Documento Finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-27 ottobre 2024) “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”

La conversione delle relazioni

Si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te» (Gv 21,2-3).

49. Il lago di Tiberiade è il luogo in cui tutto era iniziato. Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni avevano lasciato la barca e le reti per andare dietro a Gesù. Dopo la Pasqua, si riparte da quel lago. Nella notte, sulla riva risuona un dialogo: «Io vado a pescare». «Veniamo anche noi con te». Anche il percorso sinodale è iniziato così: abbiamo udito l’invito del Successore di Pietro e l’abbiamo accolto; ci siamo messi in movimento con lui e dietro di lui. Insieme abbiamo pregato, riflettuto, faticato e dialogato. Ma soprattutto abbiamo sperimentato che sono le relazioni a sostenere la vitalità della Chiesa, animando le sue strutture. Una Chiesa sinodale missionaria ha bisogno di rinnovare le une e le altre.

Relazioni nuove

50. Lungo tutto il cammino del Sinodo e a tutte le latitudini è emersa la richiesta di una Chiesa più capace di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nelle famiglie, nelle comunità, tra tutti i Cristiani, tra gruppi sociali, tra le religioni, con la creazione. Molti hanno espresso la sorpresa di essere interpellati e la gioia di poter far sentire la loro voce nella comunità; non è mancato anche chi ha condiviso la sofferenza di sentirsi escluso o giudicato anche a causa della propria situazione matrimoniale, identità e sessualità. Il desiderio di relazioni più autentiche e significative non esprime soltanto l’aspirazione di appartenere a un gruppo coeso, ma corrisponde a una profonda consapevolezza di fede: la qualità evangelica dei rapporti comunitari è decisiva per la testimonianza che il Popolo di Dio è chiamato a dare nella storia. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Le relazioni rinnovate dalla grazia e l’ospitalità offerta agli ultimi secondo l’insegnamento di Gesù sono il segno più eloquente dell’azione dello Spirito Santo nella comunità dei discepoli. Per essere una Chiesa sinodale è dunque necessaria una vera conversione relazionale. Dobbiamo di nuovo imparare dal Vangelo che la cura delle relazioni non è una strategia o lo strumento per una maggiore efficacia organizzativa, ma è il modo in cui Dio Padre si è rivelato in Gesù e nello Spirito. Quando le nostre relazioni, pur nella loro fragilità, fanno trasparire la grazia di Cristo, l’amore del Padre, la comunione dello Spirito, noi confessiamo con la vita la fede in Dio Trinità.

51. È ai Vangeli che dobbiamo guardare per tracciare la mappa della conversione che ci è richiesta, imparando a fare nostri gli atteggiamenti di Gesù. I Vangeli ce lo «presentano costantemente in ascolto delle persone che gli si fanno incontro lungo le strade della Terra Santa» (DTC 11). Che si trattasse di uomini o di donne, di ebrei o di pagani, di dottori della legge o di pubblicani, di giusti o di peccatori, di mendicanti, di ciechi, di lebbrosi o malati, Gesù non ha mandato via nessuno senza fermarsi ad ascoltare e senza entrare in dialogo. Ha rivelato il volto del Padre venendo incontro a ognuno lì dove si trova la sua storia e la sua libertà. Dall’ascolto dei bisogni e della fede delle persone che incontrava sgorgavano parole e gesti che rinnovavano la loro vita, aprendo la strada a relazioni risanate. Gesù è il Messia che «fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37). A noi Suoi discepoli chiede di comportarci allo stesso modo e ci dona, con la grazia dello Spirito Santo, la capacità di farlo, modellando il nostro cuore sul Suo: solo «il cuore rende possibile qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo» (DN 17). Quando ci mettiamo in ascolto dei fratelli e delle sorelle, partecipiamo all’atteggiamento con cui Dio in Gesù Cristo viene incontro ad ognuno.

52. L’esigenza di conversione nelle relazioni riguarda inequivocabilmente quelle tra uomini e donne. Il dinamismo relazionale è iscritto nella nostra condizione di creature. La differenza sessuale costituisce la base della relazionalità umana. «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Nel progetto di Dio questa differenza originaria non comporta disuguaglianza tra uomo e donna. Nella nuova creazione, essa viene riletta alla luce della dignità del Battesimo: «quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,27-28). Come cristiani siamo chiamati ad accogliere e rispettare, nei diversi modi e nei diversi contesti in cui si esprime, questa differenza che è dono di Dio e fonte di vita. Diamo testimonianza al Vangelo quando cerchiamo di vivere relazioni che rispettano l’uguale dignità e la reciprocità tra uomini e donne. Le ricorrenti espressioni di dolore e sofferenza da parte di donne di ogni regione e continente, sia laiche sia consacrate, durante il processo sinodale, rivelano quanto spesso non riusciamo a farlo.

In una pluralità di contesti

53. La chiamata al rinnovamento delle relazioni nel Signore Gesù risuona nella pluralità dei contesti in cui i Suoi discepoli vivono e realizzano la missione della Chiesa. Ciascuno di questi contesti ha peculiari ricchezze di cui è indispensabile tenere conto, legate al pluralismo delle culture. Tutti però, pur con modalità diverse, portano i segni di logiche relazionali distorte e talvolta opposte a quelle del Vangelo. Lungo la storia, le chiusure relazionali si sono solidificate in vere e proprie strutture di peccato (cfr. SRS 36), che influenzano il modo in cui le persone pensano e agiscono. In particolare, generano blocchi e paure, che abbiamo bisogno di guardare in faccia e attraversare per poterci incamminare sulla strada della conversione relazionale.

54. Trovano radice in questa dinamica i mali che affliggono il nostro mondo, a partire dalle guerre e dai conflitti armati, e dall’illusione che una pace giusta si possa ottenere con la forza delle armi. Altrettanto letale è la convinzione che tutto il creato, perfino le persone, possa essere sfruttato a piacimento per ricavarne profitto. Ne sono conseguenza le molte e diverse barriere che dividono le persone, anche nelle comunità cristiane, e limitano le possibilità di alcuni rispetto a quelle di cui godono altri: le disuguaglianze tra uomini e donne, il razzismo, la divisione in caste, la discriminazione delle persone con disabilità, la violazione dei diritti delle minoranze di ogni genere, la mancata disponibilità ad accogliere i migranti. Anche la relazione con la terra, nostra sorella e madre (cfr. LS 1), porta i segni di una frattura che mette a repentaglio la vita di innumerevoli comunità, in particolare nelle regioni più impoverite, se non di interi popoli e forse dell’umanità tutta. La chiusura più radicale e drammatica è quella nei confronti della stessa vita umana, che conduce allo scarto dei bambini, fin dal grembo materno, e degli anziani.

55. Tanti mali che affliggono il nostro mondo si manifestano anche nella Chiesa. La crisi degli abusi, nelle sue diverse e tragiche manifestazioni, ha portato sofferenze indicibili e spesso durature alle vittime e ai sopravvissuti, e alle loro comunità. La Chiesa deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali. L’ascolto è un elemento fondamentale del cammino verso la guarigione, il pentimento, la giustizia e la riconciliazione. In un’epoca che conosce una crisi globale di fiducia e incoraggia le persone a vivere nella diffidenza e nel sospetto, la Chiesa deve riconoscere le proprie mancanze, chiedere umilmente perdono, prendersi cura delle vittime, darsi strumenti di prevenzione e sforzarsi di ricostruire la fiducia reciproca nel Signore.

56. L’ascolto di chi patisce esclusione ed emarginazione rafforza la consapevolezza della Chiesa che fa parte della sua missione farsi carico del peso di queste relazioni ferite perché il Signore, il Vivente, le risani. Solo così essa può essere «come il sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). Al tempo stesso, l’apertura al mondo permette di scoprire che in ogni angolo del pianeta, in ogni cultura e in ogni gruppo umano, lo Spirito ha sparso i semi del Vangelo. Essi portano frutto nella capacità di vivere relazioni sane, di coltivare la fiducia reciproca e il perdono, di vincere la paura del diverso e dare vita a comunità accoglienti, di promuovere un’economia attenta alle persone e al pianeta, di riconciliarsi dopo un conflitto. La storia ci consegna un retaggio di conflitti motivati anche in nome dell’appartenenza religiosa, minando la credibilità delle religioni stesse. Fonte di sofferenza è lo scandalo della divisione tra comunioni cristiane, l’inimicizia tra fratelli e sorelle che hanno ricevuto lo stesso Battesimo. La rinnovata esperienza di slancio ecumenico che accompagna il cammino sinodale, uno dei segni della conversione relazionale, apre alla speranza.

Carismi, vocazioni e ministeri per la missione

57. I Cristiani, personalmente o in forma associata, sono chiamati a far fruttificare i doni che lo Spirito elargisce in vista della testimonianza e dell’annuncio del Vangelo. «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12, 4-7). Nella comunità cristiana, tutti i Battezzati sono arricchiti di doni da condividere, ciascuno secondo la propria vocazione e la propria condizione di vita. Le diverse vocazioni ecclesiali sono infatti espressioni molteplici e articolate dell’unica chiamata battesimale alla santità e alla missione. La varietà di carismi, che ha origine nella libertà dello Spirito Santo, è finalizzata all’unità del Corpo ecclesiale di Cristo (cfr. LG 32) e alla missione nei diversi luoghi e culture (cfr. LG 12). Questi doni non sono proprietà esclusiva di chi li riceve e li esercita, né possono essere motivo di rivendicazione per sé o per un gruppo. Essi sono chiamati a contribuire sia alla vita della comunità cristiana, anche con un’adeguata pastorale vocazionale, sia allo sviluppo della società nelle sue molteplici dimensioni.

58. Ogni Battezzato risponde alle esigenze della missione nei contesti in cui vive e opera a partire dalle proprie inclinazioni e capacità, manifestando così la libertà dello Spirito nell’elargire i propri doni. È grazie a questo dinamismo nello Spirito che il Popolo di Dio, mettendosi in ascolto della realtà in cui vive, può scoprire nuovi ambiti di impegno e nuove forme per adempiere la propria missione. I Cristiani che a diverso titolo – in famiglia e in altri stati di vita, sul posto di lavoro e nelle professioni, nell’impegno civico o politico, sociale o ecologico, nell’elaborazione di una cultura ispirata dal Vangelo come nell’evangelizzazione della cultura dell’ambiente digitale – percorrono le vie del mondo e nei loro ambienti di vita annunciano il Vangelo, sono sostenuti dai doni dello Spirito.

59. Alla Chiesa essi chiedono di non essere lasciati soli, ma di sentirsi inviati e sostenuti. Chiedono di essere nutriti dal pane della Parola e dell’Eucaristia, oltre che dai legami fraterni della comunità. Chiedono che il loro impegno sia riconosciuto per quello che è: azione di Chiesa in forza del Vangelo, non opzione privata. Chiedono infine che la comunità accompagni coloro che, per la loro testimonianza, sono stati attirati dal Vangelo. In una Chiesa sinodale missionaria, sotto la guida dei loro Pastori, le comunità saranno capaci di inviare e sostenere coloro che hanno inviato. Si concepiranno quindi principalmente a servizio della missione che i Fedeli portano avanti all’interno della società, nella vita familiare e lavorativa, senza concentrarsi esclusivamente sulle attività che si svolgono al loro interno e sulle loro necessità organizzative.

60. In forza del Battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione. Le Scritture attestano il ruolo di primo piano di molte donne nella storia della salvezza. A una donna, Maria di Magdala, è stato affidato il primo annuncio della Risurrezione; nel giorno di Pentecoste, nel Cenacolo era presente Maria, la Madre di Dio, insieme a molte altre donne che avevano seguito il Signore. È importante che i relativi passi della Scrittura trovino adeguato spazio all’interno dei lezionari liturgici. Alcuni snodi cruciali della storia della Chiesa confermano l’apporto essenziale di donne mosse dallo Spirito. Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimoni della fede nelle famiglie. Sono attive nella vita delle piccole comunità cristiane e nelle Parrocchie; gestiscono scuole, ospedali e centri di accoglienza; sono a capo di iniziative di riconciliazione e di promozione della dignità umana e della giustizia sociale. Le donne contribuiscono alla ricerca teologica e sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni legate alla Chiesa, nelle Curie diocesane e nella Curia Romana. Ci sono donne che svolgono ruoli di autorità o sono a capo di comunità. Questa Assemblea invita a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche.

61. All’interno della comunità cristiana, un’attenzione particolare va riservata ai bambini: non hanno solo bisogno di essere accompagnati nell’avventura della crescita, ma hanno molto da donare alla comunità dei credenti. Quando gli apostoli discutono tra loro su chi sia il più grande, Gesù mette al centro un bambino, presentandolo come criterio per entrare nel Regno (cfr. Mc 9,33-37). La Chiesa non può essere sinodale senza il contributo dei bambini, portatori di un potenziale missionario da valorizzare. La loro voce è necessaria alla comunità: dobbiamo ascoltarla e impegnarci perché tutti nella società la ascoltino, soprattutto coloro che hanno responsabilità politiche e educative. Una società che non sa accogliere e custodire i bambini è una società malata; la sofferenza che molti di loro patiscono per la guerra, la povertà e l’abbandono, l’abuso e la tratta è uno scandalo che richiede il coraggio della denuncia e l’impegno della solidarietà.

62. Anche i giovani hanno un contributo da dare al rinnovamento sinodale della Chiesa. Essi sono particolarmente sensibili ai valori della fraternità e della condivisione, mentre respingono atteggiamenti paternalistici o autoritari. A volte il loro atteggiamento verso la Chiesa si presenta come una critica, ma spesso assume la forma positiva di un impegno personale per una comunità accogliente e impegnata a lottare contro l’ingiustizia sociale e per la cura della casa comune. La richiesta di «camminare insieme nel quotidiano», avanzata dai giovani nel Sinodo loro dedicato nel 2018, corrisponde esattamente all’orizzonte di una Chiesa sinodale. Per questo è fondamentale assicurare loro un accompagnamento premuroso e paziente; in particolare merita di essere ripresa la proposta, emersa grazie al loro contributo, di «un’esperienza di accompagnamento in vista del discernimento», che preveda la vita fraterna condivisa con educatori adulti, un impegno apostolico da vivere insieme a servizio dei più bisognosi; un’offerta di spiritualità radicata nella preghiera e nella vita sacramentale (cfr. Documento finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, “I Giovani, la Fede ed il Discernimento Vocazionale”, 161).

63. Nella promozione della corresponsabilità per la missione di tutti i Battezzati, riconosciamo le capacità apostoliche delle persone con disabilità che si sentono chiamate e inviate come soggetti attivi di evangelizzazione. Vogliamo valorizzare il contributo che proviene dall’immensa ricchezza di umanità che portano con sé. Riconosciamo le loro esperienze di sofferenza, emarginazione, discriminazione, a volte patite anche dentro la stessa comunità cristiana, per atteggiamenti paternalistici di commiserazione. Per favorire la loro partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa si propone la creazione di un Osservatorio ecclesiale della disabilità.

64. Tra le vocazioni da cui è arricchita la Chiesa spicca quella dei coniugi. Il Concilio Vaticano II ha insegnato che «essi possiedono nel loro stato di vita e nel loro ordine il proprio dono di grazia in mezzo al popolo di Dio» (LG 11). Il sacramento del matrimonio assegna una peculiare missione che riguarda allo stesso tempo la vita della famiglia, l’edificazione della Chiesa e l’impegno nella società. In particolare, negli anni recenti è cresciuta la consapevolezza che le famiglie sono soggetti e non sono solo destinatari della pastorale familiare. Per questo hanno bisogno di incontrarsi e fare rete, anche grazie all’aiuto delle istituzioni ecclesiali dedicate all’educazione dei bambini e dei ragazzi. Nuovamente l’Assemblea esprime vicinanza e sostegno a coloro che vivono una condizione di solitudine come scelta di fedeltà alla Tradizione e al magistero della Chiesa in materia matrimoniale e di etica sessuale, in cui riconoscono una fonte di vita.

65. Nel corso dei secoli, i doni spirituali hanno dato origine anche a varie espressioni di vita consacrata. Fin dagli albori la Chiesa ha riconosciuto l’azione dello Spirito nella vita di quegli uomini e donne che hanno scelto di seguire Cristo sulla via dei consigli evangelici, consacrandosi al servizio di Dio tanto nella contemplazione come in molteplici forme di servizio. La vita consacrata è chiamata a interpellare la Chiesa e la società con la propria voce profetica. Nella loro secolare esperienza, le famiglie religiose hanno maturato sperimentate pratiche di vita sinodale e di discernimento comunitario, imparando ad armonizzare i doni individuali e la missione comune. Ordini e Congregazioni, Società di vita apostolica, Istituti secolari, come pure Associazioni, Movimenti e Nuove Comunità hanno uno speciale apporto da dare alla crescita della sinodalità nella Chiesa. Oggi molte comunità di vita consacrata sono un laboratorio di interculturalità che costituisce una profezia per la Chiesa e per il mondo. Al tempo stesso, la sinodalità invita – e talvolta sfida – i Pastori delle Chiese locali, così come i responsabili della vita consacrata e delle Aggregazioni ecclesiali a rinforzare le relazioni in modo da dare vita a uno scambio di doni a servizio della comune missione.

66. La missione coinvolge tutti i Battezzati. Il primo compito di Laici e Laiche è permeare e trasformare le realtà temporali con lo spirito del Vangelo (cfr. LG 31.33; AA 5-7). Il processo sinodale, sostenuto da uno stimolo di Papa Francesco (cfr. Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Spiritus Domini, 10 gennaio 2021), ha sollecitato le Chiese locali a rispondere con creatività e coraggio ai bisogni della missione, discernendo tra i carismi alcuni che è opportuno prendano una forma ministeriale, dotandosi di criteri, strumenti e procedure adeguate. Non tutti i carismi devono essere configurati come ministeri, né tutti i Battezzati devono essere ministri, né tutti i ministeri devono essere istituiti. Perché un carisma sia configurato come ministero è necessario che la comunità identifichi una vera necessità pastorale, accompagnata da un discernimento realizzato dal Pastore insieme alla comunità sull’opportunità di creare un nuovo ministero. Come frutto di tale processo l’autorità competente assume la decisione. In una Chiesa sinodale missionaria, si sollecita la promozione di forme più numerose di ministeri laicali, che cioè non richiedono il sacramento dell’Ordine, non solo in ambito liturgico. Possono essere istituiti o non istituiti. Va anche avviata una riflessione su come affidare i ministeri laicali in un tempo in cui le persone si spostano da un luogo a un altro con crescente facilità, precisando tempi e ambiti del loro esercizio.

67. Tra i molti servizi ecclesiali, l’Assemblea ha riconosciuto il contributo all’intelligenza della fede e al discernimento offerto dalla teologia nella varietà delle sue espressioni. Teologi e teologhe aiutano il Popolo di Dio a sviluppare una comprensione della realtà illuminata dalla Rivelazione e a elaborare risposte idonee e linguaggi appropriati per la missione. Nella Chiesa sinodale e missionaria «il carisma della teologia è chiamato a svolgere un servizio specifico […]. Insieme con l’esperienza di fede e la contemplazione della verità del Popolo fedele e con la predicazione dei Pastori, contribuisce alla penetrazione sempre più profonda del Vangelo. Inoltre, “come per qualsiasi altra vocazione cristiana, anche il ministero del teologo, oltre ad essere personale, è anche comunitario e collegiale”» (CTI, n. 75), soprattutto quando è svolto in forma di insegnamento affidato con una missione canonica nelle istituzioni accademiche ecclesiastiche. «La sinodalità ecclesiale impegna dunque i teologi a fare teologia in forma sinodale, promuovendo tra loro la capacità di ascoltare, dialogare, discernere e integrare la molteplicità e varietà delle istanze e degli apporti» (ibid.). In questa linea, è urgente favorire, attraverso opportune forme istituzionali, il dialogo tra i Pastori e coloro che sono impegnati nella ricerca teologica. L’Assemblea invita le istituzioni teologiche a proseguire la ricerca volta a chiarire e approfondire il significato della sinodalità e accompagnare la formazione nelle Chiese locali.

Il ministero ordinato a servizio dell’armonia

68. Come tutti i ministeri della Chiesa, l’episcopato, il presbiterato e il diaconato sono al servizio dell’annuncio del Vangelo e dell’edificazione della comunità ecclesiale. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che il ministero ordinato di istituzione divina «viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati Vescovi, Presbiteri, Diaconi» (LG 28). In questo contesto, il Concilio Vaticano II ha affermato la sacramentalità dell’episcopato (cfr. LG 21), ha recuperato la realtà comunionale del presbiterato (cfr. LG 28) e ha aperto la strada al ripristino dell’esercizio permanente del diaconato nella Chiesa latina (cfr. LG 29).

Il ministero del Vescovo: comporre in unità i doni dello Spirito

69. Compito del Vescovo è presiedere una Chiesa locale, come principio visibile di unità al suo interno e vincolo di comunione con tutte le Chiese. L’affermazione del Concilio secondo cui «con la Consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell’Ordine» (LG 21) consente di comprendere l’identità del Vescovo nella trama delle relazioni sacramentali con Cristo e con la «porzione del Popolo di Dio» (CD 11) che gli è affidata e che è chiamato a servire in nome di Cristo Buon Pastore. Chi è ordinato Vescovo non viene caricato di prerogative e compiti che deve svolgere da solo. Piuttosto riceve la grazia e il compito di riconoscere, discernere e comporre in unità i doni che lo Spirito effonde sui singoli e sulle comunità, operando all’interno del legame sacramentale con i Presbiteri e i Diaconi, con lui corresponsabili del servizio ministeriale nella Chiesa locale. Nel fare questo realizza ciò che è più proprio e specifico della sua missione nel contesto per la sollecitudine per la comunione delle Chiese.

70. Quello del Vescovo è un servizio nella, con e per la comunità (cfr. LG 20), svolto tramite l’annuncio della Parola, la presidenza della celebrazione eucaristica e degli altri sacramenti. Per questo l’Assemblea sinodale auspica che il Popolo di Dio abbia maggiore voce nella scelta dei Vescovi. Raccomanda inoltre che l’Ordinazione del Vescovo avvenga nella Diocesi cui è destinato come Pastore e non nella Diocesi di origine, come spesso avviene, e che i principali consacranti siano scelti tra i Vescovi della Provincia ecclesiastica, compreso, per quanto possibile, il Metropolita. Apparirà così meglio che colui che diviene Vescovo contrae un legame con la Chiesa cui è destinato, assumendo pubblicamente di fronte ad essa gli impegni del suo ministero. Ugualmente è importante che, soprattutto durante le visite pastorali, possa trascorrere del tempo con i Fedeli, per ascoltarli in vista del suo discernimento. Ciò aiuterà a far sperimentare la Chiesa come famiglia di Dio. La costitutiva relazione del Vescovo con la Chiesa locale non appare oggi con sufficiente chiarezza nel caso dei Vescovi titolari, ad esempio i Rappresentanti pontifici e coloro che prestano servizio nella Curia Romana. Su questo tema sarà opportuno continuare a riflettere.

71. Anche i Vescovi hanno bisogno di essere accompagnati e sostenuti nel loro ministero. Il Metropolita può rivestire un ruolo di promozione della fraternità tra Vescovi di Diocesi limitrofe. Lungo il percorso sinodale è emersa l’esigenza di offrire ai Vescovi percorsi di formazione continua anche nei contesti locali. È stata richiamata la necessità di precisare il ruolo dei Vescovi ausiliari e di ampliare i compiti che il Vescovo può delegare. Andrà valorizzata anche l’esperienza dei Vescovi emeriti nella loro nuova modalità di essere a servizio del Popolo di Dio. È importante aiutare i Fedeli a non coltivare attese eccessive ed irrealistiche nei confronti del Vescovo, ricordando che anch’egli è un fratello fragile, esposto alla tentazione, bisognoso come tutti di aiuto. Una visione idealizzata del Vescovo non facilita il suo delicato ministero, che è invece sostenuto da una partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla missione in una Chiesa veramente sinodale.

Con il Vescovo: Presbiteri e Diaconi

72. In una Chiesa sinodale i Presbiteri sono chiamati a vivere il proprio servizio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e di ascolto di tutti, aprendosi a uno stile sinodale. I Presbiteri «costituiscono insieme col loro Vescovo un unico Presbiterio» (LG 28) e collaborano con lui nel discernere i carismi e nell’accompagnare e guidare la Chiesa locale, con una particolare attenzione al servizio dell’unità. Sono chiamati a vivere la fraternità presbiterale e a camminare insieme nel servizio pastorale. Del presbiterio fanno parte anche i Presbiteri membri di Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica, che lo arricchiscono con la peculiarità del loro carisma. Essi, così come i Presbiteri che provengono da Chiese Orientali sui iuris, celibi o sposati, i Presbiteri fidei donum e quelli che provengono da altre nazioni aiutano il clero locale ad aprirsi agli orizzonti della Chiesa intera, mentre i Presbiteri diocesani aiutano gli altri confratelli a inserirsi nella storia di una Diocesi concreta, con le sue tradizioni e ricchezze spirituali. In questo modo anche nel presbiterio si realizza un vero scambio di doni in vista della missione. Anche i Presbiteri hanno bisogno di essere accompagnati e sostenuti, soprattutto nelle prime tappe del ministero e in momenti di debolezza e di fragilità.

73. Servi dei misteri di Dio e della Chiesa (cfr. LG 41), i Diaconi sono ordinati «non per il sacerdozio, ma per il ministero» (LG 29). Lo esercitano nel servizio della carità, nell’annuncio e nella liturgia, mostrando in ogni contesto sociale ed ecclesiale in cui sono presenti la relazione tra Vangelo annunciato e vita vissuta nell’amore, e promuovendo nella Chiesa intera una coscienza e uno stile di servizio verso tutti, specialmente i più poveri. Le funzioni dei Diaconi sono molteplici, come mostrano la Tradizione, la preghiera liturgica e la prassi pastorale. Esse andranno specificate in risposta ai bisogni di ogni Chiesa locale, in particolare per risvegliare e sostenere l’attenzione di tutti nei confronti dei più poveri, nel quadro di una Chiesa sinodale missionaria e misericordiosa. Il ministero diaconale rimane ancora sconosciuto a molti Cristiani, anche perché, pur essendo stato ripristinato dal Vaticano II nella Chiesa latina come grado proprio e permanente (cfr. LG 29), non è stato ancora accolto in tutte le aree geografiche. L’insegnamento del Concilio andrà ulteriormente approfondito, anche sulla base di una verifica delle molteplici esperienze in atto, ma offre già solide motivazioni alle Chiese locali per non tardare nel promuovere il diaconato permanente in modo più generoso, riconoscendo in questo ministero un prezioso fattore di maturazione di una Chiesa serva alla sequela del Signore Gesù che si è fatto servo di tutti. Questo approfondimento potrà aiutare anche a comprendere meglio il significato dell’Ordinazione diaconale di coloro che diventeranno Presbiteri.

La collaborazione fra i Ministri ordinati all’interno della Chiesa sinodale

74. Più volte, nel corso del processo sinodale, è stata espressa gratitudine nei confronti di Vescovi, Presbiteri e Diaconi per la gioia, l’impegno e la dedizione con cui svolgono il loro servizio. Sono state ascoltate anche le difficoltà che i Pastori incontrano nel loro ministero, legate soprattutto a un senso di isolamento, di solitudine, oltre che dall’essere sopraffatti dalle richieste di soddisfare ogni bisogno. L’esperienza del Sinodo può aiutare Vescovi, Presbiteri e Diaconi a riscoprire la corresponsabilità nell’esercizio del ministero, che richiede anche la collaborazione con gli altri membri del Popolo di Dio. Una distribuzione più articolata dei compiti e delle responsabilità, un discernimento più coraggioso di ciò che appartiene in proprio al Ministero ordinato e di ciò che può e deve essere delegato ad altri, ne favorirà l’esercizio in modo spiritualmente più sano e pastoralmente più dinamico in ciascuno dei suoi ordini. Questa prospettiva non mancherà di avere un impatto sui processi decisionali caratterizzati da uno stile più chiaramente sinodale. Aiuterà anche a superare il clericalismo inteso come uso del potere a proprio vantaggio e distorsione dell’autorità della Chiesa che è servizio al Popolo di Dio. Esso si esprime soprattutto negli abusi sessuali, economici, di coscienza e di potere da parte dei Ministri della Chiesa. «Il clericalismo, favorito sia dagli stessi Sacerdoti sia dai Laici, genera una scissione nel Corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo» (Francesco, Lettera al Popolo di Dio, 20 agosto 2018).

Insieme per la missione

75. In risposta alle esigenze della comunità e della missione, lungo la sua storia la Chiesa ha dato vita ad alcuni ministeri, distinti da quelli ordinati. Tali ministeri sono la forma che i carismi assumono quando sono pubblicamente riconosciuti dalla comunità e da coloro che hanno la responsabilità di guidarla e sono messi in modo stabile a servizio della missione. Alcuni sono più specificatamente volti al servizio della comunità cristiana. Di particolare rilevanza sono i ministeri istituiti, che vengono conferiti dal Vescovo, una volta nella vita, con un rito specifico, dopo un appropriato discernimento e un’adeguata formazione dei candidati. Non si tratta di un semplice mandato o di un’assegnazione di compiti; il conferimento del ministero è un sacramentale che plasma la persona e definisce il suo modo di partecipare alla vita e alla missione della Chiesa. Nella Chiesa latina si tratta del ministero del lettore e dell’accolito (cfr. Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Spiritus Domini, 10 gennaio 2021), e di quello del catechista (cfr. Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Antiquum ministerium, 10 maggio 2021). I termini e le modalità del loro esercizio devono essere definiti da un mandato della legittima autorità. Compete alle Conferenze episcopali stabilire le condizioni personali che i candidati devono soddisfare ed elaborare gli itinerari formativi per l’accesso a questi ministeri.

76. A questi si affiancano ministeri non istituiti ritualmente, ma esercitati con stabilità su mandato dell’autorità competente, come, ad esempio, il ministero di coordinare una piccola comunità ecclesiale, di guidare la preghiera della comunità, di organizzare azioni caritative, ecc., che ammettono una grande varietà a seconda delle caratteristiche della comunità locale. Ne sono un esempio i catechisti che da sempre in molte regioni dell’Africa sono responsabili di comunità prive di Presbiteri. Anche se non esiste un rito prescritto, è opportuno rendere pubblico l’affidamento attraverso un mandato davanti alla comunità per favorirne l’effettivo riconoscimento. Esistono anche ministeri straordinari, come il ministero straordinario della comunione, la presidenza delle celebrazioni domenicali in attesa di Presbitero, l’amministrazione di alcuni sacramentali o altri. L’ordinamento canonico latino e orientale prevede già che, in alcuni casi, i Fedeli laici, uomini o donne, possano essere anche ministri straordinari del Battesimo. Nell’ordinamento canonico latino, il Vescovo (con l’autorizzazione della Santa Sede) può delegare l’assistenza ai matrimoni a Fedeli laici, uomini o donne. Sulla base delle esigenze dei contesti locali, si valuti la possibilità di allargare e rendere stabili queste opportunità di esercizio ministeriale da parte di Fedeli laici. Infine, ci sono i servizi spontanei, che non hanno bisogno di ulteriori condizioni o riconoscimenti espliciti. Dimostrano che tutti i Fedeli, in vario modo, partecipano alla missione attraverso i loro doni e carismi.

77. Ai Fedeli laici, uomini e donne, occorre offrire maggiori opportunità di partecipazione, esplorando anche ulteriori forme di servizio e ministero in risposta alle esigenze pastorali del nostro tempo, in uno spirito di collaborazione e corresponsabilità differenziata. Dal processo sinodale emergono in particolare alcune esigenze concrete a cui dare risposta in modo adeguato ai diversi contesti:

a) una più ampia partecipazione di Laici e Laiche ai processi di discernimento ecclesiale e a tutte le fasi dei processi decisionali (elaborazione e presa delle decisioni);

b) un più ampio accesso di Laici e Laiche a posizioni di responsabilità nelle Diocesi e nelle istituzioni ecclesiastiche, compresi Seminari, Istituti e Facoltà teologiche, in linea con le disposizioni già esistenti;

c) un maggiore riconoscimento e un più deciso sostegno alla vita e ai carismi di Consacrate e Consacrati e il loro impiego in posizioni di responsabilità ecclesiale;

d) l’aumento del numero di Laici e Laiche qualificati che svolgono il ruolo di giudice nei processi canonici;

e) un effettivo riconoscimento della dignità e il rispetto dei diritti che lavorano come dipendenti della Chiesa e delle sue istituzioni.

78. Il processo sinodale ha rinnovato la consapevolezza che l’ascolto è una componente essenziale di ogni aspetto della vita della Chiesa: l’amministrazione dei sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, la catechesi, la formazione e l’accompagnamento pastorale. In questo quadro, l’Assemblea ha dedicato attenzione alla proposta di istituire un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento, mostrando una varietà di orientamenti. Alcuni si sono espressi favorevolmente, perché tale ministero costituirebbe un modo profetico di sottolineare l’importanza di ascolto e accompagnamento nella comunità. Altri hanno affermato che ascolto e accompagnamento sono compito di tutti i Battezzati, senza che ci sia necessità di un ministero specifico. Altri ancora evidenziano la necessità di un approfondimento, ad esempio del rapporto tra questo eventuale ministero e l’accompagnamento spirituale, il counseling pastorale e la celebrazione del sacramento della Riconciliazione. È emersa anche la proposta che l’eventuale ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento sia destinato in modo particolare all’accoglienza di chi è ai margini della comunità ecclesiale, di chi ritorna dopo essersi allontanato, di chi è in ricerca della verità e desidera essere aiutato a incontrare il Signore. Rimane dunque l’esigenza di proseguire il discernimento a riguardo. I contesti locali dove questa esigenza è maggiormente sentita potranno promuovere una sperimentazione ed elaborare possibili modelli su cui discernere.