Buon Natale! Un po’ tutti ci scambiamo gli auguri natalizi. Questa consuetudine, tuttavia, è diventata una semplice formalità, con un sapore impreciso ed innocuo di “buone feste”, specie in una società sempre più eterogenea e post-cristiana come la nostra. I cristiani, più coscienti dell’evento che celebrano, magari si avventano ad augurare: “un santo Natale”. E tutto finisce lì. Dopo le “feste” chiudiamo la parentesi e torniamo alla vita reale. Il Natale è diventato una festa vuota! Manca di “Vangelo”!

Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e LO POSE IN UNA MANGIATOIA” (Vangelo della notte di Natale, Luca 2,1-14)

Il Figlio di Dio è lì, nella mangiatoia, per essere “mangiato”. Betlemme vuole dire “Casa del pane”. Ma il pane manca! Sì, nella casa dei poveri, dimenticati da una società ingiusta ed opulenta, manca il Pane! Nella casa del mondo, in balia dell’odio e della guerra, manca il pane della Pace! Nel cuore dell’umanità, dimentica di Dio, manca il pane della Parola che dia un senso alla vita! A Cana la Vergine dirà: “Non hanno vino!”, ma a Betlemme Lei dice: “Non hanno pane!”. Ecco la risposta di Cristo: “Hineni! Eccomi! Io sono il Pane vivo disceso dal cielo!”.

Molti di noi hanno allestito un presepe nel posto più nobile e luminoso della casa. Contempliamo questo Bambino, sorridente ed accogliente. Fra qualche giorno, passate le feste, lo rimetteremo nello scatolone in un ripostiglio, e non lo vedremo più. Ma Lui non andrà via. Possiamo sempre trovarlo. Dove? Giù, nella stalla buia del cuore, dove si nasconde la nostra parte istintiva, “animale”, facile preda degli impulsi e delle passioni, ma in realtà desiderosa di affetto, di speranza, di gioia e di pace. Avremo noi il coraggio di inoltrarci nelle tenebre della nostra storia e di scendere nei bassifondi della nostra vita? Lì ritroveremo Cristo. Lì, nella mangiatoia, incontreremo – con stupore, commozione e meraviglia – il trono di Dio! Dice Dietrich Bonhoeffer, pastore e teologo luterano tedesco, martire del nazismo, uno dei grandi testimoni cristiani del secolo scorso:

Cristo nella mangiatoia (…). Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro (…). Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì egli dice “sì”. Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino!”

Ma il Natale contemplato dalla mangiatoia è una grande sfida perché ci induce ad un serio esame di coscienza sui criteri che reggono la nostra vita. Dalla contemplazione della mangiatoia non usciamo mai indifferenti, ma giudicati o salvati! Cito ancora Bonhoeffer:

Ci aiuterà questo Natale a imparare ancora una volta (…) a cambiare mentalità e a sapere che la nostra vita, nella misura in cui deve essere una via verso Dio, non ci conduce verso l’alto, bensì in maniera molto reale verso il basso, verso i piccoli, e a sapere che ogni cammino tendente solo verso l’alto finisce necessariamente in maniera spaventosa? (…) Dio non permette che ci si prenda gioco di lui (Gal 6,7). Non permette che celebriamo anno dopo anno il Natale senza fare sul serio. Egli mantiene sicuramente la sua parola, e a Natale, quando entrerà, con la sua gloria e con la sua potenza nella mangiatoia, rovescerà i violenti dai troni se finalmente, finalmente non si convertiranno.

Ecco perché don Tonino Bello (in processo di beatificazione) in occasione di un Natale, all’inizio degli anni novanta, scrisse i suoi famosi “auguri scomodi”, per infastidire un certo modo paganizzante di celebrare il Natale e disturbare la coscienza assopita di una fede senza slancio:

“Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi: “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’idea che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio…”

Amici miei, io non ho il coraggio profetico di don Tonino Bello né tanto meno di Dietrich Bonhoeffer per osare “infastidirvi”, ma vorrei, sì, inviarvi un augurio di un “Buon e santo Natale” davvero – e non come un pro forma o un “si fa per dire”! -, un augurio forte che ci sia di stimolo per vivere e gustare in pienezza questo Natale.

P. Manuel João Pereira Correia
Castel d’Azzano (Verona) 24 dicembre 2023