
Fin qui abbiamo incontrato un Giovanni Paolo II dedito alla preghiera, capace di dialogare e scherzare con la stampa, ma Karol Wojtyla era riuscito anche a costruire degli splendidi rapporti di amicizia. Navarro-Valls racconta due episodi collegati tra loro dai quali emerge un profondo legame tra il Papa Giovanni Paolo II ed il Presidente della Repubblica Sandro Pertini: “Nel giorno dell’attentato a Giovanni Paolo II, Pertini si fece portare all’ospedale Gemelli e restò in attesa dell’esito dell’intervento, come un parente prossimo, tempestando di domande medici e infermieri, lui che non era credente. Restò fino alle rassicurazioni dell’équipe dei chirurghi. Soltanto dopo cinque ore tornò al Quirinale. Giovanni Paolo II – prosegue Navarro Valls – provò a ricambiare il gesto. Quando seppe che l’ex presidente stava morendo, nel 1990, il Papa andò discretamente nell’ospedale dove era ricoverato. Chiese di vederlo, di parlargli per un’ultima volta perché lui sapeva che Pertini lo avrebbe voluto salutare. Non lo lasciarono entrare nella stanza dell’amico. Quando il Papa si sentì negare il permesso, chiese soltanto che gli portassero una sedia. Se la fece sistemare nel corridoio sul quale dava la stanza del Presidente e rimase a pregare in silenzio e in solitudine, per il vecchio amico che se ne stava andando. Dopo parecchio tempo si alzò e disse che tutto era già fatto. E, altrettanto discretamente, tornò in Vaticano. Non volle dare nessuna pubblicità alla cosa”.
Karol Wojtyla sapeva anche sorridere. Quando era arcivescovo a Cracovia un giorno fu intervistato da un giornalista, il quale gli chiese se per un porporato non fosse poco decoroso sciare. “Ma da noi è normale – replicò Wojtyla con molto spirito – la metà dei cardinali polacchi scia!”. Era vero: all’epoca in Polonia c’erano solo due cardinali: lui e Wyszynski.
di Alessandro Ginotta
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