LA VITA CONSACRA NEL CAPITOLO V DELLA “LUMEN GENTIUM”
E NEL “PERFECTAE CARITATIS”
P. Carmelo Casile, mccj
Seconda parte
SOMMARIO
PRIMA PARTE:
La santità della Vita Consacrata nel piano e nell’azione salvifica di Dio
- 1. La Vita Consacrata, dono divino
- 2. Cristo nella santità della Vita Consacrata
- 3. L’azione dello Spirito Santo nella Vita Consacrata
- 4. Vocazione universale alla santità e santità della Vita Consacrata
- 4.1. La Vita Consacrata come forma speciale dell’unica santità della Chiesa
- 4.1-a. La Vita Consacrata come vita di speciale consacrazione
- 4.1-b. Vita Consacrata e servizio
- 4.1-c. La Vita Consacrata come segno e testimonianza
- 5. Vita Consacrata e professione dei consigli evangelici
- 5.1. Castità
- 5. 2. Povertà
- 5. 3. Obbedienza
- 6. La Vita Consacrata è uno stato di vita essenzialmente ecclesiale
SECONDA PARTE:
Il cristiano di fronte al dono della Vita Consacrata
- 1. Risposta alla chiamata di Dio
- 2. Impegno personale nella Vita Consacrata
- 2.1. La carità nella Vita Consacrata
- 2. 2. La professione dei consigli evangelici nella santità della Vita Consacrata
- 2. 2a- La professione dei consigli evangelici non è fine a se stessa
- 2. 2b- La professione dei consigli evangelici porta a seguire e a conformarsi a Cristo.
- 2. 2c- La professione dei consigli evangelici e il progresso umano del religioso
- 3. Vita ecclesiale e apostolica nella Vita Consacrata
- 4. La preghiera nella Vita Consacrata
- 5. La Vergine Maria nella Vita Consacrata
II PARTE:
Il cristiano di fronte al dono della Vita Consacrata
P. Carmelo Casile, mccj
1. Risposta alla chiamata di Dio

a) La Vita consacrata è anzitutto la risposta del cristiano a Dio che l’ha chiamato mosso da un libero disegno del suo amore divino.
“I membri di qualsiasi Istituto ricordino anzitutto di aver risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici” (PC 5a). Questa professione è una risposta di amore a Dio: “Coloro che fanno professione dei consigli evangelici, prima di ogni cosa cerchino ed amino Dio che per primo ci ha amati” (PC 6a).
Il cristiano concretizza la sua risposta a Dio, che lo chiamò amandolo per primo, con la professione dei consigli evangelici. “Con i voti o altri sacri legami, per loro natura simili ai voti, con i quali il fedele si obbliga all’osservanza dei tre predetti consigli evangelici, egli si dona totalmente a Dio sommamente amato (LG 44a).
b) Il cristiano che liberamente risponde alla chiamata di Dio e accetta il dono che Dio gli fa, deve custodire e far fruttificare questo dono.
È questa esigenza che fa nascere diverse forme e famiglie di Vita Consacrata, in modo tale che il dono della vita di consacrazione è vissuto in forme e sottolineature diverse, secondo le qualità delle persone che abbracciano la vita consacrata (LG 43a; PC 1b).
Queste famiglie forniscono ai suoi membri gli aiuti:
- – di una maggiore stabilità nel modo di vivere,
- – di una eccellente dottrina per il conseguimento della perfezione,
- – di una comunione fraterna nella milizia di Cristo,
- – di una libertà corroborata dall’obbedienza (LG 43a).
I frutti di questi aiuti sono ordinati a far sì che i religiosi “possano adempiere con sicurezza e custodire con fedeltà la loro professione religiosa, e progredire gioiosi nella via della carità” (LG 43a).
c) Il cristiano che risponde alla chiamata divina, professa i consigli evangelici, e realizza una nuova e speciale consacrazione a Dio.
Questa consacrazione abbraccia tutta la personalità del cristiano.
- Essa di fatto è frutto della volontà del cristiano di donarsi totalmente a Dio sommamente amato, in modo da stabilire una relazione nuova e speciale di amore con Dio e di esclusivo servizio a lui;
- Esige dal cristiano il distacco da tutto ciò che può distrarlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino;
- Diviene tanto più perfetta e stabile quanto più solidi e stabili e sono i vincoli, con i quali è rappresentato Cristo indissolubilmente unito alla Chiesa sua sposa;
- Muove il religioso a portare fino alle ultime conseguenze le esigenze della consacrazione battesimale;
- Propone al religioso come unico ideale della sua vita vivere per Dio solo (LG 44a; PC 1c;2a.e; 5a, ecc…).
2. Impegno personale nella Vita Consacrata
2.1 La carità nella Vita Consacrata
La carità è l’essenza e il fine unico della vita del cristiano che abbraccia lo stato religioso. Di fatto la Vita Consacrata tende verso “il raggiungimento della carità perfetta” (PC 1a). L’ideale del religioso è di “progredire gioioso nella via della carità” (LG 43a) per vivere per Dio solo (PC 5a).
Di fatto, “con i voti il fedele si dona totalmente a Dio sommamente amato”(LG 44a), mediante “una donazione di sé che abbraccia tutta la vita” (PC 1c). Per tanto, tutti coloro che si consacrano di modo speciale al Signore con la professione dei consoli evangelici, sono animati dalla carità e, per la forza di questa carità, sempre più vivono per Cristo, unendosi a Lui con una donazione totale (cfr PC 1c).
Fonte di questa carità è lo Spirito Santo che la infonde nei loro cuori (PC 1c) e li spinge a donarsi totalmente al Signore.
L’attività suprema di chi fa i voti è di cercare e amare Dio, alimentare la vita nascosta con Cristo in Dio (PC 6a). “La vita religiosa è ordinata a far sì che i suoi membri seguano Cristo e si uniscano a Dio” (PC 2e).
La carità in quanto ricerca assoluta di Dio, è anche fonte e impulso per l’apostolato. Dall’amore esclusivo di Dio, dall’amore nascosto con Cristo in Dio, “nasce e riceve impulso l’amore del prossimo per la salvezza del mondo e l’edificazione della Chiesa” (PC 6a).
Solo l’amore spiega, “anima e guida la pratica dei consigli evangelici (PC 6a).
La castità riceve il suo significato dal fatto che, abbracciata «per il regno dei cieli», è un insigne dono della grazia, che rende libero in maniera speciale il cuore dell’uomo così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e vero tutti gli uomini (PC 12a).
La povertà è volontariamente accetta per more di Cristo per mettersi alla sua sequela. La pratica della povertà non è altra cosa che una manifestazione dell’amore a Cristo nei fratelli, specialmente dei più poveri, che “tutti i religiosi devono amare nelle viscere di Cristo”, così da esprimere la carità con la quale Dio li ama (PC 13a.e).
L’obbedienza è espressione della completa donazione della propria volontà come sacrificio di se stessi, per unirsi per mezzo di essa in maniera più solida alla volontà salvifica di Dio; è espressione concreta di fede e di amore verso la volontà di Dio. I Superiori poi devono esercitare la loro autorità in spirito di servizio verso i fratelli, in modo da esprimere la carità con cui Dio li ama (PC 14a.b.c).
La carità infine è l’elemento essenziale della vita in comune nelle famiglie religiose. La famiglia religiosa deve riprodurre la vita della comunità primitiva, in cui la moltitudine dei credenti era d’un cuore solo e di un’anima sola. La carità di fatto è il compimento della legge e il vincolo di perfezione e per mezzo di essa noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita (PC 15a).
Per camminare verso questo ideale di amore verso Dio e verso il prossimo, i religiosi devono saper “coniugare tra loro la contemplazione con cui siano in grado di aderire a Dio con la mente e con il cuore, e l’ardore apostolico, con ci si sforzino di collaborare all’opera della redenzione e dilatare il Regno di Dio” (PC 5e).
Questo cammino per raggiungere la perfezione della carità è indicato anche ai contemplativi, i quali, anche se non si occupano dell’apostolato attivo, tuttavia devono sentirsi coinvolti nella vita del popolo di Dio e del suo Regno, “cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica” (PC 7).
2.2 La professione dei consigli evangelici nella santità della Vita Consacrata
2.2a – La professione dei consigli evangelici non è fine a se stessa
La pratica dei consigli evangelici non è fine a se stessa, ma è cammino che conduce alla perfezione cristiana, che consiste nel tendere alla “perfezione della carità”e a “edificare gli altri” (LG 39; 44a). Il cristiano che fa la professione religiosa si propone “il raggiungimento della carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici” (PC 1a).
In effetti, per mezzo della professione dei consigli evangelici il cristiano “intende liberarsi dagli impedimenti, che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino (LG 44a).
“I consigli evangelici, abbracciati secondo la personale vocazione di ognuno, aiutano non poco alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale, tengono continuamente acceso il fervore della carità” (LG 46b). Perciò, “i membri di qualsiasi Istituto ricordino anzitutto di aver risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici, in modo che essi, non solo morti al peccato (Rom 6,11), ma rinunziando anche al mondo, vivano per Dio solo”. (PC 5a).
2.2b – La professione dei consigli evangelici porta a seguire e a conformarsi a Cristo.
La pratica dei consigli evangelici porta il cristiano a seguire e a conformarsi a Cristo. In effetti, “lo stato religioso più fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita, che il Figlio di Dio abbracciò, quando venne al mondo per fare la volontà del Padre, e che propose ai discepoli che lo seguivano” (LG 44b).
Per questo, “fin di primi tempi della Chiesa vi furono uomini e donne che per mezzo della pratica dei consigli evangelici intesero seguire Cristo con maggior libertà ed imitarlo più da vicino” (PC 1b).
Avviene così che “i consigli evangelici, come è comprovato dall’esempio di tanti santi fondatori, hanno soprattutto la forza di maggiormente conformare il cristiano al genere di vita verginale e povera, che Cristo Signore si scelse per Sé” (LG 46b).
Norma fondamentale della Vita Consacrata è, di fatto, il seguire Cristo come viene insegnato dal Vangelo.
Questa norma deve essere considerata da tutti i religiosi e da tutti gli Istituti come la loro Regola suprema (PC 2a). Questa Regola comporta:
- – morire la peccato, rinunciare al mondo(PC 5a),
- – lasciare tutto per amore di Cristo,
- – seguire Cristo come l’unica cosa necessaria,
- -ascoltare le sue parole
- – pieni di sollecitudine per le sue cose (PC 5c).
Il servizio Dio, la sequela di Cristo e la sollecitudine per le sue cose devono stimolare e favorire nel religioso l’esercizio delle virtù, specialmente:
- – dell’umiltà e dell’obbedienza,
- – della fortezza e della castità,
con cui si partecipa allo spogliamento di Cristo e nello stesso tempo alla sua vita mediante lo Spirito (PC 5b).
2.2c – La professione dei consigli evangelici e il progresso umano del religioso
La pratica dei consigli evangelici contribuisce anche per il vero progresso umano del religioso e lo rende disponibile per il bene dell’intera umanità.
“Tutti [i religiosi] infine abbiano ben chiaro che la professione dei consigli evangelici, quantunque comporti la rinunzia di beni certamente molto apprezzabili, non si oppone al vero progresso della persona umana, ma al contrario per sua natura le è di grandissimo profitto. […] Né pensi alcuno che i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre. Poiché, se anche talora non sono direttamente presenti a fianco dei loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi collaborano spiritualmente, affinché la edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore, e a lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando” (LG 46b).
3. Vita ecclesiale e apostolica nella Vita Consacrata
Il religioso deve essere consapevole che attraverso la professione dei consigli evangelici si unisce in modo speciale al mistero della Chiesa, che la sua la ragion d’essere sta nel fatto che “alcuni fedeli sono chiamati da Dio a fruire di questo speciale dono nella vita della Chiesa” (LG 43b), e la Chiesa ha ricevuto questa sua donazione di sé (PC 5b). Deve quindi vivere la sua consacrazione, sentendosi parte viva della realtà della Chiesa e impegnato a santificarsi nella Chiesa, con la Chiesa e per mezzo di essa.
Le varie forme di vita solitaria o comune e le varie famiglie di Vita Consacrata esistono nella Chiesa in vista del bene spirituale dei suoi membri, e nello stesso tempo sono un dono che la Chiesa mette a disposizione di ogni membro del Corpo di Cristo, che vuole usufruire per una maggiore santità (LG 43a). La varietà delle comunità religiose “molto ha contribuito a far sì che la Chiesa non solo sia ben attrezzata per ogni opera buona e preparata per il suo ministero per l’edificazione del Corpo di Cristo, ma attraverso la varietà dei doni dei suoi figli, appaia altresì come una sposa adornata per il suo sposo e per mezzo di essa si manifesti la multiforme sapienza di Dio” (PC 1b).
La meta del religioso è di vivere esclusivamente per Dio attraverso una profonda unione con Cristo. Ora questa unione con Cristo unisce il religioso anche al suo Corpo che è la Chiesa, in modo tale che il religioso sempre più vive per Cristo e per il suo Corpo (PC 1c; 5e).
Per tanto, una volta che il religioso prende coscienza della dimensione ecclesiale della sua vita di consacrazione, sente il bisogno di spendere la sua vita anche per il bene di tutta la Chiesa. Egli deve essere cosciente che il significato della vita religiosa non si esaurisce nella santità personale, ma che la sua santità personale per essere autentica deve essere consacrata “al bene di tutto il Corpo di Cristo” (LG 43a), “al bene di tutta la Chiesa” (LG 44b), “per una più grande santità di tutta la Chiesa” (LG 47). La santità del religioso è ordinata a far sì che la Chiesa attraverso la varietà dei doni dei suoi figli, appaia come una sposa adornata per il suo sposo e per mezzo di essa si manifesti la multiforme sapienza di Dio” (PC 1b). Il religioso deve scoprire che esiste una relazione intima tra la sua santità e la vitalità e l’apostolato della Chiesa (cfr. PC 1b), giacché “quanto più fervorosamente [i religiosi] si uniscono a Cristo con questa donazione di sé che abbraccia tuta la vita, tanto più si arricchisce la vitalità della Chiesa ed il suo apostolato diviene vigorosamente fecondo” (PC 1c).
Per tanto, i religiosi hanno un dovere da compiere verso la Chiesa, secondo il loro speciale genere di vita (LG 45b). Dal compimento di questo dovere scaturisce una maggiore santità della Chiesa (LG 47), una migliore testimonianza della Chiesa, in modo tale “abbia ogni giorno meglio da presentare Cristo ai fedeli e gli infedeli (LG 46a). Nel compimento di questo dovere, il religioso aiuta la missione salvifica della Chiesa (LG 43b), per radicare e consolidare il Regno di Cristo nelle anime e dilatarlo in tutto il mondo (LG 44b).
– Il religioso compie questo dovere anzitutto con la santità personale:
“Ognuno che è chiamato alla professione dei consigli, ponga ogni cura nel perseverare e maggiormente eccellere nella vocazione a cui Dio l’ha chiamato, per una più grande santità della Chiesa” (LG47).
Culmine della santità personale è la carità, per mezzo della quale i religiosi si congiungono in modo speciale alla Chiesa e al suo mistero (LG 44b). Quanto più il religioso progredisce nella carità, tanto più si unisce alla Chiesa e contribuisce alla sua santità e vitalità. “Così essi [i religiosi], animati dalla carità che lo Spirito santo infonde nei loro cuori, sempre più vivono per Cristo e per il suo Corpo che è la Chiesa” (PC 1c; 5b.e).
– I religiosi compiono ancora il dovere che hanno verso la Chiesa, lavorando con la preghiera, per “radicare e consolidare negli animo il regno di Cristo e dilatarlo in ogni parte della terra(LG 44b).
La preghiera, ispirata dalla carità, costituisce l’attività principale del religioso per la santità e la vitalità della Chiesa. Ma alla carità e alla preghiera il religioso ha ancora il dovere di aggiungere “l’opera attiva. Ogni religioso deve lavorare nella Chiesa “secondo le forze e il genero della propria vocazione”, mettendo quindi in azione il dono della vocazione secondo le grazie ricevute.(LG 44b).
Per questo, “ religiosi pongano ogni cura, affinché per loro mezzo la Chiesa abbia ogni giorno meglio da presentare Cristo ai fedeli e agli infedeli:
- sia nella sua contemplazione sul monte,
- sia nel suo annuncio del regno di Dio alle turbe,
- sia quando risana i malati e gli infermi e converte a miglior vita i peccatori,
- sia quando benedice i fanciulli e fa del bene a tutti,
- sempre obbediente alla volontà del Padre che lo ha mandato” (LG 46a).
Così “ vi sono nella Chiesa moltissimi Istituti clericali o laicali, dediti alle varie opere di apostolato, che hanno differenti doni secondo la grazia che è stata loro data:
- – chi ha il dono del ministero,
- – chi insegna, chi esorta,
- – chi dà con liberalità,
- – chi fa opere di misericordia con gioia (PC 8a).
L’ambito dell’attività del religioso è la vita della Chiesa e le iniziative e gli scopi che essa si propone di raggiungere nei vari campi, come in quello biblico, liturgico, dogmatico, pastorale, ecumenico, missionario e sociale (PC 2c).
Tutto ciò mette il religioso di fronte al dovere
- di avere una appropriata conoscenza sia delle condizioni dei tempi e degli uomini, sia dei bisogni della Chiesa,
- e di sapere giudicare rettamente le circostanze attuali di questo mondo secondo i criteri della fede (PC 2d).
La santità del religioso, per tanto, per essere autentica, deve tradursi in ardore apostolico, con cui il religioso si sforza di collaborare all’opera della Redenzione e nella dilatazione del Regno di Dio (PC 5e), e in amore del prossimo per la salvezza del mondo e l’edificazione della Chiesa (PC 6a).
Questo stile di santità comporta che i religiosi:
- – amino fraternamente le membra di Cristo,
- – con spirito filiale circondino di riverenza e affetto i pastori
- – sempre più intensamente vivano e sentano con la Chiesa
- – mettano a completo servizio della sua missione (PC 6c; LG 45b),
- – soprattutto, affinché i religiosi servano Cristo nelle sue membra, bisogna che la loro azione apostolica si svolga in intima unione con Lui (PC 8a)
Quando la consacrazione religiosa è vissuta in questo modo, acquista il vero e pieno significato e la Chiesa, da parte sua, “conferma e loda gli uomini e le donne, Fratelli e Sorelle, i quali nei monasteri, o nelle scuole o negli ospedali, o nelle missioni, con perseverante umile fedeltà alla predetta consacrazione, onorano la Sposa di Cristo,e a tutti gli uomini prestano generosi e diversissimi servizi” (LG 46c).
4. La preghiera nella Vita Consacrata
La preghiera è per il religioso elemento indispensabile e fondamentale, per poter vivere la sua consacrazione totale al servizio di Dio, seguire Cristo, avanzare con continuo fervore verso la perfezione della carità e dedicarsi pienamente al bene della Chiesa. “Perciò, i membri di qualsiasi Istituto, avendo di mira unicamente e sopra ogni cosa Iddio, coniugano tra loro la contemplazione, con cui siano in grado di aderire a Dio con la mente e con il cuore, e l’ardore apostolico, con cui si sforzino di collaborare all’opera della Redenzione e dilatare il Regno di Dio” (PC 5e).
Senza questo intenso e continuo contatto con Dio la vita del religioso e la sua attività apostolica non hanno significato. Per questo i religiosi “in tutte le circostanze si sforzino di alimentare la vita nascosta con Cristo in Dio, donde scaturisce e riceve impulso l’amore del prossimo per la salvezza del mondo e l’edificazione della Chiesa (PC 6a). ”Affinché i religiosi corrispondano in primo luogo alla loro vocazione che li chiama a seguire Cristo e servano Cristo nelle sue membra, bisogna che la loro azione apostolica si svolga in intima unione con Lui” (PC 8a).
La Vita Consacrata è cercare Dio per se stesso, è vivere esclusivamente per Dio in Cristo. Solo in questo modo Dio diviene fine e fonte dell’apostolato, perciò, senza un continuo e profondo contatto con Dio, che si ottiene nella preghiera, la vita del religioso e ogni sua attività apostolica sono prive di senso.
La preghiera, per tanto, è per il religioso il principale modo e mezzo per mettersi in contatto con il mondo intero e contribuire al bene della Chiesa e di tutti gli uomini . L’attività della preghiera è da sola sufficiente per spiegare e giustificare la presenza del religioso/i nel mondo e nella Chiesa: “Né pensi alcuno che i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre. Poiché, se anche talora non sono direttamente presenti a fianco dei loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi collaborano spiritualmente, affinché la edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore, e a lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando” (LG 46b).
“Da qui ne deriva il dovere di lavorare […] con la preghiera, per radicare e consolidare negli animi il Regno di Cristo e dilatarlo in ogni parte della terra (LG 44b). Di qui nasce per il religioso la necessita di coltivare “con assiduità lo spirito di preghiera e la preghiera stessa” (PC 6b).
In questa ottica appare in tutta la sua luce il significato e il valore della vita semplicemente contemplativa. “Gli Istituti dediti interamente alla contemplazione, tanto che i loro membri si occupano solo di Dio nella solitudine nel silenzio, in continua preghiera e penitenza, pur nella urgente necessità di apostolato attivo, conservano un posto assai eminente nel Corpo Mistico di Cristo… Essi offrono a Dio un eccellente sacrificio di lode, producendo frutti abbondantissimi di santità sono di onore e di esempio al popolo di Dio, cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica” (PC 7).
In questa stessa ottica va considerata la vita monastica in cui “principale ufficio dei monaci è quello di prestare umile e insieme nobile servizio alla divina Maestà entro le mura del monastero, sia dedicandosi interamente al culto divino con una vita di nascondimento, sia assumendo qualche legittimo incarico di apostolato o di carità cristiana” (PC 9a). Possono esserci apostoli senza un effettivo apostolato attivo, esclusivamente con il culto divino e la preghiera continua, ma non ci può essere vero apostolato attivo che non sia frutto ed emanazione della continua unione con Dio.
Fonti essenziali di questa vita spirituale sono:
- – la meditazione della sacra Scrittura,
- – la celebrazione della Sacra Liturgia, in particolare dell’Eucaristia.
“In primo luogo abbiamo quotidianamente fra le mani la sacra Scrittura, affinché dalla lettura e dalla meditazione dei Libri sacri imparino la sovreminente scienza di Gesù Cristo. Compiano le funzioni liturgiche, soprattutto il sacrosanto mistero dell’Eucaristia, con le disposizioni interne ed esterne volute dalla Chiesa, ed alimentino presso questa ricchissima fonte la propria vita spirituale” (PC 6b).
Tutto ciò che è detto sulla preghiera nella vita di ogni religioso, vale anche nel piano comunitario, per la vita in comune dei religiosi. In effetti, “la vita in comune, nutrita per mezzo degli insegnamenti del Vangelo, della sacra Liturgia e soprattutto dell’Eucaristia, perseveri nell’orazione nella stessa unità di spirito” (PC 15a).
5. La Vergine Maria nella Vita consacrata
La Vergine Maria per il religioso è modello di santità: “Così, per l’intercessione della dolcissima Vergine Maria Madre di Dio, «la cui vita e modello per tutti», essi (i religiosi) progrediranno ogni giorno più ed apporteranno frutti di salvezza sempre più abbondanti” (PC 25).
Maria, che abbracciò il genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per sé (LG 46b), è la prima discepola di Gesù; in lei rifulge in maniera esemplare l’immagine del cristiano che fa della sua vita un dono totale a Dio in Cristo mediante la professione dei consigli evangelici, per vivere pienamente a disposizione del disegno divino della salvezza del mondo.
In lei i cardini della Vita Consacrata, che sono la santità intima personale e l’attività apostolica, appaiono coniugati in armonica unità.
Parlando della necessità dell’unità di spirito e di azione nell’apostolato, Rahner scrive:
«Questi rapporti di mutuo condizionamento e di reciproca agevolazione li vediamo all’opera nell’apostolato della Madonna. L’avvenimento più eccelso, l’atto più significativo di tutta l’economia della salvezza, si verifica nella silenziosa cameretta di una fanciulla prostrata in preghiera; ma tutta la pur santissima interiorità di quella donna non ci avrebbe giovato nulla se lo Spirito che l’adombrava non avesse iniziato la sua feconda attività nel suo seno.
In lei, azione e orientamento interiore formavano una cosa sola. La sua vita interiore non deve temere di vedersi profanata o spenta proiettandosi nell’azione esteriore; essa non ha nulla da perdere accettando la concezione d’un bambino e le cure materne, sobbarcandosi una dura vita di lavoro adattandosi ad una situazione politica instabile e minacciosa, iniziando un calvario che durerà sino alla fine della sua vita. Lo Spirito, che le era stato comunicato in un grado così elevato, s’immedesima personalmente in quest’opera; ella lo attrae a sé nella misura in cui si abbandona perdutamente, generosamente e senza riserve al suo disegno.
Maria è così in sintonia con Dio, da ritrovarlo in tutto ciò che prova, in tutto ciò che gli chiede, in tutto ciò che fa o subisce. Ella è attiva nella contemplazione e contemplativa nell’azione. E può esserlo realmente perché è colei che è sempre servizievole e disposta ai cenni altrui, perché non cerca mai se stessa. Il dualismo formato dall’animo e dall’azione esteriore, di cui è impastata anche la sua vita, ha origine dall’unico Principio che la muove in tutto e per tutto. Siccome è sempre lo stesso Unico a volere e a dare, tale dualismo non comporta nessun antagonismo, nessun «problema»; esso, anzi, viene ad essere la variante operativa dell’immutabile azione volitiva di quell’unico Principio divino a cui ella si presta in qualità di umile ancella, pronta ad accettare tutto quanto le viene offerto istante per istante». (Karl Rahner, Missione Grazia. Saggi di Teologia Pastorale, Ed Paoline, pp. 206-207).