Uno sguardo alla Lettera enciclica del Papa, DILEXIT NOS, attraverso la selezione di alcuni paragrafi.

164. Nelle esperienze spirituali di Santa Margherita Maria, insieme all’ardente dichiarazione d’amore di Gesù, troviamo anche una risonanza interiore che chiama a dare la vita.

Un lamento e una richiesta

165. A partire dalla seconda grande manifestazione a Santa Margherita, Gesù esprime il dolore perché il suo grande amore per gli uomini «non riceveva in cambio che ingratitudini e indifferenza», «freddezze e ripulse». «Questo – dice il Signore – mi fa soffrire più di tutto ciò che ho patito nella mia Passione».

166. Gesù parla della sua sete di essere amato, mostrandoci che il suo Cuore non è indifferente alla nostra reazione al suo desiderio: «Ho sete, una sete tanto ardente di essere amato dagli uomini nel Santissimo Sacramento che mi consuma. Eppure non trovo nessuno che, secondo il mio desiderio, tenti di dissetarmi corrispondendo al mio amore».

Prolungare il suo amore nei fratelli

167. Dobbiamo tornare alla Parola di Dio per riconoscere che la migliore risposta all’amore del suo Cuore è l’amore per i fratelli; non c’è gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore. La Parola di Dio lo dice con totale chiarezza.

168. L’amore per i fratelli non si fabbrica, non è il risultato di un nostro sforzo naturale, ma richiede una trasformazione del nostro cuore egoista. Nasce allora spontaneamente la ben nota supplica: “Gesù, rendi il nostro cuore simile al tuo”.

169. È bene ricordare che nell’Impero romano molti poveri, forestieri e tante altre persone scartate trovavano nei cristiani rispetto, affetto e cura.

170. Identificandosi con i più piccoli della società (cfr Mt 25,31-46) «Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle persone che erano qualificate come “indegne”.

171. Anche dal punto di vista della ferita del suo Cuore, guardare al Signore, che «ha preso su di sé le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie» ( Mt 8,17), ci aiuta a prestare maggiore attenzione alle sofferenze e ai bisogni degli altri, ci rende forti per partecipare alla sua opera di liberazione, come strumenti per la diffusione del suo amore.

Alcune risonanze nella storia della spiritualità

172. Questa unione tra la devozione al Cuore di Gesù e l’impegno verso i fratelli attraversa la storia della spiritualità cristiana. Vediamo alcuni esempi.

Essere una fonte per gli altri

173. A partire da Origene, diversi Padri della Chiesa hanno interpretato il testo di Giovanni 7,38 – «dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» – come riferito al credente stesso, sebbene sia la conseguenza del fatto che egli stesso ha bevuto da Cristo.

174. Sant’Ambrogio raccomandava di bere da Cristo «affinché abbondi in te la sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».

175. Infatti, se «il sacrificio della Croce, offerto con animo amante e obbediente, presenta una soddisfazione sovrabbondante e infinita per le colpe del genere umano», la Chiesa, che nasce dal Cuore di Cristo, prolunga e comunica in ogni tempo e in ogni luogo gli effetti dell’unica Passione redentrice, che orientano le persone all’unione diretta con il Signore.

176. Nel seno della Chiesa, la mediazione di Maria, interceditrice e madre, può essere compresa solo «come partecipazione a questa unica fonte che è la mediazione di Cristo stesso». Grazie all’immensa sorgente che sgorga dal costato aperto di Cristo, la Chiesa, Maria e tutti i credenti, in modi diversi, diventano canali di acqua viva. In questo modo Cristo stesso dispiega la sua gloria nella nostra piccolezza.

Fraternità e mistica

177. San Bernardo, mentre invitava all’unione con il Cuore di Cristo, utilizzava la ricchezza di questa devozione per proporre un cambiamento di vita fondato sull’amore. Egli riteneva che fosse possibile una trasformazione dell’affettività, resa schiava dai piaceri, che non si libera con la cieca obbedienza a un comando, ma in una risposta alla dolcezza dell’amore di Cristo.

178. San Francesco di Sales si lasciava illuminare soprattutto dalla richiesta di Gesù: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» ( Mt 11,29).

179. San Charles de Foucauld voleva imitare Gesù, vivere come Lui, agire come Lui agiva, fare sempre ciò che Gesù avrebbe fatto al suo posto. Il desiderio di portare l’amore di Gesù, il suo impegno missionario tra i più poveri e dimenticati della terra, lo condusse ad assumere come motto Iesus Caritas, con il simbolo del Cuore di Cristo sormontato da una croce. Questo desiderio lo ha reso a poco a poco un fratello universale, perché, lasciandosi plasmare dal Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente.

180. Tale era la disposizione del cuore di un Vincenzo de’ Paoli. Quando nostro Signore vive nell’anima di un sacerdote lo inclina verso i poveri.

La riparazione: costruire sulle rovine

181. Tutto questo ci permette di comprendere, alla luce della Parola di Dio, quale significato dobbiamo dare alla “riparazione” offerta al Cuore di Cristo, che cosa il Signore si aspetta veramente che noi ripariamo con l’aiuto della sua grazia. Si è discusso molto a tale riguardo, ma San Giovanni Paolo II ha offerto una risposta chiara per orientare noi cristiani di oggi verso uno spirito di riparazione più in sintonia con il Vangelo.

Significato sociale della riparazione al Cuore di Cristo

182. San Giovanni Paolo II ha spiegato che, offrendoci insieme al Cuore di Cristo, «sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo»..

183. È certo che ogni peccato danneggia la Chiesa e la società, per cui «a ciascun peccato si può attribuire […] il carattere di peccato sociale», anche se questo vale soprattutto per alcuni peccati che «costituiscono, per il loro oggetto stesso, un’aggressione diretta al prossimo». San Giovanni Paolo II ha spiegato che la ripetizione di questi peccati contro gli altri finisce molte volte per consolidare una “struttura di peccato” che influisce sullo sviluppo dei popoli. Ciò fa spesso parte di una mentalità dominante che considera normale o razionale quello che in realtà è solo egoismo e indifferenza. Tale fenomeno si può definire alienazione sociale.

184. Proprio perché la riparazione evangelica possiede questo forte significato sociale, i nostri atti di amore, di servizio, di riconciliazione, per essere effettivamente riparatori, richiedono che Cristo li solleciti, li motivi, li renda possibili. Ha bisogno della vita, del fuoco e della luce che vengono dal Cuore di Cristo.

Riparare i cuori feriti

185. Del resto, una riparazione meramente esteriore non basta né al mondo né al Cuore di Cristo. Se ognuno pensa ai propri peccati e alle loro conseguenze sugli altri, scoprirà che riparare il danno fatto a questo mondo implica anche il desiderio di riparare i cuori feriti, dove si è procurato il danno più profondo, la ferita più dolorosa.

La bellezza di chiedere perdono

187. La buona intenzione non basta; è indispensabile un dinamismo interiore di desiderio che provochi conseguenze esterne.

188. Non si deve pensare che riconoscere il proprio peccato davanti agli altri sia qualcosa di degradante o dannoso per la nostra dignità umana. Al contrario, è smettere di mentire a sé stessi, è riconoscere la propria storia così com’è, segnata dal peccato, soprattutto quando abbiamo fatto del male ai nostri fratelli.

189. Fa parte di questo spirito di riparazione l’abitudine di chiedere perdono ai fratelli, che rappresenta una grande nobiltà in mezzo alla nostra fragilità.

190. Un cuore capace di compunzione può crescere nella fraternità e nella solidarietà.

La riparazione: un prolungamento per il Cuore di Cristo

191. C’è un altro modo complementare di intendere la riparazione, che ci permette di collocarla in un rapporto ancora più diretto con il Cuore di Cristo, senza escludere da questa riparazione l’impegno concreto verso i nostri fratelli e sorelle di cui abbiamo parlato.

193. Quando l’onnipotenza di Dio si mostra nella debolezza della nostra libertà, «soltanto la fede può riconoscerla».

194. Dal momento che il Signore, che tutto può, nella sua divina libertà ha voluto avere bisogno di noi, la riparazione si intende come rimuovere gli ostacoli che poniamo all’espansione dell’amore di Cristo nel mondo con le nostre mancanze di fiducia, gratitudine e dedizione.

L’offerta all’Amore

195. Per riflettere meglio su questo mistero, ci viene nuovamente in aiuto la luminosa spiritualità di Santa Teresa di Gesù Bambino. Ella sapeva che alcune persone avevano sviluppato una forma estrema di riparazione, con la buona volontà di donarsi per gli altri, che consisteva nell’offrirsi come una sorta di “parafulmine” affinché si realizzasse la giustizia divina. Ma, per quanto ammirevole potesse sembrare tale offerta, lei non ne era troppo convinta: «Io ero lontana dal sentirmi portata a farla». Questa insistenza sulla giustizia divina alla fine induceva a pensare che il sacrificio di Cristo fosse incompleto o parzialmente efficace, o che la sua misericordia non fosse sufficientemente intensa.

196. Con la sua intuizione spirituale Santa Teresa ha scoperto che c’è un altro modo di offrire sé stessi, in cui non è necessario saziare la giustizia divina, ma permettere all’amore infinito del Signore di diffondersi senza ostacoli.

197. Non c’è nulla da aggiungere all’unico sacrificio redentore di Cristo, ma è vero che il rifiuto della nostra libertà non permette al Cuore di Cristo di dilatare in questo mondo le sue “ondate di infinita tenerezza”. Ed è così perché il Signore stesso vuole rispettare tale possibilità. È questo, più che la giustizia divina, a turbare il cuore di Santa Teresa di Gesù Bambino, poiché per lei la giustizia si comprende solo alla luce dell’amore. Diceva: «Perfino la Giustizia (e forse anche più di ogni altra) mi sembra rivestita d’amore».

198. Nasce così il suo atto di offerta, non alla giustizia divina, ma all’Amore misericordioso.

199. Il Signore ha accettato la sua offerta. Infatti, qualche tempo dopo lei stessa manifestò un amore intenso per gli altri e affermò che proveniva dal Cuore di Cristo che si prolungava attraverso di lei.

Integrità e armonia

200. Sorelle e fratelli, propongo che sviluppiamo questa forma di riparazione, che è, in ultima analisi, offrire al Cuore di Cristo una nuova possibilità di diffondere in questo mondo le fiamme della sua ardente tenerezza. Questo avviene se si va oltre la semplice “consolazione” a Cristo di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente, e si traduce in atti di amore fraterno con cui curiamo le ferite della Chiesa e del mondo. In tal modo offriamo nuove espressioni alla forza restauratrice del Cuore di Cristo.

201. Le rinunce e le sofferenze richieste da questi atti d’amore per il prossimo ci uniscono alla passione di Cristo. La riparazione che offriamo è una partecipazione liberamente accettata al suo amore redentore e al suo unico sacrificio. Così diamo compimento «a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella [nostra] carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» ( Col 1,24), ed è Cristo stesso che prolunga attraverso di noi gli effetti della sua totale donazione per amore.

202. Le sofferenze hanno spesso a che fare con il nostro ego ferito, ma è proprio l’umiltà del Cuore di Cristo che ci mostra la via dell’abbassamento. Dio ha voluto venire a noi annientandosi, facendosi piccolo.

203. In ciò che abbiamo detto è importante notare diversi aspetti inseparabili, perché queste azioni di amore verso il prossimo, con tutte le rinunce, le abnegazioni, le sofferenze e le fatiche che comportano, compiono tale funzione quando sono alimentate dalla carità di Cristo stesso.

204. Infine, per comprendere questa devozione in tutta la sua ricchezza, è necessario aggiungere, riprendendo quanto detto sulla sua dimensione trinitaria, che la riparazione di Cristo come essere umano si offre al Padre mediante l’opera dello Spirito Santo in noi.

Far innamorare il mondo

205. La proposta cristiana è attraente quando può essere vissuta e manifestata integralmente: non come semplice rifugio in sentimenti religiosi o in riti sfarzosi. Ecco perché dobbiamo concludere questo capitolo ricordando la dimensione missionaria del nostro amore per il Cuore di Cristo.

207. Il prolungamento delle fiamme d’amore del Cuore di Cristo avviene anche nell’opera missionaria della Chiesa, che porta l’annuncio dell’amore di Dio manifestato in Cristo.

208. Alla luce del Sacro Cuore, la missione diventa una questione d’amore, e il rischio più grande in questa missione è che si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo che abbraccia e che salva.

209. La missione, intesa nella prospettiva di irradiare l’amore del Cuore di Cristo, richiede missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha cambiato la loro vita. Perciò li addolora perdere tempo a discutere di questioni secondarie o a imporre verità e regole, perché la loro preoccupazione principale è comunicare quello che vivono e, soprattutto, che gli altri possano percepire la bontà e la bellezza dell’Amato attraverso i loro poveri sforzi. Non è ciò che accade a qualsiasi innamorato?

210. Parlare di Cristo, con la testimonianza o la parola, in modo tale che gli altri non debbano fare un grande sforzo per amarlo, questo è il desiderio più grande di un missionario dell’anima. Non c’è proselitismo in questa dinamica d’amore: le parole dell’innamorato non disturbano, non impongono, non forzano, solamente portano gli altri a chiedersi come sia possibile un tale amore. Con il massimo rispetto per la libertà e la dignità dell’altro, l’innamorato semplicemente spera che gli sia permesso di raccontare questa amicizia che riempie la sua vita.

211. Cristo ti chiede, senza venir meno alla prudenza e al rispetto, di non vergognarti di riconoscere la tua amicizia con Lui. Ti chiede di avere il coraggio di raccontare agli altri che è un bene per te averlo incontrato: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32). Ma per il cuore innamorato non è un obbligo, è una necessità difficile da contenere: «Guai a me se non annuncio il Vangelo» (1 Cor 9,16). «Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Ger 20,9).

In comunione di servizio

212. Non si deve pensare a questa missione di comunicare Cristo come se fosse solo una cosa tra me e Lui. La si vive in comunione con la propria comunità e con la Chiesa. Se ci allontaniamo dalla comunità, ci allontaneremo anche da Gesù. Non va mai dimenticato questo segreto. L’amore per i fratelli della propria comunità – religiosa, parrocchiale, diocesana – è come un carburante che alimenta la nostra amicizia con Gesù.

213. È un amore che diventa servizio comunitario. Non mi stanco di ricordare che Gesù l’ha detto con grande chiarezza: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Egli ti propone di trovarlo anche lì, in ogni fratello e in ogni sorella, soprattutto nei più poveri, disprezzati e abbandonati della società. Che bell’incontro!

214. Pertanto, se ci dedichiamo ad aiutare qualcuno, non significa che ci dimentichiamo di Gesù. Al contrario, lo troviamo in un altro modo. In modo misterioso, è il suo amore che si manifesta attraverso il nostro servizio, è Lui stesso che parla al mondo in quel linguaggio che a volte non può avere parole.

215. Egli ti manda a diffondere il bene e ti spinge da dentro. Per questo ti chiama con una vocazione di servizio. Questo fa parte dell’amicizia con Lui. Perciò, affinché tale amicizia maturi, bisogna che ti lasci mandare da Lui a compiere una missione in questo mondo, con fiducia, con generosità, con libertà, senza paure. Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato. Quindi è meglio che ti lasci inviare, che ti lasci condurre da Lui dove vuole.

216. In qualche modo devi essere missionario, missionaria, come lo furono gli apostoli di Gesù e i primi discepoli, che andarono ad annunciare l’amore di Dio, andarono a raccontare che Cristo è vivo e vale la pena di conoscerlo. Santa Teresa di Gesù Bambino lo viveva come elemento imprescindibile della sua offerta all’Amore misericordioso: «Volevo dar da bere al mio Amato e io stessa mi sentivo divorata dalla sete delle anime».

217. Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune.

218. Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre.

219. Ne ha bisogno anche la Chiesa, per non sostituire l’amore di Cristo con strutture caduche, ossessioni di altri tempi, adorazione della propria mentalità, fanatismi di ogni genere che finiscono per prendere il posto dell’amore gratuito di Dio che libera, vivifica, fa gioire il cuore e nutre le comunità. Dalla ferita del costato di Cristo continua a sgorgare quel fiume che non si esaurisce mai, che non passa, che si offre sempre di nuovo a chi vuole amare. Solo il suo amore renderà possibile una nuova umanità.

220. Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!

Dato a Roma, presso San Pietro, il 24 ottobre dell’anno 2024, dodicesimo di Pontificato.

Francesco