Ritiro sui Salmi (8)
P. Renzo Piazza
(riflessioni ispirate dal card. Martini)
Castel d’Azzano, 6-9 febbraio 2024
Gerusalemme
Salmo 121
1Quale gioia, quando mi dissero:
“Andremo alla casa del Signore”.
2E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme!
3Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.
4Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
5Là sono posti i seggi del giudizio,
i seggi della casa di Davide.
6Domandate pace per Gerusalemme:
sia pace a coloro che ti amano,
7sia pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.
8Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: “Su di te sia pace”.
9Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Lectio del salmo 121
Nel testo ebraico questo salmo porta il titolo: Cantico delle ascensioni o delle ascesi, dei gradini, delle salite; un titolo che caratterizza ben quindici salmi (dal 120 al 134), detti pure “I canti del pellegrinaggio”. A poco a poco sono stati radunati insieme per servire da cantici del pellegrinaggio a Gerusalemme, avendo in comune la destinazione della città santa.
Nella versione originale, il 121 è anche il primo dei quindici che viene attribuito a Davide, insieme ai due seguenti. Davide è il fondatore della città e il salmo 121 presuppone Davide come un personaggio. Là ha sede il trono di giustizia, iI trono di Davide (cf. v.5).
Probabilmente, parlando di Gerusalemrne come città “costruita, salda e compatta”, il salmista intende riferirsi alla città ricostruita dopo l’esilio, che diventa quindi il vanto e la gioia di Israele.
Possiamo dire che l’attribuzione del salmo a Davide è comunque fondata perché essa testimonia un grande amore alla città costruita da Davide quale capitale del suo popolo. Un amore che da Davide discende sulla città, un amore temprato nei cuori di tutti gli israeliti e nei nostri; noi ci sentiamo in continuità con l’amore di Davide per Gerusalemme.
Quali sono gli elementi fondanti del salmo, gli elementi che lo caratterizzano?
Anzitutto notiamo una inclusione, cioè una parola che ricorre all’inizio e alla fine: casa del Signore, dimora del Signore. “Andiamo alla dimora del Signore” (v. 1); “Per la casa del Signore” (v. 9). È interessante vedere che poi non si parla più di questa casa, ma piuttosto della città; significa che dapprima Gerusalemme è vista come luogo del tempio e poi anche come città nel suo insieme.
Un altro elemento fondante è la triplice menzione di Gerusalemme (vv. 2. 3. 6), descritta nelle sue porte, nelle sue mura, nei suoi baluardi. Chiamata tre volte, delineata con tre caratteristiche e inoltre chiamata col pronome “tuo”: “alle tue porte”, “sia pace a chi ti ama”; un “tu” a cui si parla come fosse un amico, una sposa.
Ancora un elemento strutturale del salmo è il seguente: Gerusalemme è vista come luogo di pace. Ben quattro volte ricorre questo termine: “Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura… su di te sia pace”. Evidente il gioco di parole: Gerusalemme, veniva interpretata quale “città dello shalom“, della pace: sia pace alla città della pace, domandate pace per la città della pace.
Infine, il salmo è caratterizzato anche da altre ripetizioni che gli imprimono un ritmo poetico, molto bello: le tribù, le tribù del Signore… i seggi di giustizia, i seggi della casa di Davide. Noi vi cogliamo un poema che mette in luce un’anima innamorata di Gerusalemme.
Il pellegrinaggio
Un pellegrinaggio viene anzitutto deciso; immaginiamo che il salmo venga cantato da un gruppo di pellegrini che arrivano alle porte della città; devono fermarsi per sbrigare alcune pratiche burocratiche previste prima dell’ingresso; là si riposano e contemplano la città. Contemplandola ripensano all’inizio del cammino, al momento in cui hanno deciso di partire, ed è il v. 1: “Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore“.
Dopo l’inizio è immediatamente sottolineato l’arrivo: ora ci siamo, “i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!” (v.2).
Al v. 3 la città viene contemplata dall’esterno, ammirata quale città costruita salda e compatta, in cui tutto è un’unità. È riferimento alla città sul monte, che dà l’impressione di compattezza (sulla roccia), e insieme alla situazione spirituale della città, salda perché fondata sul Signore, unificata dallo Spirito di Dio.
Quindi Gerusalemme è contemplata nelle sue caratteristiche e nel suo ruolo (vv. 4-5). Si tratta insomma di una riflessione a livello morale: mèta di pellegrinaggio, luogo di culto, di lode, di testimonianza della gloria di Dio; centro amministrativo e politico: “I seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide”, casa a cui fu promessa la perpetuità. Dunque un centro religioso e un centro amministrativo-politico a cui si guarda con fiducia per i beni che si attendono dalla responsabilità politica che ricade su Gerusalemme.
La preghiera
A questo punto segue la preghiera che può essere pensata a due cori, partendo dal v. 6: “Domandate pace per Gerusalemme”. Anzi, colui che ha espresso la sua gioia, magari il capo pellegrinaggio, fa invito ai compagni pellegrini: “Domandate…”. E all’invito risponde il coro: “Sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi” (v. 7). Il capo, allora, riprende da solo: “Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: Su di te sia pace! Per la casa del Signore nostro Dio chiederò per te il bene” (vv. 8-9). Qui ritorna l’appellazione a Gerusalemme con il “tu”, vedendola quale persona amica che si incontra e le si augura il bene, la pace.
Dunque, due cori, nel senso di un solista e di un gruppo.
Sul tempo in cui il salmo è stato scritto ho già accennato una ipotesi: il tempo dopo l’esilio, quando il tempio è ricostruito e il popolo va in pellegrinaggio alla città santa che è l’unico simbolo rimasto dell’unità di Israele.
Meditatio
Per rileggere il messaggio sono possibili diverse piste, diverse linee. Ne ho scelte quattro: una lettura storico-esistenziale (messianica); una lettura più specificatamente cristiana; una terza personale, che riguarda ciascuno di noi; una quarta sul dialogo interreligioso.
1. Gli elementi di una lettura storico-esistenziale sono i grandi simboli del cammino umano contenuti nel salmo, che ne fanno una realtà di tutti i tempi, di tutti i luoghi di tutte le culture. I principali sono due.
Il pellegrinaggio, menzionato non quale tema specifico bensì nel suo decidersi, nel suo compiersi. È un grande simbolo del cammino umano, della vita dell’uomo e dell’umanità, della vita di tutti gli uomini e di tutte le donne considerati come collettività.
Il simbolo avverte: se la vita umana è colta come pellegrinaggio, non è un vagare senza scopo e neppure una fuga dal paradiso, priva di speranza; al contrario è un camminare verso un termine. Questa è già un’apertura straordinaria per accogliere l’esistenza umana come una realtà che ha un senso preciso. E quando abbiamo riconosciuto che ha un senso e una meta, scoppia la gioia: “Quale gioia…”.
Gerusalemme è l’altro simbolo, è la mèta stessa del cammino. Un simbolo universale perché si tratta di una città, di un luogo d’incontro, un luogo di relazioni molteplici, dove i diversi si incontrano. Quindi l’umanità non va verso una dispersione, una Babele confusa, ma verso un luogo nel quale tutti si incontreranno, si capiranno, intesseranno rapporti reciproci.
Questa città è salda, non delude. Andiamo verso una città salda, solida, ben costruita, compatta, dove tutto è unità. Questo è il termine del cammino umano.
Ed è anche luogo d’incontro armonioso e aperto con Dio, dove Dio è lodato, e dove c’è ordine perché la legge è fatta osservare dove c’è il trono di giustizia e ci sono i seggi del giudizio. L’umanità va verso un luogo dove la giustizia, quella di Dio, non la nostra, trionfa.
Dove, soprattutto, l’umanità spera di vivere l’ideale della pace e della sicurezza: “Domandate pace per Gerusalemme, su di te sia pace e tranquillità nelle tue mura, sicurezza nelle tue case”.
L’umanità è così definita come colei che anela a una tale città, che va verso di essa e trova speranza nella fiducia di camminare e di essere condotta alla mèta. Una visione quindi molto positiva, anzi propositiva perché ne derivano molte conseguenze per il modo di camminare dei popoli.
Da questa visione nasce pure una certa pazienza storica: a noi spetta porre le premesse affinché si vada sempre meglio verso la città armoniosa, unita, capace di lodare l’Eterno.
2. Una lettura cristiana ci fa subito pensare a Gesù che ha vissuto profondamente la gioia del salmo 121. Già a dodici anni aveva esclamato: Quale gioia ho provato ascoltando i miei genitori che mi dicevano: Andiamo alla dimora del Signore! E probabilmente l’ha cantato alle porte di Gerusalemme quella prima volta e poi ogni volta fino all’ultimo pellegrinaggio nel quale si avviava piangendo verso la città santa: Oh, se tu riconoscessi ciò che giova alla tua pace!
Anzi, nel testo greco il salmo usa l’espressione erotesate de ta eis eirenen (v. 6) ripresa dal Nuovo Testamento: Se tu riconoscessi le cose che riguardano la pace di Gerusalemme.
Dunque Gesù ha cantato questo salmo nella gioia e nella sofferenza sapendo che la sua sofferenza era pane del cammino di Gerusalemme e dell’umanità verso la pace.
Una città salda, un tempio santo
Il tema della città salda è molto presente nel NT.
Ef 2,19-20. 21-22: “Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti… In Gesù ogni costruzione cresce bene ordinata per essere tempio santo del Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio”.
Questo tema è penetrato fortemente nello spirito di Paolo, che ne fa un simbolo interpretativo della crescita della comunità cristiana la quale è la realtà che viene edificata come la città del salmo.
L’aspetto del pellegrinaggio verso tale città è particolarmente presente in particolare in Eb 11 e in Eb 12: Abramo è potuto partire e lasciare tutto in quanto “Aspettava la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (11, 10); “Chi dice così dimostra di essere alla ricerca di una patria” (11,14), un pellegrino sulla terra.
Riassumendo alcune risonanze che abbiamo colto dal salmo: l’uomo è in cammino, pellegrino verso una città salda, compatta, nella quale Dio è lodato, nella quale è la pienezza della pace, una città che non delude e per la quale vale la pena di abbandonare le altre città.
Quindi il cristiano, interrogato sulle sue speranze, dovrebbe rispondere spontaneamente: le mie speranze sono la Gerusalemme celeste, sono là le mie speranze.
3. La lettura più personale dà spazio a tante riflessioni.
Pensiamo ai pellegrinaggi che ciascuno di noi ha fatto a Gerusalemme e nei quali probabilmente ha cantato, evocato, recitato il salmo 121 allorché ha visto le mura della città.
Nella preghiera potremmo ringraziare il Signore per le esperienze che ci ha donato nei nostri pellegrinaggi, per quanto ci ha fatto capire su Gerusalemme. E se non siamo mai stati a Gerusalemme, come immaginiamo il pellegrinaggio verso la città santa, come lo viviamo nella preghiera?
San Luigi Gonzaga, alla notizia del suo stato di salute grave, esclamò: “Andiamo alla casa del Signore!”.
4. Gerusalemme e il dialogo interreligioso; in quale modo la Gerusalemme di oggi partecipa, nel suo destino doloroso e tragico, alle benedizioni di Dio, alla promessa di pace?
Partecipa anzitutto attraverso la nostra instancabile preghiera per la pace di Gerusalemme, città reale e simbolica, le nostre preghiere per la città che conosciamo, di cui tocchiamo le mura: Sia pace alle tue mura!
Poi vi partecipa in quanto è luogo di convergenza di diverse religioni e di molte confessioni religiose. Convergenze che non vuol dire ancora però incontro e dialogo. Ma da qualche tempo le diverse religioni che qui vivevano l’una accanto all’altra, non di rado in conflitto, hanno cominciato a dialogare.
Anche il flusso crescente di pellegrini può diventare un fattore di comunione e di incontro con le realtà locali cristiane, musulmane ed ebraiche.
Per un cristiano che recita il salmo alla luce del suo compimento in Gesù Cristo che “è la nostra pace” (Ef 2,1,4) le parole di pace del salmo possono leggersi come dette da Gesù, che prega per la sua città dall’alto della croce. In forza di queste parole ogni sforzo per un dialogo sincero è sostenuto da una speranza più alta di tutte le delusioni terrene.