È il racconto di un miracolo che Gesù fa di una donna curvata, che rappresenta tutta l’umanità ancora tutta ripiegata su di sé. Da suggerire come icona, come si dice, come immagine di un Dio che si curva su di noi.

Lunedì della XXX settimana del Tempo Ordinario
Lc 13,10-17: DONNA, SEI STATA SLEGATA DALLA TUA INFERMITÀ
Lectio divina di Silvano Fausti

10 Ora egli stava insegnando in una delle sinagoghe di sabato. 11 Ed ecco una donna: aveva uno spirito d’infermità da diciotto anni ed era incurvata e non poteva per niente drizzarsi. 12 Ora, vistala, Gesù la chiamò e le disse: Donna, sei stata slegata dalla tua infermità! 13 E le impose le mani e all’improvviso si drizzò su e glorificava Dio. 14 Ora, rispondendo, il capo della sinagoga, indignandosi perché Gesù aveva curato di sabato, diceva alla folla: Sei sono i giorni in cui bisogna lavorare; in quei giorni dunque 1 venite a farvi curare e non nel giorno di sabato. 15 Ora gli rispose il Signore e disse: Ipocriti! Ciascuno di voi il sabato non slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia e lo porta a bere? 16 Ora costei, che è figlia d’Abramo, che il Satana legò già da diciotto anni, non bisognava che fosse slegata da questo legame il giorno di sabato? 17 E, mentre egli diceva questo, si vergognavano tutti i suoi oppositori e tutta la folla gioiva di tutte le cose gloriose che provenivano da lui.

Questo miracolo ci fa vedere cosa avviene in quest’anno che la pazienza di Dio ancora ci accorda per convertirci: l’annuncio della sua salvezza già donata in Gesù, perché ci volgiamo ad essa e l’accogliamo. Il sabato, giorno del riposo di Dio, è ormai all’opera in questo mondo. Il Padre, offrendo suo Figlio, è tutto incurvato sull’uomo, e ogni uomo incurvato si può raddrizzare e rifletterne la gloria del Figlio. Tutta la storia è già “oggettivamente” salvata. L’annuncio porta a riconoscere e accogliere liberamente tale salvezza.

Cinque volte si parla di “sabato” e due di “bisogna”: al centro la salvezza da Satana a una figlia di Abramo. Conoscere i segni del tempo presente è riconoscere che con Gesù è giunto tra gli uomini il “sabato” e si compie il “bisogno” di Dio, che è quello di salvare l’uomo.

Anche se con la piccolezza del seme e il nascondimento del lievito (vv. 18-21), il Regno lavora e trasforma il mondo. Il sabato, inaugurato nella sinagoga di Nazareth, si compie nell’oggi in cui l’uomo recupera la stazione eretta davanti a Dio.

Capire la storia significa leggere in essa la salvezza da lui operata in Gesù. Chi la vede così, guarisce, gioisce e glorifica come la donna e la folla. Chi la vede con altri occhi, resta ripiegato su di sé, si adira e si vergogna, come l’arcisinagogo e i suoi oppositori.

Il racconto presenta forti analogie con 6,6-11 e 14,1-6. Questa donna, a differenza dell’emorroissa, non cerca di toccare Gesù. È invece cercata e toccata da lui. Si sottolinea così l’iniziativa paziente di chi è venuto a cercare i figli di Abramo perduti (19,9s).

S. Gregorio (Hom. 31) paragona questa donna al fico sterile: è figura dell’uomo che, non volendo produrre il frutto dell’obbedienza, perse il suo stato di rettitudine. I diciott’anni di malattia significano il male dell’uomo, creato al sesto giorno, nei tre momenti della storia: prima, durante e dopo la Legge, fino a quando sente la parola del Signore che lo dichiara libero: sei per tre fa diciotto!

L’uomo, chiuso e rattrappito in sé, sta finalmente diritto innanzi a colui di cui è immagine e somiglianza: è libero, perché brilla su di lui la salvezza del suo volto, il suo Dio (Sal 42,12).

Il centro del brano: “Sei stata slegata dalla tua infermità”, è la costatazione di quanto Gesù ha già fatto nella nostra storia. Il miracolo, considerato già avvenuto nel passato, è semplicemente dichiarato. L’annuncio ne fa prendere coscienza e permette all’uomo ancora curvato di raddrizzarsi. Purché accolga l’annuncio con fede!
(Silvano Fausti, dal Commento al Vangelo di Luca)

È il racconto di un miracolo che Gesù fa di una donna curvata, che rappresenta tutta l’umanità ancora tutta ripiegata su di sé. Da suggerire come icona, come si dice, come immagine di un Dio che si curva su di noi, e con questo gesto che potremmo anche dire tipico di Luca la condiscendenza, la misericordia di Dio, ecco ci dice che noi possiamo essere di fronte a Lui quasi a testa alta, riconoscendo che siamo salvati, quindi possiamo stare dritti, non curvi sotto il peso del male, dello sconforto, della mancanza di fede e di speranza.

10Ora egli stava insegnando in una delle sinagoghe di sabato. 11 Ed ecco una donna: aveva uno spirito d’infermità da diciotto anni ed era incurvata e non poteva per niente drizzarsi.

È la terza volta che insegna nella sinagoga e insegna di sabato. Era abitudine di Gesù lavorare di sabato, fare i miracoli di sabato, lo dice Giovanni 5,16 che usava proprio fare queste cose di sabato. Perché sabato è il giorno di Dio e vuol dire che in fondo con Lui arriva il giorno di Dio, il compimento della creazione.

E ci si presenta questa donna che aveva uno spirito di infermità, infermo vuol dire infirmus, che non sta in piedi, rappresenta l’uomo che non riesce a stare dritto, infermità, instabile, cade. E nella donna è raffigurato tutto il popolo, questa infermità dura da 18 anni. 18 anni è 6 per 3 : sei è il numero dell’uomo, creato al sesto giorno per giungere al sabato, al settimo giorno che è Dio. E 3 volte 6 è il numero della bestia, cioè è quello che è infinitamente chiuso in se stesso e non si apre al settimo 7 giorno al suo destino, all’amore, a Dio, quindi è il fallimento assoluto dell’uomo. E qui è 3 volte 6 perché l’uomo è caduto ed è peccatore, sia prima della venuta di Cristo, nel tempo primo, sia durante la vita e l’esistenza di Cristo e sia ancora dopo, cioè sempre noi 3 volte 6, prima di Cristo, durante la vita di Cristo e dopo Cristo, siamo sempre persone che non stanno in piedi, anzi siamo legati da uno spirito che ci impedisce di stare in piedi e ci fa curvare.

Ecco è rappresentato l’uomo normale, l’uomo che è tutto intento agli affari suoi, senza riuscire a sollevare la testa, senza riflettere la gloria di Dio, senza essere a sua immagine e somiglianza è a immagine e somiglianza delle cose che adora, dei suoi interessi.

12 Ora, vistala, Gesù la chiamò e le disse: Donna, sei stata slegata dalla tua infermità! 13 E le impose le mani e all’improvviso si drizzò su e glorificava Dio.

Altre volte sono le persone, è l’interessato o l’interessata che provocano Gesù, qui invece è l’iniziativa precisa, da parte di Gesù: la vede, la chiama, le dice…

14 Ora rispondendo il capo della sinagoga, indignandosi perché Gesù aveva curato di sabato, diceva alla folla, sei sono i giorni in cui bisogna lavorare, in quei giorni dunque venite a farvi curare, non nel giorno di sabato.

Il capo della sinagoga rappresenta l’uomo della legge in fondo, il capo religioso locale, che si oppone, si indigna, davanti alla libertà. Qui c’è un profondo mistero: come mai la persona religiosa è sempre intollerante di tutte le cose buone che esistono al mondo: della libertà, della gioia.

Quindi praticamente c’è tutta una religiosità della legge che non conosce l’amore e la vita e la gioia e mediamente anche il credente viene in chiesa per dovere, va a messa per osservare il precetto, fa le cose buone perché se no si merita l’inferno e fa il bravo per meritarsi un angolino in paradiso, il che vuol dire che vive ancora tutto curvato su di sé, non gliene frega niente di Dio, né degli altri. È perfettamente curvato su di sé, sul suo io religioso, osserva le norme, le leggi, gli interessa questo.

Il capo della sinagoga dice alla folla, ma la critica è rivolta a Gesù. La risposta da parte di Gesù è, al capo della sinagoga ma anche a tutti quanti e per noi anche arriva oggi questa osservazione: si sentono legati ancora.

15 Gli rispose il Signore disse ‘Ipocriti, ciascuno di voi il sabato non slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia e lo porta a bere? 16 Ora costei che è figlia di Abramo, che il Satana legò già da diciotto anni, non bisognava che fosse slegata da questo legame il giorno di sabato?

Gesù dice al capo della sinagoga, ma non solo a lui perché parla al plurale ipocriti, quindi parla a tutti quelli nella sinagoga, cioè a tutti noi, perché il Vangelo non è scritto per quelli là, è scritto per questi qua.

17E, mentre egli diceva questo, si vergognavano tutti i suoi oppositori e tutta la folla gioiva di tutte le cose gloriose che provenivano da lui.

Ecco le due reazioni davanti a questo, finalmente si vergognano, è bello vergognarsi del male e si vergognano delle cose di cui si vantano tra l’altro. Invece gli altri gioiscono delle cose gloriose: la gioia è il segno della presenza di Dio.

Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici)
sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)