La Divina Misericordia visita l’umanità nella realtà del suo esilio:
dal Cuore del Padre trabocca al cuore del Figlio Gesù,
e dal Cuore di Gesù al cuore del discepolo che la accoglie
e da questi al mondo intero:
Andate predicate il vangelo ad ogni creatura”.

Colui che cammina sopra la via lattea guardò questo mondo, e non vide altra cosa che pietre, ortiche e rovi. Ma allora una tempesta frustò le coste marine del Padre: era la compassione. In seguito un forte vento colpì le sue porte: era la misericordia. Finalmente una brezza soave si mosse nel suo cuore: era la tenerezza. Allora il Padre decise di inviare suo figlio, l’unigenito, non per condannare, ma per salvare il mondo.

O mio Dio, malgrado la Tua immensità e la Tua eternità, la legge che vige nel Tuo cuore è la compassione. E la tenerezza è la musica che fa vibrare la Tue corde. Fa che io non cessi di sentire in ogni istante queste corde, Amen” (Ignacio Larrañaga) **

Dio ha voluto parlarci da uomo a uomo in Gesù, Suo Verbo eterno fatto uomo, per mostrarci il suo vero volto: volto di amore di un Dio Padre che è più grande del nostro cuore, di un Padre di perdono e di misericordia, che nel suo Figlio Gesù si china sull’uomo fino ad assumere su di sé l’esperienza del dolore e della morte per riportarci nella sua casa paterna.

Allora vivere è un camminare in compagnia con Dio che ci ama, sentirlo al nostro fianco, ascoltare le ragioni del suo amore, entrare in dialogo con Lui e dargli la nostra risposta. La nostra storia diventa così Storia di salvezza, perché è il risultato dell’incontro tra due cuori: il Cuore di Dio che si apre a noi per accoglierci e il nostro cuore che trova ed accoglie da Lui ed in Lui la salvezza cercata.

Nella Sacra Scrittura, questo modo di rapportarci con Dio è indicato con il termine di “Alleanza”.

L’Alleanza, infatti, è uno dei grandi simboli usati dalla Bibbia per esprimere il modo con il quale Dio viene in mezzo a noi. Per mezzo dell’Alleanza Dio si fa “vicino” dell’uomo, gli manifesta la sua benevolenza ed il suo amore, che è la norma dell’agire di Dio verso il suo popolo e verso ogni singola persona. Nella misura in cui rivela il suo Nome di Jahvè-Signore, il suo amore si intensifica ed assume tonalità sempre nuove, fino ad arrivare al vertice nella persona di Gesù di Nazaret, crocifisso-trafitto sul Calvario e risorto.

L’A.T. ci introduce nella storia di questa Alleanza d’Amore per mezzo di immagini o icone luminosissime sul modo di amare di Dio.

Il familiarizzarci con queste immagini, soprattutto con le più comuni e significative, è un esercizio meditativo indispensabile per purificare progressivamente l’immagine che abbiamo di Dio, in modo che Dio non sia da noi conosciuto “per sentito dire” (Gb 42,5), ma sia sperimentato nella trama della nostra stessa vita come Colui che plasma il nostro essere (Sl 139), come colui che ci chiama per nome (Is 43, 1), ci porta disegnati nelle palme delle sue mani (Is 49, 16), conta i passi del nostro camminare, raccoglie le nostre gioie e le nostre lacrime (Sl 56, 9).

Dio è Padre d’Israele e questi è il suo primogenito, per questo interviene a liberarlo dalla sua schiavitù d’Egitto (Es 4, 21-23). Emerge così la prima immagine di Dio mentre si rivela protettore, padrone e liberatore d’Israele. Alla base di ogni immagine di Dio c’è, per tanto, l’idea di una sovranità benefica che esige obbedienza e fiducia (Is 1, 2ss) e che è autore del glorioso Esodo dalla schiavitù definita dal Signore stesso “infamia dell’Egitto” (Gs 5,9)..

Questa immagine di Dio Liberatore è approfondita ed arricchita soprattutto durante il periodo della storia d’Israele, che si svolge attorno all’avvenimento dell’Esilio in Babilonia.

Infatti i Profeti intervengono per annunciare a Israele la buona notizia che il potere salvifico di Dio non si è esaurito nel periodo dell’Esodo. Essi spiegano che il Primo Esodo, in quanto avvenimento storico, è circoscritto entro limiti ben precisi; ma in quanto azione salvifica di Dio, è un avvenimento che non si esaurisce, perché ha in sé stesso la forza inesauribile della fedeltà di Dio-Liberatore, che lo spinge in avanti verso sempre nuove mete. Così l’azione salvifica divina del Primo esodo si sta aprendo il cammino nella storia attuale d’Israele in Esilio, per realizzare il suo disegno e continuare il suo corso verso una pienezza senza limiti.

Di fronte a Israele che soffre l’Esilio come conseguenza della sua infedeltà all’Alleanza, l’immagine di Dio che si accende di collera, che “ruggisce come leone” (Os 11, 10) terribile e potente nella parola che brucia come fuoco, viene illuminata e completata con l’immagine di Dio che continua ad essere Liberatore, perché è Sposo, Padre-Madre e Pastore, che si china sull’uomo peccatore, sollevandolo come bimbo alla sua guancia (Os 11, 4) e carezzandolo come una madre accarezza la sua creatura.

Queste immagini trovano il loro perfetto compimento nella persona di Gesù, “il povero di Nazaret”, nel suo cuore di Figlio prediletto del Padre, che consegna la sua vita fino alla morte di Croce per l’umanità sbandata come gregge senza pastore.

Infatti, l’avvicinamento dell’Antico al Nuovo Testamento è chiaro. Con il passare dei secoli, la Rivelazione biblica fornisce sulla figura di Jahvè-Signore una visione sempre più luminosa di amore, di bontà e misericordia, capace di far riconoscere che il Signore sarà GESÙ, l’umile e mite Gesù di Nazaret (cf. Mt 11, 28-30), sarà “GESÙ-VISITA misericordiosa e festosa di Dio agli uomini”.

I Profeti avevano presagito questo passaggio, annunziando che la Gloria di Dio si sarebbe rivelata nella dolcezza inenarrabile di un Salvatore misterioso e che la sua potenza si sarebbe trasfusa in un amore invincibile. I loro vaticini scoprono questa Gloria sul volto di un povero Bambino (Is 9, 2-27), e poi nell’Uomo crocifisso (Zc 12, 10), segni e capolavori della Misericordia eterna.

L’immensità dell’amore di Dio, la sua sapienza, si manifesta in tutto il suo splendore, quando la sua Parola sussistente ed eterna si fa Uomo per salvare il genere umano. Non sono più belle parole o belle immagini quelle che ci raggiungono nella nostra vita, ma la Parola “fatta carne”, cioè, uomo debole e mortale come ognuno di noi.

Non sono più nobili promesse, ma un corpo “preparato per la Parola e dato alla Parola, affinché essa possa compiere tutta la volontà di Dio. La Parola compirà la volontà di Dio precisamente per mezzo delle consegna di questo corpo, una volta per tute” (cf. Eb 10, 5-10).

Ecco l’opera maestra e la gloria dell’amore, della sapienza del nostro Dio: un Dio che è vero uomo, un uomo vero che è vero Dio, “generato, non creato”, uscito “dalle viscere della misericordia del nostro Dio “(Lc 1, 78), dall’intimità di Dio, dal suo Cuore! Unigenito Figlio del Padre: quindi della stessa natura del Padre. Dio da Dio, Luce da Luce, Amore da Amore, Figlio prediletto: Figlio del Cuore; Cuore di Dio.

Ecco il Cuore Nuovo promesso, “cuore secondo il cuore di Dio”, pieno dello Spirito di Dio… Questo Cuore è vera Icona del Padre e vera Icona dell’uomo: si fondono il Lui i pensieri di Dio e i pensieri dell’uomo; si uniscono in Lui la volontà di Dio e la volontà dell’uomo. Come spiega P. Rupnik nel commento al Logo del Giubileo, « in Cristo Dio ha imparato a vivere da uomo, affinché noi possiamo imparare a vivere secondo Dio (Sant’Atanasio). Cioè Dio, nel suo modo di esistere, è la comunione che include l’altro ed è così potente che include un altro che è morto, un altro che si è perduto, un altro che è peccatore: lo include in Cristo. Per me questo è sconvolgente, perché non chiede nulla, ma vivifica, include, lava, pulisce, riveste, ti mette al banchetto».

In questo Cuore Dio viene a visitarci con tutti i gesti e con tutte le presenze corporali dell’amore e della misericordia: con sovranità benefica di Liberatore, con amore e tenerezza di Sposo, di Padre e di Madre, con sollecitudine di Pastore...

Dio nessuno l’ha mai visto” (Gv 1, 18), ma questa Parola-fatta-carne possiamo ascoltarla, toccarla con le nostre mani, vederla con i nostro occhi e contemplarla (cf 1Gv 1, 1-4), e così possiamo “vedere la sua gloria, gloria che riceve dal Padre come Figlio unico” (Gv 1, 14).

Perciò l’unica cosa che conta è il posto che uno fa, nella sua vita, a Dio e al Figlio inviato nel mondo. Tutto il resto va giudicato in rapporto a questo.1

Prima di addentrarci nella storia dell’incontro della Divina Misericordia con l’umanità ferita che cerca vie per rinascere, ci può essere utile richiamare alla mente il significato di alcuni termini:

ICONA

Immagine sacra dipinta con l’intento di favorire la penetrazione del Mistero in essa raffigurato e di suscitare un atteggiamento di preghiera e di contemplazione. “L’icona é per noi l’occasione di un incontro personale, nella grazia dello Spirito, con colui che essa rappresenta. Più il fedele guarda le icone, più si ricorda di colui che viene rappresentato e si sforza di imitarlo”. La Bibbia é piena di icone, cioè di immagini espresse con parole, da cui si sprigionano intensi raggi del Mistero di Dio, che ci raggiungono e si imprimono nel nostro cuore.

MISTERO

In generale, è un qualcosa che si manifesta soltanto nel suo attuarsi, nel suo farsi dentro la realtà della nostra esistenza, del nostro desiderio. Nell’ambito biblico, è un’azione discreta e silenziosa, con la quale Dio agisce efficacemente nel cuore dell’uomo in ordine alla sua salvezza e che nello stesso tempo lo trasforma in strumento di questa di questa stessa salvezza.

ORAZIONE

È il momento affettivo della lettura biblica meditativa, che si trasforma in colloquio d’amore con Dio ed esprime gli stati affettivi per mezzo della supplica, domanda, intercessione, offerta, ringraziamento e soprattutto lode, secondo la Parola che ispira lo stato affettivo dell’anima da cui scaturisce. È detta anche preghiera affettiva o di aspirazione, perché é intrisa di affetto.

CONTEMPLAZONE

È il punto d’arrivo della lettura meditativa della Parola di Dio. Consiste nell’esperienza immediata di Dio o del mistero divino su cui si sta meditando senza ragionamento, senza fretta, senza la necessità di fare uso di parole, pensieri, immagini e sentimenti, ma abbandonandosi al movimento dell’affettività mossa e segnata da quest’esperienza del mistero di Dio. Contemplare significa fondamentalmente l’aprirsi del cuore, sotto l’azione dello Spirito, all’azione salvifica di Dio: sento nel cuore come Dio sta venendo a me, mi ama, mi sta salvando e mi sceglie come strumento dì questa stessa salvezza, suscitando in me un atteggiamento di generosa donazione di me stesso a Lui, una sincera disponibilità a compiere la sua volontà, perché si compia il suo piano di salvezza su me stesso e sull’umanità. Questa tappa del cammino di preghiera non viene raggiunta ogni volta che ci si dispone alla lettura meditativa. La meditazione é possibile sempre ma la contemplazione no, perché é un dono della grazia. Quando la lettura meditativa sfocia nella contemplazione, il cammino migliore per fissare l’anima in essa consiste nel rinchiudere nel segreto del cuore una di quelle parole che Dio ci ha mandato e nel farla echeggiare in continuità dentro di noi. Questa Parola, essendo Parola divina é Parola sacramentale, cioè realizza ciò che significa ed annuncia, rigenera e guarisce, poco a poco ci introduce nella mentalità divina. Essa deve trasferirsi dalle labbra alla mente e dalla mente al cuore. Sull’onda di questa Parola, le parole cedono il passo al silenzio adorante, la riflessione e la stessa orazione fanno spazio al puro amore e l’orante rimane fermo nel dolce riposo contemplativo.

GLORIA DI DIO

Questa espressione designa Dio stesso in quanto si rivela nella sua maestà, nella sua potenza, nello splendore della sua santità, nel dinamismo del suo essere. Dio pone la sua gloria nel salvare e nel sollevare il suo popolo; la sua gloria é la sua potenza al servizio del suo amore, della sua misericordia e della sua fedeltà. La manifestazione completa della “Gloria di Dio” avviene nella persona di Gesù di Nazaret. Gesù da un lato si proclama uguale al Padre, dall’altro chiama gli uomini suoi amici, ripudiando esplicitamente il termine “servi”. Per Gesù la gloria é essere il cibo e la gioia degli altri. L’abbinamento del pane (= cibo) con il vino (= gioia) nell’Eucaristia sono realtà-simboli della grande gloria di Dio dilagante all’infinito dalla mensa eucaristica nel “gustate et videte quam suavis est Dominus”. Per Gesù la gloria arriva al vertice nella Crocifissione. Infatti la Crocifissione é la dichiarazione totalitaria e infinita e l’atto supremo d’amore di Gesù verso gli uomini, giacché nessuno ha amore più grande di colui che da la vita per i propri amici (cf. Gv 15, 13). San Paolo, esaltando l’amore, mette in risalto il concetto evangelico di gloria, affermando che l’ideale della vita dell’uomo é “sforzarsi di piacere a tutti in tutto”(1Cor 10, 33), cioè diventare per tutti gli altri tutte le cose di cui essi hanno bisogno.

MISERICORDIA

«Misericordia» è una vecchia parola che, durante la sua lunga storia, ha acquisito un senso molto ricco. In greco, lingua del Nuovo Testamento, misericordia si dice éléos. Questa parola ci è famigliare nella preghiera Kyrie eleison, che è una invocazione alla misericordia del Signore. Éléos è la traduzione abituale, nella versione greca dell’Antico Testamento, della parola ebraica hésèd. È una delle parole bibliche più belle. Spesso, la si traduce molto semplicemente con amore. Hésèd, misericordia o amore, fa parte del vocabolario dell’alleanza. Da parte di Dio, designa un amore incrollabile, capace di mantenere una comunione per sempre, qualsiasi cosa capiti: «non si allontanerebbe da te il mio affetto» (Isaia 54,10). Poiché l’alleanza di Dio con il suo popolo è sin dall’inizio una storia di infedeltà e nuovi inizi (Esodo 32–34), è evidente che un simile amore incondizionato suppone il perdono, non può che essere misericordia. Éléos traduce ancora un altro termine ebraico, quello di rahamîm. Questa parola va spesso di pari passo con hésèd, ma è più caricata di emozioni. Letteralmente, significa le viscere, è una forma plurale di réhèm, il seno materno. La misericordia, o la compassione, è qui l’amore avvertito, l’affetto di una madre per il suo bambino (Isaia 49,15), la tenerezza di un padre per i suoi figli (Salmo 103,13), un intenso amore fraterno (Genesi 43,30). La misericordia, in senso biblico, è molto di più di un aspetto dell’amore di Dio. La misericordia è come l’essere stesso di Dio. Per tre volte davanti a Mosè, Dio pronuncia il suo nome. La prima volta, egli dice : «Io sono colui che sono» (Esodo 3,14). La seconda volta : «Farò grazia a chi vorrò far grazia, e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Esodo 33,19). Il ritmo della frase è lo stesso, ma la grazia e la misericordia si sostituiscono all’essere. Per Dio, essere quello che è, è fare grazia e misericordia. Questo conferma la terza proclamazione del nome di Dio : «Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Esodo 34,6). Quest’ultima formula è stata ripresa nei profeti e nei salmi, in particolare nel salmo 103 (v. 8). Nella sua parte centrale, (versetti 11-13), questo salmo si meraviglia della vastità inaudita della misericordia di Dio. «Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia…» : è l’altezza di Dio, la sua trascendenza. Ma è anche la sua umanità, se si osa dire : «Come un padre ha pietà dei sui figli…». Così trascendente e allo stesso tempo così vicina, essa è capace di togliere ogni male: «Come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe». La misericordia è ciò che c’è di più divino in Dio, essa è anche ciò che c’è di più compiuto nell’uomo. «Ti corona di grazia e misericordia», dice ancora il salmo 103. Bisogna leggere questo versetto alla luce di un altro versetto del salmo 8 dove è detto che Dio corona l’essere umano «di gloria e di onore». Creati a sua immagine, gli umani sono chiamati a condividere la gloria e l’onore di Dio. Ma è la misericordia e la tenerezza che ci fanno realmente partecipare alla vita stessa di Dio. La parola di Gesù : «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Luca 6,36) fa eco all’antico comandamento : «Siate santi, perché io, il Signor, Dio vostro, sono santo» (Levitico 19,2). Alla santità, Gesù ha dato il volto della misericordia. È la misericordia che è il più puro riflesso di Dio in una vita umana. «Con la misericordia verso il prossimo tu assomigli a Dio» (Basilio il Grande). La misericordia è l’umanità di Dio. Essa è anche l’avvenire divino dell’uomo (Cfr. Il Sito di Taizé).

COLLERA E GIUSTIZIA

Il peccato delle origini rovinò il primitivo disegno di Dio, ma non marcò la perdizione “radicale” dell’uomo, perché sulle rovine prodotte dalla disobbedienza umana, Dio continuò ad effondere il suo soffio vitale e creatore, rivestito adesso di misericordia (Gn 3,9-10). Dopo il peccato, l’originario disegno di Dio si riveste di una caratteristica peculiare: la salvezza, cioè la realizzazione della vita umana mediante l’amicizia con Dio, si converte in chiamata redentrice, che si compirà in pienezza per mezzo di Cristo Gesù. In questa dinamica redentrice, lo stesso castigo, espresso con i termini di collera o ira, è sempre strumento e manifestazione della misericordia di Dio. Nella concezione biblica Jahavé è un Dio morale che non è indifferente rispetto al bene e al male, al vero e al falso, al giusto e all’ingiusto. In tale luce la collera si rivela paradossalmente l’altro volto dell’amore che tutela le vittime e i miseri. Nella Bibbia, infatti, “collera” e “ira” mai sono in Dio un momento che si alterna con misericordia, longanimità e perdono, mai si rivestono di un qualche carattere di “giustizia vendicativa”; al contrario, sono sempre e solo la conseguenza necessaria e inevitabile del fatto che Dio è unicamente Amore, Misericordia, Perdono, Fedeltà, Salvezza. La giustizia di Dio è così diversa da quella umana che non conosce in se stessa due tempi, premio e castigo, ma unicamente fedeltà alle sue promesse e perdono inesauribile. Collera, ira, giustizia di Dio significano soltanto che egli non può tollerare per nessun motivo il male che l’uomo provoca all’interno del suo progetto divino, e che il giudizio rimane un Decreto irrevocabile di misericordia e di grazia, nel quale si manifesta il fatto che Dio combatte il male fino al punto in cui un Dio, il vero Dio, deponga le sue vesti, lavi i piedi, si faccia tradire e rinnegare dai propri amici, consegni la propria vita, (cf. Gv 13,1-38; Lc 22,14-34) e versi fino all’ultima goccia di sangue, del suo stesso sangue (Gv 19,32-34).

GELOSIA

Il concetto di collera o ira è collegato con quello di gelosia. La gelosia in Dio significa che egli è tenacemente legato alla sua creatura, è espressione dell’amore totale ed esclusivo che Dio ha nei confronti del suo popolo: «Il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso» (Es 34,14). Dio è geloso, cioè ama la sua creatura e il suo popolo con amore appassionato ma anche severo ed esigente; perciò proibisce ogni amore eccetto il suo, fino al punto che devono pensare che stanno commettendo “adulterio spirituale” coloro che porranno o avranno in altra parte il loro amore, sia che si tratti di cose, parenti, o anche di amor proprio ….

1Per trattare il tema della visita della Divina Misericordia all’umanità nella tragica situazione di esilio, mi sono stati di particolare aiuto i libri: 1) T. Beck e Giovanna della Croce, Gesù è il Signore, Ed Ancora; 2) A. Doneda, E Dio creò il cuore, Ed Dehoniane; 3) altri libri e appunti presi in incontri di preghiera guidati da P. Ignacio Larrañaga e da altri maestri di vita spirituale.