Lectio divina
Giovedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario – Luca 21, 20-28:
La storia può essere vissuta in due modi
Luca 21,20-28
Lectio divina di Silvano Fausti
Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Prima di leggere il testo, una breve sintesi delle tappe precedenti. Ci troviamo all’interno del discorso non sulla fine del mondo ma sul fine del mondo, cioè perché viviamo, perché siamo su questa terra e come finisce la nostra storia: è la fine, ha una fine, oppure ha un compimento? Ha una meta che è bello raggiungere, oppure è la distruzione di tutto? Abbiamo visto la volta scorsa un modo di leggere la storia. La storia è quella che è: guerre, rumori di guerre, ingiustizie, sollevazioni, peste, carestie, terremoti, segni del cielo, gente che si ammazza, (addirittura all’interno della famiglia) discordie, dissidi. Di tutto. Se si legge la cronaca dei giornali, è ciò che avviene, cioè la storia è sempre uguale, da millenni. Dai tempi di Adamo ed Eva che hanno abbandonato Dio e si sono nascosti da Dio, poi hanno cominciato ad incolparsi l’un l’altro, quindi i loro figli, che hanno capito bene la lezione, cominciano ad ammazzarsi l’un l’altro. Quindi la storia è tutta storia di una violenza che c’è e che non c’era all’origine. Una storia di menzogna, di una falsa immagine di felicità, di una falsa immagine di uomo, di una falsa immagine di Dio. Una falsa immagine di realizzazione che fa sì che noi pensiamo che le persone realizzate siano quelle che dominano, che fanno i prepotenti sugli altri, che hanno in mano tutti, come Dio.
La storia è questa e può essere vissuta in due modi. Il primo è come luogo di terrore, perché si dice “Oh Dio mio, come è tremendo il mondo, il male domina!” quindi si è pervasi dalla paura del male. Teniamo presente un piccolo dettaglio: il male noi lo facciamo a noi stessi per paura, per cui la paura del male fa sì che facciamo ciò che temiamo. Abbiamo paura di essere uccisi? Uccidiamo. Abbiamo paura di essere inferiori? Stiamo con i piedi sulla testa dell’altro.
A questo tipo di lettura il Vangelo contrappone un’altra lettura: la storia è quella che è, e noi, in questa storia, siamo chiamati a vivere da figli di Dio e da fratelli, cioè siamo chiamati a testimoniare un modo diverso di vivere, umano, l’unico possibile per la vita. È il luogo della testimonianza, per cui la stessa storia che può essere il luogo della violenza, è anche il luogo della testimonianza, cioè del martirio. Si può vivere, cioè, concretamente questa storia con uno spirito che vince la morte anche nella morte, con un amore più forte della morte. La vita ha un senso (e Luca è preoccupato che capiamo bene), non perché avviene chissà cosa di eccezionale, ma per le cose che avvengono nella quotidianità. È la croce quotidiana, ogni giorno bisogna sollevare la propria croce. Questa croce è la lotta contro la stupidità, contro la menzogna, contro il così fan tutti, contro l’insensatezza, contro lo stordimento affinché la nostra vita non sia buttata via ma per vivere invece una vita degna, da uomini. L’uomo è davvero colui che è come Dio, che è Amore, gioia, pace, benevolenza, bontà, mitezza.
La nostra vita la possiamo e dobbiamo vivere in questo modo, non in un altro modo. Per cui, quando si parla della fine del mondo, si sbaglia approccio. Il mondo era “finito” già dall’inizio, nel senso che Dio lo ha iniziato bene per cui il mondo è perfetto e lo rimane, se continuiamo a viver bene, mentre se facciamo il male lo subiamo, cioè lo distruggiamo. Le due cose avvengono contemporaneamente, tuttavia ciò che vince è ciò che sta all’origine ed è il Bene, perché anche nel male, anche nella persecuzione, anche nella menzogna, anche nella violenza, c’è un Amore più forte della violenza, della menzogna e più forte della vita e della morte stessa, e questa è già vita eterna. È la vita di Dio che è fatto così.
Le stesse vicende allora possono essere viste in due modi: o con rassegnazione e piegando le ginocchia al male (e quindi si fa parte della catena di produzione del male, chiaramente sempre di più), oppure nell’altro modo che vede che il male c’è, sta dentro l’uomo, ma non guardiamo solo dentro gli altri: dentro in noi c’è il male; la zizzania sta nel nostro campo, cioè anche nel nostro cuore. Sta a noi far prevalere l’uno o l’altro modo dentro di noi. Allora la prima lettura di questo male è che il Male esiste e in qualche modo emerge. Questo male può essere vinto solamente con la forza dell’amore e della misericordia, sia verso di noi, sia verso gli altri.
Adesso giungiamo al testo più bello, credo, della Bibbia, se uno ci pensa su bene. È il quadro definitivo della storia, quello dipinto così tremendamente bene nella giustizia, nel dies irae. Nei vangeli stranamente questo quadro ha tutto un altro senso: non è un dies irae, non è un giorno tremendo, non è un giudizio, è un’altra cosa, molto più bella. È l’incontro con lo sposo, perché è per nascere che si è nati e la nostra fine non è la fine ma è l’incontro con il nostro Principio, con Colui che ci ama di amore eterno: è un ritorno a casa.
Noi ormai non siamo più abituati ad aspettare qualcosa dalla vita, così poi realizziamo il niente (e se c’è qualcosa lo distruggiamo). Se invece l’incontro è ciò che aspettiamo siamo realmente fidanzati con Dio, Dio ci ama e aspetta che lo amiamo. Il senso della nostra vita è giungere a consumare questo amore, ad essere due in uno, è la nostra comunione piena con Lui. Tanto è vero che tutta la Bibbia ebraica termina con il Cantico dei Cantici che, nell’edizione ebraica, è l’ultimo dei rotoli e il Nuovo Testamento termina con l’Apocalisse, dove al canto 21 e 22 si parla delle nozze tra Dio e l’umanità e troviamo l’invocazione: “Vieni! Si, vengo presto”. È quello che diciamo ogni volta nell’Eucarestia, “nell’attesa che si compia la beata speranza e venga”.
Quand’è che viene? Noi viviamo per andare verso una realizzazione piena, non verso la morte. Ed è questo che cambia la qualità della vita, perché per morire, moriamo tutti; se stiamo ad aspettare di morire finisce che o viviamo nell’angoscia. Se invece ciò che aspettiamo è davvero la comunione piena d’amore viviamo già ora in questa comunione, in questo cammino.
Tenete presente una cosa, soprattutto Luca, ma anche gli altri evangelisti in specie Giovanni, non sono interessati assolutamente al futuro. Sì, interessa il futuro perché senza il futuro non c’è presente, il futuro è l’incontro con Dio, ma questo incontro avviene qui e ora nella quotidianità, perché l’unico tempo che c’è è l’istante presente. Quindi ora, non il dopo. Il dopo ci sarà dopo, ma io il dopo non lo vivo adesso. Adesso devo vivere già il “dopo definitivo”, ciò che vale sempre, cioè l’amore e la vita.
20 Ora quando vedrete Gerusalemme accerchiata da accampamenti, allora sappiate che la sua desolazione è vicina. 21 Allora quelli che sono nella Giudea fuggano verso le montagne e quelli che sono in mezzo ad essa scappino fuori 3 e quelli che sono nei campi non entrino in essa, 22 poiché giorni di vendetta sono quelli, finché sia compiuto tutto ciò che è scritto. 23 Ahimè per quelle incinte e per quelle che allattano in quei giorni, poiché ci sarà una grande angustia sulla terra e ira per questo popolo. 24 E cadranno in bocca alla spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni, finché non saranno compiuti i tempi delle nazioni.
Questo capiterà nel ’66, sotto Vespasiano e Tito, Gerusalemme è accerchiata e quando una città è assediata le ipotesi sono due: o resistono all’assedio, allora entrano tutti in città per difenderla, così si salvano, ma se per caso la città è presa è bene non essere nella città perché son tutti sterminati. E allora qui Gesù aveva detto, Luca ormai l’ha già visto, ai cristiani: “fuggite, non tornate neanche indietro, state fuori della città che salverete la vita”. Di fatto i cristiani si son salvati perché sono usciti tutti dalla città prima. Ecco, anche qui, chi vuol cercare la sicurezza perde la vita, chi invece se ne va non la perde.
E dice “cosi si compie tutto ciò che sta scritto” e cosa sta scritto? Nel primo Libro dei Re capitolo 9 versetto 6 e seguenti, sta scritto la distruzione del tempio e della città, per le nostre iniquità. Così Michea 3,12 dice la stessa cosa, cosi Daniele 9,26 dice la stessa cosa più altri testi ancora e più Gesù, che abbiamo visto la volta scorsa, dice la stessa cosa. E perché viene distrutto? Per le nostre iniquità, cioè in fondo il male che facciamo, distrugge. Non è che il male edifica qualcosa, e poi vedremo come questo si verifica con la morte di Gesù, la distruzione del tempio e la nascita del tempio nuovo. E comunque Luca dà, di questa desolazione di Gerusalemme, non un punto fosco della storia dove si arriverà, ma l’inizio di una nuova storia.
23Ahimè per quelle incinte e per quelle che allattano in quei giorni, poiché ci sarà una grande angustia sulla terra e ira per questo popolo. 24E cadranno in bocca alla spada e saranno condotti 17 prigionieri in tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni, finché non saranno compiuti i tempi delle nazioni.
Ecco, Gesù dice ahimè, per le donne incinte, per le allattanti. Ricordate che abbiamo detto di Gesù che entra in Gerusalemme, la prima cosa che fa è piangere sulla città. Sulla città che ucciderà Lui, e dice sarà distrutta perché non ha riconosciuto la visita del Signore, non perché il Signore la punisce. E Lui piange non su di sé ma su costoro che l’hanno rifiutato. E anche qui di nuovo, ahimè per quelle incinte. E anche quando va sulla croce e le donne piangono su di Lui, dice :”Non piangete per me, piangete per voi e per i vostri figli”, cioè sente il dolore Lui per noi, per questo male che ci facciamo con queste guerre, rivolte, etc.
“Poiché ci sarà un angustia grande sulla terra e ira per questo popolo”, infatti dice Giuseppe Flavio che furono uccisi un milione e centomila ebrei in quella guerra giudaica e 97.000 schiavi, cioè hanno ucciso quel che han potuto e han fatto schiavi quelli che son rimasti. E gli altri erano fuggiti, si son dispersi per il mondo.
E dice “cadranno in bocca alla spada”: la spada è come una bocca che divora, assetata di sangue. “E saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni”:comincia la diaspora, è finito appunto lo stato di Israele e Gesù dice ahimè! “E Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni”, cioè da Roma e da tutti gli altri popoli, “finché saranno compiuti i tempi delle nazioni”, quindi comincia adesso il tempo delle nazioni.
Abbiamo letto che Gesù ha fatto queste predizioni che troviamo in Marco e Marco è stato scritto prima che avvenga la distruzione del tempio, in Luca si vede che sono già avvenute, allora lo conferma, dice: vedete quel che è capitato a loro? È in fondo quel che capita sempre. In questa situazione voi siete chiamati ad essere testimoni di come si vince il male, come ho fatto anch’io, e difatti subito dopo c’è la morte e resurrezione di Gesù. Allora, questo testo serve ai cristiani della terza generazione perché non pieghino le ginocchia davanti al male, dicendo il male è inevitabile, non si può far niente, vince sempre il male! Non è vero, il Signore lo ha già vinto, noi siamo chiamati a far lo stesso. Il male, non solo non vince ma si autodistrugge, è principio di morte per tutti.
25 E vi saranno segni in sole e luna e astri, e sulla terra angoscia di nazioni senza scampo a causa del fragore del mare e dello scuotimento, 26 mentre uomini tramortiranno per il timore e la previsione di quanto incombe sull’ecumene, poiché le potenze dei cieli saranno scosse. 27 E allora vedranno il Figlio dell’uomo che viene in una nube con potenza e gloria grande. 28 Ora, quando queste cose cominciano ad avvenire, drizzate e alzate la testa, poiché si avvicina la vostra liberazione.
Per entrare in questo testo racconto una storiella che mi era capitato da piccolo. A me piacciono molto i cani e una volta andavo a trovare un mio amico che stava nella casa lì vicina. C’era un cancello, non sapevo che avesse comperato un sanbernardo; l’amico mi apre, entro e vedo questo sanbernardo che mi corre incontro e dico: “O Dio mio, sono morto, mi salta addosso, mi salta addosso” e infatti mi è saltato addosso. L’altro amico stava lì tranquillo; il cane mi butta a terra e mi lecca la faccia! Tutto il mio terrore di quest’incontro si è risolto invece con il cane che veniva per farmi festa.
Penso che la nostra immagine di Dio che viene per giudicare il mondo sia come quella che ho avuto io in quell’istante: “o Dio, adesso viene e mi fa fuori!” Veniva solo a farmi i complimenti, a darmi il benvenuto: finalmente sei arrivato a casa! Noi viviamo con terrore quello che è l’incontro, come se Dio fosse il ladro, no? Non è il ladro della vita, è lo sposo!
Vediamo come risulta adesso da questo testo. Innanzitutto questo testo, questa gloria grande, questo vedere il Figlio dell’uomo che giudica il mondo, dal punto di vista letterario, si realizza nella morte di Gesù: perché il giudizio di Dio è la croce. Nella croce il Figlio ha vinto il male con un amore più forte di ogni male, perdonando anche i nemici che lo mettono in croce, per questo è Dio e per questo ogni male è già vinto sulla croce. Lì finisce il mondo vecchio e nasce il mondo nuovo, l’umanità nuova: il Capo è venuto alla luce e il corpo segue e così tutta la storia; stiamo assistendo alla gestazione, alle doglie del parto di questa nuova umanità, non alla sua distruzione.
Seconda cosa da notare è che come è già avvenuto a Lui avverrà la fine del mondo anche per noi. Questo è l’oggetto della speranza, (perché senza speranza non si vive!), ma ciò che è avvenuto (e avverrà) è ciò che avviene ogni istante della quotidianità. Nella quotidianità vivo già la vita nuova di chi vince il male con il bene e questo è l’oggetto dell’amore, che è il pieno compimento di tutto.
Adesso entriamo nel testo, versetto per versetto, prestando attenzione, perché è un quadro mirabile anche dal punto di vista stilistico. È costruito sul contrappunto, da un lato tutto crolla, dal cielo alla terra, all’acqua che sale sopra, alle stelle, tutto l’esterno crolla dentro e poi l’angoscia eccetera; dall’altro invece vediamo tutto il positivo: viene il Figlio dell’uomo e noi invece di spaventarci: “oh finalmente drizzate il capo, finalmente è arrivato”. Quindi c’è il contrappunto tra ciò che sembra il disastro (la vittoria del male che sembra trionfare) e la realtà che è esattamente il contrario (come è capitato sulla croce di Cristo e capita in ogni esistenza).
25 E vi saranno segni in sole e luna e astri, e sulla terra angoscia di nazioni senza scampo a causa del fragore del mare e dello scuotimento,
I discepoli avevano chiesto: “quando sarà la fine del mondo e quali i segni?” e finalmente li dice. Notate, tuttavia, che nel brano scorso parlava di guerre, rivolte, rivoluzioni, sollevamento di un popolo contro l’altro, persecuzioni, (cioè tutto quel che avviene di solito), ma poi non dice: “Dopo queste cose ci sarà la fine del mondo o a causa di queste cose” ma dice : “e”, cioè è in continuità, non c’è una rottura nella storia. Noi aspettiamo sempre che avvenga una fine e invece c’è un “e” cioè, tutto continua sempre uguale, fino a quando noi non faremo in modo diverso e ci diamo la libertà di dare un’interpretazione nuova a questa storia, perché quel che si dice qui è già avvenuto e avviene costantemente. Semplicemente deve essere diverso il nostro modo di approcciarci con la stessa realtà. Attenzione, adesso cosa avviene proprio qui? Cosa avverrà? Non c’è né un “ma”, né un segno, ma avviene un’altra cosa:
27 E allora vedranno il Figlio dell’uomo che viene in una nube con potenza e gloria grande.
Quand’è che arriverà il Figlio dell’uomo che è il punto d’arrivo della storia? Vedremo che c’è una “E”: “E allora”. Allora, quando c’è questa situazione, (il cielo che cade con la terra che non tiene, col mare che ti inghiotte e la paura e le previsioni di ciò che verrà che ti schiacciano), è proprio lì che vedremo quello che già c’è: il Figlio dell’uomo. Come sulla croce, dove avviene tutto questo, lì vediamo il Figlio dell’uomo. Il Figlio dell’uomo è preso dal libro di Daniele (cap. 7), è il giudice supremo della storia e la definizione “Figlio dell’uomo” è l’unica che Gesù applica a sé; questa parola è la più vaga in assoluto della Bibbia ma anche la più precisa: Figlio dell’uomo vuol dire anche uomo, vuol dire profeta e vuol dire anche Dio perché è quello che giudica la storia con potere e gloria grande. Gesù diventa il Figlio dell’uomo proprio sulla croce quando è il non uomo, disprezzato da tutti, cioè praticamente è il massimo comun divisore dell’uomo: è l’uomo ridotto all’essenza, togliendo tutto quello che si può togliere, gli rimane tutta la disumanità del male che fanno a Lui, eppure ancora lì, Lui è uomo, vive da uomo, vive da giusto (per Luca). Dove vediamo il vero uomo, che poi è Dio? In questa situazione, non fuori.
Noi siamo chiamati a vedere Dio, il Giusto, presente, non nell’altro mondo ma in questo mondo (che è di guerre, carestie, terremoti, pestilenze, persecuzioni, morti, violenza, male). È qui che noi possiamo vedere Dio che vive da testimone dell’amore, del perdono e della misericordia, più forte di ogni male. Lì sulla croce finisce tutto il male e Dio ci chiama a far come Lui, a vivere come Lui, vincendo il male col bene. Per questo la storia ha un senso.
Luca è preoccupato di farci vivere il presente in modo nuovo. Non pensiamo: “Cosa sarà, cosa sarà?”, ma “cos’è adesso”! Sai riconoscere il volto di Dio negli altri? Nel Figlio dell’uomo? In quell’uomo che ha un volto tale che quando lo vediamo ci giriamo dall’altra parte, magari. Se noi capiamo questo, cambiamo il mondo, già ora, perché cambia la nostra visione del mondo. Come Cristo oggi ci sono miliardi di poveri cristi nel mondo: sono quelli che non vogliamo, che mandiamo altrove o ci giriamo dall’altra parte o, se ci sono scomodi, li sopprimiamo, perché no? Le guerre son sempre utili mestieri. Abbiamo una grossa responsabilità, ma è anche bello, in fondo, vedere, vedere. Tutta la “via” della croce terminerà proprio con la “teoria”, questo “vedere” la gloria dell’Uomo, che è la stessa gloria di Dio, proprio lì dove non pensavamo ci fosse e che siamo chiamati a vivere già oggi nelle situazioni concrete di male, non in un altro mondo.
28 Ora, quando queste cose cominciano ad avvenire, drizzate e alzate la testa, poiché si avvicina la vostra liberazione
“Quando queste cose cominciano ad avvenire”: quando cominciano ad avvenire? A me risulta che è da millenni che avvengono e avvengono ancora oggi e avverranno domani; quindi non preoccupatevi, quando cominciano ad avvenire (e continuano ad avvenire) e non aspettate che finiscano di avvenire. Proprio quando cominciano ad avvenire e ve ne accorgete, drizzatevi, alzate la testa, non piegate le ginocchia davanti al male. Si avvicina la vostra liberazione, cioè potete vivere da uomini liberi in questa situazione, da uomini nuovi.
Davanti a tutte queste paure, noi vediamo la realtà in modo diverso, cioè non vediamo la realtà attraverso le paure, ma attraverso i desideri positivi di bene. Perciò noi realizziamo nella vita o ciò che temiamo o ciò che desideriamo, che sono estremamente uguali perché ciò che temi è esattamente il desiderio negato, allora ti neghi il desiderio e realizzi il male.
Estratti da:
https://www.gesuiti-villapizzone.it