1O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco,
di te ha sete l’anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz’acqua.

2Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
3Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.

4Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
5Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia blocca.

6Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
7a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

8A te si stringe l’anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.

9Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
10saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.

11Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.

Il Salmo 62 è ricchissimo di temi, di slanci, di invocazioni, di desideri, di speranze, di simboli.

È talmente ricco che è difficile dargli un titolo. La Bibbia di Gerusalemme lo intitola “Il desiderio di Dio”, mentre il commento di monsignor Gianfranco Ravasi parla di “Sete, fame, desiderio di Dio: il canto dell’Amore mistico”.

Noi cercheremo di farci un’idea del salmo così da contemplarlo con una visione sintetica; ma permettetemi di iniziare comunicandovi un ricordo personale.

Molti anni fa, trovandomi in Palestina con alcuni amici, siamo scesi da Gerusalemme verso il deserto, passando per Anatot, la città di Geremia; di lì abbiamo preso una strada polverosa che conduceva, a un certo punto, in mezzo alle sabbie e alle rocce. D’un tratto, ecco un dirupo e, al fondo di esso, dove eravamo giunti a fatica, una splendida sorgente da cui sgorgava acqua limpidissima. È la sorgente di Ain Fara, vicina ai resti di uno dei più antichi eremitaggi del deserto, quello di san Caritone, del secolo IV. Eravamo accaldati, assetati, stanchi e ci siamo allora seduti presso un grande pietrone, da cui zampillava l’acqua limpida, restando in silenzio. Poi qualcuno ha proposto: ciascuno di noi potrebbe dire quale salmo esprima meglio, in questo momento, la sua preghiera personale. E io spontaneamente, recitai il 62: “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua…”

Dunque, quando leggo queste parole, vado con la mente a quel giorno e a tutte le volte in cui ho recitato, pregato, cantato il Salmo 63, perché è assai presente nella liturgia e nei canti responsoriali della Liturgia delle Ore.

Noi tentiamo di penetrarlo attraverso le tre scansioni classiche: la lectio, cioè cinque domande sul testo; la meditatio, facendo due riflessioni; I’oratio o contemplatio, in cui darò qualche suggerimento di preghiera.

Lectio del salmo

Da chi è cantato il salmo? Da un “io” che parla, da una persona singola, ed è quindi un canto molto personale, proprio di uno che è assetato, affamato, la cui carne è anelante: potremmo definirlo un orante insonne. Evidentemente sono pure possibili identificazioni storiche. Il versetto 1, che è l’introduzione storica, riferisce da molti secoli il salmo a Davide nel deserto, allorché viveva un’esistenza partigiana: braccato da Saul, anela al tempio, al riposo, ha sete del Dio che solo può salvarlo.

Il versetto 3 fa pensare anche a una situazione più generale, quella di un fedele perseguitato, che si è rifugiato nel santuario per sfuggire alla vendetta degli avversari: “Così nel santuario ti ho cercato”. Oppure l’autore del salmo potrebbe essere un re sconfitto e bisognoso di conforto: “Quelli che attentano alla mia vita scenderanno nel profondo della terra … il re gioirà in Dio, si glorierà chi giura per lui” (vv. 10.12).

Forse qualcuno di voi si accorgerà che i tre ultimi versetti del salmista non sono riportati nei testi ufficiali della liturgia, perché considerati forti e vendicativi.

Comunque, alla domanda “da chi è pronunciato il Salmo 63?”, rispondiamo che è detto da tanti: da Davide, da un fedele, da un re sconfitto che cerca conforto, da uno che prega nel tempio; da ciascuno di noi, perché sono “io”, sei “tu” che lo reciti. Sono io che mi riconosco in tutti gli atteggiamenti di quell’orante o che desidero confrontarmi con essi. Il salmo, allora, esprime un “io universale”.

Quali atteggiamenti umani vengono sottolineati? Quali i simboli concreti usati dal salmista? Gli atteggiamenti sono quelli dell’uomo in ricerca amorosa. Se scorriamo con l’occhio i singoli versetti, comprendiamo che sottolineano i sentimenti di un innamorato spasimante: ti cerco, anelo a te, di te ho sete, senza di te sono una terra deserta, arida e priva di acqua; vorrei vederti, stringermi a te, appoggiarmi a te per saziarmi e mi ricordo di te anche di notte, salto di gioia per te, ti lodo e ti benedico. Questi atteggiamenti di un innamorato di Dio sono assai importanti, come vedremo.

Quando sono espressi tali atteggiamenti? Sono espressi nei due tempi in cui si sogna: all’aurora, tempo dei sogni costruttivi, che anticipano le opere del giorno; e poi nelle veglie notturne: “Penso a te nelle veglie notturne”, tempo delle ansie, delle paure, della solitudine, della ricerca di senso. Due tempi nei quali sogni opposti si agitano nel nostro cuore: di speranza, di desiderio e di paura pur anelando sempre a Qualcuno.

Con quale ordine sono espressi? Il Salmo 62, così spontaneo, così ricco di emozioni zampillanti dal profondo del cuore, ha tuttavia un ordine abbastanza preciso ed è divisibile in tre parti.

La prima parte (vv.2-4) è il canto della sete di Dio, e le immagini fondamentali sono la sete, l’acqua, il desiderio ardente.

La seconda parte (vv. 5-9) è il canto della fame di Dio: si parla di un convito, della bocca, della sazietà, dell’esultanza e della gioia come aspetti del convito e perciò si esprimono i più veri aneliti dell’uomo sotto forma di fame, dopo averli espressi sotto forma di sete.

La terza parte (vv. I0-I2) è il canto del giudizio di Dio, perché chi ha vissuto la sete di Dio e si è dissetato, chi ha vissuto la fame di Dio e si è saziato vince sui suoi nemici. Ed ecco i temi del profondo della terra, della spada, degli sciacalli, della gioia propria del re vittorioso, che indicano il superamento delle potenze avverse. L’ordine è quindi triplice: sete, fame, vittoria. Canto della sete di Dio, canto della fame di Dio, canto del giudizio di Dio.

Quale immagine di Dio soggiace al salmo? Chi parla, chi prega, chi canta, vede Dio come una persona innamorata, vede colui che ama. È dunque un Dio desiderato, più amato della stessa vita, un Dio che appaga l’anelito di chi lo cerca, un Dio con cui si è una cosa sola, un Dio al quale ci si appoggia e dalla cui mano si vuole essere stretti. L’immagine potrebbe essere quella di chi va in montagna su di un sentiero arduo, difficile, pericoloso e si accorge che una mano forte lo stringe dandogli sicurezza. Tutto ciò che viene detto nel salmo mi sembra riassunto in una bella frase di Gregorio di Nazianzo, vescovo e dottore della Chiesa, morto verso il 390: “Deus sitit sitiri”, Dio è Colui che ha sete di essere desiderato con sete. Per questo ho detto prima che chi lo recita è un innamorato di Dio: la sua è un’esperienza estatica, appagante, rassicurante, che conforta nelle prove esteriori e interiori, un’esperienza di desiderio e insieme di pienezza.

Meditatio – Innamorarsi di Dio

Nel momento della meditatio, che abbiamo un poco anticipato nella lectio, suggerisco due tesi o riflessioni, brevissime ma importantissime. La prima riflessione o tesi è la seguente : dalla lettura del Salmo 62, che è una preghiera, impariamo come la preghiera possa essere un’autentica esperienza di amore, vera almeno quanto lo è ogni esperienza d’amore umano e assai di più. Un’esperienza che coinvolge il corpo, la carne, la bocca, la mano; l’esultanza, il saltare, il godere è profondamente interiore. In altre parole, noi siamo chiamati a innamorarci di Dio. Ciascuno può porsi la domanda: nella preghiera ho vissuto qualcosa di tale esperienza? Desidero innamorarmi di Dio e vorrei che il Signore mi aiutasse in proposito?

La seconda riflessione la riceviamo soprattutto dall’ultima parte del salmo. La preghiera dà forza nella vita: “Tu sei stato il mio aiuto […] la forza della tua destra mi sostiene, quelli che attentano alla mia vita verranno sconfitti”. Innamorarsi di Dio significa fidarsi di lui, avere lui come nostra forza. Di qui la domanda: quali sono le mie paure? Come le porto nella preghiera, per sentire che Dio è la mia forza?

Oratio

  • Ricercare i desideri profondi.
  • I desideri non sono sempre buoni.
  • Il desiderio è sempre buono.
  • “Ogni mio desiderio è davanti a te”
  • La preghiera è fare la verità in noi stessi.
  • Guardo al mio presente e cerco di svelare i desideri più profondi.
  • Che cosa desidero sinceramente e profondamente?
  • Per che cosa e per chi sacrificherei la mia vita?

Fede-speranza

  • Dio è nel profondo della mia vita. Credo in Dio dal più profondo della mia vita.
  • Ho la speranza che “Colui che ha iniziato in me la sua opera la porterà a compimento”.
  • Dio mi ha condotto e mi conduce attraverso i miei desideri profondi.
  • La mia prima preghiera cercherà di rispondere alla domanda fatta ai primi discepoli: “Che cercate?” (Gv. 1, 38).

Altri Salmi per la preghiera

Salmo 138: Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore
Salmo 139: Signore, tu mi scruti e mi conosci