CATTEDRA DI SAN PIETRO APOSTOLO
1Pt 5,1-4 Sal 22 Mt 16,13-19: Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli
Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Commento
di Luigi Maria Epicoco
Oggi la liturgia ci fa festeggiare la “Cattedra di San Pietro” e proprio per questo ci fa leggere questo brano del vangelo di Matteo in cui Gesù inchioda i suoi discepoli con una domanda decisiva:
«Voi chi dite che io sia?».
La verità è che la risposta giusta la dà Pietro ma non perché è preparato ma perché come gli dice Gesù: “né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”.
Credo che sia importante per ognuno di noi dire che abbiamo risposte umane rispetto a Dio, alla fede, a Cristo, alla preghiera, alla spiritualità, ma la verità è che la vera risposta a queste domande non è nelle nostre spiegazioni umane, ma in un dono che viene dall’alto. Ricordarsi che la fede è un dono e non una semplice educazione, ci mette tutti in un atteggiamento di più grande umiltà. La Chiesa non è fondata sull’intuizione di una persona intelligente, ma su una verità che un pover’uomo ha ricevuto in dono da Dio stesso. E allo stesso modo quando ognuno di noi cerca di dire che cos’è Dio, la fede o altro molto spesso può cadere nella tentazione di dire “Dio è una cosa che mi fa star bene”, oppure “è ciò che dà senso alle mie giornate”, oppure “ciò che mi ha salvato la vita”, oppure ancora “un abitudine che ho imparato fin da quando ero bambino”, e nel dire ciò dice tutte cose giuste e lodevoli, ma dire che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, significa dire qualcosa che esula la nostra semplice esperienza. Oggi dobbiamo imparare a capire che la fede è molto più di ciò che pensiamo o che può tornarci utile, e proprio per questo va chiesta perché converta le nostre lodevoli convinzioni e le spalanchi a una verità più grande, che è dono.
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di Enzo Bianchi
Certamente Matteo fa una rilettura più tardi rispetto a Marco, non dimentichiamo che Matteo ha utilizzato Marco, quindi aveva questa pagina di Marco quando lui componeva il suo Vangelo, ma Matteo ormai davanti a sé l’immagine della Chiesa in cui colui che aveva confessato per primo l’identità di Gesù era stato Pietro rispetto ai dodici. Pietro, al quale Gesù aveva cambiato il nome di Simone, dicendo che lui era una roccia, che la sua fede era una roccia, su cui doveva poggiare la Chiesa. Ecco, Matteo dunque fa una rilettura teologica più tarda, rispetto a Marco…
Allora, essendo diverse le letture di questo passo, perché poi è stata assunta questa di Matteo come fondante la Chiesa, fondante la Chiesa di Roma e il primato petrino?
Nel senso, attenzione: fondante la Chiesa è una cosa e Marco non esclude questo. Semplicemente non ha questa narrazione (…non lo dice…), però è significativo che poi alla fine del Vangelo, il primo destinatario del messaggio della Resurrezione sia proprio Pietro, perché indubbiamente Pietro si era già imposto come figura durante la vita di Gesù ma dopo la Risurrezione, dopo la Pasqua si radunano attorno a lui i quattro Vangeli in tutte le maniere, anche contraddizioni molto diverse. Dicono che c’è stato un raduno degli altri dieci eccetto Giuda il traditore, attorno a lui, e lui è stato il primo a rendere missionaria la nuova comunità, la nuova Chiesa. Quindi se dobbiamo pensare ormai delle tradizioni che si sono sedimentate, certamente Matteo riferisce delle tradizioni successive. Certamente per Matteo la Chiesa ha un fondamento sulla fede di Pietro. Dobbiamo stare attenti: i Padri della Chiesa non pensavano tanto che la persona di Pietro fosse la roccia ma è la fede di Pietro che è la roccia, per l’aver riconosciuto…per questa professione di fede che è la roccia. Tanto è vero che poi Pietro sarà subito chiamato Satana, lo vedremo…Quindi non è la sua persona. Ebbene, la tradizione, non il Nuovo Testamento, tradizione storica dice che poi Pietro in questo suo movimento missionario in mezzo ai giudei sia giunto anche a Roma e a Roma abbia versato il sangue con Paolo negli anni 60, durante la persecuzione di Nerone. Ecco, è a partire da quello che la Chiesa di Roma sente che Pietro è morto in quella città e allora quel primato collegiale che Pietro in qualche misura è abbozzato soltanto nel Nuovo Testamento…ma si vede: Pietro è chiamato per primo, Pietro è colui che ha confessato il Cristo secondo tutti e quattro i Vangeli, anche Giovanni. Pietro è colui per il quale c’è una preghiera personale, dice Luca, da parte di Gesù perchè la sua fede non venga meno e lui riconfermi i fratelli. Pietro, secondo Giovanni è quello che deve pascere il gregge, le pecore, gli agnelli, per il suo amore. Ecco, allora la Chiesa di Roma ha sentito il peso di questa eredità, per cui il vescovo di Roma da allora sente, ha la consapevolezza per eredità, di avere il primato petrino nella Chiesa.
Naturalmente una eredità anche questa storica…
E’ una eredità non nel Nuovo Testamento, nella tradizione
E’ questo che forse bisognerebbe che fosse più chiaro…
Perché tanto è vero che le altre chiese non riconoscono a Pietro…anche le chiese ortodosse sentono il bisogno che ci sia un primato, il primato del patriarca, il primato di uno dei patriarchi, oltre a circondare questo primato dalla sinodalità. Per loro lo slogan è: non c’è primo senza sinodalità e non c’è sinodalità senza un primo. Questa è direi la loro regola che continuano a ricordare a tutta la Chiesa ma alcuni hanno difficoltà a riconoscere una successione del primato di Pietro alla Chiesa di Roma anche se tutte riconoscono questa tradizione storica che Pietro abbia avuto il martirio a Roma con Paolo.
da “Uomini e profeti” di RaiTre
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di Franco Mastrolonardo
Che cosa strana. Dopo ormai anni che Gesù convive con i dodici, oggi gli viene in mente di domandargli chi è per loro.
Il gruppo rimane un po sgomento, ma il solito Pietro interviene: Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente.
Che spettacolo quest’uomo. Rimane sempre una sorpresa anche per Gesù.
Ma facciamo un passo indietro. Perché il maestro chiede di essere riconosciuto? Uso appositamente il verbo riconoscere. Questo termine indica un valore aggiunto alla conoscenza, un gustarla in profondità, un sentire affettivo, amicale, una comunicazione di bene.
Gesù aveva bisogno di tastare il polso della loro relazione. Cosa sapevano in realtà di lui.
Perché il rischio era quello di conoscersi, ma non di riconoscersi. Ed è un rischio reale data quella terribile pagina di Vangelo dove arrivati alle porte del Regno alcuni diranno: noi ti conosciamo Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ed egli risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.
A chi apre il regno Gesù? A chi riconosce! E chi riconosce? Chi lo ha riconosciuto. Allora basterà un: sono io!
Ricordo da piccolo funzionavano i primi citofoni nelle case, senza video ovviamente. Quando tu suonavi a casa e la mamma chiedeva: chi è? ti bastava un “sono io”. E la porta si apriva.
Ora ritornando alla domanda iniziale: perché oggi Gesù chiede ai discepoli di esprimersi sulla sua identità? Perché vuole che lo riconoscano? Perché desidera portarli tutti in Paradiso! Per entrare nel Regno deve essere chiaro per noi chi è Gesù. Non ci basta sapere qualcosa su di lui, occorre riconoscerlo, entrare in intimità, come un innamorato con la sua fidanzata, come un’ amicizia speciale. Gesù non è uno tra i tanti: per noi è il tutto. Non possiamo permetterci di non riconoscerlo.
E allora non solo ci aprirà la porta quando sentirà la nostra voce al citofono del Paradiso, ma ci consegnerà le chiavi stesse di casa, come a Pietro.
Le chiavi sono il segno di un riconoscimento. Le chiavi di casa le si da a chi ci si fida. Se noi lo riconosciamo Lui, Gesù, si fiderà di noi.
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