«Pregherò per te». Sei come un baluardo innalzato contro la sua giustizia e un varco aperto sul suo amore. Nel cuore della dolce e mortale lotta tra l’uomo e la sua fonte, tu combatti al mio posto. Il tuo amore temerario si è infiltrato nella scissura stessa che mi separa dal centro, nel vuoto scavato dalla mia ribellione e dalla mia viltà. Sembri volgermi il dorso e invece il tuo volto è esposto, per me, ai colpi diretti, ai richiami dell’ignoto; non mi parli, ma parli di me al silenzio.
(Gustave Thibon)

Il ministero dell’intercessione, cuore della ministerialità (2)
P. Carmelo Casile

Pronunciare un’epiclesi sul mondo

La vita consacrata missionaria ha come suo punto costante di riferimento lo Spirito Santo, che nella la preghiera personale e liturgica muove il missionario a intercedere col “pronunciare un’epiclesi sul mondo”,

Nella Storia della Salvezza, infatti, lo Spirito Santo è il protagonista, ad ogni passo Dio Padre ha preparato la venuta del suo Figlio con l’azione delicata e paziente dello Spirito Santo. A sua volta il Figlio continua a portarci al Padre e a chiamare a sé quelli che Egli vuole e mandarli a portare il suo Nome alle nazioni, sospingendo le nostre vele con lo spirare del vento dello stesso Spirito (cf RV 20; 56; 69; 88).

L’attività missionaria della Chiesa è sempre impulso dello Spirito Santo nel cuore dei fedeli: «Avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). L’opera dello Spirito Santo, protagonista di tutta la missione ecclesiale, rifulge nella missione ad Gentes, come appare nella Chiesa primitiva (cf RMi 31).

Questa forza dello Spirito Santo è in azione e mette in tensione verso la salvezza in Cristo tutti gli esseri umani, che con cuore sincero sono alla ricerca del senso ultimo della vita. Infatti, affermando che la vocazione ultima dell’uomo è quella divina, il Concilio Vat. II aggiunge che “perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero Pasquale” del Cristo morto e risorto (GS 22).

Noi battezzati siamo inseriti in questa tensione d’ogni cuore umano verso la salvezza come segno e strumento di questa stessa salvezza. Di fatti, “la vocazione ultima dell’uomo è una sola, quella divina, e la Buona Novella della salvezza è per tutti” (cf GS 22). Ma la rivelazione di questa Buona Novella è stata fatta alla Chiesa e arriva a tutti coloro che cercano Dio con cuore sincero nelle varie religioni per mezzo della Chiesa. L’annuncio e la testimonianza dei cristiani sono determinanti, affinché i cuori si aprano a Cristo Salvatore e ricevano l’abbondanza della vita che Egli, Buon Pastore, è venuto a riversare dal suo Cuore Trafitto su tutta l’umanità.

Così la tensione dell’umanità verso la salvezza in Cristo e la “tensione missionaria” della Chiesa s’incontrano come frutto della silenziosa azione dello Spirito Santo che fa convergere le aspirazioni degli uni e degli altri. Di fatti, fin dalle origini, la nascente comunità cristiana si è qualificata per la sua tensione di andare verso tutti, di aprirsi agli altri, che cercano Dio anche se a tentoni (cf At 17, 27), inaugurando un cammino missionario senza frontiere…

Tra gli elementi primari che caratterizzano e sostengono questa tensione missionaria della Chiesa, emerge la preghiera, che si concretizza e si approfondisce nella preghiera personale e, in modo particolare, nella celebrazione e adorazione dell’Eucaristia e nella Liturgia delle Ore.

La preghiera liturgica, infatti, è:

  • – strumento privilegiato di comunione con Dio e con gli uomini;
  • – mezzo essenziale di evangelizzazione e santificazione personale;
  • – fonte di contemplazione che alimenta la preghiera personale ed ispira l’attività missionaria (cfr. RV 51-52).

Per questo, la Liturgia delle Ore è un impegno serio verso Dio e verso il popolo; un impegno che il missionario assume e che gli proviene non solo dal sacramento dell’Ordine (Diacono o Sacerdote) ma anche dalla stessa consacrazione missionaria (RV 52).

Per mezzo della preghiera liturgica consacriamo il tempo e la vita a Dio per il Regno, non solo la nostra ma anche quella degli uomini, che noi amiamo e vogliamo servire e che a volte non sanno o non hanno la possibilità di consacrare un tempo alla preghiera per rendersi disponibili all’azione dello Spirito Santo o gli oppongono resistenza.

Invochiamo il dono dello Spirito cominciando dalle persone più vicine a noi fino alle più lontane sparse nei quattro punti cardinali, mentre ci chiediamo come ci rapportiamo con loro, come ne condividiamo gioie e dolori, come ci situiamo entro il mondo e la sua storia; invochiamo il dono dello Spirito su tutta la creazione che “attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” (Rom 8,19).

Pronunciare questa epiclesi missionaria è come fare una cura in alta montagna: respiriamo a pieni polmoni l’aria pura di Dio che è il suo Spirito e lo alitiamo effondendolo sul mondo, affinché sia rinnovato.

Questo modo di pregare ci mantiene sempre uniti alla sorgente della missione e in continua “tensione missionaria”. Sarà una preghiera insistente, fiduciosa, non per piegare Dio ai nostri desideri, ma per ottenere in primo luogo per tutta l’umanità il dono dello Spirito Santo, datore della vera vita; sarà una preghiera per impegnarci a fare quello che chiediamo sotto la regia, la guida dello Spirito Santo, forza attivante della nostra vita e della vita del mondo intero; sarà una preghiera per crescere nell’amore a Dio e al prossimo, per sollevare la vita del mondo e orientarla al Regno di Dio.

L’invocazione dello Spirito mediante la preghiera personale e liturgica sfocia nell’ offerta di se stessi a Dio vissuta nella consacrazione missionaria, nella testimonianza di vita e nella sofferenza, che vissuta in unione alle sofferenze di Gesù Crocifisso, raggiunge il su culmine nei “missionari martiri, negli Anziani e/o Ammalati.

6.1. Invocare lo Spirito Santo al ritmo del respiro

Venga il tuo Santo Spirito e ci purifichi”

Il respiro è come il sacramento dello Spirito Santo.

Questa relazione tra il respiro e lo Spirito Santo radica nell’esperienza che del respiro non ci possiamo appropriare: esso è dono, che dobbiamo consegnare così come lo riceviamo. Esso ci fa vivere se e nella misura in cui siamo disposti a lasciarlo defluire dopo che è affluito nel nostro organismo.

Possiamo, per tanto, interiorizzare un esercizio di preghiera, trasformandolo in mediazione per effondere lo Spirito Santo, seguendo il seguente processo:

* Sediamoci in una posizione che ci consenta respirare comodamente; prendiamo coscienza del nostro respiro: una volta fattosi calmo, ritmato e profondo, entriamo in sintonia con l’inspiro e l’espiro.

* Ravvisiamo nell’alternarsi dell’inspiro e dell’espiro la duplice azione dello Spirito Santo, che penetra in noi e, purificandoci, ci rigenera a vita nuova e ci spinge a effondere questa stessa vita, ci invia a “respirare Spirito Santo” in mezzo al mondo. Questa duplice azione dello Spirito S. può essere accompagnata dall’invocazione, che troviamo come variante al Padre nostro nel Vangelo di san Luca: “Venga il tuo Santo Spirito e ci purifichi” (cf Lc 11, 3), variante che starà a noi personalizzare in modo che faccia da supporto alla preghiera interiore.

  • Sostenuti dai due movimenti del processo respiratorio, abbandoniamoci all’azione dello Spirito S. in noi e pronunciamo la nostra epiclesi sul mondo:

Prima modalità:

Inspiro: “Vieni Spirito Santo” con tutti i tuoi doni ( =sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio; posso concentrarmi su un dono soltanto).

Espiro:Purificami”: lascio che lo Spirito Santo radichi la sua presenza con i suoi doni nelle profondità del mio spirito, in tutto il mio corpo.

Seconda modalità:

Inspiro: “Vieni Spirito Santo”: accolgo in me il dono dello Spirito Santo che ricevo dal Cuore Trafitto di Gesù.

Espiro: “Posati su…”: lo Spirito ricevuto lo faccio dono agli altri, lo alito, lo effondo sugli altri: persone vicine, intime, occasionali, sconosciute, lontane; tutti i popoli dei quattro punti cardinali; il cosmo che aspetta ansioso la redenzione…

È un modo di pregare che tonifica la nostra consacrazione missionaria e ci mantiene uniti alla missione sempre, anche quando le circostanze ci mantengono impediti….., o fisicamente lontani …, per malattia…, per l’età anziana…

6.2. La testimonianza di vita frutto dello Spirito

L’effusione dello Spirito sul mondo attraverso la preghiera si prolunga e diviene testimonianza di vita e servizio d’amore che, come c’insegna san Paolo, è il frutto dello Spirito Santo in noi ed ha varie manifestazioni, il cui elenco è giustamente aperto dall’amore, seguito dalla gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (cf Gal 5, 22; Rom 14, 17; Ef 5, 9).

Se ordiniamo queste manifestazioni dello Spirito in riferimento a tre centri della nostra persona, cioè, il cuore, la bocca e le mani, prendiamo coscienza del fatto che tutto il nostro essere partecipa nell’effusione dello Spirito Santo sul mondo:

Dal cuore, sede dei profondi orientamenti di vita, si sprigiona amore/carità; pazienza, che è figlia della pazienza-longanimità di Dio, quella che sa attendere e concede spazio di perdono e di ricominciamento ad ogni uomo; fedeltà a Dio e a se stessi, che è giustizia e atteggiamento di piena fiducia continuamente offerta.

Attraverso la bocca, organo della comunicazione e del dialogo, si manifesta gioia: il trasalimento, la giovialità perenne di tutto l’essere amato da Dio capace d’amare; benevolenza: quella gentilezza amabile che proviene dal cuore e che costituisce la contropartita attiva della pazienza; mitezza: quella disposizione dello spirito che non conosce collera e violenza e si affida alla verità.

Attraverso la mano, sede delle azioni e delle iniziative, si esprime il gesto della pace: si dà un saluto di pace, pienezza dell’essere e pienezza di comunicare; bontà: dare una mano all’altro; dominio di sé (dito della destra di Dio): avere in mano se stessi, non sfuggire di mano a se stessi, cioè essere padrone di se stessi e dei propri atti e così mettere tutto se stessi in mano di Dio a servizio della felicità e del bene altrui.

Come lo Spirito Santo è “dito della destra di Dio”, suo strumento operativo, così l’uomo “mosso dallo Spirito” diviene strumento operativo, mediazione, dello stesso Spirito e compie sotto il suo impulso “le opere di Dio”.

Prendendo atto dei nostri limiti e di quanto in noi “spegne” e “soffoca” lo Spirito (1Tes 5, 19) o lo “contrista” (Ef 4, 30), invochiamo dallo stesso Spirito la purificazione del nostro cuore e l’effusione dei suoi doni celesti, ravvivandone (2Tim 1, 6) la presenza in noi. Allora tutto il nostro essere diviene strumento dell’azione dello Spirito Santo in favore del mondo e la nostra vita non è altro che un camminare “nel” e “secondo lo Spirito” nel mondo d’oggi.

L’invocazione dello Spirito, prolungata e incarnata nella testimonianza della vita culmina con l’offerta dei nostri corpi “come vittima vivente, santa gradita a Dio”, che costituisce il nostro culto spirituale (cf Rom 12, 1), culmina cioè nell’offerta di noi stessi mediante la consacrazione missionaria.

(Continua)

P. Carmelo Casile
Castel d’Azzano, 11 Novembre 2023