Nascita di Cristo, nascita dell’uomo
(Dagli scritti di Matta el Meskin)

Cristo è nato dallo Spirito santo di Dio e da una vergine chiamata Maria, che non aveva conosciuto alcun uomo. Fu una nascita divina: una cosa simile non è accaduta né prima né dopo. Di questa nascita avevano parlato le sacre Scritture e fu annunciata da tutti i profeti con molti segni. Tutti gli avvenimenti tendevano verso di essa e trovarono in essa il loro compimento, tanto che del tempo stesso si era detto che, nel giorno della venuta di Cristo, sarebbe giunto alla pienezza (cf. Gal 4,4). E così fu e, con la sua nascita, la storia fu fatta ricominciare. Cristo non era un profeta che doveva annunciare la venuta di un altro, né un messaggero il cui ruolo si sarebbe esaurito con la realizzazione della sua missione. Era il Verbo fatto carne, che diventò simile agli uomini, prendendo la forma di servo (cf. Fil 2,7). E’ vissuto, uomo tra gli uomini, e chiamò se stesso “Figlio dell’uomo”. Tuttavia possedeva una gloria divina che i suoi amici più intimi contemplarono con i loro propri occhi, una gloria unica, “gloria come di unigenito dal Padre” (Gv 1,14). Diceva di se stesso che Dio era suo Padre (cf. Gv 5,18 ) e Dio stesso si rivolse a lui in presenza dei suoi discepoli dicendo: “Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!” (Mc 9,7 ). Ma si abbassò liberamente fino a diventare servo, con un’umiltà straordinaria e sorprendente, per elevare noi, servi, all’altezza della sua filiazione divina: “Non vi chiamo più servi ….ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15). Nella misura in cui ciò fu possibile, si svuotò di ogni gloria manifesta per consacrarsi alla condivisione delle sofferenze dell’umanità. Proprio per portare tutte le sofferenze insieme agli uomini era nato, per togliere la maledizione della sofferenza che pendeva su di loro e per coronare la sofferenza con una morte volontaria. Questa morte la accolse come si salda un debito e si sconta una sentenza di punizione, a vantaggio di tutti i peccatori della terra per scagionarli con la sua morte. Ormai la morte non è più un debito da pagare o un castigo da scontare per il peccato o per una trasgressione, ma una sentenza di assoluzione e di espiazione. Cristo è risorto dai morti in gloria e maestà, secondo la sua propria volontà, che aveva annunciato in precedenza donando all’uomo, mediante la sua propria resurrezione, la potenza di vincere la morte e la natura della vita nuova che si apre con Dio oltre la morte sull’eternità. L’uomo riceve fin da ora questa vita nuova da Cristo, attraverso lo Spirito di Dio, come caparra di ciò che sarà (cf. Ef 1,14; 2Cor 1,22; 5,5). Vivendo già nella resurrezione, ha portato in sé e ha stretto nel suo abbraccio il mondo intero: con la sua nascita ha donato una nuova nascita all’uomo; con la sua sofferenza, sofferenze terapeutiche; con la sua morte, una morte vivificante e una resurrezione giustificatrice per un’altra vita, eterna.
In altri termini, Cristo ha trasformato l’uomo, da creatura di polvere qual era, in una creatura nuova, spirituale. Ormai la vita dell’uomo è dilatata in Dio verso l’infinito. Di conseguenza, né patria, né cittadinanza, né colore, né stirpe possono più essere motivo di orgoglio o di vergogna. L’uomo, ogni uomo, ha ormai acquisito la nazionalità di Cristo e quindi è concittadino di Dio in Cristo (cf. At 17,29).
La donna non è più inferiore all’uomo, lo schiavo all’uomo libero, il povero al ricco, l’ignorante al sapiente. Non si tratta di diritti dell’uomo ottenuti attraverso la mediazione politica o con la forza ma di un dono che Dio ha elargito all’uomo con la nascita di Cristo: con essa, l’uomo è stato promosso al rango della filiazione di cui gode per natura Cristo e con tutti sono chiamati figli di Dio (cf. 1Gv 3,1; Rm 8,16-21; Gal 3,36). Ora i figli sono uguali in tutto.
Quando Cristo è nato, l’uomo è nato di nuovo. In vista di un’eredità paterna conservata nei cieli (cf. 1Pt 1,4). In vista di una gioia che non gli sarà mai tolta (cf. Gv 16,23). In vista di una gloria ineffabile (cf. Rm 5,2; 8,12.21, 1Ts 2,12 ). E’ un dono gratuito per l’uomo sazio di affanni. La nascita di Cristo fu il dono più grande che Dio abbia fatto all’umanità. La nostra partecipazione all’eredità celeste di Cristo è un dono altrettanto grande e gratuito, così come lo sono stati il sole e l’aria al momento della prima creazione terrena dell’uomo. Chi può comprare il sole o vendere l’aria? Ugualmente, Dio non vende la sua giustizia in Cristo, né la sua resurrezione, né la sua eredità gloriosa. “Chi chiede, ottiene, chi cerca, trova; a chi bussa,sarà aperto” (Lc 11,10). Anzi, è egli stesso a bussare alla nostra porta: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Con la nascita di Cristo, la filiazione divina è ormai a disposizione di tutti gli uomini, su tutta la faccia della terra!
(tratto da Matta El Meskin, “L’umanità di Dio”, ed. Qiqajon)