Carissimi confratelli, 

Ogni volta che arriva il Natale e meditiamo su questo  evento di salvezza, ci commuoviamo davanti all’umiltà del  Figlio di Dio nel presepe: «Dio ha tanto amato il mondo da  (man)dar(ci) il suo proprio figlio» (cfr. Gv 1,13-17). E non  sceglie come posto della nascita di suo figlio una reggia o  un palazzo sontuoso, e neppure una semplice dimora; per  lui sceglie qualcosa di più umile: un angolino della casa  dove, di notte, si rinchiudono gli animali della famiglia. E  così, la culla del Figlio di Dio è una mangiatoia. Gesù na sce povero e tra i poveri! 

È importante per noi, missionari comboniani, cogliere il carattere missionario del Natale. L’invio del Figlio  è la prima vera grande missione. Questo Dio-bambino è il  primo missionario del Padre. Tre sono le sue uscite: dal  Padre, privandosi della gloria divina; da sé stesso (“si  svuota”, “si fa nulla”, “assume la condizione di schiavo” –  kenosis – Fil 2,7); e dal mondo, per tornare – risorto e vincitore – al Padre, con l’intenzione di portarci  con sé: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore […] Vado a prepararvi un posto… E verrò di  nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3). 

Follia d’amore 

Pazzamente divina questa maniera di salvezza! E bisogna essere “folli” per prenderla per vera.  Ma vera lo è per davvero! Una volta entrati in tale logica, ci si sente proiettati nella scoperta della  verità. Inaugurando il Congresso ecclesiale di Firenze, nel settembre 2015, papa Francesco disse: «La  nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo  impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù. Ogni vita si decide  sulla capacità di donarsi. È lì che trascende sé stessa e arriva a essere feconda». 

La contemplazione di questo “bambino uscito dal Padre” è necessaria alla missione. «Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole pro vocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr. Gen  12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: “Va’, io ti mando” (Es 3,10) e fece uscire il popolo  verso la terra promessa (cfr. Es 3,17). A Geremia disse: “Andrai da tutti coloro a cui ti man derò” (Ger 1,7). Oggi, nell’“andate” che Gesù ci dice, sono presenti gli scenari e le sfide  sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa  nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino  che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla  propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della  luce del Vangelo» (Evangelii gaudium, 20). 

In che mondo viene! 

Il Natale quest’anno viene celebrato in stato di guerra. Il mondo è in una situazione drammatica:  si distrugge, si uccide, si muore. La violenza si abbatte su uomini e donne sepolti sotto le macerie  delle loro abitazioni, su milioni di sfollati nel proprio paese o rifugiati in nazioni vicine, su anziani  smarriti rimasti senza più assistenza, su bambini travolti nel loro innocente quotidiano. 

Numerosi nostri confratelli stanno svolgendo la loro missione in situazioni simili. Ad essi va il  nostro pensiero e la nostra preghiera. 

Eppure, il Signore Gesù nasce ancora una volta per noi in un mondo tanto povero di dignità, se  non addirittura privo di essa. Perché? Per il mistero dell’amore di un Dio che per amore si fa bambino!  Un amore che noi siamo chiamati a “incarnare” nelle situazioni in cui ci troviamo a vivere, testimo niandolo e dandogli consistenza nella condivisione, partecipazione, comunione, dono, servizio. 

Sappiamo – per diretta esperienza – che, spesso, è un amore “a caro prezzo”. Ma, seguaci di  Comboni, un “folle” che fece della Croce la sua «amica», la sua «sposa indivisibile, eterna e diletta, e maestra sapientissima» (cfr. Scritti, 1710; 1733), non ci scoraggiamo, perché crediamo che la no stra debolezza paradossalmente rivela l’onnipotenza di Dio: un’onnipotenza che di potenza ha poco,  beninteso, perché si manifesta soltanto nella nostra radicale volontà di fare “causa comune”, e a qualunque “costo”, con il popolo presso cui viviamo. 

Lasciamoci trasformare dal Natale 

Il nostro augurio di Buon Natale quest’anno si traduce in un invito rivolto a noi stessi e a tutti  voi di lasciarci trasformare dal mistero che questa solennità celebra. 

Come sarà il nostro prossimo Natale? Difficile saperlo! Possiamo di certo augurarcelo segnato  dalla pace, ricco di gioia e foriero di serenità. Ma potrebbe anche essere molto diverso e avere più il  sapore di stalla e mangiatoia che non di paradiso. Ma poco importa: l’importante è lasciarci trasfor mare dal mistero della venuta del Verbo nella carne (cfr. Gv 1,14), chiedendo allo Spirito di aiutarci  a “udire” tale Parola, che avrà pur sempre la forma del vagito di un neonato, e accogliere con fede il  Salvatore del mondo, che avrà pur sempre la fragilità e la debolezza di un bambino. 

Chiudiamo questa nostra lettera con un illuminante brano di Dietrich Bonhœffer, pastore lute rano, martire del nazismo: 

«Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro. […] Dio ama ciò che è  perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto.  Dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”. […] Dove gli uomini distolgono  con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore  ardente incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. Dove  nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi  stessi e a Dio, […] proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima: lì egli vuole  irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il  miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia». 

Chiediamo a Maria di aiutarci ad accogliere Gesù come lo accolse lei, e a suo Figlio doman diamo la grazia di lasciarci trasformare dalla sua venuta. 

A voi tutti i nostri migliori auguri di un Buon Natale. 

Il Consiglio Generale