Uno sguardo alla Lettera enciclica del Papa, DILEXIT NOS, attraverso la selezione di alcuni paragrafi.

48. La devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù. Ciò che contempliamo e adoriamo è Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore.

L’adorazione di Cristo

49. È indispensabile sottolineare che ci relazioniamo con la Persona di Cristo, nell’amicizia e nell’adorazione, attratti dall’amore rappresentato nell’immagine del suo Cuore. Veneriamo tale immagine che lo rappresenta, ma l’adorazione è rivolta solo a Cristo vivo, nella sua divinità e in tutta la sua umanità, per lasciarci abbracciare dal suo amore umano e divino.

50. Al di là dell’immagine utilizzata, è certo che il Cuore vivo di Cristo – mai un’immagine – è oggetto di adorazione, perché è parte del suo corpo santissimo e risorto, inseparabile dal Figlio di Dio che lo ha assunto per sempre.

51. Per questo motivo nessuno dovrebbe pensare che questa devozione possa separarci o distrarci da Gesù Cristo e dal suo amore.

La venerazione della sua immagine

52. Va notato che l’immagine di Cristo con il suo cuore, pur non essendo in alcun modo oggetto di adorazione, non è una tra le tante che potremmo scegliere. Non è qualcosa di inventato a tavolino o disegnato da un artista, «non è un simbolo immaginario, è un simbolo reale, che rappresenta il centro, la fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera».

53. C’è un’esperienza umana universale che rende unica tale immagine. Per esprimere che qualcosa è sincero, che viene davvero dal centro della persona, si dice: “Te lo dico di cuore”. Il linguaggio poetico non può ignorare la forza di queste esperienze. È quindi inevitabile che attraverso la storia il cuore abbia raggiunto una capacità simbolica unica, non meramente convenzionale.

54. Si comprende allora che la Chiesa abbia scelto l’immagine del cuore per rappresentare l’amore umano e divino di Gesù Cristo e il nucleo più intimo della sua Persona. Tuttavia, benché il disegno di un cuore con fiamme di fuoco possa essere un simbolo eloquente che ci ricorda l’amore di Gesù, è conveniente che questo cuore faccia parte di un’immagine di Gesù Cristo.

55. Il cuore ha il pregio di essere percepito non come un organo separato, ma come un intimo centro unificatore e, allo stesso tempo, come espressione della totalità della persona, cosa che non succede con altri organi del corpo umano.

56. Questo va al di là dell’attrattiva che possono avere le varie immagini realizzate del Cuore di Cristo, perché, davanti alle immagini di Cristo, non «dobbiamo chiedere loro qualcosa», né «dobbiamo riporre la nostra fiducia nelle immagini, come facevano i pagani nei tempi antichi», ma «attraverso le immagini che baciamo e davanti alle quali ci scopriamo il capo e ci prostriamo, adoriamo Cristo».

57. Inoltre, alcune di queste immagini possono sembrarci poco attraenti e non muoverci granché all’amore e alla preghiera. Questo è secondario, poiché l’immagine è solo una figura motivante e, come direbbero gli orientali, non bisogna fissare il dito che indica la luna.

58. Detto tutto questo, non dobbiamo dimenticare che l’immagine del cuore ci parla di carne umana, di terra, e perciò ci parla anche di Dio che ha voluto entrare nella nostra condizione storica, farsi storia e condividere il nostro cammino terreno.

Amore sensibile

59. Amore e cuore non sono necessariamente uniti, perché in un cuore umano possono regnare l’odio, l’indifferenza, l’egoismo.

60. Il Figlio eterno di Dio, che mi trascende senza limiti, ha voluto amarmi anche con un cuore umano. I suoi sentimenti umani diventano sacramento di un amore infinito e definitivo.

61. Se ancora oggi il cuore è percepito nel sentimento popolare come il centro affettivo di ogni essere umano, esso è ciò che meglio può significare l’amore divino di Cristo unito per sempre e inseparabilmente al suo amore integralmente umano.

62. Nei Padri della Chiesa, a fronte di alcuni che negavano o relativizzavano la vera umanità di Cristo, troviamo una forte affermazione della realtà concreta e tangibile degli affetti umani del Signore.

63. Vale la pena di riprendere qui la riflessione di un teologo, il quale riconosce che, «sotto l’influsso del pensiero greco, la teologia a lungo ha relegato il corpo e i sentimenti nel mondo del pre-umano, dell’infra-umano o della tentazione del vero umano, ma ciò che la teologia non ha risolto in teoria l’ha risolto la spiritualità in pratica.

Triplice amore

64. Non ci fermiamo nemmeno soltanto sui suoi sentimenti umani, per quanto belli e commoventi, perché contemplando il Cuore di Cristo riconosciamo come nei suoi nobili e sani sentimenti, nella sua tenerezza, nel vibrare del suo affetto umano, si manifesti tutta la verità del suo amore divino e infinito.

65. In realtà, c’è un triplice amore che è contenuto e ci abbaglia nell’immagine del Cuore del Signore. Innanzitutto, l’amore divino infinito che troviamo in Cristo. Ma pensiamo anche alla dimensione spirituale dell’umanità del Signore. Da questo punto di vista, il cuore «è il simbolo di quell’ardentissima carità, che, infusa nella sua anima, costituisce la preziosa dote della sua volontà umana». Infine, «è simbolo del suo amore sensibile».

66. Questi tre amori non sono capacità separate, che funzionano in modo parallelo o slegato, bensì agiscono e si esprimono insieme e in un costante flusso di vita:.

67. Perciò, entrando nel Cuore di Cristo, ci sentiamo amati da un cuore umano, pieno di affetti e sentimenti come i nostri.

68. È un insegnamento costante e definitivo della Chiesa che la nostra adorazione alla sua Persona è unica e abbraccia inseparabilmente sia la sua natura divina che la sua natura umana.

69. San Giovanni della Croce ha voluto esprimere che nell’esperienza mistica l’amore incommensurabile di Cristo risorto non è sentito come estraneo alla nostra vita. L’Infinito in qualche modo si abbassa affinché attraverso il Cuore aperto di Cristo possiamo vivere un incontro d’amore veramente reciproco.

Prospettive trinitarie

70. La devozione al Cuore di Gesù è marcatamente cristologica; è una contemplazione diretta di Cristo che invita all’unione con Lui. Ciò è legittimo se teniamo presente quanto chiede la Lettera agli Ebrei: correre la nostra corsa «tenendo fisso lo sguardo su Gesù» (12,2). Tuttavia, non possiamo ignorare che, allo stesso tempo, Gesù si presenta come la via per andare al Padre. È Lui che alla fine, come pienezza originaria, dev’essere glorificato.

71. Soffermiamoci, ad esempio, sulla Lettera agli Efesini, dove si può vedere con forza e chiarezza come la nostra adorazione sia rivolta al Padre: «Io piego le ginocchia davanti al Padre» ( Ef 3,14). «C’è un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» ( Ef 4,6). «Rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre» ( Ef 5,20). Il Padre è Colui al quale siamo destinati (cfr 1 Cor 8,6).

72. È innanzitutto il Padre di Gesù Cristo: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» ( Ef 1,3). È «il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria» ( Ef 1,17). Quando il Figlio si è fatto uomo, tutti i desideri e le aspirazioni del suo cuore umano erano rivolti al Padre.

73. Sappiamo che la parola aramaica con cui Egli si rivolgeva al Padre era “Abbà”, che significa “papà, babbo”. Gesù, nel suo cuore umano, era estasiato nell’ascoltare il Padre che gli diceva: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11).

74. Il quarto Vangelo dice che il Figlio eterno del Padre è da sempre «nel seno del Padre» ( Gv 1,18). Guardiamo le sue espressioni di lode: «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra» ( Lc 10, 21). E le sue ultime parole, piene di fiducia, furono: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» ( Lc 23,46).

75. Volgiamo ora lo sguardo allo Spirito Santo, che riempie il Cuore di Cristo e arde in Lui.

76. Se cerchiamo di addentrarci nel mistero dell’azione dello Spirito, vediamo che Egli geme in noi e dice “Abbà”: «Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,6). Infatti «lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio» (Rm 8,16). L’azione dello Spirito Santo nel cuore umano di Cristo provoca incessantemente questa attrazione verso il Padre. E quando ci unisce per la grazia ai sentimenti di Cristo, ci rende partecipi della relazione del Figlio con il Padre, è «lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15).

77. Il nostro rapporto con il Cuore di Cristo si trasforma allora sotto l’impulso dello Spirito, che ci orienta verso il Padre, fonte della vita e origine ultima della grazia. Cristo stesso non desidera che ci fermiamo solo a Lui. L’amore di Cristo è «rivelazione della misericordia del Padre».

Espressioni magisteriali recenti

78. In diverse modalità il Cuore di Cristo è stato presente nella storia della spiritualità cristiana. Nella Bibbia e nei primi secoli della Chiesa appariva nella figura del costato ferito del Signore, come fonte della grazia o come richiamo a un intimo incontro d’amore. Così è costantemente riapparso nella testimonianza di molti santi fino al giorno d’oggi. Negli ultimi secoli questa spiritualità ha assunto la forma di un vero e proprio culto del Cuore del Signore.

79. Alcuni miei predecessori hanno fatto riferimento al Cuore di Cristo e con espressioni molto differenti hanno invitato a unirsi a Lui.

Approfondimento e attualità

82. L’immagine espressiva e simbolica del Cuore di Cristo non è l’unica risorsa che lo Spirito Santo ci dà per incontrare l’amore di Cristo, e avrà sempre bisogno di essere arricchita, illuminata e rinnovata attraverso la meditazione, la lettura del Vangelo e la maturazione spirituale.

83. La devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo. Va sempre ricordato, del resto, come affermava Pio XII, che non si può dire che questo culto «debba la sua origine a rivelazioni private».

84. La proposta della Comunione eucaristica il primo venerdì di ogni mese, ad esempio, era un messaggio forte in un momento in cui molte persone smettevano di accostarsi alla Comunione perché non avevano fiducia nel perdono divino, nella sua misericordia, e consideravano la Comunione come una sorta di premio per i perfetti. In quel contesto giansenista, la promozione di questa pratica fece molto bene, aiutando a riconoscere nell’Eucaristia l’amore gratuito e vicino del Cuore di Cristo che ci chiama all’unione con Lui. Possiamo affermare che anche oggi farebbe molto bene per un altro motivo: perché in mezzo al vortice del mondo attuale e alla nostra ossessione per il tempo libero, il consumo e il divertimento, i telefonini e i social media, dimentichiamo di nutrire la nostra vita con la forza dell’Eucaristia.

85. Allo stesso modo, nessuno deve sentirsi obbligato a fare un’ora di adorazione il giovedì. Ma come non raccomandarla?

86. Pio XII definì «falsa mistica» l’atteggiamento elitario di alcuni gruppi che vedevano Dio così alto, così separato, così distante, da considerare le espressioni sensibili della pietà popolare pericolose e bisognose del controllo ecclesiastico.

87. Si potrebbe sostenere che oggi, più che al giansenismo, ci troviamo di fronte a una forte avanzata della secolarizzazione, che aspira ad un mondo libero da Dio. A ciò si aggiunge che si stanno moltiplicando nella società varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore, che sono nuove manifestazioni di una “spiritualità senza carne”. Questo è vero. Tuttavia, devo constatare che all’interno della Chiesa stessa il dannoso dualismo giansenista è rinato con nuovi volti. Ha acquistato nuova forza negli ultimi decenni, ma è una manifestazione di quello gnosticismo che già danneggiava la spiritualità nei primi secoli della fede cristiana, e che ignorava la verità della “salvezza della carne”. Per questo motivo rivolgo il mio sguardo al Cuore di Cristo e invito a rinnovare la sua devozione. Spero che possa essere attraente anche per la sensibilità di oggi e in tal modo ci aiuti ad affrontare questi vecchi e nuovi dualismi ai quali offre una risposta adeguata.

88. Vorrei aggiungere che il Cuore di Cristo ci libera allo stesso tempo da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti. Ne risulta spesso un cristianesimo che ha dimenticato la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona, l’esser conquistati dalla bellezza di Cristo, l’emozionante gratitudine per l’amicizia che Egli offre e per il senso ultimo che dà alla vita personale. Insomma, un’altra forma di trascendentalismo ingannevole, altrettanto disincarnato.

89. Queste malattie tanto attuali, dalle quali, quando ci siamo lasciati catturare, non sentiamo nemmeno il desiderio di guarire, mi spingono a proporre a tutta la Chiesa un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore.

90. Davanti al Cuore di Cristo è possibile tornare alla sintesi incarnata del Vangelo e vivere ciò che ho proposto poco tempo fa, ricordando l’amata Santa Teresa di Gesù Bambino. Ella aveva scoperto nel Cuore di Cristo che Dio è amore: «A me Egli ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo e adoro le altre perfezioni Divine!». Ecco perché la preghiera più popolare, diretta come un dardo al Cuore di Cristo, dice semplicemente: “Confido in te”. Non servono altre parole.

91. Nei prossimi capitoli metteremo in evidenza due aspetti fondamentali che oggi la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale personale e l’impegno comunitario e missionario.