La fede è un viaggio, un’avventura che inizia con un umile “sì” e porta lontano fino ai confini della terra. In quest’ottica gli scritti attribuiti a san Luca, il suo Vangelo e gli Atti degli Apostoli, appaiono come un diario di viaggio, una narrazione dalla quale traspare il senso della storia dell’umanità. Per la tradizione Luca era originario di Antiochia, figlio di pagani, forse medico, convertito e divenuto compagno di san Paolo, oltre che attento narratore delle vicende di Cristo e della prima comunità cristiana, morto martire poi a Patrasso in Grecia. All’inizio del Vangelo mette il racconto dell’infanzia di Gesù, illuminando così la tenerezza della figura di Maria. Poi segue il Figlio di Dio nel suo viaggio dalla Galilea a Gerusalemme. Infine dipinge il ritratto della vivace comunità dei primi credenti, guidati dallo Spirito Santo.
Matteo Liut
Avvenire
San Luca evangelista, medico, patrono degli artisti
Il “dottore gentile”
Di San Luca, l’autore del Terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli, parla San Paolo nella Lettera ai Colossesi definendolo “Luca, il caro medico” (Col 4, 14). Secondo lo storico Eusebio, era nato ad Antiochia di Siria ed era un Gentile: Paolo infatti, sempre nella Lettera ai Colossesi, parla dei suoi compagni e nomina prima “quelli venuti dalla circoncisione”, cioè gli Ebrei, senza includervi Luca (Col 4, 10-11). Inoltre, nel suo Vangelo, Luca dimostra una particolare sensibilità riguardo all’evangelizzazione dei Gentili. È lui a raccontare la parabola del Buon Samaritano, è lui a citare l’apprezzamento di Gesù per la fede della vedova di Zarepta, di Naaman il Siro e del Samaritano lebbroso, l’unico che torna ad esprimere la sua gratitudine per essere stato guarito.
Accanto a Paolo
Non sappiamo nulla delle circostanze della conversione di Luca, ma dagli Atti degli Apostoli possiamo dedurre quando Luca si unì a Paolo. Fino al sedicesimo capitolo, infatti, gli Atti vengono raccontati in terza persona, ma ad un tratto, subito dopo la visione di Paolo di un Macedone che lo supplica di raggiungerli e di aiutarli (Atti 16, 9), si passa alla prima persona plurale: “subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore” (Atti 16, 10). Dunque Luca accompagnò Paolo nel 51 a Samotracia, Neapoli e Filippi. Poi c’è un nuovo passaggio alla terza persona, il che ci fa pensare che Luca non fosse stato arrestato con Paolo e che anzi fosse rimasto a Filippi dopo la partenza dell’amico. Sette anni dopo, Paolo tornò in quella regione e Luca, che al capitolo 20 riprende a narrare in prima persona plurale, si recò con lui a Mileto, Tiro, Cesarea e Gerusalemme. Quando Paolo venne imprigionato a Roma nel 61, Luca gli restò accanto, come dimostrano le lettere di Paolo a Filemone e a Timoteo: dopo che tutti l’avevano abbandonato, nella fase finale della prigionia, Paolo scrisse infatti a Timoteo: “Solo Luca è con me” (2 Timoteo 4, 11).
L’Evangelista della Misericordia
È possibile percepire la caratteristica più originale del Vangelo di Luca grazie ai sei miracoli e alle diciotto parabole che non troviamo negli altri Vangeli. C’è in lui un’attenzione particolare per i poveri e per le vittime dell’ingiustizia, per i peccatori pentiti accolti dal perdono e dalla misericordia di Dio: è lui a raccontare di Lazzaro e del ricco Epulone, è lui a parlare del Figlio prodigo e del Padre misericordioso che lo riaccoglie a braccia aperte, è lui a descrivere la peccatrice perdonata che lava i piedi di Gesù con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli, è lui a citare le parole di Maria nel Magnificat quando ella proclama che Dio “ha rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,52-53).
Accanto a Maria
Il rapporto particolare con Maria è l’altra caratteristica principale del Vangelo di Luca. Grazie a lui e, possiamo immaginare, grazie al racconto diretto che gli fece Maria, conosciamo le parole dell’Annunciazione, della Visita ad Elisabetta e del Magnificat, grazie a lui conosciamo i particolari della Presentazione al Tempio e il fine ritratto dell’angoscia di Maria e Giuseppe che non riescono a trovare il dodicenne Gesù. È probabilmente a questa sensibilità narrativa e descrittiva che si deve la tradizione, anche iconografica, che Luca fosse un pittore. Le notizie riguardanti la sua morte sono incerte: alcune fonti parlano del suo martirio, altre dicono che visse fino a tarda età; la tradizione più antica narra che morì in Beozia ad 84 anni dopo essersi stabilito in Grecia per scrivere il suo Vangelo.
Per gentile concessione di
Vatican News
Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
Il Signore segue i suoi predicatori
Il nostro Signore e Salvatore, fratelli carissimi, ci ammonisce ora con la parola, ora con i fatti. A dire il vero, anche le sue azioni hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa ci fa conoscere quello che dobbiamo fare. Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l’amore di Dio, cioé, e l’amore del prossimo. Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri. Giustamente poi é detto che «li inviò avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Il Signore infatti segue i suoi predicatori, perché la predicazione giunge prima, e solo allora il Signore viene ad abitare nella nostra anima, quando lo hanno preceduto le parole dell’annunzio, attraverso le quali la verità é accolta nella mente. Per questo dice Isaia ai medesimi predicatori: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3). E il salmista dice loro: «Spianate la strada a chi sale sul tramonto» (Sal 67, 5 volg.). Il Signore salì «sul tramonto» che fu la sua morte.
Effettivamente il Signore salì «sul tramonto» in quanto la sua morte gli servì come alto piedistallo per manifestare maggiormente la sua gloria mediante la risurrezione. Salì «sul tramonto» perché risorgendo calpestò la morte che aveva affrontato. Noi dunque spianiamo la strada a colui che sale «sul tramonto» quando predichiamo alle vostre menti la sua gloria; perché, venendo poi egli stesso, le illumini con la presenza del suo amore. Ascoltiamo quello che dice nell’inviare i predicatori: «La messe é molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo é pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l’ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l’ufficio comporta.
Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall’esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l’ufficio di predicatori.