Vangelo del giorno

Ci son due modi diversi di guardare e prendiamo come modello l’ape e la mosca. Se voi andate anche in una discarica, con tutte le immondizie del mondo e c’è un ape, dove va a posarsi l’ape, il suo occhio? Sul fiore, per forza. Se c’è un bel prato fiorito, l’occhio della mosca dove va a posarsi? Ecco! Così il nostro occhio in fondo dipende dal nostro cuore. O abbiamo l’occhio dell’ape che vede il bene, vede il fiore, oppure abbiamo l’occhio della mosca che vede solo il letame e va a posarsi su quello; e noi siamo specialisti in quest’occhio, e ciò che noi vediamo rivela ciò che abbiamo dentro. Quindi ape e non mosca.

Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario
Lc 14,1-6: Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo,
non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
Lectio divina di Silvano Fausti

1 E avvenne: mentre egli era venuto nella casa di uno dei capi dei farisei un sabato per mangiare pane, essi stavano a sorvegliarlo. 2 Ed ecco: c’era un uomo idropico davanti a lui. 3 E rispondendo Gesù parlò dicendo agli esperti della legge e ai farisei: È lecito nel sabato curare o no? 4 Questi stettero quieti. E, presolo, lo guarì e lo congedò. 5 E disse loro: Chi di voi, se un figlio o un bue cadrà nel pozzo, subito non lo tirerà fuori in giorno di sabato? 6 E non ebbero forza di replicare a queste cose.

C’ERA UN UOMO IDROPICO

Il c. 14 è tutto una tensione tra l’impossibilità e la necessità della salvezza, che si scioglie nel c. 15: la porta è stretta (13,24), ma il Signore vuole che la sua casa sia piena (14,23).

È l’ultimo sabato dell’attività di Gesù che Luca menziona. I suoi nemici sono ridotti al silenzio, in attesa del sabato in cui lui stesso tacerà nella morte (23,56).

Questo pasto incornicia una sezione tutta centrata sul cibo (vv. 1-24): si parlerà di convito nuziale (vv. 7-11), della sua gratuità (vv. 12-14) e dell’invito accolto dai poveri (vv. 15-24). È il banchetto annunciato in Isaia 55, che il Padre imbandisce per lagioia del Figlio perduto e ritrovato (c. 15). È il banchetto di misericordia, aperto a tutti coloro che si riconoscono peccatori.

Se mangiare significa vivere, mangiare di sabato significa partecipare alla vita di Dio. È quanto Gesù è venuto a portarci, il regno del Padre di cui vivono i figli. Il chicco, preso e gettato, è cresciuto in albero che accoglie tutti, anche i giusti! Il lievito, preso e nascosto, è diventato pane offerto a tutti, anche ai giusti!

Ma la porta, che introduce nel banchetto sabbatico, è stretta (cf. 13,24). Eppure la sala deve essere piena. L’idropico, troppo grosso per entrarvi, è figura del fariseo, che trasforma in gonfiore di morte tutte le cose buone che prende (cf. 18,11ss!). Deve essere guarito! La scena è analoga a 6,6-11 e 13,10-17.

L’aporia, con cui si chiudeva il c. 13, ha un’unica via di uscita: la gratuità del Regno. Se nessuno può guadagnarlo, allora viene donato a tutti! Ma non solo ci è offerto: siamo guariti per accoglierlo. Gesù, sempre di sabato, ha aperto la mano chiusa perché riceva il suo dono (6,6ss), ha raddrizzato la donna curva perché dialoghi con lui, lo Sposo (13,10ss): ora sgonfia ogni fariseo confesso, perché riesca a passare attraverso la porta del banchetto.

Questo racconto ci fa vedere il volto del Signore della vita: egli, per la ricchezza della sua misericordia, dona a tutti quella salvezza a tutti impossibile. Il presente capitolo, coi due successivi, è tutto una lezione sull’umiltà. Questa è la vittoria sul lievito dei farisei e ci fa condurre una vita filiale e fraterna, che coinvolge concretamente il nostro rapporto con noi, con le cose, con gli avvenimenti e con gli altri. Tutto è dono e perdono, da ricevere e donare in riconoscenza e amore.

(Silvano Fausti, Commento al Vangelo di Luca)