Vangelo del giorno
Cosa attendiamo nella vita? Diventiamo ciò che attendiamo alla fine: se attendi il Signore diventi il Signore, ti unisci a lui; se attendi la morte, diventi la morte; chi attende “il niente” si suicida oppure si stordisce e ammazza gli altri, in fondo.
Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario
Lc 12,35-38: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.
Lectio divina di Silvano Fausti
35 Siano i vostri lombi cinti e le lucerne ardenti, 36 e voi simili a uomini in attesa del loro Signore quando torna dalle nozze, perché, quando viene e bussa, subito aprano a lui. 37 Beati quei servi che, venendo, il Signore troverà vigilanti. Amen vi dico: si cingerà, li farà sdraiare e, passando, servirà loro. 38 E se alla seconda o alla terza veglia venga e trovi così, beati sono quelli!
La morte può essere o il ladro che ci ruba tutto oppure l’incontro con lo sposo. Se la morte è il ladro che ci ruba tutto allora è chiaro che viviamo nell’ansia e nella paura di perdere tutto e siamo sicuri di perderlo. Se invece la morte, il mio limite, è la comunione con lo sposo che viene, allora tutta la mia vita è un fidanzamento, ed è ben diverso essere fidanzati che condannati a morte.
È un testo che si dice “escatologico”, parla della fine del mondo, e tutti i Vangeli parlano della fine del mondo a vari livelli e Luca è il più attento. C’è il primo discorso sulla fine del mondo, che è la morte e la resurrezione di Gesù: con la sua morte è già finito il mondo vecchio, è iniziato il mondo nuovo; quindi quando si parla di fine del mondo si intende qualcosa che è già passato, è la storia di Gesù la fine del mondo e l’inizio del mondo nuovo: ciò che viviamo nel battesimo e in tutti i sacramenti. C’è poi una fine del mondo futura, cioè tutto il mondo farà lo stesso percorso di Cristo, tutto l’universo sarà trasformato e risusciterà e ci saranno cieli nuovi e terra nuova, affidato anche alla nostra responsabilità; quindi questo è il secondo livello direi dei discorsi escatologici. Ce ne è un terzo: quando io sono finito, per me è finito tutto, quindi anche il destino personale. Che senso ha la tua morte? E poi ce ne è un quarto e quest’oggi vediamo il quarto. Mentre il primo è passato, i secondi due sono futuri, il quarto è presente: cioè noi viviamo al presente.
Il testo è un’esortazione alla responsabilità secondo i doni che abbiamo ricevuto e tutti i doni che abbiamo ricevuto o li usiamo per l’egoismo, cioè per fare il male, o li usiamo nell’amore, cioè per fare il bene; quindi non c’è un uso neutro dei doni: siamo responsabili di ciò che abbiamo e li possiamo gestire o con lo Spirito di Dio, che è Spirito di vita, o con lo spirito contrario, che è lo spirito di morte.
Si parla del giorno, dell’ora della venuta del Signore, il che vuol dire la fine del mondo. Però si parla dei lombi cinti, che richiamano la Pasqua, l’Esodo, la libertà, il cammino, si parla del servizio, dello stare seduto a mensa, del mangiare, delle beatitudini, poco dopo si dirà beato chi mangia il pane nel Regno, cioè sono tutte allusioni eucaristiche.
Tutta la nostra esistenza è davvero un aprire allo sposo che bussa e viene; in ogni azione della vita, in ogni momento, se tu apri viene il Signore, se tu chiudi rifiuti il Signore e il Signore è presente in ogni persona, in ogni situazione.
35Siano i vostri lombi cinti e le lucerne ardenti, 36e voi simili a uomini in attesa del loro Signore quando torna dalle nozze, perché, quando viene e bussa, subito aprano a lui.
Sono parole tutte molto suggestive: i lombi cinti richiamano la Pasqua, che si mangiava in piedi con i lombi cinti, cioè vuol dire con le vesti lunghe tirate su, e si tirano su le vesti lunghe, per camminare, per servire. Poi l’Esodo, la libertà, cioè il credente è uno che vive la quotidianità nello spirito dell’Esodo, dell’uscita dalla schiavitù verso la libertà, che è servire l’altro, che sa camminare …
Cosa attendiamo nella vita? Diventiamo ciò che attendiamo alla fine: se attendi il Signore diventi il Signore, ti unisci a lui; se attendi la morte, diventi la morte; chi attende “il niente” si suicida oppure si stordisce e ammazza gli altri, in fondo. Quindi è importante: noi attendiamo davvero, sia al presente sia al futuro, quest’incontro che è anticipato sempre al presente perché, tra l’altro, l’unico tempo che c’è è il presente – non vivremo mai il futuro, viviamo sempre e solo il presente – e già il presente è un incontro, se c’è un incontro adesso, e dopo ancora migliore.
37Beati quei servi che, venendo, il Signore troverà vigilanti. Amen vi dico: si cingerà, li farà sdraiare e, passando, servirà loro. 38E se alla seconda o alla terza veglia venga e trovi così, beati sono quelli!
E quando viene? Alla seconda e alla terza veglia. La prima veglia è dalle sei di sera alla nove di sera: era normalmente l’ora in cui si incominciava a preparare l’eucarestia – e venivano soli i ricchi perché non lavoravano, che poi a Roma erano pochi e gli altri erano tutti schiavi e potevano venire quando avevano cenato i padroni – e allora continuava l’eucarestia anche durante la seconda veglia – dalle nove a mezzanotte – e qualche volta anche la terza: si protraeva nella notte.
È interessante questa venuta nella notte, che poi la notte è sempre anche un simbolo della morte; è proprio nella morte che c’è questo grande prodigio dell’incontro con lo Sposo, già anticipato in ogni notte, per cui è una notte che diventa luminosa. Mi piace sottolineare questa beatitudine, che non è nell’elenco abituale: la beatitudine di chi è sveglio, vigilante nel cuore.
Testi per l’approfondimento
Apocalisse 3, 20: il Signore che batte alla nostra porta, perché chiede di entrare e stare in intimità, cena con noi;
Prima Pietro 2, 11;
Ebrei 13, 14.
Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici)
sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)