Vangelo del giorno

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

di Silvano Fausti
[Diciamo] prima una cosa sul bambino: per noi i bambini…..ogni coppia ne ha uno, un bambino, magari con qualche zio o zia scapolo o nubile, più i nonni, i bisnonni e quindi quel bambino è adorato da tutti. Il bambino non contava niente anticamente, tanto è vero che la stessa parola bambino vuol dire schiavo. Il papà aveva diritto di vita e di morte. E’ nulla e neanche la legge lo considera. Non è tenuto, da nessuna legge. Quindi è il fuorilegge, è quello che è il niente. E vale niente. Cioè il bambino è puro bisogno, non può vivere da solo a differenza forse del pulcino che subito si arrangia, il bambino vive se è accudito, sennò non vive. Vive perché è amato. Ora questa caratteristica di vivere se siamo accolti, amati è fondamento del nostro esistere. Chi non è accolto non esiste. E’ sempre inquieto, angosciato, tenta cose grandi per essere qualcuno, le pone a tutti i livelli. E’ il principio di tutti i mali non accettare il bambino, cioè il nostro bisogno di essere amato, accettarlo con spontaneità. E’ ciò che ci fa come Dio ed è il bisogno fondamentale. Il bambino lo vive spontaneamente. E’ lo statuto del figlio: tutto ciò che abbiamo lo riceviamo. Uno può accarezzarsi da se stesso ma è autistico, esistiamo perché amati dall’altro, siamo relazione. Quindi proprio il nostro bisogno, la nostra fragilità, la nostra debolezza è il logo più proprio dell’Amore. Dove siamo bravi, autosufficienti, facciamo da soli. Quindi accettare questa parte che noi consideriamo il nostro limite, la nostra fragilità, il nostro aspetto dal quale cerchiamo di uscire…forse è l’aspetto più vero dal quale non si esce. E’ come il recipiente che contiene qualunque bene, se togli questo recipiente ci sta più niente…
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di Franco Mastrolonardo
Alberto Marvelli, un beato della Chiesa riminese vissuto a cavallo della seconda guerra mondiale diceva spesso: non pensare che sia tempo perso il tempo che passi con i bambini. Io aggiungerei che sul piatto della bilancia, nel giorno del giudizio, il tempo speso per i bambini peserà tutto a nostro favore. Quando siamo fra grandi ci pare un perder tempo far qualche domanda ai bambini o addirittura giocare con loro. Abbiamo da fare cose più serie. Eppure Gesù non la pensa così. Ce lo dice esplicitamente nel Vangelo. “Lasciate che i bambini vengano a me”. Alla faccia dei discepoli che volevano tenerli fuori dal loro chiudersi a riccio con il Maestro. Gesù li spiazza sempre. Non solo li sgrida, ma ne approfitta per fare una catechesi speciale. A chi è come loro appartiene il Regno di Dio. Allora nella storia penserei che i santi più bambini sono quelli preferiti da Dio: ad esempio un giullare come san Francesco, o un giocherellone come san Filippo Neri, o una piccola principessa come santa Teresina di Lisieux o una contemplativa come Etty Hillesum. È lo sguardo dei bambini che oggi ci manca. Non sgridiamoli allora, ma giochiamo con loro.
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di Paolo Curtaz
Quanto è sorprendente questo brano di vangelo! I bambini, al tempo di Gesù, non godevano di grande considerazione, essendo dei non-ancora uomini. Anzi, infastidivano i rabbini intenti a spiegare i misteri del Regno. È comprensibile, allora, il gesto rispettoso degli apostoli che temono di disturbare il Maestro il quale, invece, dimostra enorme simpatia verso i bambini. Non solo non ne è infastidito ma li propone come modelli del discepolato. I discepoli sono chiamati ad imitare i bambini non nell’avere atteggiamenti infantili, cosa che Gesù rimprovera (ricordate i bambini che litigano perché non si mettono d’accordo sul gioco da fare?), ma nello stupore con cui il bambino, ancora oggi, si rapporta alla vita. Lo sguardo del bambino è uno sguardo spalancato sul mistero, che vede ciò che noi adulti stentiamo a vedere. Perciò il discepolo è chiamato a crescere nella fiducia, nell’abbandono, nello stupore, nella meraviglia… tutte caratteristiche che l’età e la disillusione, spesso, spengono in noi. Animo, allora, lo Spirito santo faccia sbocciare in noi tutte le qualità che da bambini avevamo e che ora, da adulti, abbiamo nascosto da qualche parte in fondo al cuore.