TESTO BIBLICO PER IL 2024
Luca 10, 25-37

Un maestro della Legge voleva tendere un tranello a Gesù. Si alzò e disse: “Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa c’è scritto nella legge di Mosè? Che cosa vi leggi?”. Quell’uomo rispose: “C’è scritto: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente, e ama il prossimo tuo come te stesso”.
Gesù gli disse: “Hai risposto bene! Fa’ questo e vivrai!”.
Ma quel maestro della Legge per giustificare la sua domanda chiese ancora a Gesù: “Ma chi è il mio prossimo?”. Gesù rispose: “Un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gèrico, quando incontrò i briganti. Gli portarono via tutto, lo presero a bastonate e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso passò di là un sacerdote; vide l’uomo ferito, passò dall’altra parte della strada e proseguì. Anche un levita del Tempio passò per quella strada; lo vide, lo scansò e prosegui. Invece un uomo della Samaria, che era in viaggio, gli passò accanto, lo vide e ne ebbe compassione. Gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo. Il giorno dopo tirò fuori due monete d’argento, le diede al padrone dell’albergo e gli disse: ‘Abbi cura di lui e se spenderai di più pagherò io quando ritorno’”.
A questo punto Gesù domandò: “Secondo te, chi di questi tre si è comportato come prossimo per quell’uomo che aveva incontrato i briganti?”. Il maestro della Legge rispose: “Quello che ha avuto compassione di lui”. Gesù allora gli disse: “Va’ e comportati allo stesso modo”.

Il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2024 è stato preparato da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso, coordinato dalla Comunità locale di Chemin Neuf (Comunità Chemin Neuf, da ora CCN). Il tema scelto è “Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27). Quanti sono stati coinvolti nella stesura del testo – fratelli e sorelle dall’Arcidiocesi cattolica di Ouagadougou, dalle Chiese protestanti, dagli organismi ecumenici e dalla CCN in Burkina Faso – hanno collaborato generosamente alla stesura delle preghiere e delle riflessioni, vivendo questa esperienza di lavoro insieme come un vero cammino di conversione ecumenica.

Amare Dio e il prossimo in una situazione in cui la sicurezza personale e sociale è messa a repentaglio

Il Burkina Faso si trova nell’Africa occidentale, nella regione del Sahel, che comprende i territori limitrofi del Mali e del Niger. Si estende su 174.000 km² e conta 21 milioni di abitanti, appartenenti ad una sessantina di etnie. In termini religiosi, circa il 64% della popolazione è musulmano, il 9% aderisce alle religioni tradizionali africane e il 26% è cristiano (20% cattolico, 6% protestante). Questi tre gruppi religiosi sono presenti in ogni regione del paese e praticamente in ogni famiglia. Il Burkina Faso sta vivendo una grave crisi che mina la sicurezza personale e sociale e che coinvolge tutte le comunità di fede. Dopo un grave attacco jihadista organizzato dall’esterno del paese nel 2016, le condizioni di sicurezza in Burkina Faso e, conseguentemente, la coesione sociale del paese, si sono drammaticamente deteriorate. Il paese ha sofferto una prolungata proliferazione di attacchi terroristici, di illegalità e di traffico di esseri umani; una situazione che ha causato oltre tremila morti e quasi due milioni di sfollati all’interno del paese, mentre sono state chiuse migliaia di scuole, centri sanitari, municipi e sono andate distrutte gran parte delle infrastrutture socio-economiche e di trasporto. Gli attacchi mirati contro specifici gruppi etnici aggravano il rischio di conflitti interni tra le comunità: questa situazione di allarme per la sicurezza mina la coesione sociale, la pace e l’unità nazionale.

Le chiese cristiane in particolare sono state oggetto di attacchi armati: sacerdoti, pastori e catechisti sono stati uccisi durante il culto e rimane tuttora sconosciuto il destino riservato ad altri che sono stati rapiti. Al momento della redazione di questo testo, oltre il 22% del territorio nazionale è fuori dal controllo dello stato. I cristiani non possono più praticare apertamente la loro fede in questi contesti; a motivo del terrorismo, infatti, la maggior parte delle chiese cristiane nel nord, nell’est e nel nord-ovest del paese sono state chiuse e non c’è più alcun culto cristiano pubblico in molte di queste aree. Dove il culto è ancora possibile – di norma nelle grandi città e sotto la protezione della polizia – è stato comunque necessario abbreviare le celebrazioni per garantirne la sicurezza.

Nonostante gli sforzi sia dello Stato che delle comunità religiose, occorre purtroppo ammettere che il paese sta diventando progressivamente più instabile nella misura in cui si diffondono i gruppi estremisti. Pur tuttavia, cresce una certa solidarietà tra le religioni cristiana, musulmana e tradizionali, i cui leader si stanno impegnando per trovare soluzioni durature a favore della pace, della coesione sociale e della riconciliazione. Ne è un esempio la Commissione per il dialogo cristiano-musulmano della Conferenza episcopale cattolica del Burkina Faso-Niger, che sta compiendo uno sforzo notevole per promuovere il dialogo e la cooperazione tra le religioni e le etnie.

In risposta agli appelli lanciati dal Governo a pregare per la pace, la coesione sociale e la riconciliazione, le singole chiese continuano a promuovere momenti di preghiera quotidiani e digiuni. Si è, inoltre, intensificata l’azione congiunta da parte delle varie comunità cattoliche e protestanti per offrire assistenza agli sfollati, mediante l’organizzazione di incontri di riflessione e di sensibilizzazione tesi a offrire una migliore comprensione della situazione, promuovere il valore della fraternità e sviluppare strategie per ricostruire una pace duratura. Questa speranza si riflette anche nel proverbio tradizionale Mossi: “Non importa quanto dura e lunga sia la lotta, il tempo della riconciliazione verrà”.

L’invito a lavorare insieme per la redazione dei testi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2024 sfida le diverse chiese del Burkina Faso a camminare, pregare e lavorare insieme nell’amore reciproco durante questo periodo difficile per il Paese. L’amore di Cristo che unisce tutti i cristiani è più forte delle divisioni e i cristiani del Burkina Faso si impegnano a percorrere la via dell’amore per Dio e per il prossimo. Essi nutrono ferma fiducia che l’amore di Dio vincerà la violenza che attualmente affligge il loro paese.

L’amore è il DNA della fede cristiana. Dio è Amore e “l’amore di Cristo ci ha riuniti in una cosa sola”3 . Troviamo la nostra comune identità nell’esperienza dell’amore di Dio (cfr. Gv 3, 16) e manifestiamo questa identità al mondo nella misura in cui ci amiamo gli uni gli altri (cfr. Gv 13, 35). Nel brano scelto per la Settimana di preghiera 2024 (Lc 10, 25-37), Gesù ribadisce l’insegnamento ebraico tradizionale contenuto nel Libro del Deuteronomio 6, 5: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”, e nel Libro del Levitico 19,18b “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Il dottore della Legge nel brano evangelico scelto per la Settimana chiede subito a Gesù: “Ma chi è il mio prossimo?”. Si trattava di una questione – quella relativa all’estensione dell’obbligo biblico di amare – assai dibattuta tra i dottori della Legge. Tradizionalmente si credeva che si estendesse agli Israeliti e agli stranieri residenti, ma, nel tempo, a motivo dell’impatto delle invasioni da parte di potenze straniere, il comandamento venne inteso come non applicabile agli stranieri delle forze occupanti e successivamente, mentre l’Ebraismo stesso si andava frammentando, lo si considerava, talvolta, applicabile unicamente alla propria particolare fazione. La domanda posta a Gesù dal dottore della Legge è dunque provocatoria, ed Egli vi risponde con una parabola che illustra come l’amore si estenda ben oltre i limiti immaginati dal dottore della Legge.

Molti degli scrittori cristiani dei primi secoli – ad esempio Origene, Clemente Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Agostino – lessero in questa parabola la direzione del piano di Dio per la salvezza del mondo. Essi videro nell’uomo che scendeva da Gerusalemme l’immagine di Adamo – e quindi di tutta l’umanità – che discendeva dal paradiso verso questo mondo, pieno di pericoli e di fragilità, e i briganti come l’immagine delle potenze terrene ostili che assalgono l’umanità. Essi videro Cristo stesso nella figura del samaritano che, mosso a compassione, venne in aiuto dell’uomo percosso e agonizzante, ne curò le ferite e lo portò al sicuro in una locanda, vista come l’immagine della Chiesa. La promessa del Samaritano di ritornare fu interpretata come una prefigurazione della promessa del ritorno del Signore.

I cristiani sono chiamati ad agire come Cristo, ad amare come il Buon Samaritano, mostrando misericordia e compassione verso chi è nel bisogno, a prescindere dalla sua identità religiosa, etnica o sociale. La forza che spinge a soccorrere e aiutare chi è nel bisogno non deve risiedere nel fatto di condividere la medesima identità, ma nel fatto di considerarlo “prossimo”. Questa visione dell’amore del prossimo che Gesù ci sprona a seguire è tuttavia messa a dura prova nel mondo di oggi. In particolare in Burkina Faso, la nostra capacità di amare come Cristo è inibita dalle guerre in molte regioni, dagli squilibri nelle relazioni internazionali e dalle disuguaglianze causate dai cambiamenti strutturali imposti dalle potenze occidentali o da altri organismi esterni. Ma è soltanto imparando ad amarsi reciprocamente, nonostante le differenze, che i cristiani possono farsi prossimo per gli altri, su esempio del Samaritano del Vangelo.

La strada ecumenica

Gesù ha pregato che i suoi discepoli fossero tutti una cosa sola (cfr. Gv 17, 21): per questo motivo i cristiani non possono perdere la speranza o smettere di pregare e operare per l’unità. Sono uniti, in Cristo, dal loro comune amore per Dio e dalla consapevolezza di essere amati da Dio. Quando pregano, adorano e servono Dio insieme, si riconoscono reciprocamente nella medesima esperienza di fede, e tuttavia tradurre tale consapevolezza in relazioni vitali tra le chiese, anche in Burkina Faso, rimane una sfida aperta. La reciproca mancanza di conoscenza tra le chiese e il mutuo sospetto indeboliscono l’impegno nell’intraprendere la strada ecumenica. Alcuni possono temere che l’ecumenismo porti ad una perdita di identità confessionale e impedisca la “crescita” della loro chiesa, ma tale rivalità tra le chiese è contraria alla preghiera di Gesù. Come il sacerdote e il levita nel brano evangelico, i cristiani spesso non colgono l’opportunità di entrare in relazione con i loro fratelli e le loro sorelle a motivo di questo timore. Durante questa Settimana di preghiera per l’unità, chiediamo al Signore di venire in nostro aiuto, di curare le nostre ferite e permetterci, così, di percorrere la via dell’ecumenismo con fiducia e speranza.

L’unità dei cristiani a servizio di una pace e di una riconciliazione più ampie

Il particolare contesto del Burkina Faso riflette la necessità di porre l’amore al centro della ricerca della pace e della riconciliazione. Questa ricerca è stata spesso minata dalla perdita di valori e di un senso condiviso di umanità e da una sempre minore cura per il bene comune, per la rettitudine, l’integrità e il senso civico. L’impoverimento spirituale e la ricerca di facili guadagni hanno ulteriormente indebolito il perseguimento della riconciliazione; di fronte a tale situazione l’imperativo di testimoniare l’amore di Dio diviene ancor più pressante. (…)

La locanda della parabola del Buon Samaritano è stata spesso interpretata dai Padri della Chiesa come un’immagine della Chiesa: come il Samaritano portò l’uomo ferito alla locanda, così Cristo affida coloro che nel mondo sono feriti e bisognosi alle nostre chiese, per curare le loro ferite e contribuire alla loro guarigione. Questa missione al servizio del mondo è anche la via verso quell’unità che è dono di Dio al suo popolo.

Un maestro della Legge voleva tendere un tranello a Gesù. Si alzò e disse: “Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Lc 10, 25)

Romani 14, 8-9
Salmo 103 (102), 13-18

Commento

“Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”: questa domanda cruciale posta a Gesù da un maestro della Legge interpella ogni credente in Dio, giacché inerisce al senso della nostra vita in terra e per l’eternità. Altrove, nella Bibbia, Gesù ci dà la definizione ultima di vita eterna: “Conoscere te, l’unico vero Dio, e conoscere colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17, 3). Conoscere Dio significa discernere quale sia la sua volontà nella nostra vita e porla in atto. Ogni uomo vuole vivere una vita in pienezza e in verità, e anche Dio lo desidera per noi (cfr. Gv 10, 10). Sant’Ireneo affermava: “La gloria di Dio è un essere umano pienamente vivo”.

Le realtà esistenziali della vita – la divisione, l’egoismo e la sofferenza – spesso ci allontanano dalla ricerca di Dio. Gesù ha vissuto il mistero dell’intima comunione con il Padre, Che desidera ricolmare tutti i suoi figli della pienezza della sua vita eterna, Gesù è quindi “la Via” che ci conduce al Padre, il nostro destino ultimo.

Il nostro anelito alla vita eterna ci avvicina a Gesù, e, per ciò stesso, ci avvicina gli uni agli altri, rendendo più forte il nostro legame nel cammino verso l’unità dei cristiani. Rendiamoci disponibili all’amicizia e alla collaborazione con i cristiani di tutte le chiese, pregando per il giorno in cui potremo essere tutti insieme, uniti, alla Mensa del Signore.

Preghiera

Dio della vita,
ci hai creati perché ricevessimo la vita, e la vita in pienezza.
Fa’ che possiamo riconoscere nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle
il loro desiderio di vita eterna.
Fa’ che, seguendo con perseveranza la via di Gesù,
possiamo condurre molti a te.
Te lo chiediamo nel suo nome. Amen

Il maestro della Legge rispose: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente, e ama il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27)

Deuteronomio 10, 12-13
Salmo 133 (132), 1-3

Commento

La risposta che Gesù dà al maestro della Legge può sembrare semplice, in quanto tratta dai comandamenti di Dio che erano ben noti. Tuttavia, amare Dio in questo modo e il prossimo come noi stessi è spesso difficile. Il comandamento di amare Dio richiede un impegno profondo e significa abbandonarsi completamente a lui, offrendogli il cuore e la mente e mettendoli a servizio della sua volontà. In questo cammino possiamo chiedere la grazia di seguire l’esempio di Cristo, lui Che ha offerto se stesso completamente e ha detto: “Non sia fatta la mia volontà, ma la tua” (Lc 22, 42).

Egli ha manifestato il suo immenso amore per tutti, compresi i suoi nemici. Non ci è dato di scegliere i nostri vicini: amarli significa essere attenti alle loro necessità, accettarne i limiti, e incoraggiare le loro speranze e aspirazioni. Lo stesso atteggiamento è necessario sulla via dell’unità dei cristiani, nei confronti delle varie tradizioni, diverse l’una dall’altra.

La chiamata ad amare il prossimo “come noi stessi” ci ricorda il bisogno di accettarci così come siamo, consapevoli dello sguardo compassionevole di Dio su di noi, sempre pronto a perdonare. Teniamo a mente che siamo creazione amata da Dio: rispettiamo noi stessi, cerchiamo la pace con noi stessi. Allo stesso modo, ognuno di noi può chiedere la grazia di amare e accettare la propria chiesa o comunità, con le sue mancanze, affidando tutto al Padre, Che ci vivifica per la potenza dello Spirito Santo.

Preghiera

Signore,
donaci la grazia di conoscerti sempre più intimamente,
per amarti con tutto il cuore.
Donaci un cuore puro,
per amare il nostro prossimo come noi stessi.
Fa’ che il dono del tuo Santo Spirito ci renda capaci
di scorgere la tua presenza nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli
perché possiamo amarci reciprocamente
con lo stesso amore incondizionato con cui Tu ami noi.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Chi è il mio prossimo? (Lc 10, 29)

Romani 13, 8-10
Salmo 119 (118), 57-63

Commento

Il maestro della Legge tenta di giustificarsi, sperando che il prossimo che gli viene chiesto di amare sia qualcuno della sua stessa fede e del suo popolo; questo è un istinto umano naturale. Quando invitiamo le persone nelle nostre case, sono spesso persone che condividono la nostra posizione sociale, la nostra visione della vita e i nostri valori. C’è un istinto umano a preferire luoghi a noi familiari, e questo vale anche per le nostre comunità ecclesiali. Tuttavia, Gesù conduce il maestro della Legge – e tutti coloro che lo ascoltano – nella dimensione più profonda della loro tradizione, ricordando loro il precetto di accogliere e amare tutti, a prescindere dalla loro religione, cultura o posizione sociale.

Il Vangelo ci insegna che non vi è nulla di straordinario nell’amare chi è come noi, e ci spinge verso una visione più radicale di ciò che significa essere umani. La parabola illustra in modo molto visibile ciò che Gesù si aspetta da noi: spalancare i nostri cuori e camminare sulla sua via, amando gli altri come Egli ci ama.

Gesù, infatti, risponde al dottore della legge con un’altra domanda: non “chi è il mio prossimo?”, ma “chi si è comportato come prossimo” per quell’uomo bisognoso?

Viviamo tempi di insicurezza e paura che ci mettono di fronte a una realtà in cui le relazioni umane impattano su sfiducia e incertezza. Questa è la sfida della parabola di oggi: chiedersi “di chi sono prossimo io”?

Preghiera

Dio d’Amore,
Che scrivi amore nei nostri cuori,
infondi in noi il coraggio di guardare oltre noi stessi
e vedere il nostro prossimo anche in chi è diverso da noi,
affinché possiamo veramente seguire Gesù Cristo,
nostro fratello e nostro amico,
Che è Signore, nei secoli dei secoli. Amen.

Vide l’uomo ferito, passò dall’altra parte della strada e proseguì (Lc 10, 31)

Isaia 58, 6-9
Salmo 34 (33), 16-2

Commento

Il sacerdote e il levita che alla vista dell’uomo ferito passano dall’altra parte della strada possono aver avuto validi motivi religiosi per non prestare soccorso: potrebbero essere stati già pronti per compiere i loro riti religiosi, e rischiato, perciò, la contaminazione rituale se quell’uomo fosse stato un morto. Eppure, in molte occasioni, Gesù critica i capi religiosi per aver posto delle regole della religione davanti al dovere di fare sempre il bene.

L’inizio della pericope biblica di questa Settimana di preghiera ci spiega come il maestro della Legge avesse cercato di giustificarsi, come anche il sacerdote e il levita della parabola si sarebbero sentiti giustificati in quello che avevano fatto. Ma noi, come cristiani, fino a che punto siamo disposti ad andare oltre le convenzioni?

A volte la nostra miopia ecclesiale e la nostra visione limitata dai condizionamenti culturali, possono impedirci di vedere quanto viene manifestato dalla vita e dalla testimonianza di sorelle e fratelli di altre tradizioni cristiane. Ma quando siamo disposti ad aprire i nostri occhi per vedere come i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo rivelano l’amore di Dio, siamo spinti ad avvicinarci a loro e ad entrare in una unione più profonda con loro.

Questa parabola di Gesù non solo ci sprona a fare il bene, ma anche ad ampliare la nostra visione. Non impariamo ciò che è buono e santo solo da coloro che condividono la nostra stessa visione confessionale o religiosa del mondo, ma anche – e spesso – possiamo impararlo da chi è diverso da noi. Il Buon Samaritano è spesso colui che non ci aspettiamo.

Preghiera

Signore Gesù Cristo,
mentre camminiamo con te verso l’unità,
fa’ che non distogliamo il nostro sguardo dal mondo,
ma lo manteniamo vigile.
Fa’ che, mentre percorriamo le strade della nostra vita,
siamo capaci di fermarci e tendere la mano,
di fasciare i feriti e sentire, così, che Tu sei presente in loro,
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò (Lc 10, 34)

Gioele 2, 23-27
Salmo 104 (103), 14-15.27-30

Commento

Il Buon Samaritano fece quello che poteva con le risorse a sua disposizione: versò vino e olio, bendò le ferite dell’uomo e lo pose sul suo asino; poi fece ancor di più, promettendo di pagare per le sue cure. Quando riusciamo ad assumere lo stesso sguardo verso il mondo del Samaritano, ogni situazione può essere l’occasione per aiutare chi è nel bisogno.

È qui che si manifesta l’amore: l’esempio del Buon Samaritano ci spinge a chiederci come rispondere alle necessità del prossimo; egli ha dato al ferito vino e olio, rinfrancandolo e dandogli speranza. Che cosa possiamo offrire noi, in modo da poter fare la nostra parte nell’opera di Dio Che guarisce il nostro mondo lacerato?

Questa fragilità del nostro mondo si manifesta nell’insicurezza, nella paura, nella sfiducia e nella divisione che vi regnano. Deprecabilmente, queste divisioni esistono anche tra i cristiani; anche se celebriamo sacramenti o altri riti di guarigione, riconciliazione e consolazione – spesso usando olio e vino – persistiamo in divisioni che feriscono il Corpo di Cristo. Sanare le nostre divisioni tra cristiani, potrà favorire anche la guarigione delle nazioni.

Preghiera

Dio misericordioso,
Tu che sei la fonte di ogni amore e bontà
fa’ che vediamo le necessità del nostro prossimo.
Mostraci che cosa possiamo fare per portare guarigione;
trasformaci, in modo che possiamo amare
tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle.
Aiutaci a superare gli ostacoli della divisione
per costruire un mondo di pace per il bene comune.
Ti ringraziamo di aver rinnovato la tua creazione
per condurci verso un futuro pieno di speranza,
Tu che sei Signore di tutti, ieri, oggi e sempre. Amen.

Lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo (Lc 10, 34)

Genesi 18, 4-5
Salmo 5, 12-13

Commento

L’uomo caduto nelle mani dei briganti fu accudito da un Samaritano. Il Samaritano vedeva oltre i pregiudizi o le preclusioni. Vide qualcuno che era nel bisogno e lo portò in una locanda: “Il giorno dopo tirò fuori due monete d’argento, le diede al padrone dell’albergo e gli disse: ‘Abbi cura di lui e se spenderai di più pagherò io quando ritorno’”.

In ogni società umana, l’ospitalità e la solidarietà sono essenziali; richiedono l’accoglienza di sconosciuti e stranieri, di migranti e di persone senza fissa dimora. Tuttavia, di fronte all’insicurezza, al sospetto e alla violenza, tendiamo a diffidare persino dei nostri vicini. L’ospitalità è una importante testimonianza al Vangelo, in particolare nei contesti di pluralismo religioso e culturale.

Accogliere “l’altro” ed essere accolti a nostra volta è al centro del dialogo ecumenico. Come cristiani siamo spronati a trasformare le nostre chiese in locande in cui il nostro prossimo possa trovare Cristo. E sarà questa ospitalità il segno dell’amore che le nostre chiese nutrono reciprocamente e per tutte le persone.

Quando noi, come seguaci di Cristo, sappiamo andare oltre le nostre tradizioni confessionali e scegliamo di praticare l’ospitalità ecumenica, passiamo dall’essere estranei all’essere prossimo.

Preghiera

Padre di Amore,
in Gesù, ci hai mostrato il significato dell’ospitalità,
prendendoti cura della nostra fragile umanità.
Aiutaci a diventare una comunità che accoglie
chi si sente abbandonato e smarrito,
edificando una casa dove tutti sono benvenuti.
Fa’ che, mentre offriamo al mondo il tuo amore incondizionato,
possiamo avvicinarci gli uni agli altri,
te lo chiediamo nell’unità dello Spirito Santo. Amen

Chi di questi tre si è comportato come prossimo? (Lc 10, 36)

Filippesi 2, 1-5
Salmo 10 (9), 17-18

Commento

Al termine della parabola, Gesù chiede al maestro della Legge: “chi di questi si comportato come prossimo per quell’uomo?”. Il dottore della Legge risponde “quello che ha avuto compassione di lui”. Non dice “il Samaritano” e potremmo immaginare che l’ostilità tra Samaritani ed Ebrei rendesse difficile ammettere che era questa la risposta da dare. Spesso scopriamo che le persone più inaspettate, quelle di cui troviamo difficile persino pronunciare il nome o le origini, sono quelle che hanno dimostrato vicinanza, sono state il nostro prossimo.

Nel mondo di oggi, in cui la polarizzazione politica spesso mette le persone di diversa identità religiosa le une contro le altre, Gesù, con questa parabola, ci sfida a vedere l’importanza della nostra vocazione ad andare oltre i confini e i muri di separazione.

Come il maestro della Legge, anche noi siamo spronati a riflettere su come viviamo la nostra vita, non solo quanto alla nostra capacità di fare o meno il bene, ma, come il sacerdote e il levita, quanto alla nostra capacità di porre sempre in primo piano la misericordia in ogni nostra azione.

Preghiera

Dio Santo,
tuo Figlio Gesù Cristo è venuto in mezzo a noi
per mostrarci la via della compassione.
Aiutaci, per la potenza del tuo Spirito, a seguire il suo esempio
di porci a servizio delle necessità di tutti i tuoi figli,
e di mostrarci cristiani uniti e testimoni delle tue vie di amore e di misericordia
Ti preghiamo nel nome di Gesù. Amen.

Gesù gli disse: “Va’ e comportati allo stesso modo” (Lc 10, 37)

Romani 12, 9-13
Salmo 41 (40), 2-3

Commento

“Va’ e comportati allo stesso modo”: con queste parole Gesù invia nel mondo ciascuno di noi, e ciascuna delle nostre chiese, per mettere in pratica il comandamento dell’amore. Mossi dallo Spirito Santo, siamo inviati ad essere “altri Cristi”, ponendoci “in uscita” e raggiungendo l’umanità sofferente con compassione e misericordia. Come il Buon Samaritano verso l’uomo ferito, anche noi possiamo scegliere di non rifiutare chi è diverso da noi, ma coltivare invece una cultura di prossimità e di bontà.

In quale modo l’invito di Gesù: “Va e comportati allo stesso modo” risuona nella mia vita? Che cosa implica questa chiamata di Cristo per i miei rapporti con i membri delle altre chiese? Come possiamo testimoniare l’amore di Dio insieme e con spirito di carità?

Come ambasciatori inviati da Cristo (cfr. 2 Cor 5, 20), siamo chiamati a riconciliarci con Dio e reciprocamente tra di noi, affinché nelle nostre chiese si radichi la comunione e cresca sempre più, soprattutto nelle zone colpite da conflitti interni come la regione del Sahel.

Nella misura in cui la mutua fiducia e affidabilità aumenteranno, diventeremo più disposti a mostrare le nostre ferite, comprese quelle ecclesiali, affinché l’amore di Cristo possa visitarci e guarirci attraverso l’amore e la cura che sapremo donarci reciprocamente gli uni gli altri. Impegnarci insieme per l’unità dei cristiani ci aiuterà a ritessere nuove relazioni, in modo che la violenza lasci il posto alla solidarietà e alla pace.

Preghiera

Padre celeste,
ti ringraziamo per il dono dello Spirito Santo, datore di vita,
Che ci rende più aperti gli uni verso gli altri, risolve i conflitti,
e Che rinsalda i nostri vincoli di comunione.
Fa’ che possiamo crescere nell’affetto reciproco
e nel desiderio di annunciare più fedelmente il messaggio evangelico,
affinché il mondo si riunisca in unità e accolga il Principe della Pace.
Per Cristo nostro Signore. Amen.