LECTIO DIVINA
Giovanni Dutto e Christopher Hayden
Presentazione
«Quando, lo scorso anno, mi decisi per un serio cammino spirituale, il mio direttore spirituale mi condusse alla Lectio Divina quotidiana. Ero scettica ma lo feci fedelmente. Oggi posso testimoniare che la Lectio Divina mi ha trasformata». Così una ragazza testimonia il suo cammino spirituale ed è una di quei tanti giovani che, nell’incontro quotidiano con la Parola di Dio, hanno ritrovato se stessi, la gioia della vita, la direzione del cammino, il desiderio della missione.
Qualche volta si sente dire che la gente è stufa di parole e vuole fatti. L’esperienza ci dice che la gente è sì stanca di parole vuote e sciocche, ma che ha sete di Dio, e la Parola di Dio annuncia Dio! La Parola di Dio è parola vera e sincera, che muove dentro, rende liberi, forma a una fede matura. Riflette l’esperienza di cui parla il profeta Isaia: «Perfino i giovani si stancano […] ma quelli che ascoltano la Parola di Dio ricevono forze sempre nuove, camminano senza affanno, corrono senza stancarsi» (40,30-31).
La Lectio Divina è il cuore di ogni cammino spirituale e missionario, e l’esperienza del nostro centro di spiritualità missionaria alla Certosa di Pesio, presso Cuneo, mette in luce la sua potenza rivoluzionaria.
Molte pubblicazioni sono uscite negli ultimi decenni sulla Lectio Divina. La nostra potrebbe apparire superflua. Tuttavia abbiamo deciso di curarne l’edizione per due motivi: è una presentazione della Lectio Divina in modo semplice, chiaro, immediato; e soprattutto nasce da lunghi anni di esperienza di Lectio Divina vissuta da tanti giovani, missionari e altre persone.
La presentazione della storia, della riscoperta e della dinamica della Parola di Dio nel contributo di Padre Giovanni Dutto – missionario della Consolata – ha il pregio della concretezza ed è un invito a provare il cammino. Il contributo di Padre Christopher Hayden – giovane sacerdote irlandese – mette a fuoco l’importanza della Lectio Divina nel cammino spirituale.
Parlare di Lectio Divina potrebbe dare l’impressione che si tratti di un “metodo” da seguire, quasi a voler inquadrare una volta in più il nostro rapporto con Dio in regole e tempi. Niente di tutto questo. La Lectio Divina non è un metodo. È ascoltare la Parola e diventare Parola. In altre parole, è il cammino della Parola di Dio nel cuore di una persona e, contemporaneamente, il suo cammino dentro la Parola.
Lectio Divina è quindi, prima di tutto, dono, esprime la gratuità di Dio. Dio parla, rivela all’uomo il Mistero, la Storia della Salvezza. La risposta dell’uomo è ascolto e docilità.
La Lectio Divina ha quindi una sua dinamica: è ascolto, conversione, vita nuova {missione}. Come dice il Vangelo di Luca (11,28): «Beati coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica». Se questa dinamica non viene rispettata, la Parola di Dio «marcisce e muore in noi», ammonisce il Cardinale Carlo Maria Martini. E così è necessario vivere la Parola per capire la Parola. A mano a mano chela si vive la si comprende, e più la si comprende più la si pone in pratica. «Le Scritture si rivelano a noi più chiaramente […] quando il senso della Parola non ci è rivelato da qualche spiegazione, ma dall’esperienza viva che ne abbiamo fatta. Noi diventiamo per così dire gli autori…» (San Giovanni Cassiano). La comprensione delle Scritture è quindi proporzionata a quanto e a come la si vive.
La Lectio Divina diventa così il lavoro da fare per chi vuole lasciarsi evangelizzare e seguire il Signore Gesù. Anzi, diventa il soggetto del cammino spirituale: «A mano a mano che la si vive, lei stessa segna le tappe del cammino da compiere. l’intero itinerario spirituale è guidato dalla Parola che illumina, muove, guida, offre il programma da svolgere fino a diventare la protagonista della nostra stessa vita […] essa ci farà percorrere fino in fondo l’itinerario della santità» (F. Ciardi); «Nella Scrittura tu possiedi la Parola di Dio: non cercare altro maestro; nessuno ti istruirà come essa» (san Giovanni Crisostomo). Accogliere la Parola e vivere la Parola è essere guidati in una meravigliosa avventura, un viaggio verso la pienezza. l’alternativa è diventare insignificanti (cfr. Geremia 2,5).
la Lectio Divina diventa il motore della vita e della missione azionato dallo Spirito Santo (cfr. 1 Giovanni 2, 27). Allora si fa esperienza che, quando la Parola dalla testa passa nel cuore e dal cuore alla vita, purifica, fa muovere i passi, uscire.
la Parola di Dio è veramente all’origine della missione, e missione non sarà che annuncio della Parola e diventare Parola vissuta!
l’icona più bella e perfetta della Lectio Divina vissuta è Maria, che all’annunciazione accoglie il dono: ascolta la Parola, la medita, dice il suo «eccomi» e… genera la Parola! È a lei, Parola vivente, che affidiamo questa pubblicazione affinché quanti con docilità si mettono,alla scuola della Parola, nel cammino della Lectio Divina e sotto la guida dello Spirito Santo imparino a «custodire», vivere la Parola per diventare come lei parola vivente.
Da questa Parola è nato il carisma della missione ad gentes del Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e Missionarie della Consolata. Egli ha ispirato queste pagine e questo cammino. Il nostro fuoco della missione si alimenti a questa stessa Parola!
Padre Paolo Angheben
LECTIO DIVINA
Dio di infinita grandezza,
che affidi alle nostre labbra impure
e alle nostre fragili mani
il compito di portare agli uomini
l’annunzio del Vangelo,
sostienici con il tuo Spirito,
perché la tua Parola, accolta da
cuori aperti e generosi, fruttifichi
in ogni parte della terra.
Per il Nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio
e vive e regna con Te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
Introduzione
«Perché una comunità possa funzionare, basta un Bibbia. Nulla eguaglia per la Chiesa l’importanza di queste comunità di credenti imperniate giorno e notte su questa Parola di cui tutti viviamo» (D. Olivier).
La vita dell’uomo dipende dall’obbedienza alla Parola di Dio (cfr. Deuteronomio 30, 15). Giovanni, infatti, nella sua prima lettera, dà una sintesi della storia, dominata dalla Parola e orientata alla comunione: «La Parola che dà la vita esisteva fin dal principio: noi l’abbiamo udita, l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani. La vita si è manifestata e noi l’abbiamo veduta. Siamo i suoi testimoni e perciò ve ne parliamo. Vi annunziamo la vita eterna che era accanto a Dio Padre, e che il Padre ci ha fatto conoscere. Perciò parliamo anche a voi di ciò che abbiamo visto e udito; così sarete uniti a noi nella comunione che abbiamo con il Padre e con Gesù Cristo suo Figlio. Vi scriviamo tutto questo, perché la nostra gioia sia perfetta» (1 Giovanni 1,1-4).
La grazia “Vaticano II”
Ai nostri giorni, la Parola di Dio è veramente alla portata di tutti. Si moltiplicano ovunque i corsi biblici e sempre più numerosi sono gli studi dedicati alla Sacra Scrittura.
Ma non è possibile riflettere sulla Parola di Dio con la sola intelligenza, non è possibile limitarsi a studiarla. Corsi biblici e continue citazioni dalla Scrittura potrebbero rivelare anche solo un’attitudine di secolarizzazione. La scienza umana non ha in sé una capacità sufficiente per stabilire una relazione tra la creatura e la Parola di Dio.
E neppure dobbiamo ritenerci capaci di pregare con la Parola di Dio per il semplice fatto che usiamo sovente la Bibbia quando preghiamo. La Parola non è solo uno strumento di pietà.
Noi tutti siamo chiamati a pregare la Parola e a viverla!
Questa scoperta, anzi questa riscoperta, è la grazia più bella dei nostri tempi, la grazia “Vaticano II”, perché proprio il Concilio ci ha ricollegati con la Chiesa dei primi secoli, quando i cristiani e i Padri della Chiesa vivevano davvero di Parola!
In seguito, nel periodo della Riforma e Controriforma, in nome della Parola scoppiarono innumerevoli guerre di religione. L’infedeltà alla Scrittura, ieri come oggi, provoca divisioni: bisogna ritenersi servitori e non padroni della Parola.
In questo tempo, invece, è iniziato un processo pentecostale che sta rinnovando il volto della Chiesa, dandole nuova vitalità interiore sotto tutti gli aspetti, ma in modo particolare riguardo alla Bibbia. È un periodo di ascolto: tutto sembra rimettersi a ruotare attorno al Verbo di Dio e questa inversione di rotta provoca un lento ma reale cammino di comunione.
Oggi la Parola di Dio è proclamata in tutte le lingue. Esistono circa 2.000 traduzioni della Bibbia, alcune delle quali interconfessionali. Si rinnova il clima della Pentecoste, a dimostrazione del fatto che davvero tutta l’umanità è invitata alla mensa della Parola (cfr. Atti degli Apostoli 2,4-12) ed è chiamata alla salvezza.
Già un Padre della Chiesa, Giovanni Crisostomo, ammoniva i laici con queste parole:
«Alcuni di voi dicono: io non sono monaco… Ma è qui che vi sbagliate, perché credete che la Scrittura riguardi solo i monaci, mentre essa è ancora più necessaria a voi fedeli che siete in mezzo al mondo. Vi è qualcosa di più grave e peccaminoso di non leggere le Scritture: ed è il credere che la lettura sia inutile e non serva… Chi vive senza la Lectio Divina, esercita una pratica satanica. Come si può affrontare la vita spirituale senza respirare la Parola, giorno e notte? Quando lasci la Chiesa e vai a casa, riprendi il Libro e leggilo di nuovo con la moglie e i figli. Quando vai a casa dalla Chiesa, prepara due tavole, una con i piatti del cibo, l’altra con la Scrittura. Il capo famiglia ripeta quanto ha ascoltato in Chiesa. La vostra casa diventi una Chiesa».
E Sant’Epifanio gli faceva eco:
«Ignorare la Parola delle Scritture significa precludersi la vita e perdersi. Chiunque può deve acquistarne un esemplare, perché il fatto stesso di vederle rende l’uomo lento nel peccare. Leggerle invita alla giustizia e stimola l’anima».
Oggi, dopo il Concilio Vaticano Il, sempre più numerosi sono i richiami in questa direzione. Il Cardinale Carlo Maria Martini, ad esempio, più volte ha richiamato i fedeli all’urgenza di accostarsi con frequenza alla Parola di Dio. Sono sue queste parole:
«[La Lectio Divina] non è affatto una pratica da riservare a qualche fedele molto impegnato o a un gruppo di specialisti della preghiera. Essa è una realtà senza la quale noi non saremmo cristiani autentici in un mondo secolarizzato. Vivere sotto la Parola di Dio è confessare che è il Signore a condurci e che Lui sa di che cosa abbiamo bisogno. La vita della Chiesa e del cristiano è il lasciarsi portare nel mondo dal Signore per poter riversare la sua carità su tutti gli uomini».
La Parola di Dio
All’espressione “Parola di Dio” diamo solitamente due significati: Libro santo e Verbo incarnato.
Libro santo
Parola di Dio è innanzitutto il Libro santo, il Libro della Rivelazione.
Scrive il Cardinale Ratzinger nella Prefazione al testo L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa:
«La parola biblica ha la sua origine in un passato che è reale, ma non soltanto in un passato; viene anche dall’eternità di Dio. Ci conduce nell’eternità di Dio passando però attraverso il tempo, che comprende il passato, il presente e il futuro».
Nella Bibbia, Dio rivela se stesso e rivela l’uomo all’uomo: il Libro è quindi la sorgente della nostra vita di fede, il nostro vero catechismo, dove scopriamo il senso della vita e la sua dimensione divina. Il Libro è il sacramento, cioè il segno della presenza di Dio e l’appuntamento per il nostro incontro con Lui. Come scriveva Sant’ Antonio da Padova nei suoi Sermoni, «la Sacra Scrittura è simile a uno specchio, nel cui riflesso appare il nostro volto: donde siamo nati, qual i siamo nati e a qual fine siamo nati».
Il Libro ci racconta la Historia Salutis, la storia della nostra salvezza; in altre parole, di come Dio, che è una comunità di amore, abbia concepito l’umanità per parteciparle la sua vita. Racconta del peccato e della redenzione e dell’infinita pazienza divina nell’attuare questo progetto.
Ne consegue che questo Libro non può essere opera umana o, meglio, non può essere solo opera umana. E, quindi, che l’intelligenza umana non è sufficiente per comprenderlo. Il vero modo di rapportarsi alla Bibbia è costituito dalla fede.
«Soprattutto sappiate una cosa: gli antichi profeti non parlavano mai di loro iniziativa, ma furono uomini guidati dallo Spirito Santo, e parlarono in nome di Dio. Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia» (2Pietro 1,21), scrive l’apostolo Pietro. E San Paolo puntualizza: «Anche per questo ringrazio Dio continuamente: perché, quando noi vi abbiamo annunziato la Parola di Dio, voi l’avete accolta e non l’avete considerata come semplice parola umana, ma proprio come Parola di Dio. Essa è veramente tale, e agisce in voi che credete!» (1 Tessalonicesi 2,13).
La fede è un dono di Dio perché è Lui il soggetto della rivelazione. E comporta anche l’adesione dell’intelligenza e della volontà a Colui che parla.
San Bonaventura lo spiega così:
«L’origine della Sacra Scrittura non è frutto della ricerca umana, ma della rivelazione divina. Dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, discende in noi lo Spirito Santo; per mezzo dello Spirito Santo ci viene data la fede, e per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori. La Sacra Scrittura è il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perché non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno realizzati tutti i nostri desideri. Bisogna […] accostarsi con fede semplice al Padre della luce e pregare con cuore umile, perché Egli, per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo, ci concede la vera conoscenza di Gesù Cristo e, con la conoscenza, anche l’amore. Conoscendolo e amandolo, e saldamente fondati e radicati nella carità, potremo sperimentare la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità della stessa Sacra Scrittura. Potremo così giungere alla perfetta conoscenza e all’amore smisurato della beatissima Trinità, a cui tendono i desideri dei santi e in cui c’è l’attuazione e il compimento di ogni verità e bontà» (Breviloquio, Prologo).
Verbo incarnato
Con Parola di Dio, però, non si può intendere soltanto il Libro. Già questo significato meriterebbe tutta la nostra dedizione e i Santi hanno sempre avuto una grande venerazione anche esterna per il Libro. Ma esiste un significato ulteriore e più profondo: la Parola di Dio è il Figlio di Dio, il Verbo eterno e incarnato.
Scrive l’apostolo Giovanni nel Prologo al suo Vangelo: «AI principio, c’era colui che è “la Parola”. Egli era con Dio; Egli era Dio. […] Colui che è“la Parola” è diventato un uomo e ha vissuto in mezzo a noi uomini» (Giovanni 1,1.14).
E in un altro passo della Scrittura leggiamo: «Nei tempi passati Dio parlò molte volte e in molti modi ai nostri padri, per mezzo dei profeti. Ora invece, in questi tempi che sono gli ultimi, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Ebrei 1,1-2).
Anche San Giovanni della Croce usa parole molto eloquenti per illuminare questo significato di Parola di Dio:
«Il motivo principale per cui, nella antica legge, era lecito interrogare Dio ed era giusto che i sacerdoti e i profeti desiderassero visioni e rivelazioni divine, è che la fede non era ancora fondata e la legge evangelica non ancora stabilita. […] Ma ora che la fede è basata in Cristo e la legge evangelica è stabilita in quest’era di grazia, non è più necessario consultare Dio, né che Egli parli o risponda come allora. Infatti, donandoci il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare. […] Dio è diventato in certo senso muto. […] “Se prima ho parlato, era unicamente per promettere il Cristo e se gli uomini mi hanno interrogato, era solo nella ricerca e nell’attesa di Lui, nel quale avrebbero trovato ogni bene, come ora attesta tutto l’insegnamento degli evangelisti e degli apostoli”» (Salita al monte Carmelo 2,22).
La storia della Lectio Divina
La storia recente
Grande merito va attribuito al Movimento Biblico che, fin dal secolo XIX, coinvolgendo studiosi e fedeli, ha preparato il terreno perché la Scrittura crescesse nell’interesse e nella vita della Chiesa.
Nel 1893, il Papa Leone XIII pubblicava la lettera enciclica «Providentissimus Deus» e cinquant’anni dopo, nel 1943, Pio XII la commemorava scrivendo l’enciclica «Divino Afflante Spiritu». Si tratta di due documenti che hanno segnato l’inizio di una nuova era nella storia della Parola di Dio all’interno della comunità cristiana.
Nel 1902, infatti, fu creata la Commissione Biblica e, nel 1909, l’Istituto Biblico.
Il Concilio Vaticano Il confermò questo movimento e approdò alla costituzione dogmatica «Dei Verbum», che riconosce alla Parola di Dio un ruolo da protagonista nella Historia Salutis. Eccone alcuni passaggi fondamentali:
– la Parola di Dio è per la Chiesa «come uno specchio nel quale contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia come Egli è» (DV 7);
– «La sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa e nell’adesione ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente…» (DV 10);
– «La Chiesa ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede. […] È necessario che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla sacra Scrittura. Nella Parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale» (DV 21).
Gli articoli 21, 25 e 26, in modo particolare, riportano la Lectio Divina alla ribalta della vita cristiana, anche se la sua divulgazione vera e propria inizierà soltanto nel 1972, con i primi due testi ad essa dedicati: Bibbia e preghiera di Mariano Magrassi e Pregare la Parola di Enzo Bianchi. Da allora, le trattazioni sulla Lectio Divina sono diventate assai numerose e vanno continuamente aumentando.
Nel 1993, la Pontificia Commissione Biblica ha pubblicato L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, premettendo un importante discorso di Giovanni Paolo Il e una prefazione del Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Oggi, nessun credente che frequenti qualche corso di formazione ignora la Lectio Divina, divenuta guida per le scuole di preghiera e per tutti i cammini spirituali. E l’Ufficio Catechistico Nazionale, a partire dal 1995, va pubblicando una serie di volumetti che ne mostrano il metodo e l’efficacia. È del 1996, ad esempio, il volume Incontro alla Parola, che intende accompagnare il Catechismo degli Adulti.
La Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato, nel novembre 1995, una Nota Pastorale – La Bibbia nella vita della Chiesa: la Parola del Signore si diffonda – che indica bene la maturazione verso la quale siamo guidati.
Una particolare attenzione merita, inoltre, la Lettera del patriarca latino di Gerusalemme S.E. Monsignor Michel Sabbah intitolata Leggere e vivere la Bibbia oggi e pubblicata nel 1995.
L’anno 1997, infine, segna un ulteriore impulso in questo cammino, grazie alla proclamazione dell’Anno della Bibbia da parte dei vescovi italiani, in risposta all’invito del Papa che, nella «Tertio Millenio Adveniente», aveva scritto: «Per conoscere la vera identità di Cristo, occorre che i cristiani, soprattutto nel corso di quest’anno (1997)
tornino con rinnovato interesse alla Bibbia, sia per mezzo della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi».
La Lectio Divina nella sostanza
Come autorità della Parola («oracolo del Signore») e come impatto nella vita («ascolta»), la Lectio Divina gode di una storia lunga quanto la storia umana. Se infatti è il sacramento dell’incontro con Dio, va considerato l’unico modo di accostare la Rivelazione.
Tra gli innumerevoli passi, i due seguenti lo dimostrano a sufficienza:
– Neemia 8,1-12: la Parola propone l’alleanza (v. pp. 79-82);
– Luca 4,14-21: è il metodo missionario di Gesù (v. pp. 83-85).
I cristiani dei primi secoli vivevano della Parola di Dio, fedeli fino al martirio. Erano ammaestrati dai Padri della Chiesa, il cui insegnamento insisteva soprattutto sulla necessità che la dottrina biblica si trasformasse in vita.
La Lectio Divina come nome e come prassi
La Lectio Divina viene menzionata, in vari scritti, fin dal III secolo.
Origene la pratica con la comunità cristiana di Alessandria d’Egitto e invita tutti i credenti a «scrutare la Parola di Dio con la sollecitudine di un cuore innamorato». Per lui, la Lectio Divina rappresenta «una base assolutamente indispensabile per ogni vita ascetica seria e per ogni progresso nel discernimento spirituale».
Prima di Origene, la raccomandava già Clemente Alessandrino, che fu il primo ad abbozzare una teoria della conoscenza, in contrapposizione alla necessità di una conoscenza puramente intellettuale sostenuta dallo gnosticismo. Nel 1945 fu ritrovata la biblioteca di Nag Hamadi, che documenta come la gnosi rappresentò il primo attacco sferzato dall’intellettualismo alla fede cristiana. La Chiesa resistette alla tentazione di opporre un duro anti-intellettualismo – anche l’Adversus Haereses di Sant’Ireneo era più un’esposizione dottrinale che un attacco vero e proprio – e si sforzò invece, soprattutto ad opera dei Padri, di mostrare la dottrina della Chiesa come sapienza. La sapienza della Parola, senza umiliare l’intelligenza umana, forma l’uomo integrale nella verità.
Tutti i fedeli ne erano coinvolti. Già è stato citato San Giovanni Crisostomo, il più premuroso formatore dei laici, dagli scritti del quale è tratto anche questo ammonimento:
«Ecco ciò che guasta tutto: voi credete che la Lectio Divina sia un compito riservato unicamente ai monaci, mentre, invece, voi ne avete bisogno molto più di loro» (In Matthaeum 2,5).
Anche i Padri del deserto diedero un grande contributo in questa direzione, in modo particolare Sant’Antonio (che sapeva tutta la Bibbia a memoria!), San Pacomio, San Gerolamo e San Cassiano, i quali fondarono sulla Lectio Divina la vita anacoretica e cenobitica. Tutte le Regole monastiche, infatti, consacrano la Lectio Divina come pratica fondamentale dell’ascesi, chiedendo di dedicarvi una parte notevole della giornata.
La letteratura spirituale di quei secoli è estesa e profonda, ma i più autorevoli maestri della Lectio Divina sono senz’altro San Benedetto, San Gregorio Magno e San Bernardo. Più volte il loro pensiero ci guiderà ne Il’ esposizione successiva.
L’ispirazione della struttura: Guigo II
Dobbiamo immensa gratitudine a Guigo Il il certosino, per quanto riguarda la Lectio Divina. Non sappiamo molto di lui: il suo nome ricorre per la prima volta nel 1173. Gli unici dati certi sono la data della sua morte, il 1188, e il luogo dove visse, la Grande Certosa di cui era anche priore.
Qualcuno ha scritto che Guigo (o Guido) fu «monaco, molto santo e molto obbediente». Più conosciuto lo divenne senz’altro dopo la morte: alla sua tomba affluivano così tanti pellegrini da sconvolgere la quiete del monastero e da costringere il priore ad “ordinargli” di smettere la sua assistenza spirituale…
Il suo libretto sulla Lectio Divina non porta il nome dell’autore, ma questa era una consuetudine per tutti i certosini. Così molti lo attribuirono a San Bernardo che, di fatto, ne fu solo il divulgatore più entusiasta. Qualcuno ha anche pensato che lo avesse scritto Sant’ Agostino. Ma ora sappiamo come andarono le cose.
Guigo stava un giorno lavorando manualmente, con una scala a pioli in mano, e chiedeva al Signore di suggerirgli uno strumento, come la scala, che gli permettesse di salire con efficacia a Lui, facendo delle cose concrete. A sera, scrisse all’ amico Gervasio che… aveva trovato!
«Occupato in un lavoro manuale, cominciai a pensare alla attività spirituale dell’uomo e si presentarono improvvisamente alla mia riflessione quattro gradini spirituali, ossia la lettura, la meditazione, la preghiera, la contemplazione.
Questa è la scala dei monaci che si eleva dalla terra al cielo composta in realtà di pochi gradini, tuttavia d’immensa e incredibile altezza, la cui base è poggiata a terra, mentre la cima penetra le nubi e scruta i segreti dei cieli.
Questi gradini, come sono diversi di nome e di numero, così sono distinti per l’ordine e l’importanza. Se si esamineranno con attenzione le loro proprietà e la loro funzione, che effetto ciascuno operi su di noi, come differiscano tra di loro e in che rapporto gerarchico si dispongano, si riterranno brevi e leggeri il lavoro e l’applicazione che saranno necessari di fronte alla grande utilità e dolcezza che se ne trarrà» (Scala Claustralium, II).
L’esilio della Lectio Divina
Dopo un’epoca così promettente, la storia della Lectio Divina conobbe un tempo buio dal secolo XII al Concilio Vaticano II. Fin dai tempi dello gnosticismo, tuttavia, questa santa pratica aveva subito continue e ricorrenti minacce.
In altre parole, nella storia della crisi della Lectio Divina possono essere riconosciuti quattro passaggi: gnosticismo, individualismo, illuminismo, secolarizzazione.
Poco dopo Guigo II, la Lectio Divina cadde nella dimenticanza, pur continuando ad essere praticata dai monaci, suggerita a «chiunque voglia essere discepolo di Cristo» e apprezzata come «l’insegnamento del Signore risorto» e «fondamento della vita cristiana».
Ma qualcosa sfuggiva alla sua reale identità. Anche dove era conosciuta, veniva a mancare qualcosa di essenziale che le faceva perdere gran parte della sua incidenza. Nei monasteri, il divino ufficio, con le lunghe salmodie, cominciò a prevalere sulla Lectio Divina e sorsero le prime polemiche, specialmente tra i Canonici Regolari e i Domenicani, che concedevano troppo all’aspetto dottrinale, fatto di quaestio e disputatio. Di fatto, l’equilibrio della Lectio Divina venne compromesso perché essa, pur non disdegnando la conoscenza, esige che la Parola venga assimilata, pregata, contemplata.
«Quando, verso il secolo XII!», scrive Smalley, uno studioso del Medioevo, «il ruolo delle università, segnatamente quella di Parigi, divenne prevalente rispetto a quello dei monasteri e la Bibbia cominciò a servire da spunto perché teologi-filosofi disquisissero sulla Parola di Dio ponendole “quaestiones” alle quali si cercavano “congruae responsiones” per dedurne “sententiae (opinioni teologiche)” da raccogliere in “summae sententiarum”, la Lectio Divina entrò nell’oscurità, abbandonata ormai alla sola buona volontà dei singoli».
L’abbandono della Scrittura andò accentuandosi sempre di più finché, nel tempo della Riforma, la crisi raggiunse il suo massimo livello. Le Chiese riformate – che noi chiamiamo globalmente protestanti – prestarono molta attenzione alla Parola di Dio, ma la resero oggetto di una lettura molto intellettuale o emotiva e di una interpretazione personale, allontanandosi in ogni caso molto dai canoni della Lectio Divina.
Il Concilio di Trento tentò di riportare ordine, con lo scopo di difendere la fede e i fedeli, ed il suo principio può essere così riassunto:
«Il diretto accesso alla Scrittura può essere non conveniente per molti. È bene che avvenga attraverso il ministero della predicazione e dell’insegnamento e attraverso la testimonianza dei santi».
Nel 1559, Papa Paolo IV prescrisse addirittura quanto segue:
«Per stampare traduzioni in volgare della Bibbia occorre un permesso speciale del santo Ufficio della Inquisizione. Questo permesso è anche necessario per possederne copia e per leggerla».
Durante questi lunghi secoli la vita spirituale dei cattolici venne alimentata dalla lettura spirituale e dalla meditazione, che non erano se non briciole della mensa della Parola…
La scala di Guigo il certosino vide allentarsi le stanghe che tenevano ben compaginati i pioli e questi andarono sciolti, ognuno per conto suo. I gradini così ben enucleati da Guigo si scomposero e divennero capitoli separati della vita spirituale, invece di costituire, come dovevano, l’unico cammino dell’ascesi. La lettura spirituale e la meditazione divennero i capisaldi dell’ordinamento formativo. L’orazione si sviluppò grandemente, la contemplazione e la carità divennero aree privilegiate.
Si trattava certo di invenzioni provvidenziali, necessarie per preservare un minimo di contatto con la Scrittura, ma non erano che pallidi surrogati di essa. Le biblioteche testimoniano questo fenomeno. Anche le regole per la vita spirituale del clero e di tutte le comunità religiose, come pure i consigli per i laici impegnati, danno grande rilievo alle pratiche della pietà cristiana, mentre la Scrittura non viene molto menzionata.
Nacquero numerosi metodi per pregare, specialmente per fare la meditazione, ma venne a mancare ogni riferimento alla Parola, mentre è solo questa che può rinnovare la vita spirituale. Si sviscerò dunque molto il tema della preghiera e, all’interno di questa, della contemplazione, che assunse una connotazione a sé, ma i vari pioli erano ormai sconnessi dall’unitarietà della scala.
Solo la Lectio Divina è in grado di unificare tutta la vita umana, facendola dipendere dalla Parola e ponendola sul piano della salvezza che la Sacra Scrittura rivela.
da: LECTIO DIVINA
Giovanni Dutto e Christopher Hayden
EFFATA’ EDITRICE 1998