1 Il Signore è il mio Pastore:
non manco di nulla;
2 su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

4 Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me
il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
6 Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.

Lectio del Salmo

Il Salmo 22 è spesso chiamato “il salmo del pastore”, perché parla di un pastore, anzi del Signore sotto l’immagine del pastore, e ne sviluppa il simbolo. Quel titolo forse non è adeguato: in realtà, l’immagine del pastore è sviluppata soltanto fino al versetto 4: “Il tuo bastone e il tuo vincastro…” Dal versetto 5 in avanti è delineata un’altra immagine, quella dell’ospite che invita a cena: “Davanti a me tu prepari una mensa…”.

Due sono dunque i simboli: il pastore e colui che invita a cena trattandoci regalmente e facendoci stare con sé. Per questo ritengo più indovinato un altro titolo: “Perché tu sei con me”, che esprime molto bene la tensione spirituale, psicologica, umana e teologica del salmo. “Perché tu sei con me” è un’affermazione che sta, quasi visivamente, a metà del canto, della preghiera del salmista, e riassume tutto in un’espressione di grande fiducia: Tu sei con me.

È chiaramente un salmo di fiducia. Cercheremo di capire che cosa in pratica significhi.

Dopo il titolo, vediamo di sottolineare i personaggi, i soggetti che agiscono nel testo. Sono due: il Signore e io, cioè colui che parla.

Le azioni attribuite al Signore sono nove: egli è mio pastore; mi fa riposare; mi conduce; mi rinfranca, mi guida; è con me; mi dà sicurezza; prepara una mensa; cosparge di olio.

Nove designazioni che indicano la cura, la premura, l’attenzione, espresse con metafore, con parabole, con simboli: esse definiscono il Signore come colui che si prende cura di me.

Di fronte a questo soggetto principale, ci sto io che affermo di non mancare di nulla, di non temere alcun male, affermo che il mio calice trabocca, che sento la felicità e la grazia come compagne di vita, che voglio abitare nella casa del Signore.

Si tratta di un dialogo affettuoso, fiducioso, familiare tra il Signore e me: che cosa è lui, che cosa fa per me, che cosa io gli dico. È una preghiera semplicissima, che non chiede nulla, non ringrazia, non loda, ma proprio per questo è ricchissima. Se poi volessimo esaminare la portata dei simboli che presenta, troveremmo una vastità di applicazioni, come dimostra la storia dell’esegesi del Salmo 22.

Possiamo ora rileggere le strofe dal punto di vista delle immagini. Abbiamo già parlato delle due fondamentali: il pastore e l’ospite, cioè l’immagine del pascolo e l’immagine della convivialità, dell’ospitalità a mensa.

Ciascuna di esse è sviluppata con altre immagini che completano, arricchiscono il quadro. L’immagine del pastore (molto usata nella Bibbia fino al discorso di Gesù sul buon pastore, in Gv 10) viene specificata: “su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce”. E la sosta del gregge su pascoli verdi, presso acque tranquille. Chi ha visto la steppa della Palestina sa come è difficile trovare un pascolo verde; quando un pastore riesce a scoprirlo, è davvero la gioia del gregge; chi ha provato la sete del deserto può comprendere cosa significhi incontrare qualcuno capace di indicare dove ci sia una sorgente d’acqua, magari nascosta sotto le pietre. Quindi il pastore del salmo sa fare sostare il gregge nei luoghi giusti.

Inoltre sa far viaggiare: c’è infatti l’immagine del gregge in sosta su pascoli erbosi e c’è quella del gregge in movimento, guidato per sentieri giusti, per piste che portano a buon fine. In questo viaggio si può anche “camminare in una valle oscura”, come il deserto di Giuda e le sue valli pietrose, incassate, dirupate, molto pericolose se di notte ci si perde o se inciampa, si cade in qualche dirupo! Il pastore del salmo sa guidare pure in una valle oscura di notte.

Le immagini si moltiplicano: c’è quella del bastone e del vincastro. Probabilmente per bastone si intende una mazza corta e adatta a difendere il gregge dai lupi; il vincastro, invece, è quello che oggi è il pastorale del vescovo: un bastone lungo, ricurvo, su cui il pastore si appoggia, che serve per appendervi il sacco, per tastare il terreno, per tenere lontani i cani randagi. Una metafora molto pittoresca, che evoca tutto quanto il pastore fa per amore del gregge, per condurlo; ed è ciò che il Signore fa per noi.

Seguono le immagini conviviali: “Davanti a me tu prepari una mensa” (v. 5). Figuriamoci di essere sotto una tenda, su una stuoia stesa per terra, dove sono pronti cibi succulenti, che si prendono con le mani, si mette un poco di focaccia in una salsa e vi si intingono bocconcini di carne; figuriamoci di godere ore e ore in questa cena comune.

Prima che la mensa abbia inizio, colui che ha invitato cosparge di profumo, “cosparge di olio il capo“, come ha fatto Maria di Betania quando Gesù entra nella sua casa. Sulla mensa c’è anche una coppa, un calice traboccante di vino spumeggiante, che dà gioia.

Le immagini conviviali sfociano, nel versetto 6, nell’immagine della casa del Signore; “abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni“. La tenda ospitale diventa, a un certo punto, il tempio, la casa di Dio, dove si è veramente a casa.

Ho richiamato semplicemente qualche metafora, ma su ciascuna di esse ci si potrebbe fermare anche per chiarirne meglio il significato.

Che cosa vuol dire “acque tranquille”?

Non soltanto pozze di acqua da cui si beve in pace e senza pericoli; in realtà, è evocato un cammino di pace, un cammino spirituale verso la pace interiore, dove ci si ristora alla fine di un viaggio pericoloso.

Che cosa vuoi dire “valle oscura”, tenebrosa? Non è soltanto un dirupo dove non arriva la luce, dove la notte è fonda; nella psicologia della persona umana è piuttosto la paura del buio della morte, quella paura che affiora nella coscienza e che non si placa, a meno che non venga una voce dall’alto a portare la parola di conforto.

Invito ciascuno di voi a rileggere, a ripensare e a gustare tutte queste immagini poetiche; pur se non possiamo cogliere la poesia e il ritmo propri del testo ebraico, tuttavia alcune assonanze risuonano un poco anche nella traduzione in lingua italiana.

Meditatio

Un esercizio di fede e di speranza

Nel momento della lectio abbiamo tentato di rispondere alla domanda: che cosa dice il salmo? Ora, nel momento della meditatio ci chiediamo che cosa dice a noi questa poesia religiosa, quale messaggio ci offre per l’oggi. Incominciamo a cercare le parole chiave del messaggio, che a mio avviso sono quattro:

  • Non manco di nulla”;
  • “tu sei con me”;
  • “mi dai sicurezza col tuo bastone e il tuo vincastro”;
  • “abiterò nella casa del Signore”.

Ecco dunque il messaggio: “Signore, io non manco di nulla perché tu sei con me, mi dai sicurezza e abito nella tua casa”.

Per poter dire sul serio queste parole è necessario domandarci su chi cadono e la risposta per me è ovvia: cadono oggi su cuori ansiosi, sulle nostre ansietà, sulle nostre paure, sulle nostre insicurezze. Da alcuni anni seguo un gruppo di centinaia di giovani e di ragazze – tra i 18 e i 25 anni – che partecipano al cammino del “Gruppo Samuele” e cercano con grande disponibilità la volontà di Dio nella loro vita. E affinché compiano un cammino solido, io propongo ogni anno le regole: ad esempio, di astenersi dalla televisione o di farne un uso molto ridotto.

Tra le altre c’è la IV regola che recita: bandire ogni forma di ansietà su di me e sul futuro. Ebbene, per tantissimi di questi giovani e ragazze non è difficile astenersi dall’uso della televisione, mentre è particolarmente difficile bandire ogni forma di ansietà su di sé e sul proprio futuro. La ritengono la regola più dura. Ciò significa che il nostro cuore è insicuro, siamo continuamente bisognosi di rassicurazioni su di noi e sul domani che ci attende, sulle nostre relazioni, sulla nostra salute, sulle nostre capacità…

Il Salmo 22 da questo punto di vista, è una medicina salutare, consolante, divina, efficace per tutte le ansietà del cuore umano. E una splendida preghiera da ripetere nella fede, davanti a Gesù: “Signore, io non manco di nulla davanti a te; tu sei con me, mi rassicuri, mi fai abitare nella tua casa”.

Si tratta di uno straordinario esercizio di fede e di speranza.

Nel desiderio di approfondire il messaggio, di scavare di più nel nostro cuore, ci chiediamo: “Quando pronuncio le parole del salmo, quando lo recito in preghiera, sono davvero sincero?”

Credo che tutti dobbiamo confessare che lo cantiamo, ma con un po’ di superficialità; talora ci muove alla preghiera, se stiamo vivendo momenti buoni, se non ci sono all’orizzonte dei crucci e dei problemi. Tuttavia allorché entriamo in una valle oscura, allorché avvertiamo davanti a noi l’ombra della morte (un insuccesso, la solitudine, un fiasco nella vita, il dolore fisico o morale…), diventa assai difficile dire: cammino in una valle oscura, ma sono in pace perché tu, Signore, sei con me. Pur se sono vere, pur se sono salutari, le parole del salmista sono difficili da pronunciare con il cuore.

Che cosa fare, dunque, quando ci si trova in una valle oscura, nella valle di morte, nell’ombra, nell’abisso? Dobbiamo fare quello che ha fatto Gesù. Egli è entrato nell’oscura valle del Getsemani, è entrato nel buio dell’agonia sulla croce, si è sentito abbandonare e ha gridato: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” Però in quel momento ha rivolto al padre delle parole che risuonano affini a quelle del salmo: “So che tu, Padre, sei con me, nelle tue mani affido il mio spirito”.

Gesù, contemplato nel Getsemani e sulla croce, è il modello da seguire, è colui che ci assicura dicendo: “Malgrado tutto, avrete, la forza di pregare il Salmo 22, anzi l’avete già ora perché ve la dono io”.

Mi viene in mente quanto scrive san Bonaventura a proposito di Francesco che, nell’estate del 1219, andò in Palestina e fu ricevuto dal sultano d’Egitto, dopo aver attraversato le linee militari musulmane. In quel momento di gravissimo pericolo, di paura, quasi di follia (avrebbe potuto rinunciare alla visita, evitando un percorso tanto rischioso), Francesco viaggiava ripetendo: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerò alcun male, perché tu, Signore, sei con me”.

È il messaggio delle parole chiave del Salmo 22.

Oratio

Propongo alcune domande:

  • Sento mie le parole del salmo?
  • Che cosa mi ostacola o mi impedisce di sentirle mie?
  • Quali sono i momenti nei quali, invece, le avverto davvero come mie?