P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Festa della Santa Famiglia
Luca 2,41-52: “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”

La domenica successiva al Natale celebriamo la Festa della Santa Famiglia di Nazaret. Questa ricorrenza ci invita a riflettere sul mistero del Natale all’interno del contesto in cui si è realizzato: quello di una famiglia. I Vangeli, tuttavia, offrono pochissimi dettagli sulla vita familiare di Gesù e sulla sua infanzia, suggerendo che la vita della Sacra Famiglia sia stata ordinaria, priva di eventi straordinari degni di essere tramandati. Solo i Vangeli di Matteo e Luca forniscono alcuni riferimenti, perlopiù guidati da un’intenzione teologica più che storica.
Il Vangelo odierno ci narra l’episodio noto come lo smarrimento e ritrovamento di Gesù nel Tempio, l’unico episodio della sua adolescenza riportato nei testi evangelici.

Gesù dodicenne: la prima Pasqua a Gerusalemme

Gesù, all’età di dodici anni, accompagna per la prima volta i suoi genitori nel pellegrinaggio verso Gerusalemme. L’obbligo di adempiere a questo precetto iniziava solo a tredici anni, età in cui l’adolescente veniva considerato ‘adulto’ dal punto di vista della responsabilità religiosa e morale. Più tardi la tradizione rabbinica sviluppò il rito religioso chiamato Bar Mitzvah (‘figlio del comandamento’), nel quale il giovane adolescente leggeva pubblicamente per la prima volta i rotoli delle sante Scritture in ebraico. Questo rappresenta uno degli eventi più significativi nella vita di una persona ebrea.
Perché proprio a dodici anni? Potrebbe trattarsi di un riferimento al profeta Samuele che, secondo la tradizione, iniziò a profetizzare alla stessa età. In effetti, San Luca sembra trarre ispirazione dal canto di Anna, madre di Samuele, per il Magnificat (1Samuele 2,1-10), e dalla descrizione della crescita di Samuele per il commento conclusivo sullo sviluppo di Gesù in questo brano evangelico (cf. 1Samuele 2,26). Gesù è presentato come il discepolo in ascolto permanente del Padre, evocando la figura di Samuele, di cui è detto che ‘non lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole’ (1Samuele 3,19).

Gesù “smarrito”: la “pasqua” della famiglia

“Ma, trascorsi i giorni (di solito tra tre e sette), mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.” Di fronte a questo episodio, qualcuno ha parlato di una “famiglia sconquassata” (Alberto Maggi): genitori che smarriscono il figlio; un figlio che agisce per conto suo senza avvisare i genitori; e, quando lo ritrovano, invece di scusarsi, li rimprovera. Come si può definire questa una famiglia modello? Proprio perché rispecchia una famiglia reale, come le nostre, con smarrimenti, ricerche angosciate, incomprensioni e malintesi.
Non si tratta, ovviamente, di un racconto cronachistico, ma di un racconto teologico e catechetico rivolto alla comunità cristiana. I “vangeli dell’infanzia” (Luca 1-2 e Matteo 1-2) sono stati scritti alla luce della Pasqua. Questo è evidente, ad esempio, nel dettaglio del ritrovamento “dopo tre giorni”, chiaro riferimento pasquale.
Possiamo tuttavia cogliere in questa narrazione un parallelismo con la “pasqua” (passione-morte-risurrezione) vissuta da tante famiglie. Un figlio che si allontana, che segue la propria strada… Quanto dolore, quanta angoscia nella ricerca e nell’attesa! Tornerà? Ogni genitore, nel profondo, spera nel ritorno, nell’abbraccio che risolleva e ridona vita alla famiglia. E che dire, poi, dei figli che, pur rimanendo a casa, non si sentono compresi o non percepiscono l’affetto dei genitori?

Perché mi cercavate?”: le prime parole di Gesù

“Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Il brano sottolinea lo stupore dei genitori e dei maestri della Torah. Questo stupore non era di meraviglia, ma di sorpresa per i genitori, per il comportamento insolito del figlio, e di irritazione per i maestri che l’ascoltavano. Infatti, il termine greco adoperato dall’evangelista indica una meraviglia irritata da parte di questi rabbini (Alberto Maggi). Gesù fa una “esegesi” della Legge che scompagina con le loro tradizioni!
La risposta di Gesù ai genitori è sconcertante. “Perché mi cercavate?”. Queste sono le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Luca. Suonano come una rivendicazione di autonomia. Al “tuo padre” di Maria, che allude alla autorità paterna di Giuseppe, Gesù contrappone “il Padre suo”: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Qui trasparisce, per la prima volta, una presa di coscienza della sua identità profonda.
I genitori sono i custodi della tradizione e rappresentano il modo di pensare e di agire nella società. Rileggendo questo racconto e pensando alle nostre famiglie, potremmo vedere qui, simbolicamente, un ceno allo scatto generazionale che sempre esisterà tra genitori e figli. Ogni figlio porta con sé una novità che presto o tardi si scontrerà con la “tradizione” di “quello che è sempre stato fatto”! Il figlio può allontanarsi per un falso senso di libertà, come nella parabola del figlio prodigo. Ma ci può essere anche un distacco per fedeltà ad un richiamo interiore, che i genitori devono assecondare: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”

“Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro… Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Ci sono tanti eventi che non riusciamo a capire e, quindi, tendiamo a scartare. La vita è composta da una infinità di tasselli. Il credente li custodisce tutti nel suo cuore, anche quelli che sembrano non inquadrare nell’ordine normale delle cose. San Luca in 2,19 dice: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Il verbo greco impiegato per “meditare” è symbalein, che significa “mettere insieme”. La vita è un puzzle e richiede l’arte di Maria: “mettere insieme” i pezzi. Un giorno verrà quando ogni tassello troverà il suo posto!

P. Manuel João Pereira Correia, mccj