Sabato della I settimana di Quaresima
Dt 26,16-19 Sal 118 Mt 5,43-48: Siate perfetti come il Padre vostro celeste.
Commento su Matteo 5,43-48
Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Commento
di Luigi Maria Epicoco
“Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”.
Essere di Dio significa comportarsi come Gesù. E la caratteristica dell’amore di Dio consiste nel fatto che esso è libero dalla logica di “azione-reazione”. Infatti molto spesso quello che facciamo lo facciamo per reazione più che decisione. Ci viene infatti facile corrispondere al bene di uno che ci vuole bene, e ci viene altrettanto facile provare rancore nei confronti di uno che ci ha fatto del male. Gesù ci chiede di liberare il nostro amore da questo meccanismo, e di consegnarlo invece a una logica di gratuità che nulla a che fare con il semplice “sentire”, ma è invece “decidere”.
“Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Tradotto significa: se tu ami solo quando ti senti di amare qual è la differenza tra te e chiunque altro? Decidi di amare invece anche quando senti che è faticoso, quando le tue emozioni ti dicono il contrario, quando la reazione più umana potrebbe essere l’odio. In pratica Gesù ci chiede di fare la differenza tra ciò che sentiamo e ciò che decidiamo. Siamo figli suoi non quando sentiamo sensazioni buone, ma siamo soprattutto figli suoi quando pur sentendo sensazioni negative decidiamo di fare scelte di bene mettendoci contro questi umanissimi sentimenti di pancia. È Gesù che ci chiede di ragionare con un altro metro di giustizia.
http://www.nellaparola.it
di Ermes Ronchi
Il Vangelo mette in fila una serie di verbi che chiedono cose difficili: amate, pregate, porgete, benedite, prestate, fate: per primi, ad amici e nemici. La concretezza della santità, niente di astratto e lontano, santità terrestre che profuma di casa, di pane, di incontri. Non sono precetti, ma offerta di un potere, trasmissione da Dio all’uomo di una forza, di una energia divina.
Infatti dove sta il centro da cui scaturisce tutto? Sta nelle parole: perché siate figli del Padre vostro che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Da Padre a figli: c’è come una trasmissione di eredità, una eredità di comportamenti, di affetti, di valori, di forza, di solarità.
Perché ogni volta che noi chiediamo al Signore: “Donaci un cuore nuovo”, noi stiamo invocando di poter avere un giorno il cuore di Dio, e gli stessi suoi sentimenti, la sua perfezione.
È straordinario, verrà il giorno in cui il nostro cuore che ha fatto tanta fatica a imparare l’amore, sarà il cuore stesso di Dio e allora saremo capaci di un amore che rimane in eterno, che sarà la nostra anima, per sempre, e che sarà l’anima del mondo.
Avvenire
di Paolo Curtaz
Il discorso della montagna presente in Matteo è destabilizzante per i contemporanei di Gesù e per noi oggi. Per i farisei, in particolare, che reputavano Legge inviolabile gli oltre seicento precetti della tradizione orale che nulla avevano a che fare con Mosè e che Gesù si permette di correggere liberamente con grande scandalo dei devoti. Ma anche per noi, per la forza semplice ed immediata del suo ragionamento. Amare chi ci ama è molto semplice, osserva il Signore, non c’è nulla di virtuoso in questo, è del tutto naturale comportarsi in questo modo. Amare chi ci fa del male, il nemico, invece, è straordinariamente difficile, supera l’istinto e il buon senso, ci rende simili a Dio che fa sorgere il sole e fa piovere su giusti ed ingiusti. Al discepolo è chiesto di superare la connaturale simpatia o antipatia per andare alla radice di ogni rapporto umano fondato sulla giustizia divina. Proprio perché siamo oggetto dell’amore di Dio diventiamo capaci di amare, di quello stesso amore, le persone che ci sono moleste…In questa quaresima, perciò, lasciamoci amare con maggiore intensità dal Padre perché ci aiuti a vincere ogni resistenza ed amare gli altri dell’amore con cui siamo stati amati.
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Meditazione di Papa Francesco
Sabato della I settimana di Quaresima
Dt 26,16-19 Sal 118 Mt 5,43-48: Siate perfetti come il Padre vostro celeste.i
L’ultimo scalino
Sulla strada del cristiano «non c’è posto per l’odio»: se, come «figli», i credenti vogliono «assomigliare al Padre», non devono limitarsi alla semplice «lettera della legge», ma vivere ogni giorno il «comandamento dell’amore». Fino ad arrivare «a pregare per i nemici»: cioè all’«ultimo scalino» che è necessario salire per guarire il «cuore ferito dal peccato». Gesù, ribaltando l’idea di «prossimo», è venuto per portare la legge alla «pienezza». Gesù infatti è «venuto non per cancellare la legge», colpa di cui era accusato dai suoi nemici, ma «per portarla alla pienezza». Tutta, «fino all’ultimo iota».
All’epoca, infatti, i dottori della legge ne davano «una spiegazione troppo teorica, casistica». Di fatto, era una visione «in cui non c’era il cuore proprio della legge, che è l’amore» dato da Dio «a noi». Al centro non c’era più quello che nell’Antico testamento era il «comandamento più grande» — ovvero «amare Dio, con tutto il cuore, con tutte le tue forze, con tutta l’anima, e il prossimo come te stesso» — ma una casistica che cercava solo di capire: «Ma si può fare questo? Fino a che punto si può fare questo? E se non si può?».
Gesù, quindi, «prendendo spunto dai comandamenti», cerca di recuperare «il vero senso della legge per portarlo alla sua pienezza». Così, ad esempio, riguardo al quinto comandamento ricorda: «È stato detto “non uccidere”. È vero! Ma se tu insulti tuo fratello, stai uccidendo». Cioè spiega che «ci sono tante forme, tante maniere di uccidere». Così «va come raffinando la legge». E ancora: «Se tuo fratello ti chiede il vestito, dagli anche il mantello! E se ti chiede di andare per un chilometro con lui, ma va per due!». Gesù cioè chiede sempre qualcosa di «più generoso», perché «l’amore è più generoso della lettera, della lettera della legge».
Questo «lavoro» di perfezionamento non serve solo «per il compimento della legge, ma è un lavoro di guarigione del cuore». Nei brani evangelici in cui Gesù porta avanti questa spiegazione dei comandamenti «c’è un cammino di guarigione di un cuore ferito dal peccato originale». Ed è un cammino proposto a tutti, perché «tutti noi abbiamo il cuore ferito dal peccato, tutti». E giacché Gesù raccomanda di essere «perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste», per «assomigliare al Padre», per essere davvero «figli», dobbiamo seguire proprio «questa strada di guarigione».
Riprendendo il brano evangelico proposto dal brano dalla liturgia tratto dal Vangelo di Matteo (5, 43-48) — nel quale Gesù ricorda: «Avete inteso che fu detto? Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico», e quindi aggiunge: «Ma io vi dico amate i vostri nemici!» —, dobbiamo dire che in questa strada «non c’è posto per l’odio». L’asticella si alza sempre più: Gesù prima «ci porta a dare più ai nostri fratelli, ai nostri amici», adesso anche «ai nostri nemici». Infatti «l’ultimo scalino di questa scala» verso la guarigione porta la raccomandazione: «Pregate per quelli che vi perseguitano».
Un comandamento — quello di «pregare per i nemici» — che ci può spiazzare, perché a noi, «per la ferita che tutti noi abbiamo nel cuore», ci viene naturale augurare «qualcosa un po’ brutta» a un nemico che, per esempio, sparla di noi. Invece «Gesù ci dice: “No, no! Prega per lui e fai penitenza per lui”».
In tal senso il Pontefice ha raccontato come quando era ragazzo sentiva parlare «di uno dei grandi dittatori che erano nel mondo nel dopoguerra», del quale si diceva: «Che Dio lo porti all’inferno il più presto possibile!». Se dal cuore usciva in maniera immediata questo sentimento, il comandamento nuovo invece chiedeva: «Pregate per questo». Certo, «è più facile pregare per uno che è lontano, per un dittatore lontano, che pregare per quello che me l’ha fatta brutta, brutta, brutta». Eppure è proprio questo che «ci chiede Gesù».
Verrebbe da chiedere: «Ma perché, Signore, tanta generosità?». La risposta la dà Gesù proprio nel brano evangelico: per essere «figli del Padre vostro che è nei cieli». Se così «fa il Padre», così siamo chiamati a fare per essere «figli». Questa «guarigione del cuore», cioè, «ci porta a diventare più figli». E cosa fa il Padre? «Fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni; fa piovere sui giusti e sugli ingiusti», perché «è Padre di tutti».
Altra obiezione: ma Dio è padre anche «di quel delinquente, di quel dittatore?». La risposta è chiara: «Sì, è padre! Come è padre mio! Lui non rinnega mai la sua paternità!». E se vogliamo «assomigliare» a lui, dobbiamo andare «su questa via». Infatti Gesù conclude il discorso dicendo: «E voi siate perfetti come è perfetto il vostro Padre». Cioè, ci viene proposta «una strada che non ha fine», perché «tutti i giorni dobbiamo fare qualcosa del genere».
A tale riguardo Francesco ha proposto a tutti «una cosa pratica», ovvero chiedersi: «io prego per i miei nemici o mi viene di augurare loro qualcosa di brutto?». Bastano «cinque minuti, non di più» per chiedersi: «Chi sono i miei nemici o quelli che mi hanno fatto del male o che io non amo o con i quali c’è una spaccatura fra di noi? Chi sono? Io prego per questi?». Ognuno «dia la risposta».
«Che il Signore ci dia la grazia» di «pregare per i nemici; pregare per quelli che ci vogliono male, che non ci vogliono bene; pregare per quelli che ci fanno del male, che ci perseguitano», con «nome e cognome». E vedremo che questa preghiera porterà due frutti: al nostro nemico «lo farà migliorare, perché la preghiera è potente», e a noi «ci farà più figli del Padre».
Messa a Santa Marta – 2016-06-14 L’Osservatore Romano