Nel volto dei poveri e dei malati ritrovare il riflesso di un Dio che si fa compagno dell’umanità soprattutto nelle sue sofferenze: fu questa ardua missione, propria di ogni battezzato, a guidare san Paolo della Croce nel suo cammino umano e spirituale. Al secolo Francesco Paolo Danei, era nato a Ovada, nell’Alessandrino, nel 1694, primo di 16 figli di una famiglia di origine nobile ma in ristrettezze economiche. Era il primo di 16 figli e per questo si trovò ad aiutare il padre, nel suo lavoro di commerciante. Fin da giovane aveva coltivato il progetto di creare un nuovo ordine religioso, immaginando all’inizio una congregazione impegnata a combattere i “Turchi”. A 26 anni si ritirò a vita eremitica presso la chiesa di Castellazzo Bormida. Qui maturò l’idea di un altro Ordine religioso, ispirato alla Passione di Cristo: questo nuovo cammino prese il via nel 1720 quando mise le fondamenta dei «Poveri di Gesù» assieme al primo compagno, il fratello Giovanni Battista. Nel 1725 Benedetto XIII gli permise di accogliere altri compagni nella nuova congregazione: presero vita così i «Chierici scalzi della santa Croce e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo» (Passionisti). Ordinato prete nel 1727 e ritiratosi sul monte Argentario, vide le regole approvate da Benedetto XIV il 15 maggio 1741. Tornò a Roma nel 1750 impegnandosi nella predicazione per il Giubileo. Nel 1771 Paolo, con la collaborazione della venerabile madre Crocifissa Costantini, fondò le Claustrali Passioniste. Consigliere dei Papi morì nel 1775.
Altri santi. Santa Laura di Cordova, martire (IX sec.); santi Martiri canadesi (XVII sec.).

Matteo Liut
Avvenire


Dalle «Lettere» di san Paolo della Croce, sacerdote
Predichiamo Cristo crocifisso

E’ cosa nobile e santa meditare sulla passione di Cristo; questo é il modo di arrivare alla santa unione con Dio. In questa santissima scuola s’impara la vera sapienza: qui l’hanno imparata i santi. Quando poi la croce del nostro dolce Gesù avrà poste più profonde radici nel vostro cuore, canterete: Soffrire, non morire; oppure: Soffrire o morire; oppure ancora meglio: Non soffrire e non morire, ma solamente trasformarsi totalmente secondo la volontà divina. L’amore é virtù unitiva e fa proprie le pene dell’amato Bene. Un tal fuoco, che penetra fin nelle midolla delle ossa, trasforma l’amante nell’amato e unisce in modo così sublime l’amore col dolore, il dolore coll’amore, da formare un insieme di amore e di dolore tanto unito che non si distingue né l’amore dal dolore, né il dolore dall’amore. L’anima amante gioisce nel suo dolore e fa festa nel suo doloroso amore.
Siate dunque fedeli nell’esercizio delle virtù e massime nell’imitare il dolce Gesù paziente, perché questo é il gran culmine del puro amore. Fate che non solamente nell’interno, ma anche nell’esterno si veda da tutti che portate l’immagine di Gesù Crocifisso, tutto dolce, mansueto, paziente. Chi infatti si mantiene interiormente unito con il Figliuolo del Dio vivo, ne porta l’immagine anche al di fuori, con un continuo esercizio d’eroica virtù e massime d’un patire virtuoso, che non si lamenta né di dentro né di fuori. Statevene così tutti nascosti in Gesù Crocifisso, senza desiderare altro che d’essere tutti trasformati per amore in ciò che egli vuole in tutto, in tutto.
Così, divenuti veri innamorati del Crocifisso, celebrerete ogni momento la festa della croce nel tempio interiore, in un silenzioso penare senza appoggio a creatura alcuna. E poiché le feste si celebrano con allegrezza, così la festa della croce dei devoti del Crocifisso si fa penando e tacendo con volto ilare e sereno, perché tal festa sia più segreta alle creature e scoperta solamente al sommo Bene. In questa festa si fa sempre solenne banchetto, perché ci si nutre della divina volontà, ad esempio del nostro Amore Crocifisso.

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