cammino catecumenale che Marco propone;- quale parte ha, in esso, l’educazione al senso di Dio.
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Notiamo subito quanto poco si parli di Dio in Marco, quanto sembri scarsa l’istruzione su Dio.
Mancano per esempio istruzioni fondamentali come quella di Mt 6 sulla provvidenza o sul Padre Nostro, che è l’occasione di una semplicissima ma ampia catechesi su Dio.
Se consideriamo anche le statistiche, pur nel valore limitato che dobbiamo attribuire a dati di questo genere, vediamo che in Marco il nome di Dio occorre 37 volte, contro 46 in Matteo e 108 in Luca. Nel Vangelo del catecumeno, a differenza del Vangelo del dottore, vi è dunque una menzione molto discreta della persona di Dio.
Lo stesso si otterrebbe per la menzione di Padre: la parola ricorre 13 volte in Marco, ma appena cinque volte è riferita a Dio, mentre Giovanni ha centinaia di occorrenze del nome di Padre riferite a Dio; perché, evidentemente, una catechesi su Dio Padre fa parte dell’istruzione del cristiano illuminato, mentre all’inizio Esso viene menzionato appena.
Come mai questo silenzio su Dio? Perché se ne parla poco? Dobbiamo, credo, riportarci alla situazione concreta del catecumeno nella Chiesa primitiva.
I catecumeni della Chiesa primitiva, soprattutto quelli a cui si rivolge il Vangelo di Marco, – cioè probabilmente catecumeni provenienti in gran parte dal paganesimo – avevano già di per sé un grande senso religioso. Non era per nulla estraneo ad essi il pensiero, la parola, il vocabolo, la menzione continua di Dio; come dice bene san Paolo parlando appunto dei pagani: «Ce ne sono molti che sono detti Dio, sia nel cielo che sulla terra, e ve ne sono molti tenuti per dèi, e molti Signori (kyrioi) … » (1 Cor 8, 5).
Tant’è vero che Paolo, entrando in Atene si irrita per la presenza continua di simulacri di divinità e chiama gli Ateniesi estremamente superstiziosi. Che fossero gente superstiziosa appare anche dal fatto avvenuto ad Efeso e raccontato in Atti 19, 18-19. Vi si dice che molti dei convertiti portarono i loro libri magici per bruciarli e se ne fece un falò che valeva milioni (cinquantamila denari d’argento). Ciò vuol dire che la superstizione era estremamente diffusa, e il catecumenato veniva impartito a gente che, in fondo, Dio l’aveva in bocca anche troppo. Il problema non era tanto di porre in essi il senso della divinità, che per loro era dappertutto e appariva in ogni fenomeno, ma di lottare contro una religiosità erronea.
Tra parentesi, potremmo chiederei: È davvero peggiore la nostra situazione odierna di ateismo diffuso? Forse è più facile parlare del Dio vero in una situazione di ateismo che non in una situazione di superstizione dove il parlare di Dio può essere capito male, travisato, travolto.
Il Vangelo di Marco è nato in una situazione in cui, all’inizio, non era opportuno parlare troppo di Dio, perché questo poteva venire frainteso. Ecco un motivo probabile perché al catecumeno non si parlava tanto di Dio. Vedremo poi che, in realtà, di Dio se ne parlava, ma non in modo diretto.
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Come, dunque, veniva fatta al catecumeno, l’istruzione su Dio?
Era compiuta probabilmente, basandosi in gran parte sul Vecchio Testamento, soprattutto sui salmi. Il libro dei Salmi educava il catecumeno al vero senso di Dio e quindi la comunità primitiva – anche di cristiani provenienti dal paganesimo – lo leggeva molto sovente e conosceva benissimo i singoli salmi. Ciò appare dalle citazioni frequentissime che ne fa il Nuovo Testamento e che non sarebbero spiegabili se la comunità – a cui le lettere apostoliche sono rivolte – non li avesse conosciuti perfettamente.
Il catecumeno veniva educato al senso di Dio attraverso i salmi. Anche noi, in fondo, negli Esercizi, facciamo lo stesso. Attraverso la recita dei salmi ci rieduchiamo a questo senso profondo di Dio che viene assorbito più con la preghiera che non con la comunicazione verbale di ciò che si può dire su Dio (cfr. E. 20).
Nei pochi accenni che vengono fatti nel Vangelo di Marco al mistero di Dio, noi cogliamo quel senso specifico di Dio che egli si attende dal catecumeno ~ artche quel senso specifico di Dio nel quale si attua la rivelazione che Gesù fa di sé ai Dodici.
La meditazione che propongo è dunque una breve scorsa ai testi principali di Marco – una quindicina circa – nei quali si possono trovare accenni diretti o indiretti a Dio, per vedere quale figura, quali aspetti di Dio vengono sottolineati e, quindi quali vengono ritenuti più importanti in un cammino catecumenale verso Dio e verso l’intimità col Signore Gesù, che scandisce l’itinerario dei Dodici.
Questi testi si possono dividere in quattro serie: ci sono alcuni testi preliminari che pongono in luce gli aspetti fondamentali, poi vengono date alcune indicazioni successive, quindi una serie di temi biblici particolari e da ultimo le indicazioni finali sul mistero.
Quattro tipi di testi e ciascuna di queste serie comprende tre o quattro testi per ordine.
1a Serie: Testi Preliminari (Mc 1, 2; 1, 3; 1, 10-11)
Come tradurre questi testi nella nostra esperienza? Chi è Dio? È colui che prende una iniziativa misteriosa: «Ecco, io mando il mio angelo davanti a te»(1, 2). Tralascio il v. 1 perché è molto discusso; probabilmente è autentico ma preferisco non tenerne conto. Dio al v. 2 non è nominato, ma è colui che prende una iniziativa misteriosa, non ben definita; qualcosa sta per succedere; Dio in qualche maniera ci viene incontro.
Dio è il Dio che viene. « Preparate la via del Signore» (1, 3): Dio sta venendo. Questa indicazione, chiara e misteriosa insieme, su Dio come qualcuno che sta venendo verso di noi, che si muove di sua iniziativa verso noi, riappare più avanti: «vide i cieli aperti…» (1, 10); cioè, Dio: «Il Padre vostro che è nei cieli» (11, 25), si fa presente alla nostra realtà, alla nostra esperienza, si mette in comunicazione con noi dal cielo.
E come comunica con noi? La risposta è: «Attraverso il suo Figlio diletto» (1, 11): potremmo dire il Figlio modello, quel. Figlio nel quale capiremo qualcosa dell’inconoscibile mistero di Dio.
Dunque, Dio appare come mistero inconoscibile che, ad un certo punto prende una iniziativa misteriosa nei nostri confronti e ci viene vicino per scuoterci. Non è molto; ma è detto tutto ciò che può suscitare un senso di attesa, di preparazione.
Il catecumeno, quindi, non è invitato a dire subito: «Dio è qui, Dio è questo o quello »; esprime cioè qualcosa di ciò che è Dio. È invitato, invece, a comprendere che Dio è colui che sta per prendere possesso della sua vita, e gli va incontro con una misteriosa iniziativa che egli è chiamato ad accettare, senza conoscerla nei dettagli.
2a Serie: Indicazioni chiarificatrici (Mc 1, 14; 1, 15; 1, 35; 2, 7)
«Gesù viene in Galilea predicando il Vangelo di Dio» (1, 14); quindi indirettamente sappiamo che Dio è il Dio del Vangelo.
« Si è avvicinato il Regno di Dio» (1, 15); quindi Dio è il Dio del Regno.
Come tradurre queste due indicazioni? Il Dio del Vangelo; cioè il Dio che ti porta una buona notizia, la quale sta per cambiare la tua situazione. Il Dio del Regno; cioè, il Dio che sta per mettere le cose a posto, misteriosamente. .
Dio è colui che entra nella tua vita con un messaggio sconvolgente, pieno di letizia, e che viene a riordinare le cose della tua vita. Quindi, di nuovo: l’atteggiamento di chi non sa ancora ciò che Dio vuole, ma si prepara in piena disponibilità nell’accettazione di una novità misteriosa che deve entrare nel suo intimo.
Un altro accenno misterioso, del tutto indiretto,l’abbiamo più avanti: «Gesù al mattino presto va in un luogo deserto e prega» (1, 35). Qui Dio appare come colui che il Cristo prega. Cristo, presentato prima come Figlio modello e suo rivelatore, è in misteriosa unione con Dio; e noi, pur senza sapere molto di più su Dio, ci troviamo immersi in un’atmosfera di attesa, rispetto, riverenza, tensione per il mistero di Dio che, in Cristo ci si sta rivelando.
E ancora, nel capitolo seguente: «… Chi può perdonare i peccati se non Dio solo? (2, 7). La frase è proferita dagli avversari ma serve per dirci che solo Dio è colui che può perdonare. Essa ci reca il senso del perdono. Dio entra con una iniziativa – che è buona novella – di perdono e l’uomo deve restare in attesa e in ascolto, disposto e pronto a riceverlo.
Da questi pochi accenni vediamo che viene operato tutto un rovesciamento della mentalità pagana, per la quale Dio era l’essere a disposizione dell’uomo, sul quale l’uomo poteva mettere le mani, farselo propizio, chiedendo e ottenendo da Lui ciò che voleva; un Dio di fronte al quale l’uomo era in stato di attività manipolatrice.
Ora, invece, l’uomo è posto in stato di totale passività, di attesa, ascolto, riverenza, rispetto. È Dio che sta per fare, sta per mettere in opera il suo Regno.
Noi dobbiamo umilmente ascoltare senza capire, essere pronti ad andare là dove Egli ci vuole portare.
Questi sono alcuni tra gli aspetti fondamentali dell’attesa del mistero di Dio raccolti nella prima parte di Marco.
Dal cap. 2 in avanti sono pochissime le altre menzioni su Dio perché, come vedremo, è in opera Gesù. Egli si accinge a rivelarne il mistero nella sua persona; di conseguenza la catechesi su Dio non appare in primo piano. Una volta che l’uomo si è reso disponibile, viene indicato il Figlio, incomincia allora la via della sequela del Figlio, che ci permette di purificarci da tutto un falso modo di comprendere Dio, per arrivare a conoscerlo nella verità.
3a Serie: Temi biblici
Ci sono, tuttavia, nei capitoli 11, 12, 13, ancora quattro menzioni di Dio che ricalcano temi biblico-veterotestamentari. Esse ci fanno constatare che nel Vangelo marciano non si perdevano di vista alcuni temi fondamentali, che si supponevano quali punti di partenza per una catechesi del « Dio di nostro Signore Gesù Cristo».
Quali sono questi 4 punti fondamentali che si riferiscono sempre alla catechesi veterote~tamen~aria su Dio? Nel capitolo 10, la risposta di Gesù: «Nessuno è buono se non Dio (10, 18). Essa .rivela al catecumeno la bontà di Dio, l’unico buono da amare «con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutte le forze» come è detto in 12, 30.
Altro passo di catechesi veterotestamentaria lo ritroviamo nel capitolo seguente: l’esortazione o indicazione (dipende dalle traduzioni): «abbiate fede in Dio» (11, 22), trad. C.E.I. Notiamo cche il testo greco è molto più misterioso perché dice: échete pistin Theou; cioè, capovolge la questione: ‘Chi è Dio? ‘ È colui che merita fede e fiducia, colui che merita totale abbandono. È quanto di più si insisterà nell’itinerario catecumenale: abbandonatevi al mistero di Dio che vuole agire in voi non a modo vostro, ma cosi come Lui vuole. E quindi siate totalmente disponibili.
Un altro accenno veterotestamentario si trova nel capitolo tredicesimo; il Dio della creazione ricordato in maniera molto indiretta: «Dall’inizio della creazione fino al giorno d’oggi» (13, 19).
Quello del Dio Unico, Buono, Fedele, Creatore, Realtà suprema da amare, erano temi veterotestamentari allora molto presenti. Marco ci dà, infatti, un modello di catechesi per gente che credeva in questi valori. In una catechesi odierna, evidentemente, essi potrebbero darsi per scontati.
Su questi temi è costruita l’idea evangelica del Dio che viene, prende un’iniziativa piena di mistero, del Dio al quale bisogna abbandonarsi e che ci guida misteriosamente per mezzo del Cristo.
Questa è la disposizione fondamentale con cui il catecumeno inizia la sua catechesi e che l’annuncio evangelico suppone in lui.
4a Serie: Temi rivelatori
Finalmente, gli ultimi due testi che sono basilari e rivelatori dell’identità di Dio in Marco.
Nel capitolo quattordicesimo: la preghiera: «Abbà, Padre! Tutto ti è possibile, allontana da me questo calice! Non però quello che io voglio, ma quello che tu vuoi» (14, 36).
Chi è il Dio che sta dietro a questa rappresentazione dataci dalle parole di Gesù? È il Dio a cui tutto è possibile (idea veterotestamentaria), il Dio che può allontanare il calice ma che, in .realtà, non lo fa. È, cioè, il Dio al quale bisogna rimettersi totalmente perché ha su di noi disposizione completa e ci guida. per vie misteriose, cosi come ha guidato il Cristo.
Il catecumeno è quindi invitato a passare da una idea umanamente prefabbricata di Dio, in cui tutto è predisposto, in cui egli può appoggiarsi ed ottenere ciò che vuole, facendo questo o quell’altro atto di culto, ad un Dio che misteriosamente interviene e lo conduce con bontà, ma che lo porta là dove Lui vuole attraverso l’iniziativa evangelica di salvezza che per l’uomo è sempre imprevedibile e sconcertante.
In Marco, difatti, l’ultimo testo in cui Gesù ci parla di Dio è il testo più drammatico del Vangelo. Sulla croce Gesù grida: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (15,34). Come mai si chiude con questo brano la serie dei pochi accenni al mistero di Dio in Marco?
Proprio perché in esso abbiamo il culmine di questa rivelazione: il Dio che viene presentato nel Vangelo, il Dio a cui tutto è possibile, il Dio che ha in mano ogni cosa e al quale noi ci abbandoniamo totalmente, non è obbligato a fare ciò che noi da Lui attendiamo e può anche esteriormente abbandonarci come ha abbandonato il suo Figlio. È chiaro che nelle parole di Gesù c’è anche il senso di speranza, ma non bisogna dimenticare che sono parole di abbandono. Dio ha lasciato il Cristo in una situazione di amarezza, di desolazione esteriore, di derelizione umana come se l’avesse effettivamente abbandonato.
Il catecumeno è quindi invitato a riflettere attentamente: guarda che la via per cui ti metti non è una via facile, una via in cui Dio ti assicurerà, di successo in successo, una riuscita già da te programmata, ma ti metti nelle mani di un Dio misterioso che è buono, che vuole di te il meglio, ma non a modo tuo.
È in gioco quella disponibilità totale che sant’Ignazio pone come condizione fondamentale degli Esercizi: accettare il mistero del Dio diverso da noi che ci porta spesso, e impensatamente, là dove non vorremmo andare (E. 5). Lo disse Gesù a Pietro: ti porteranno dove non vuoi andare (Gv 21,18).
È l’abbandonarsi totalmente al mistero di Dio per tutte le sorprese che ad ogni momento, ad ogni età dell’esistenza, Egli può manifestare.