Gli scienziati dissuasero il governo del Terzo Reich dall’investire in un programma atomico. In un saggio edito da Fuoriscena, Thomas Powers svela l’equivoco del progetto Manhattan: la Germania nazista non era vicina a costruire armi nucleari

Werner Heisenberg (in primo piano a destra) con i partecipanti a un seminario tenuto a Lipsia

di CARLO ROVELLI
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Il pericolo nucleare si sta riavvicinando. Crescono minacce. In questi giorni il segretario dell’Alleanza atlantica ha dichiarato che «la Nato sta discutendo l’aumento del suo arsenale nucleare» e «deve esibire il suo arsenale nucleare per inviare un messaggio diretto ai suoi nemici». Il Bollettino degli Scienziati Atomici, che da decenni valuta periodicamente il rischio di catastrofe nucleare, ha annunciato un livello di allerta massima, che non si vedeva dai giorni più drammatici della guerra fredda.

In questo clima arroventato, le edizioni Fuoriscena pubblicano un libro di storia importante, che fa riflettere sul presente. Il libro narra la nascita dell’era atomica, ma dall’altro lato rispetto alla narrazione comune: cosa facevano negli anni Quaranta gli scienziati atomici tedeschi, mentre in America il progetto Manhattan, sotto la direzione di Oppenheimer, costruiva le prime bombe atomiche, quelle usate contro Hiroshima e Nagasaki.

Il libro si intitola La guerra di Heisenberg, e ruota intorno alla figura di Werner Heisenberg, lo scopritore della meccanica quantistica. Heisenberg era il leader indiscusso della fisica atomica tedesca, e l’uomo su cui il governo tedesco ha provato a contare per far crescere un programma militare atomico tedesco. Il libro, denso e puntiglioso, ricostruisce con un certosino lavoro storico, basato su documenti e interviste, gli eventi quasi quotidiani, che riguardano i programmi di ricerca atomica nei fatali anni Quaranta: le ansie e le confusioni dei loro protagonisti, dagli scienziati agli uomini dei servizi di informazione, da una parte e dall’altra del conflitto.

Il quadro che emerge è sconcertante sotto diversi aspetti, e ci mette di fronte a domande difficili. La questione che corre in filigrana attraverso le quasi 800 pagine del libro è come la Germania non abbia costruito la bomba atomica prima degli Stati Uniti. La scienza tedesca era la più avanzata. Il sistema industriale tedesco era potentissimo, la leadership politica tedesca si era resa conto della possibilità di una micidiale arma atomica più di un anno prima della leadership politica americana e sollecitava il mondo scientifico; mentre in America sono stati gli scienziati ad allertare i politici. La Germania disponeva delle miniere di uranio in Cecoslovacchia, e di acqua pesante. Il progetto Manhattan è stato cantato come impresa colossale, ma i russi l’hanno ripetuta immediatamente dopo Hiroshima e Nagasaki, in molto meno tempo. Non era poi così tremendamente difficile. Come hanno fatto i tedeschi, che avevano la migliore scienza del mondo, a non avvicinarcisi nemmeno?

La risposta che emerge dal lavoro storico di Thomas Powers è semplice e inquietante. La leadership scientifica tedesca, e principalmente Heisenberg e il suo stretto collega e amico Carl Friedrich von Weizsäcker, hanno dissuaso il governo tedesco dall’investire nel progetto di un’arma atomica, mettendo l’accento sulle sue difficoltà. In una delle pagine più sorprendenti del libro, per esempio, c’è una riunione chiave in cui il ministero della Guerra è pronto a qualunque investimento, e gli scienziati rispondono chiedendo minuzie per una ricerca esplorativa.

È difficile oggi, a valle della catastrofica disfatta della Germania e della titanica operazione di propaganda ideologica, durata decenni, che ne è seguita, ricostruire e comprendere la posizione morale di Heisenberg e dei suoi amici. Al meglio di quanto sia possibile ricostruire, Werner Heisenberg amava il suo Paese e si considerava leale ad esso. Non gli piaceva il nazismo, lo considerava un male, da cui immaginava il suo Paese si sarebbe ripreso, tanto se avesse perso che se avesse vinto la guerra. Aveva difeso la fisica «giudaica» di Einstein dagli attacchi deliranti di colleghi fanatici nazisti, si era adoperato ripetutamente per difendere fisici ebrei. Ma aveva resistito a forti sollecitazioni, da parte di amici fisici di altri Paesi, a lasciare la Germania prima dell’inizio della guerra. Pensava che comunque dopo la guerra sarebbe stato importante per la Germania che ci fosse qualcuno per farvi continuare la scienza. Di fatto, non ha tradito la sua patria, né ha aiutato i nazisti ad avere un’arma di potere assoluto. Nel clima di guerra totale, tanto militare che ideologica, in cui il mondo cade periodicamente, scegliere una strada come questa significa accettare di essere considerati traditori e bugiardi sia da una parte che dall’altra. E così infatti Heisenberg è stato spesso dipinto nel dopoguerra.

Ma l’aspetto inquietante della nascita dell’era atomica, l’era in cui siamo, non è dato dalle difficoltà politiche e morali degli scienziati tedeschi. È la relazione fra questo e quanto è successo nel frattempo dall’altra parte dell’Atlantico. Come ho accennato, mentre i politici tedeschi avevano intuito la possibilità di un’arma atomica, i politici americani, inglesi, e russi, non se ne erano resi conto. Sono stati gli scienziati a insistere ripetutamente con i politici, premendo per lo sviluppo di un programma militare nucleare. L’episodio più famoso di questa pressione, anche se non l’unico, è una lettera che lo stesso Einstein, emigrato in America, scrisse al presidente americano.

Quale era l’argomento usato dagli scienziati in America per convincere i politici americani a impegnarsi a costruire l’arma da incubo? L’argomento, e questo è il punto chiave di questa storia, era che bisognava costruire la bomba altrimenti l’avrebbero fatta i tedeschi. I quali, nel frattempo, non la stavano facendo. In altre parole, siamo entrati nell’era nucleare dove il rischio di autodistruzione dell’umanità è tragicamente concreto e vicino, e gli eventi recenti lo ravvivano, siamo entrati in questo incubo, a causa di un equivoco. A causa della convinzione errata, da parte di alcuni scienziati in America, che la Germania nazista fosse vicina ad avere una bomba micidiale, da cui invece era lontana. Diversi degli scienziati che in America erano i più accesi tribuni della necessità di fare la bomba erano scienziati europei scappati dal nazismo come Szilard, Wigner, Fermi, Teller… Einstein fra questi. Come oggi, i più accesi guerrafondai sono quelli più vicini a chi viene percepito come nemico. Quello che ci più rende aggressivi è l’ingigantita, irrazionale, infondata paura del nemico.

La continuazione della storia è triste. Il nazismo non è stato fermato dal progetto Manhattan ma principalmente dal sacrificio di milioni di soldati russi. La bomba atomica però è stata fatta lo stesso, anche se non serviva più allo scopo dichiarato di evitare la usassero prima i tedeschi, e non è caduta né su Londra, come temevano alcuni, né su Berlino, come temevano altri, ma su due città asiatiche, che per gli occidentali è comunque molto meno grave. La leadership politica americana ha deciso di usarla per chiarire che da quel momento i padroni erano loro, certi che i russi non ci sarebbero arrivati, ma i russi hanno costruito la stessa bomba in un tempo brevissimo, gettando il mondo nella follia della deterrenza per mutua distruzione assicurata: un equilibrio tremendamente instabile, che fino ad oggi grazie al cielo ha tenuto, ma ora traballa. Perderlo significa devastare la razza umana. La piccola Italia partecipa alla follia con una sessantina di atomiche, a Pordenone e a Brescia, che non comanda neppure. Saranno fra i primi target se qualcosa va male.

Nel progetto Manhattan c’era un giovane tedesco che aveva passato informazioni segrete alla Russia, Klaus Fuchs. Andrà a vivere nella Germania dell’Est, e aiuterà i russi nello sviluppo della bomba. Molti anni dopo un giornalista andrà a trovarlo e gli chiederà se non si sentisse in colpa per aver dato la bomba a Stalin. La risposta dell’ormai vecchio scienziato fu che il giorno in cui finalmente lui e i suoi amici hanno potuto dare a Stalin la bomba è stato il primo giorno in cui ha dormito sereno: fino a quel giorno, aveva ogni notte incubi in cui vedeva Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo) con gli abitanti bruciare vivi sotto la bomba americana. Come Hiroshima e Nagasaki.

Dopo la guerra, Heisenberg e i suoi vecchi amici fisici di prima della guerra non sono più riusciti a parlarsi davvero. Una delle osservazioni più tristi del libro di Powers riguarda il fatto che nessuno dei vecchi amici di Heisenberg ha avuto la forza di ristabilire un vero dialogo aperto con lui. Abbiamo foto di Heisenberg ed Enrico Fermi, praticamente ragazzi, in una barca su un lago italiano. Sono sereni, ridono. Insieme stanno svelando i segreti più intimi degli atomi. Qualche anno dopo Fermi e Oppenheimer suggeriscono un progetto per avvelenare le derrate alimentari tedesche con una sostanza tossica radioattiva per poter uccidere almeno «mezzo milione di persone». Gli Alleati bombardano i laboratori tedeschi per ucciderne gli scienziati. I servizi segreti americani approvano un piano per eliminare Heisenberg. Un agente dei servizi americani raggiungerà Heisenberg durante una sua visita in Svizzera, ma non arriverà ad agire.

Niels Bohr, il padre intellettuale di Heisenberg, decano e padre spirituale della scienza atomica, e lo stesso Oppenheimer, cercarono dopo la guerra di convincere i politici americani ad usare l’arma atomica come occasione per costruire un controllo internazionale condiviso della violenza. Rinunciare alla violenza estrema, alla guerra, a livello internazionale, così come rinunciamo alla violenza per regolare le dispute all’interno delle nostre nazioni. Fallirono. Io penso che il mondo prima o poi arriverà a mettere la ragione davanti alla costante paura e demonizzazione del nemico, e alla sfrenata sete di dominio dei più potenti. Per ora non lo sta facendo. La domanda è se il mondo ci arriverà prima, o dopo, la catastrofe nucleare che si avvicina.

Heisenberg era rocambolescamente e rischiosamente andato a trovare Bohr in Danimarca durante la guerra, senza arrivare a parlarci davvero. Perché la stupidità della guerra, allora come oggi, trasforma gli amici in nemici.

17 luglio 2024