Testo del Vangelo Lc 5,27-32
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
Commento
di Silvano Fausti
Un esattore era odiatissimo da tutti…pensate che Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni dovevano andare a pagare le tasse da questo…ma fosse che era solo esattore che nessuno li ama in modo particolare…era esattore per conto degli occupanti stranieri, un collaborazionista di quelli che ci opprimono. Non solo, ma questi erano pagani, erano cani…eravamo noi romani, insomma e quindi era la persona immonda per eccellenza perché faceva un mestiere per imbrogliare, lo faceva per conto degli oppressori. per conto degli oppressori pagani e per di più anche lo dice esplicitamente poi anche al capitolo 19, Zaccheo: “Se qualcuno ho frodato…”, come dire: è chiaro, il nostro mestiere è questo, perché più imbrogli meglio è, più guadagni…in fondo siamo qui per guadagnare…ed è lì seduto…per di più questo si chiama Levi. Levi è il nome dei leviti, che sono quelli che stanno nel tempio per il culto, quindi le persone più pure, più buone, più pulite. Dov’è finito, poverino! Quindi la persona più esecrabile come figura sociale, umana e morale. E poi è lì seduto alla gabella a fare il lavoro, lavoro di raccogliere soldi e per lui quello è il senso della sua vita perché ha perso ogni prestigio, ha perso l’appartenenza al popolo, alla religione, al decoro, alla decenza… neanche i romani lo vedono bene perché è un altro…la gente non lo accetta…l’unico che gli da una gratifica sono i soldi che guadagna. Questo peccatore che è lì seduto alla gabella a contare i soldi è chiamato a seguire il Signore della vita. Ed è la proposta che il Signore fa a ogni discepolo: la cosa più bella è seguire lui, fare il suo stesso cammino, diventare come lui. Seguendo lui diventiamo noi stessi, seguendo il Figlio diventiamo figli…quindi proprio quest’uomo così è il primo chiamato a seguire il Figlio e a diventare come Dio. E’ l’uomo nuovo. E non gli ha fatto nessun discorso morale:”Non si fa così…Devi fare questo…”. Ha detto “Segui me!”, come la cosa più ovvia… scusa è fatto così anche lui per seguire me, mica per seguire il denaro…
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di Luigi Maria Epicoco
La chiamata di Levi, già abbastanza scandalosa perché è la chiamata di un pubblicano, viene festeggiata in casa di lui con un banchetto in cui Gesù mangia e beve con i peccatori. Ovviamente una simile scelta non può lasciare indifferenti tutti coloro che con questa gente non vogliono avere nulla a che fare, e che soprattutto mai si sognerebbero di mettersi a tavola, cioè in comunione, con chi è evidentemente fuori dagli insegnamenti di Dio. Ma Dio non è impressionato dai nostri peccati, fa invece qualcosa di inaspettato: esce Egli stesso fuori strada per venirci a riprendere e riportarci sul giusto binario. L’amore vero non si limita a indicare la verità, ma sa mettersi in gioco affinché quella verità divenga un’esperienza concreta. Gesù non è venuto semplicemente a ripeterci delle cose vere, ma a fare in modo che quella verità possa essere vivibile soprattutto per tutti coloro che per un motivo o per un altro si sono convinti del contrario. Ecco perché Egli risponde così a chi lo accusa:
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi».
È impressionante come Gesù ribadisca continuamente questo concetto, infatti sembra quasi che nell’interpretazione degli scribi e dei farisei, a Dio sta più a cuore la Legge che le persone. Ma Dio ama talmente tanto l’uomo da saper fare eccezione alla Legge affinché esso non si perda ma si salvi. Dio è disposto a tutto per ciascuno di noi. È questa la gratitudine che dovrebbe nascere nel cuore di chi ha scoperto l’Amore che Gesù è venuto ad annunciarci. Finché non ci sentiamo amati con questa eccezionalità che Gesù dimostra non potremmo mai veramente cambiare vita.
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di Franco Mastrolonardo
La prima riga di Vangelo racconta l’inenarrabile. Appassiona questo susseguirsi impetuoso di verbi: vide, seguimi, si alzò, lo seguì. Se non sapessimo che è il Vangelo penseremmo ad una seduta di ipnosi. Ma Levi il pubblicano non è sotto ipnosi perché dopo quell’incontro cambia vita: radicalmente!
Dalle nostre parti si usa il termine flashiato, come uno che rimane sorpreso e stordito allo stesso tempo.
Una riga di Vangelo che stravolge la vita. Come è sconvolgente la narrazione evangelica.
E se tutto questo fosse un quadro?
Certamente sarebbe la Vocazione di Matteo del Caravaggio. Bellissimo. Gesù entra nel locale, fissa lo sguardo punto il dito. E quel dito si allunga verso Matteo che sorpreso sembra dire:”Proprio io?”. E lascia presagire dalla postura il lasciarsi afferrare da questo sguardo, il suo alzarsi e il suo seguirlo. Un quadro non ha parole, ma rispetto al suono della parola ha il movimento della luce. Sentite queste parole di commento:
La luce viene da Gesù ma in un certo qual modo lo supera; perché la vocazione è da Dio. Dio chiama alla vita e chiama all’amore. Perché ogni chiamata è chiamata all’amore. Gesù è la luce, ma Lui stesso verrà trasfigurato, come a dire che c’è un oltre che lo precede. E’ il movimento del Mistero dell’Amore che parte dal Padre e attraverso lo Spirito ci viene visibilizzato dal Figlio, il Cristo. La vocazione ad amare parte dall’Amore che chiama ogni creatura a sé. Levi rimane flashiato da questo Mistero.
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Preghiera di Don Tonino Bello
Signore, ti ringrazio perché mi hai messo al mondo:
aiutami perché la mia vita
possa impegnarla per dare gloria a te e ai miei fratelli.
Ti ringrazio per avermi concesso questo privilegio:
perché tra gli operai scelti, tu hai preso proprio me.
Mi hai chiamato per nome
perché io collabori con la tua opera di salvezza.
Grazie perché il mio letto di dolore è fontana di carità,
è sorgente di amore.
Di amore per te, anche di amore per tutti i fratelli.
Signore, io seguo te più da vicino, in modo più stretto.
Voglio vivere in un legame più forte
per poter essere più pronto a darti una mano,
più agile perché i miei piedi che annunciano la pace sui monti
possano essere salutati da chi sta a valle.
Concedimi il gaudio di lavorare in comunione
e inondami di tristezza ogni volta che, isolandomi dagli altri,
pretendo di fare la mia corsa da solo.
Salvami, Signore, dalla presunzione di sapere tutto.
Dall’arroganza di chi non ammette dubbi.
Dalla durezza di chi non tollera i ritardi.
Dal rigore di chi non perdona le debolezze.
Dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.
Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le parole, quando veicolano la tua,
non suonino false sulle mie labbra
(Don Tonino Bello)