Ritiro sui Salmi (1)
P. Renzo Piazza
(riflessioni ispirate da card. Martini)
1. Dal Lamento alla Lode – Introduzione
Il nome ebraico del salterio è sefer tehillîm, libro delle lodi.
Dire che il salterio è una raccolta di lodi significa darne una precisa linea di lettura in un movimento che va dalla supplica alla lode. Il binomio lamento/lode è fondamentale nella preghiera dei salmi. Il lamento individuale è il genere forse più rappresentato all’interno dei salmi, circa i ¾ dei salmi sono di lamento, e sono espressione della povertà umana, della dimensione creaturale.
Dio ascolta
Il salmo di lamento è un grido che sale a Dio a partire da una situazione di bisogno. L’orante non si chiude in se stesso, perché ha fiducia che Dio sia sensibile al suo grido e lo ascolti, così come è stato sensibile al grido di Israele in Egitto:
Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano (Es 3,7-9).
- Dio abita i cieli ma è vicino alle gioie e alle sofferenze degli uomini.
- Dio ama la vita, non è un Dio assente, non è un Dio lontano.
- La situazione di povertà e di sofferenza mette in crisi proprio questa convinzione della fede che Dio è buono e quindi il dolore, la sofferenza sono avvertiti come un contrasto.
Dio è buono
È proprio l’idea che Dio è buono che provoca il grido: se Dio non fosse creduto come buono, il male e la sofferenza non sarebbero un problema, ma rientrerebbero nella logica delle cose.
L’uomo che soffre invece, avverte il dolore, la condizione della sofferenza come ingiusta e che contraddice l’originaria bontà di Dio e quindi si lamenta davanti a Dio.
Le tipologie del lamento sono tre:
- l’uomo si lamenta del proprio male, perché è malato
- si lamenta dei nemici
- e si lamenta di Dio.
I salmi di lamento presentano sempre tre personaggi: c’è l’orante, c’è Dio e ci sono i nemici.
Prima situazione: l’uomo si lamenta del proprio male.
- Il salmo 22 fa una descrizione anche della situazione fisica in cui si trova l’orante. Come acqua sono disciolto… riarsa è la mia gola…
- Il salmo 38 fa un discorso sulla malattia: nulla di sano c’è nelle mie ossa….
A volte l’orante accusa Dio di essere causa della malattia:
- Sal 38,3: sono penetrati i tuoi dardi;
- Sal 39,11: dalla forza della tua mano sono finito
A volte la malattia è considerata una forma di punizione per una colpa:
- Sal 38,4-5: nulla di integro c’è nelle mie ossa, di fronte al mio peccato
- Sal 38,19: la mia colpa io confesso sono in ansia per il mio peccato.
Il rapporto tra malattia e colpa è molto diffuso nella Scrittura: il peccato che non si vede ha una sua manifestazione esteriore nella malattia. Nel caso di alcune malattie della pelle non si andava dal medico ma dal sacerdote. Anche nei vangeli, davanti al cieco nato i discepoli chiedono chi ha peccato, se lui o i suoi genitori.
La sofferenza ci fa mettere in dubbio la bontà di Dio oppure ci fa approfondire i termini della scelta di fede.
Malattia e peccato tendono a sovrapporsi.
A volte l’uomo si lamenta del suo male nel senso che si lamenta del peccato (Sal 51).
E allora in questi salmi di lamento l’uomo chiede a Dio di essere guarito o di essere perdonato.
Mentre per noi sono cose diverse, nel linguaggio dei salmi guarigione e perdono tendono a sovrapporsi.
La presenza dei nemici
La situazione di lamento è soprattutto causata dai nemici. La presenza dei nemici è costante e ci sorprende.
Sono tre le metafore fondamentali con cui vengono descritti i nemici:
- immagini di guerra: Sal 3,7: esercito di miriadi che si scagliamo contro di me da ogni parte;
Sal 3,13: prepara strumenti di morte. - immagini di caccia: Sal 9,16 sprofondarono le genti nella fossa che fecero, nella rete che tessero si impigliò … cacciatori che tendono insidie, trappole.
- immagini di animali, descritti come animali feroci di fronte ai quali l’orante si sente come un animale che non si può difendere: Sal 17,12: si parla dei nemici, stanno in agguato, assomigliano a un leone; Sal 22,13-14 tori senza numero, leoni ruggenti pronti a sbranare, un branco di cani mi circonda…
La parola, che è lo strumento che rende l’uomo più simile a Dio (Adamo chiama per nome gli animali nella Genesi), non serve quando si trova davanti agli animali feroci.
L’immagine degli animali è la perdita della umanità, la perdita di una via di comunicazione, di una relazione.
Il peccato, il male è un animale accovacciato alla porta di casa:
Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7 Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è la sua bramosia, ma tu dominala” (Gen 4,6-7).
Il terzo motivo di lamento è Dio. Di fronte al suo silenzio la preghiera si fa domanda.
L’orante chiede a Dio: fino a quando? Che vuol dire: non ce la faccio più.
- Sal 6,4: L’anima mia è tutta sconvolta, ma tu, Signore, fino a quando…?
- Sal 13,2-3 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
Fino a quando nell’anima mia proverò affanni, tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico? - Sal 74,10: 10Fino a quando, o Dio, insulterà l’avversario, il nemico continuerà a disprezzare il tuo nome?
- Sal 79,5 Signore, Dio degli eserciti, fino a quando fremerai di sdegno contro le preghiere del tuo popolo?
- Sal 89,47 Fino a quando, Signore, continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira? - Sal 93,3 3Fino a quando gli empi, Signore, fino a quando gli empi trionferanno?
L’altra domanda è: perché? Che significa: non capisco.
- Sal 10,1: Perché Signore stai lontano, nel tempo dell’angoscia ti nascondi?
- Sal 22,2: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
- Sal 42,10: Dirò a Dio, mia difesa: “Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”. - Sal 43,2: Tu sei il Dio della mia difesa; perché mi respingi,
perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?
Il grido giunge anche a interpellare Dio in maniera irriverente:
- Sal 44,24-25: Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?
Il povero grida
L’orante che parla nei salmi di lamento è povero, misero, afflitto, oppresso e si rivolge a Dio come salvatore dei poveri.
Si lamenta di una carenza reale, della malattia, oppure è emarginato, perseguitato, lontano dal tempio, cioè ha dei motivi oggettivi e siccome gli manca qualcosa chiede a Dio di intervenire.
Il linguaggio è sempre eccessivo
In questi salmi di lamento il linguaggio usato è sempre un linguaggio estremo.
- Una carenza reale diventa l’acqua mi arriva alla gola.
- Una gioia reale diventa mi hai liberato dalla morte.
Il linguaggio è sempre eccessivo: ogni situazione di sofferenza, mancanza, solitudine, malattia, è un’esperienza di morte, una anticipazione di quella che è la morte.
Per cui la morte non è semplicemente il momento biologico che coincide con la fine della vita, ma una esperienza che viviamo in maniera anticipata in tutte le situazioni di limite, di carenza, di colpa.
Allo stesso modo, nei salmi di lode si dice che ogni esperienza di bene, di positività è un’anticipazione di una vita piena.
La Lode
La lode è la preghiera che si oppone a una lettura del mondo senza Dio: ci aiuta a resistere alla tentazione di pensarlo senza Dio. Ponendoci in un atteggiamento di positività essa è un fronte di resistenza contro la tendenza a vedere dentro le cose quello che manca, quello che è incompiuto, senza soluzione, il limite, la morte.
Essa ci pone nello stupore, perché ci conduce a ritrovare il senso di promessa contenuto nella Scrittura: promessa di una pienezza di vita, di una liberazione, di un compimento, di salvezza.
I salmi di lode sono una preghiera di resistenza nei confronti di un certo attivismo un po’ efficientista, ci portano a riscoprire che la salvezza è grazia.
È una preghiera gratuita, a differenza del ringraziamento, e quindi ci fa riscoprire la dimensione di gratuità nell’esistenza e la dimensione della grazia che attraversa la nostra esistenza.
Oggetto della lode è Dio e quello che Dio fa, non in sé, ma quello che fa nella creazione, nella storia, quindi è anche una preghiera molto concreta perché parte da fatti che sono considerati meraviglie a vari livelli.
Solo chi nel mezzo della notte trova la forza di recitare i salmi sveglia l’aurora dalla quale nasce il sole di giustizia:
- Sal 57,8-9: Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.
Voglio cantare, a te voglio inneggiare:
svegliati, mio cuore, svegliatevi arpa, cetra,
voglio svegliare l’aurora.
Davide, cantando e suonando la cetra, cacciava lo spirito cattivo da Saul:
Quando dunque lo spirito sovrumano investiva Saul,
Davide prendeva in mano la cetra e suonava:
Saul si calmava e si sentiva meglio
e lo spirito cattivo si ritirava da lui.
1Sam 16,23
Il capitolo 3 del libro di Daniele ci racconta il canto dei tre giovani nella fornace: una icona della preghiera di lode. Essi vennero condannati dal re Nabucodonosor a bruciare vivi per non aver voluto rinnegare la fede dei loro padri:
Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso. 22 Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadrach, Mesach e Abdenego, rimasero uccisi dalle fiamme, 23 nel momento stesso che i tre giovani Sadrach, Mesach e Abdenego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso. 24 Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore …
Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco 50 e rese l`interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia. 51 Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace …
Nabucodònosor prese a dire: “Benedetto il Dio di Sadrach, Mesach e Abdenego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio. 96 Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadrach, Mesach e Abdenego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare”.
Dn 3,21-24.49-51.95-96
Possiamo cogliere in questo testo sei aspetti della preghiera di lode:
- lodare il Dio della vita significa rinunciare all’adorazione dei falsi dei, accettando di essere una comunità in contrasto con la mentalità corrente.
- La lode di Dio è incondizionata: Dio è lodato per se stesso, al di là del momento storico e delle necessità presenti.
- La lode dei tre giovani è espressione della loro speranza messianica che il male non avrà l’ultima parola nella storia. La figura dell’angelo significa che il Signore è presente accanto al suo popolo, non abbandona i suoi miseri.
- I tre giovani cantano a una sola voce (Dn 3,51): il canto di lode crea la comunione, relativizzando le differenze di voci. La lode conduce alla conversione anche i nemici oppressori più potenti della terra.
- La presenza del vento pieno di rugiada nella fornace, è presenza dello spirito del Signore, che immette la vita dentro la morte e permette di passare indenni in mezzo al fuoco della storia. La Chiesa primitiva nelle catacombe raffigura se stessa come tre giovani che benedicono Dio in mezzo al fuoco delle persecuzioni.
I salmi perciò sono canti contro la morte: pregarli vuol dire stare dalla parte della vita, vuol dire passare dalla morte alla vita.