Natività di Giovanni Battista
– 24 giugno –
Lc 1,57-66.80

Domenico Ghirlandaio, La nascita di San Giovanni Battista

Giovanni è il suo nome (Lc 1,57-66.80) 

Giovanni è il discepolo vero del Signore; lo precede nel tempo, ma in realtà lo segue, nella vita e nella morte. La sua vita è sequela di Gesù nel martirio e nella testimonianza. La natività di Giovanni Battista richiama immediatamente quella di Gesù: la nascita miracolosa del Precursore, generato da un padre anziano e da una madre sterile, non avevano infatti altro scopo che quello di preparare la venuta imminente del Salvatore. L’amico doveva nascere prima dello Sposo, il servo prima del suo Signore, la voce prima del Verbo, il messaggero prima del giudice, il riscattato prima del Redentore. Giovanni è stato precursore del Cristo con la sua nascita, la sua predicazione, il suo battesimo, la sua morte. La sua figura diventa modello per ogni cristiano che deve disegnare il suo profilo interiore su quello del suo quello di orientare i cuori verso Gesù, di preparare un popolo ben disposto al Signore Gesù. Così il vero discepolo a cui preme il regno di Dio deve essere capace di essere come un indice puntato verso il suo Signore, deve dirottare l’attenzione su Dio, deve proclamare non le sue tesi ma la volontà divina, deve gioire quando vede che gli altri non si fermano presso di lui, ma accorrono a colui che egli ha indicato. Era giusto che fosse chiamato “voce” colui che veniva dopo le altre profezie. La festa di Giovanni non è di Giovanni ma del Signore. Oggi è giorno di gioia perché è prossimo il giorno in cui la Parola sarà annunciata.

La liturgia pone come I lettura il secondo canto del servo del Signore, scelto da Dio fin dal seno materno. Molte delle qualità del servo del Signore sono in effetti trasponibili alla figura del Battista. Conosciuto e chiamato fin dal grembo materno, il servo riceve di poter parlare nel nome del Signore. Le immagini che applica a se stesso evocano una vocazione alla battaglia: spada affilata nella mano del Signore, freccia appuntita nella sua faretra. Ma si tratta sempre di metafore riferite alla parola. Il servo allora riceve l’assicurazione che la sua parola avrà la forza della spada affilata, perché Dio intende manifestare in lui la sua gloria.

v.57: L’evangelista presenta i futuri genitori di Giovanni il Battista: Zaccaria (Dio si ricorda) e la sua sposa Elisabetta (il mio Dio è giuramento). Zaccaria ed Elisabetta sono presentati come ‘giusti’, cioè raffigurano i credenti dell’AT con le loro speranze e la loro vita di fede, spesso sofferta. La loro condizione di sterilità contrasta con la loro giustizia, poiché sembra escluderli dalla promessa di Abramo. L’età avanzata sembra evocare l’approssimarsi di un logoramento irrimediabile; sul fallimento di ogni possibilità umana Dio scriverà l’inizio di un momento decisivo della storia della salvezza.

v.59: Per capire Giovanni Battista non bisogna guardare lui, ma guardare Gesù. Per cogliere il senso della sua missione non bisogna fermarsi alle sue parole o alla sua persona, ma a colui al quale le sue parole si riferiscono e al quale la sua vocazione è subordinata: “uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali”. Dunque, Giovanni Battista è il grande strumento del Signore; che il Signore si è preparato e attraverso cui il Signore realizza il suo progetto di fare arrivare la luce fino agli estremi confini della terra. Quindi una grande vocazione di Giovanni, ma nello stesso tempo una vocazione di puro servizio e di nascondimento, orientata a fare emergere il significato e il valore di qualcun altro e di qualcos’altro, cioè di quello che Dio vuole realizzare.

v.60: Giovanni Battista ha un’origine misteriosa e divina, e ha un compito anch’esso misterioso e divino che va di là della sua identità umana. La nascita di Giovanni Battista non è normale. C’è stato di mezzo una sterilità, un’incapacità e un’impossibilità umana; c’è l’opera di Dio. L’opera di Dio è in ogni bambino che nasce, ma in questo bambino l’opera di Dio si manifesta in un modo particolarmente intenso, perché “Dio ha esaltato in Elisabetta la sua misericordia”.

Secondo le prescrizioni di Gen 17,12 il bambino viene circonciso nell’ottavo giorno. Ma anche in questo caso non è la circoncisione che interessa, bensì l’imposizione del nome. È il nome indicato dall’angelo nell’annuncio a Zaccaria, non un nome determinato dalle consuetudini familiari. L’azione di Dio non è prigioniera delle consuetudini. Giovanni è un dono della misericordia di Dio, e Dio vuole per lui un nome che ne dica l’identità e la missione, non un nome che semplicemente indica la parentela. Giovanni – che significa “Dio fa grazia” – è il nome adatto.

La Scrittura ci parla di una verità che la attraversa: la storia è sotto il governo di Dio. Il Signore della storia è Dio ed Egli la guida nella sua provvidenza. La questione del nome di Giovanni va in questo senso. ‘Non c’è nessuno della tua parentela che porti questo nome’ dicono ad Elisabetta. La genealogia viene dal passato e va verso il futuro. Elisabetta ci dice che c’è una storia che viene dal futuro. La novità del nome di Giovanni è la novità di Dio. Nella prima lettura c’è una investitura. La reazione del profeta è: invano ho faticato. Questa è la grande tentazione ma anche la legge dell’opera di Dio. L’intervento di Dio passa sempre attraverso un apparente ‘scacco’. La morte di Giovanni e di Gesù sono una sconfitta per il mondo; Dio usa le sconfitte di Giovanni e di Gesù, ma se noi oggi siamo qui è per quella morte e per quella sconfitta. Il Signore ci dice: non temere, Io guido la storia e l’unica cosa che ti chiedo è di affidarti a me.

Nel momento in cui Elisabetta riafferma con forza che il nome di quel bimbo dovrà essere Giovanni, allora dicono: non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome. C’è una condizione nuova che attraverso il nome dato a questo bambino viene a realizzarsi. C’è una parentela interrotta. Il nuovo modo di essere di Dio e il suo fare grazia rappresenta una novità: non c’è continuità con le parentele degli uomini; non è una parentela quella che siamo chiamati a vivere, ma è una cosa nuova. Questa cosa nuova è appunto che Dio fa grazia. Dio fa grazia attraverso una persona che è Giovanni. Allora ogni persona può essere Dio che fa grazia. Ogni persona può dare origine a dei legami non di parentela ma di misericordia.

v.62: Nella disputa del nome si confrontano due modi di vedere la vita: quello di chi si limita a registrare i fatti, anche gioiosi, che accadono e quello che invece ha scoperto che la vita e la storia degli uomini sono guidate da Dio. Non è scontato che Zaccaria confermi che il nome dovrà essere quello stabilito: è invece importante che lo faccia, perché il progetto è di Dio, ma è necessario che l’uomo lo faccia proprio.

v.65: Di fronte all’agire di Dio c’è la meraviglia, c’è il timore, c’è la gioia. Sono tutti sentimenti che si troveranno anche di fronte a Gesù e sono anche i sentimenti che accadono nel mattino di Pasqua: la gioia, il timore, la meraviglia. Attenzione, dunque, con tutti coloro con i quali Dio fa grazia. In tutti coloro nei quali Dio ha deciso di fare grazia, in tutti i nati dalle sterili, in tutti coloro che hanno messo a tacere gli increduli vengono anticipati quelli che sono i dati della passione.

Maria Chiara Zulato
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