L’umanità non ha ancora compreso la nascita di Cristo nella sua dimensione sovraumana perché intrappolata e ostacolata dal suo immanentismo. Pur tuttavia, l’umanità si avvicina a questa nascita con un moto che trascende il dato conscio, attirata verso l’alto da una voce misteriosa che, allo stesso tempo, la angoscia e la infiamma interiormente. Questa voce trova espressione in alcune campagne sociali e politiche delle quali l’uomo non conosce bene l’origine trascendente. Questa voce prende la forma di un grido che si alza all’unisono da tutte le regioni della terra. Tutti, infatti, rivendicano la pace per il mondo intero, diritti umani per ogni persona, libertà di opinione, di espressione, di culto, di autodeterminazione, di non allineamento per tutti i popoli, eliminazione delle distinzioni di classe. In una parola: il diritto a una vita migliore! Non si tratta soltanto di semplici slogan come ritengono erroneamente politici, sociologi, economisti e capi religiosi. E’ l’uomo nuovo ad avere queste aspirazioni perché gli sono state donate, sono peculiarità che sono entrate a far parte integrante del suo essere e della sua nuova natura trascendente. Senza tali peculiarità, l’uomo resterebbe in una specie di torpore, seduto nelle tenebre e nell’ombra della morte, umiliato da catene di ferro. Ma il giorno in cui nacque Cristo, su di lui è sorta la luce: “Io sono la luce del mondo, chi mi segue non camminerà nelle tenebre” (Gv 8,12). In Cristo, infatti, Dio si è abbassato scendendo negli abissi più profondi dell’anima umana e, con amore e santità, ha illuminato tutte le tenebre della sua natura, dissipando le sue pene, rompendo i suoi ceppi e le sue illusioni, donandogli tutto ciò che appartiene a una vita migliore, grazia su grazia (cf Gv 1,16). Ecco l’uomo nuovo!

Fino a che l’uomo sentirà di non possedere tutto questo, continuerà a vivere ora in preda alla confusione e all’ansia, ora in preda a una ribellione continua. Non smetterà di reclamarlo con impazienza cercando di liberarsi di tutte le catene che lo imprigionano; senza di esso il suo nuovo spirito non trova alcun senso nella vita. Questi valori che l’uomo reclama oggi potrebbero sembrare la semplice espressione di diritti, forme di umanesimo, patriottismo, civismo, progressismo. Qualcosa di molto umano. Tuttavia, al fondo, celano l’aspirazione che lo spirito nuovo dell’uomo ha verso Dio e il desiderio di prepararsi all’incontro con lui. Cristo è nato con un corpo frutto dell’incontro tra lo Spirito di Dio e una vergine. Un corpo divino, santo, dilatato, sconfinato, che abbraccia tutta l’umanità attraverso l’adozione. Nelle Scritture si dice che Cristo è il secondo Adamo (cf. 1Cor 15,22), il capo della nuova umanità (cf. Col 1,18); chiunque lo accoglie e riceve il battesimo nel suo nome nasce da Dio in lui (cf.Gal 4,5-7). Così Cristo è, in virtù dell’adozione, il padre della nuova umanità. E’ per questo che la Scrittura dice anche: “Volle portare molti figli alla gloria” (cf. Eb 2,10). Nella loro natura spirituale, costoro sono il suo grande corpo esteso a tutte le generazioni di tutti i secoli, in cielo e sulla terra. Di loro, di lui e del mistero di questo corpo così parla l’apostolo Paolo: “Per ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10).

Eppure, Cristo non ha ancora raggiunto la sua piena statura nell’uomo. Perché l’uomo non ha ancora raggiunto la sua piena statura in lui. Anche se, a oggi, l’umanità ha certamente compiuto dei progressi in Cristo, la sua immagine definitiva, identica a quella di Cristo, non è ancora perfetta. I tratti di Cristo si trovano appena accennati in quei nobili ideali ai quali l’uomo aspira. E’ come se l’umanità sognasse l’aspetto del feto che porta in grembo ma, al contempo, vomitasse continuamente l’eredità morta che porta con sé. L’umanità è oggi in uno stato di tensione estrema: guerre, conflitti, carestie, ostilità, contese, faziosità, settarismo, sfide, miseria, embarghi, povertà, dissolutezza, ribellioni contro la tradizione, la continenza, il ritmo ordinario della vita, la religione e contro Dio stesso. Perché tutto questo rigurgito ? Non è forse perché l’umanità sta attraversando gli ultimi istanti delle doglie ? Essa grida angoscia: “I bimbi stanno per nascere, ma non c’è la forza di partorire” (Is 37,3). Ed eccola, l’umanità urla i suoi nuovi slogan come delirio: “Pace mondiale! Pace! Pace”. Gli ottusi chiedono: come iniziare ? E’ Dio e rispondere, in Cristo, a Betlemme. Come ha iniziato Dio? Come ha iniziato Cristo a creare l’uomo nuovo e a realizzare la nuova creazione? Da una grotta buia, da una mangiatoia, da una povertà miserabile dall’estraniamento e dalla rinuncia a qualsiasi aiuto. Non leggiamo, forse, nel Vangelo che al terzo giorno di viaggio, la Vergine, che doveva partorire, non trovò un luogo o una casa dove sostare (cf. Lc 2,7)? Da qui Cristo iniziò il cammino di rinnovamento e di costruzione del grande corpo dell’umanità. Da questo luogo infimo ed estremamente spoglio e povero, Cristo ha inaugurato la grande riconciliazione tra cielo e terra, tra la suprema santità di Dio e l’estrema impotenza dell’uomo!

(tratto da Matta El Meskin, “L’umanità di Dio”, ed. Qiqajon)